Quella che state per leggere è una storia come tante. Prendetevi 5 minuti e leggetela con attenzione poiché pur essendo una storia come tante esemplifica al meglio l’operato di guardie e giudici.
La storia di Carlo è la storia di uno dei tanti compagni che il 15 Ottobre si è ribellato alla violenza dello polizia e che oggi continua a subire la persecuzione giudiziaria dello Stato. Da lunedì 9 marzo il compagno Carlo Seppia è finalmente libero.
Dopo una lunga battaglia giudiziaria e una lunga detenzione, è stato assolto dalla Corte di Appello perché il fatto non sussiste sia dal reato di resistenza aggravata a pubblico ufficiale che dal reato di devastazione.
A darne notizia è stata l’avvocata Silvia Davini di Pisa che fin dall’inizio aveva sostenuto l’estraneità del giovane ai fatti che gli erano stati contestati.
Carlo era stato arrestato il 27 Ottobre del 2011, dodici giorni dopo la manifestazione del 15 ottobre 2011 svoltasi a Roma e da allora è stato in custodia cautelare, carcere e arresti domiciliari.
Il riconoscimento di Carlo era avvenuto grazie ad una foto pubblicata dall’edizione on line de Il Giornale. Dopo aver visto lo scatto che immortala un ragazzo vicino alla camionetta blu, un solerte carabiniere, lettore toscano del quotidiano, identificò Carlo e chiamò i suoi colleghi che poi si presentarono a casa di Carlo, mostrando la foto che lo ritrae appunto mentre getta liquido, incendiario secondo gli inquirenti, di una bevanda secondo Carlo, all’interno della camionetta dei Carabinieri data alle fiamme in Piazza San Giovanni.
Per i carabinieri, Carlo era corresponsabile dell’incendio al blindato e fu accusato anche di resistenza a pubblico ufficiale, ossia al carabiniere Fabio Tartaglione che era alla guida del mezzo e che è stato lasciato uscire dal mezzo senza problemi. Carlo avrebbe ammesso di essere lui quello nella foto, ma nello stesso tempo ha sottolineato che il liquido in questione era una semplice bevanda. Nessun liquido infiammabile.
Il 10 dicembre 2011, dopo aver scontato 1 mese e mezzo di carcere preventivo Carlo viene messo ai domiciliari. Il 23 marzo 2012 il Tribunale di Roma autorizza Carlo ad allontanarsi dall’abitazione pur restando in custodia cautelare in attesa di processo ai domiciliari
Il 4 Ottobre 2012, Carlo viene condannato a 5 anni. Non viene citato il liquido infiammabile poiché nessuno lo aveva analizzato: era stato definito così da una supposizione dei Carabinieri.
Il 20 Giugno del 2013 con l’accusa di aver violato i domiciliari viene riportato in carcere. Carlo non aveva evaso i domiciliari: semplicemente, vivendo in campagna, era uscito a recuperare i suoi cani fuggiti nel bosco ed era poi tornato a casa, avvisando lui stesso i carabinieri di essere uscito temporaneamente.
Il 10 Ottobre del 2013 viene confermata la condanna a 5 anni in Appello.
Il 31 gennaio 2014 il Tribunale del Riesame di Roma accoglie l’appello dell’avvocata di Carlo e dispone il ripristino degli arresti domiciliari con divieto di incontro e di colloquio.
Il 6 maggio 2014 la Cassazione annulla con rinvio la sentenza d’appello. Il 15 maggio 2014 la stessa Corte d’Appello ripristina la custodia in carcere in quanto è stato violato il divieto di incontro pur essendo Carlo presso la propria abitazione. La Corte d’Appello di Roma ha quindi disposto il suo ritorno in carcere al Don Bosco di Pisa.
In realtà la Cassazione il 6 Maggio 2014 ha annullato la sentenza della III Sezione della Corte di Appello di Roma e Carlo dovrebbe essere già libero da mesi e mesi. Ma in attesa dell’uscita delle motivazioni della sentenza affinché la sua avvocata possa presentare istanza di scarcerazione lo stato si è preso di nuovo la sua meschina vendetta e con una scusa banale ha riportato Carlo in carcere per la terza volta.
L’avvocata ha dichiarato che
«Il mio cliente è rimasto per oltre tre anni sottoposto a misura di custodia, gran parte di questo tempo è rimasto in carcere, senza che ci fossero le prove del reato. L’esito era prevedibile dopo che la Cassazione nel maggio scorso aveva annullato la sentenza di Appello rinviando ad un’altra sezione della Corte per difetto ed incongruità della motivazione della sentenza di condanna. Oggi c’è una grande soddisfazione ma rimane l’amarezza per questi tre anni di detenzione cautelare assolutamente ingiusti. Nel processo non c’erano pubblici ufficiali feriti e non sono mai stati riconosciuti danni materiali riconducibili alla condotta dell’imputato, condotta che è stata oggi riconosciuta, conformemente a quanto già la Cassazione aveva rilevato, penalmente irrilevante».
L’avvocata Silvia Davini ha aggiunto anche che ora Carlo chiederà i danni allo Stato per l’ingiusta detenzione. Ma ci teniamo a sottolineare che sono 3 anni di vita che lo stato ha rubato a Carlo e che
nessun risarcimento potrà restituirgli, così come a tutte le persone internate nelle carceri, con o senza aver commesso reati.
In attesa della sentenza del processone contro 18 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio e tentato omicidio, sempre per la resistenza del 15 ottobre, brindiamo alla ritrovata libertà di Carlo e gridiamo più che mai: Tutte libere! Tutti liberi!
Rete Evasioni