Claudio Lavazza, “Pestifera la mia vita” – novembre 2011

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Claudio Lavazza, “PESTIFERA La mia vita” – novembre 2011 –

pp. 240, 10 euro

Edizione autoprodotta da: “Cassa antirepressione delle Alpi occidentali”, “Cassa anarchica di solidarietà anticarceraria” di Latina, “El Paso” occupato, Centro di documentazione “Porfido” – Il ricavato dalla vendita del libro andrà alle casse di solidarietà anticarceraria – Per i distributori sconto del 40% sul prezzo di copertina minimo 5 copie.

«Ho realizzato quasi tutti i sogni che avevo, e spesso faccio il confronto tra la mia esistenza e l’operaio che sarei stato se fossi rimasto al paese. Sicuramente ora, come i miei vecchi compagni di scuola, sarei sposato e con figli, con l’obbligo di lavorare dieci ore al giorno per mantenere la famiglia. Stanco, la sera dopo il lavoro, starei lì a fissare quella scatola idiota, comodamente seduto in pantofole, per poi andarmene a letto morto di sonno e distrutto… probabilmente adesso non sarei in carcere… però, anche se fosse possibile tornare indietro, non cambierei di un millimetro la rotta che scelsi. Che ne sarebbe stato di me se la luce della lotta non mi avesse illuminato il cammino?»

Chi è Claudio Lavazza lo si intuisce fin dalla prima pagina di questo libro: le azioni di cui è accusato parlano chiaro. Un ribelle, un guerriero, che ha partecipato, insieme a tanti giovani della sua generazione, al tentativo di cambiare la società e il mondo, assumendosi tutta la responsabilità di farlo con gli strumenti che riteneva adeguati.

La sua biografia non è soltanto una testimonianza in più sulla lotta armata di fine anni Settanta inizio anni Ottanta, ma è anche il ritratto di un uomo che, caso piuttosto raro, nella stagione di spietata repressione dell’insorgenza armata in Italia, non si rifugia all’estero per accomodarsi tra le promesse di governi più o meno garantisti, non accetta la condizione di rifugiato politico, ma prosegue la sua lotta Oltralpe, mettendo in pratica con lucida coerenza i princìpi dell’internazionalismo proletario e dimostrando che, proprio come l’ingiustizia e la disuguaglianza, anche l’urgenza di combatterle non conosce frontiere.

Con una ferrea disciplina e una cosciente determinazione, non pensa ad arricchirsi e a sistemarsi, nonostante gli espropri per i quali è stato condannato abbiano fruttato bottini più che allettanti. Prosegue la sua lotta affrontando le difficoltà di ogni esiliato e di ogni perseguitato. Claudio pretende non venga tirata una riga sulla sua esperienza, che mai considera conclusa, nemmeno quando, nel dicembre del 1996, a Córdoba, viene ferito in un conflitto a fuoco e poi arrestato: la sua battaglia prosegue anche in carcere. In quel “carcere dentro il carcere” che è il regime Fies dello Stato spagnolo, al quale è sottoposto per un lunghissimo periodo.

Un’esperienza ultratrentennale, che unisce senza ripensamenti le lotte di ieri a quelle di oggi, con una visione concretamente internazionalista e ostinatamente radicale. Radicale come quei valori e quei desideri che, malgrado paura e rassegnazione sembrino regnare sovrani nel nostro angolo di mondo, restano a tutt’oggi imprescindibili e ogni giorno più urgenti da realizzare. Attraverso i suoi racconti, ancora una volta, Claudio ci trasmette la forza che ha animato le sue battaglie, messe a dura prova dall’esilio prima e dal carcere fino ai giorni nostri, senza perdere l’entusiasmo che gli ha permesso di affrontare, giorno dopo giorno, l’isolamento e la tortura della reclusione.

Un bambino pestifero, Claudio. Un ribelle, anarchico, guerriero, espropriatore, che nell’ardore di una battaglia senza tregua ha saputo coniugare le sue virtù ai difficili tempi che corrono.

Centro di Documentazione Porfido – Distribuzione,

24 nov 2011, 03:37