Niente è vero, tutto è verosimile
Ovvero: come non permetteremo a quattro “teppistelli figli di papà” di rovinarci la festa
Il giorno d’apertura di Expo Milano 2015 ci ha insegnato molte cose : la prima è che la narrazione del potere ha raggiunto un livello di penetrazione tale da rimanere, a nostro parere, l’unico linguaggio possibile nelle menti degli uomini in schiavitù. Così, all’indomani di un primo maggio di lotta internazionale, l’unica voce che risuona è quella dei media indignati. La seconda è che quando si supera la linea di demarcazione fra chi il conflitto lo vuole pacificato o al limite simulato (ah, la magia del teatro!) e chi è disposto a giocarsi il tutto per tutto, si rimane isolati dal silenzio. Il silenzio di coloro che, rispetto alla “barbarica violenza” di certi “teppisti”, se ne sono subito tirati fuori, dissociandosi da tutte quelle azioni che non corrispondevano alla loro idea di protesta sempre più simile a un pranzo di gala, o il silenzio di chi, dall’alto della sua coerenza, ritiene ancora una volta che questa violenza fosse “mal indirizzata”, e la conseguente solitudine in cui sono precipitati tutti coloro che venerdì hanno portato avanti un’idea di conflitto preciso, diretto e, se così si può dire in questo mondo di atti ignobili mascherati da belle parole, spietato.
Ciononostante, venerdì scorso a Milano è stata una giornata importante: abbiamo lottato con tutte le forze di cui disponevamo, accolto solidali che non facevano parte necessariamente delle solite avanguardie politiche, espresso il nostro odio dirompente verso lo Stato, i suoi burattini e i suoi burattinai, proprietà e finanza.
La subitanea risposta del potere e dei suoi lacchè, come al solito prevedibile e piuttosto banale, con le sue invocazioni di rappresaglia e repressione (come se questa non ci colpisse ogni singolo giorno) non ci stupisce più di tanto. I giornali, le televisioni, l’informazione in generale non fa altro che amplificare le stronzate cui siamo sottoposti quotidianamente. “Non ci faremo rovinare la festa”, ha sentenziato il bonapartista Renzy da dietro la sua scrivania in legno massello, “da quattro teppistelli figli di papà”. Rispediamo al mittente. Ciò che invece fa più tristezza è la reazione dei figli di questa società, completamente subordinati a una mentalità gregaria e incapaci di comprendere che l’amore per una libertà continuamente repressa si trasforma velocemente nell’odio esplicatosi in tutte le vetrine rotte e le automobili bruciate (da Atene a Baltimora vi sta andando molto peggio, forse a Milano non si ama ancora abbastanza).
Quando non si riesce a capire qualcosa ovviamente se ne ha timore, quindi si comincia a irriderlo, dicendo che quello di venerdì è stato uno “spettacolo desolante” : tenetevi le opinioni che vi si confanno per voi, nessuno qui voleva dar spettacolo, è anzi la vetrina dell’urbe ripulita a nuovo per EXPO, il regno dell’apparenza, a essere solo e unicamente spettacolo, e NOI ne costituiamo i titoli di coda.
Si possono fare molte critiche rispetto alla giornata di venerdì, non pretendiamo sia stata addirittura un successo, ma non spetta ai figli della società spettacolare farcele; coloro che godono della felicità dei propri padroni sono nostri nemici come lo sono i padroni stessi e non abbiamo alcuna intenzione di aprire nessuno scambio dialettico con questi ambigui personaggi. Non ci siamo fatti arrestare dagli sbirri, non ci faremo arrestare dal loro immobilismo.
E mentre gli organi di partito si preoccupano soltanto di operare la solita distinzione tra “buoni” e “cattivi”, mentre il giustizialismo si scatena contro il fantomatico “black bloc con il rolex”, mentre cinque sfortunati vengono ingiustamente detenuti a San Vittore nell’indifferenza generale, il giorno dopo la Milano bene sfila in una nuova marcia per ripulire la città dal passaggio dell’orda demolitrice. Piccolo particolare: per la maggior parte sono giovani, e tutti volontari. Se niente è vero, tutto è verosimile.
NOI – Nuclei di Offensiva Internazionale