Alta tensione in Iparralde – i Paesi Baschi settentrionali – dopo che nella mattinata di ieri la polizia dello stato Francese ha condotto, con il supporto del Ministero degli interni spagnolo, un’operazione contro alcuni presunti militanti dell’organizzazione indipendentista basca ETA. L’azione repressiva è iniziata verso le 6 di mattina di mercoledì 8 luglio nella città di Ortzaize (Ossés in lingua francese), dove la perquisizione di un’abitazione ha poi portato all’arresto di Iñaki Reta (56 anni) e Xabier Goienetxea (35 anni), che il ministro dell’Interno spagnolo Jorge Fernandez Diaz ha sostenuto essere tra i capi del “reparto tecnico-logistico” di ETA.
Il ministro si è infatti richiamato a un comunicato rilasciato dall’organizzazione nel mese di luglio 2014, all’interno del quale si annunciava di aver condotto una completa trasformazione al fine di smantellare “le strutture logistiche e operative derivanti dalla pratica della lotta armata” per formare “una struttura tecnica e logistica” che avrebbe dovuto verificare il “ritiro completo delle armi” ribadendo la sua “disponibilità a fornire una soluzione coerente, fattibile e globale al problema, mettendo armi ed esplosivi nella condizione di non potere essere utilizzate» . ETA infatti, a partire dal 2011, ha intrapreso un percorso graduale attraverso il quale ha deciso l’abbandono della lotta armata e lo smantellamento dell’apparato militare per favorire l’avanzamento del processo politico di pace condiviso dalla maggioranza dei militanti e delle organizzazioni della sinistra indipendentista basca.
Per questo motivo gli arresti di ieri mattina appaiono piuttosto insensati, pur coincidendo con la volontà dei governi francese e spagnolo (quest’ultimo nell’ultimo mandato ha già effettuato 152 arresti nei confronti di militanti baschi) di smantellare una volta per tutte le sigle gravitanti attorno al vasto universo della sinistra abertzale. A dimostrazione della bassissima tolleranza che hanno le istituzioni centrali nei confronti dell’indipendentismo basco, nelle ore successive all’operazione è arrivato anche l’arresto dei proprietari dello stabile in cui sono stati fermati i due presunti etarras, Jeff Matteo e Terexa Lekunberri. I quattro detenuti si trovano attualmente nella città di Baiona dove le forze dell’ordine hanno 96 ore per poter svolgere gli interrogatori senza la mediazione degli avvocati prima di portare gli imputati di fronte a un giudice del tribunale antiterrorismo di Parigi.
La polizia però ha dimostrato ulteriore nervosismo sempre nella mattinata di ieri quando, saputa la notizia degli arresti, almeno 200 persone si sono riunite in un presidio di solidarietà sotto l’abitazione dei prigionieri politici. Le forze dell’ordine francesi hanno infatti caricato violentemente il presidio anche con l’utilizzo di gas lacrimogeni e proiettili di gomma, provocando almeno sette feriti, tra i quali due uomini di 59 e 71 anni che sono stati portati in ospedale insieme ad altre due persone. Nella serata di ieri poi oltre 800 persone – tra cui il sindaco della città – si sono riunite nel centro di Ortzaize per manifestare contro l’operazione repressiva utilizzando striscioni con gli slogan “Liberare i prigionieri” e “No alla repressione, sì alla risoluzione”. Mobilitazioni di solidarietà si sono tenute anche a Elorrio e Errenteria.
Nella mattinata di oggi, poi, la polizia francese ha effettuato un ulteriore arresto nei confronti di Grazi Etchebehere, anche lei accusata di avere ospitato Reta e Goienetxea nella sua abitazione. La donna, che fino a ieri si trovava Pamplona in occasione della festa di San Fermin, ha fatto ritorno nella sua abitazione Ortzaize questa mattina, dove è stata prelevata dalle forze dell’ordine intorno alle 11 mentre alcune decine di solidali si riunivano per salutarla. Più tardi Grazi Etxebehere ha ammesso che i due arrestati avevano alloggiato a casa sua e ha poi sostenuto la necessità di fare progressi nel processo di pace; ha infine sottolineato che il suo obiettivo era quello di “aiutare un’organizzazione che vuole deporre le armi” e di non pentirsi affatto per la scelta intrapresa. Un’affermazione che, ancora una volta, rende evidente come la prima, fondamentale richiesta per una reale risoluzione del conflitto basco non possa iniziare che con la liberazione di tutti i prigionieri politici.
–video e foto
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