Carcere – Appello contro le restrizioni per i libri nel circuito 41bis

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“PAGINE” CONTRO LA TORTURA
Circa il divieto di ricevere dall’esterno libri e stampe d’ogni genere nelle sezioni 41bis

“Nel tempo le istituzioni hanno allevato funzionari che ritengono naturale questo sistema di barbarie. Quando si eleva il meccanismo della mostrificazione a ’normale’ strumento di repressione, la tortura di varia natura diventa burocrazia quotidiana”.
(Da una lettera di un detenuto rinchiuso nel nuovo carcere di Massama, Oristano, giugno 2015)
Da alcuni mesi chi è sottoposto al regime previsto dall’art. 41bis dell’ordinamento penitenziario (o.p.) non può più ricevere libri, né qualsiasi altra forma di stampa, attraverso la corrispondenza e i colloqui sia con parenti sia con avvocati: i libri e la stampa in genere si possono insomma solo acquistare tramite l’amministrazione. Ciò determina di fatto un’ulteriore censura, una potenziale forma di ricatto, in aggiunta alle restrizioni sul numero di libri che è consentito tenere in cella: solo tre.
A cambiare (in peggio) le cose incominciò nel novembre 2011 una circolare del DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria: il dipartimento del ministero della Giustizia preposto al governo delle carceri italiane). Questa circolare fu però bloccata da reclami di numerosi prigionieri, che furono accolti dalle ordinanze emesse da alcuni giudici di sorveglianza. I ricorsi opposti da almeno tre pubblici ministeri contro queste ordinanze furono confermati in Cassazione. Infine una sentenza della suprema Corte del 16 ottobre 2014 ha dato ragione al DAP, rendendo così definitiva questa nuova odiosa restrizione.

Il regime di 41bis è il punto più alto della scala del trattamento differenziato che regola il sistema carcerario italiano.
Adottato trent’anni fa come provvedimento temporaneo, di carattere emergenziale, si è via via stabilizzato e inasprito con ulteriori commi. In questa condizione detentiva ci sono oggi ben oltre 700 prigionieri rinchiusi in una decina di sezioni all’interno di carceri sparse in tutt’Italia: Cuneo, Novara, Parma, Milano-Opera, Tolmezzo-Udine, Ascoli Piceno, Viterbo, Secondigliano-Napoli, Terni, Spoleto, L’Aquila, Rebibbia-Roma, cui presto si aggiungeranno le sezioni delle nuove carceri costruite in Sardegna a Massama (OR), Bancali (SS), Tempio Pausania.

Il 41bis prevede:

– isolamento per 23 ore al giorno (soltanto nell’ora d’aria è possibile incontrare altri prigionieri, al massimo tre e solo con questi è possibile parlare);
– colloquio con i soli familiari diretti (un’ora al mese), che impedisce per mezzo di vetri, telecamere, citofoni, ogni contatto diretto;
– esclusione a priori dall’accesso ai “benefici”;
– utilizzo dei Gruppi Operativi Mobili (GOM), il gruppo speciale della polizia penitenziaria, tristemente conosciuto per i pestaggi nelle carceri e per i massacri compiuti a Genova nel 2001;
– “processo in videoconferenza”: l’imputato detenuto segue il processo da solo in una cella attrezzata del carcere, tramite un collegamento video gestito a discrezione da giudici, pm, forze dell’ordine, senza poter essere presente in aula;
– la censura-restringimento nella consegna di posta, stampe, libri.

Questa tortura quotidiana è finalizzata a strappare una “collaborazione”, cioè a piegare chi la subisce a completo servizio dello Stato.

Le leggi e le norme di natura emergenziale, col passare del tempo, si estendono cosicché ogni restrizione adottata nelle sezioni a 41bis prima o poi, con nomi e forme diverse, penetra nelle sezioni dell’Alta Sicurezza e in quelle “comuni”, contro chi osa alzare la testa.
Ne è esempio l’estensione del processo in videoconferenza, con tutte le limitazioni che implica sul piano della solidarietà, della visibilità del processo, della comunicazione (tra coimputati, con amici e familiari, con il “pubblico”) e della difesa legale, che ne risulta fortemente compromessa. Lo dimostra anche la generalizzazione di norme “trattamentali” eccezionali, quali per esempio: l’uso massiccio dell’isolamento punitivo disposto dall’art. 14bis o.p. (*), che può essere prorogato anche per parecchi mesi consecutivi, in “celle lisce” e spesso isolate all’interno dell’istituto; o la “collaborazione” (di fatto) quale condizione essenziale per poter accedere a un minimo di possibilità “trattamentali” (socialità, scuola, lavoro); oppure la censura (di fatto) della corrispondenza e la limitazione del numero di libri o vestiti che è possibile tenere in cella.
L’isolamento del 14bis è deciso soprattutto sulla base dei “rapporti” fatti dalle guardie, avallati o meno dai giudici ed è eseguito con uguale prepotenza e arbitrarietà del 41bis. Troppe volte si conclude con la morte del detenuto, morte fatta poi passare da carcerieri, medici e media fiancheggiatori come suicidio.

È necessario fare opera di sensibilizzazione su questi temi perché la politica della perenne emergenza, alimentata da facili banalizzazioni ed allarmismi veicolati dai media, nasconde pratiche di ricatto, vessazioni e tortura di cui questo del blocco dei libri è solo l’ultimo, più recente, tassello.
L’auspicio è che la discussione attorno al regime del 41bis e all’isolamento in generale si estenda e diventi patrimonio sempre più collettivo. Quello della carcerizzazione, come quello della guerra, dell’immigrazione sono temi che richiedono un impegno urgente. Basti pensare all’ultimo “pacchetto di norme antiterrorismo” che riconferma, aggravandolo, l’isolamento nelle carceri mentre rifinanzia decine di missioni militari in Asia, Europa ed Africa.

L’obiettivo è di promuovere una campagna di sensibilizzazione e iniziativa finalizzata al ritiro del vessatorio divieto del DAP.
La prima proposta che facciamo a librerie, case editrici, appassionati della lettura, scrittori, viaggiatori tra le pagine ecc. è quella di inviare nelle carceri, senz’altro in quelle dove ci sono le sezioni a 41bis, cataloghi di proposte editoriali. In questi elenchi dei libri raccolti e scelti da chi vorrà partecipare alla campagna, le biblioteche interne alle carceri e i detenuti potranno scegliere. Ulteriori informazioni ed aggiornamenti sull’andamento della campagna saranno disponibili su un sito internet che a breve sarà attivato.
Un’esperienza simile fu fatta nel 2005, quando l’allora ministro della Giustizia Roberto Castelli limitò il numero di libri tenibili in cella, nella sezione a “Elevato Indice di Vigilanza” (equivalente all’attuale “Alta Sicurezza 2”) del carcere di Biella. Grazie alla campagna “Un libro in più di Castelli” si sviluppò un’intensa attività di sensibilizzazione e di contrasto che interessò svariate città d’Italia, basata sulla raccolta e la spedizione di libri nel carcere piemontese, che sfociò in una partecipata manifestazione sotto le sue mura. La limitazione dei libri fu infine ritirata.

Quest’appello vuole essere diretto e ampio, tanto quanto reclama la libertà, la lotta per viverla, nemica di ogni forma di prevaricazione, sfruttamento, dominio.
Il carcere non è la soluzione, ma parte del problema.

Note:

(*) Dall’art. 14bis dell’o.p.: regime di sorveglianza particolare (aggiunto da art. 1, legge 663/1986).
1. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile anche più volte in misura non superiore ogni volta a tre mesi, i condannati, gli internati e gli imputati:
a) che con i loro comportamenti compromettono la sicurezza ovvero turbano l’ordine negli istituti; […]
Vedi:

– “Sulle limitazioni dei libri nelle sezioni a 41bis”, in “Opuscolo”, n. 101, marzo 2015, p. 25
http://www.autprol.org/public/news/doc000444530042015.pdf

– “Il 41bis compie 27 anni”, aprile 2013
http://www.autprol.org/public/news/doc000439526042013.pdf

– “Appunti sulla videoconferenza”, in “Contributi su carcere e repressione – Bologna, 13 dicembre 2014”, p. 6
http://www.autprol.org/public/news/doc000444005022015.pdf

– Rassegna di materiali della campagna “Un libro in più di Castelli”