Renzo Novatore
Dedicato alla plebe
La caduta dei popoli e dell’umanità
Sarà il segnale della mia elevazione
M. Stirner
Non è più con la storica cicuta di Socrate e con la leggendaria croce di Cristo che si possa alimentare lo spirito irrequieto e dubbioso degli uomini nuovi.
Questi due sacrifici, caduti ormai fortunatamente nei profondi abissi d’un tenebroso passato, furono – senza dubbio – consumati a totale danno delle rigogliose individualità tendenti e pulsanti manifestazioni di libera vita.
Ed io confesso che lo stesso Diogene, nei confronti di Socrate e di Cristo, mi sembra davvero un grande innovatore, giacché la sua botte ha un significato ben più profondo e diverso dalla Cicuta dell’uno e dalla Croce dell’altro.
Ma se Socrate e Cristo, con la loro morte inutile, hanno colpito – fino a farle sanguinare orribilmente – le vere e proprie potenze individuali, tutte le rivoluzioni da parte loro non fecero forse altrettanto?
Non fu dunque con la dinamica rivoluzionaria che il Cristianesimo trionfò sulla quasi invidiabile società pagana?
E tutte le repubbliche, gli imperi, le monarchie liberali, costituzionali, assolutiste o…democratiche, non nacquero forse dai torrenti di sangue, ondeggianti nelle infuocate contrade delle guerre e delle rivoluzioni?
Ma perché mai dunque il polso violento e febbrile di tutte le rivoluzioni si spezzò sempre liberamente, permettendo che nuovi fantasmi si ergessero ancora a dominatori sovrani?
La risposta non si fa attendere molto certamente giacché a nessuno riuscirà difficile comprendere che tutte le Rivoluzioni furono, in un modo o nell’altro, ammaestrate e i rivoluzionari furono sempre – a parte le infime minoranze, i “pazzi” – degli automi guidati da chimerici e favolosi fantasmi.
Ma quale valore possono avere per me codesti fantasmi? A cosa può servire a me tutto ciò? A me Iconoclasta, uccisore dei fantasmi, frantumatore di idoli vecchi e nuovi?
A che cosa può servire a me, per esempio, il trionfo del Cristianesimo? A me che sono anticristiano per eccellenza?
E le repubbliche e le monarchie, e tutte le altre forme di società insomma che, ergendosi a sovrane “sacre”, non possono riconoscere in me che il “cristiano”, il “suddito”, il “cittadino”, il “membro”, ecc. ecc.? Giacché non mi sembra difficile comprendere che in ogni forma di società vi deve essere un “sistema” sia pure, questo sistema, il migliore dei migliori: l’Uguaglianza!
Ma ogni sistema “sacro” e tutto ciò che è Sacro, o divinamente o umanamente, richiede a me, Individuo, delle rinunce e delle umiliazioni. Ma v’è di più ancora.
Giacché ogni forma di società, nata sui frantumi della vecchia caduta fragorosamente nel nulla, ha la convinzione di essere la sola perfetta. Ed è precisamente questo dogma della perfezione che la sospinge ad essere maggiormente reazionaria verso l’irrequieto Ribelle che non intende inchinarsi nemmeno di fronte al nuovo Dio: giacché se oggi, ad esempio, la rivolta contro il despota di tutte le Russie trova le sue approvazioni e giustificazioni nelle sudice gazzette nostrane, queste non approverebbero e non giustificherebbero un bel nulla se tale rivolta scoppiasse nel…candido seno della…liberale e…democratica Italia.
Anzi…
Ma facciamo un passo più avanti ancora! Supponiamo, ad esempio, che domani in Italia si proclamasse la Repubblica: in questo caso una grandissima parte di coloro che oggi si fanno credere rabbiosamente rivoluzionari, non sarebbero essi stessi i più feroci reazionari conservatori di domani?
Se qualche “testa calda”, qualche “pazzo” o qualche “esaltato” volesse minare ancora una volta il loro nuovo edificio, il loro nuovissimo Dio? Ma qui mi sembra di udire certa buona gente – forse troppo buona – ad esclamare: Ma costui è dunque un nemico della Rivoluzione?! – No, no. O buona gente ascoltatemi ancora giacché io sono tanto rivoluzionario da non riconoscermi quasi! E sapete perché sono un rivoluzionario quasi irriconoscibile? Per una cosa molto semplice ma…grande nella sua semplicità. Ed è questa: ch’io sono rivoluzionario guidato solo dall’impulso immenso ed irrefrenabile della MIA espansione di volontà e di potenza.
Non è un fantasma che mi guida, ma sono io che cammino; non è il sogno chimerico di una società perfetta di universale redenzione umana, ma è il bisogno assoluto della mia potenziale affermazione innanzi alle altre potenze.
Dio, lo Stato, la Società, l’Umanità ecc. ecc. hanno per essi una propria causa. Se io non voglio sottomettermi alla causa di Dio, sono un “peccatore”. Se non voglio subire lo Stato, la Società, l’Umanità sono un “empio”, un “criminale”, un “delinquente”.
Ma che cosa è il “peccato”? Che cosa è il “delitto”?
Anche qui credo che per analizzare tutto ciò non ci sia proprio bisogno di una lunga e minuta dimostrativa divagazione; giacché anche i bambini dovrebbero sapere ormai, che il più grave peccato che si possa commettere contro la divinità è quello di schernirla, non ubbidirla, profanarla e rinnegarla. Profanare insomma ciò che è divinamente e umanamente “sacro” è il più grande “peccato”, il più grande “delitto”.
“Sacro”! ecco il più mostruoso e terribile fantasma innanzi al quale fin oggi tutti hanno tremato.
Ecco la vecchia e corrosa tavola che deve essere infranta dagli uomini nuovi!
Dai LIBERI, dagli ICONOCLASTI, da tutti coloro che nel “peccato” e nel “delitto” hanno finalmente scoperto la nuova sorgente dalla quale zampilla la suprema sintesi della vita.
Ed anche la plebe, quando imparerà a dissetarsi a queste nuove, sconosciute sorgenti, si avvedrà ben presto di essere, pur essa, una granitica potenza.
Ma per far ciò occorre che questa plebe non si lasci più dominare dalla paura.
O plebe ascoltami! Io non sono il nuovo Cristo venuto a sacrificarmi sull’altare della tua redenzione. Ciò facendo io sarei un pazzo e tu una mendicante.
Io appresso il mio labbro al tuo orecchi profano e lancio un grido. Un grido tremebondo che ti farà impallidire. Il grido che io lancio è quello del grande ribelle tedesco Max Stirner.
Ascoltalo dunque giacché è solo in virtù di questo magico grido che, come plebe, dovrai scomparire per poscia risorgere nella fiorente potenza di tutti i tuoi membri individualizzati.
Eccolo il magico grido: L’Egoista si è sempre affermato col delitto ed ha, con mano sacrilega trascinato giù dai loro piedistalli i sacri idoli. Bisogna finirla col sacro; o, meglio ancora: il bisogno d’infrangere il sacro deve divenire generale. Non è una nuova rivoluzione che si avvicina: ma, possente, impetuoso, superbo, senza vergogna, senza
coscienza un delitto si annunzia all’orizzonte col rumore di un tuono: non vedi tu che il cielo carico di presentimento si oscura e tace?
Ma anche qui, o plebe, ti vedo indietreggiare e gridarmi con orrore: “Che cosa è mai questo delitto? Che cosa vuol dire Egli con tutto ciò?”.
Ah, plebe, plebe! Non hai dunque tu ancora compreso il suo linguaggio?
Ebbene ascolta ancora. È Egli che parla: Metti la mano si quanto ti abbisogna. Prendilo: è tuo. È la dichiarazione di guerra di tutti contro tutti. Io solo sono il giudice di ciò che voglio avere. Comprendi ora tu, o plebe, qual è il delitto che SI ANNUNZIA ALL’ORIZZONTE COL RUMORE DI UN TUONO? Ma tu, o plebe, forse non saprai adattarti ancora all’idea di eterna guerra, tu che ti sei fatta cullare, come un misero bambino, nel dolce sogno dell’eterna pace. Eppure chissà quanti idoli avrai ancora da adorare e sull’altare dei quali dovrai ancora sacrificarti!
Povera plebe!
E pensare che anche i ciechi dovrebbero accorgersi ormai che chi non sa accettare l’eterna guerra per la propria affermazione ed il trionfo deve accettare l’eterna schiavitù per il trionfo dei favolosi fantasmi, nemici dichiarati dell’Io.
Sì, o plebe, io mi sono deciso ad essere, una volta tanto, sincero sino in fondo con te. Ed ecco che cosa ti dice la mia sincerità – Oggi tu ti sacrifichi sulle insanguinate trincee per una causa non tua, domani potrai forse sacrificarti nelle contrade insanguinate dalla Rivoluzione, per permettere poi che un nuovo verme parassitario e corroditore sorga sui mari di sangue uscito a caldi e fumanti fiotti dalle tue vene bronzee per ergersi a nuovo idolo e sedersi sopra di te proprio al pari dell’antico Dio.
Il ritornello dell’Amore, della Pietà e del Diritto consacrato ritornerà a farsi udire, battuto con molta abilità sulle arpe nuove, componenti, per, l’arcivecchia sinfonia.
Plebe ascoltami! Qualche cosa d’altro debbo dirti ancora. E ciò che ancora debbo dirti è forse, il più che mi preme.
Eccomi dunque. Io sono UNICO e fino a quando tu sarai plebe io non potrò associarmi con te. Quando io lo facessi lo farei per trascinarti a cozzare contro il mio nemico che è il tuo padrone. Ma tu, come plebe, non ti lasceresti trascinare giacché adori anche troppo il tuo Signore.
Tu vuoi continuare ancora a vivere inginocchiata. Ma io ho compreso la Vita!
E chi ha compreso la vita non può vivere inginocchiato.
Io ho pure compreso tutte le insidie che mi hanno teso i proprietari i questa.
Quando costoro mi hanno veduto marciare audacemente alla conquista della mia vita, armato di tutta la mia spregiudicata potenza, essi hanno posto sotto i miei avidi occhi tutto i loro ridicoli ed insani fantasmi.
Essi cercarono di terrorizzarmi con lo spauracchi del “sacro”; ma visto che io, l’Iconoclasta, l’Empio, schernisco e derido tutto quanto è “sacro” o da “consacrare” e che, come Armida, distruggo il palazzo nel quale un giorno nel quale un giorno ebbi a subire l’incanto, essi gettarono la maschera sacra e lanciandosi contro di me, con tutta la forza della loro potenza, m’imposero il non plus ultra.
Fu in quel giorno, o plebe, ch’io ebbi la vera rivelazione di ciò che è la vita, e quale posto aspetta in questa alla mia Unicità!
Ora io vivo in piedi. Il mio occhio più non conosce il sonno.
A nessuno riconosco diritti contro di me. Solo la forza potrà vincermi ormai, ma non più i fantasmi.
Solo la forza potrà vincermi, ho detto. Ma anch’io faccio uso di questa. Non chiedo più nulla a nessuno.
Non sono un mendicante io.
Mi approprio soltanto di tutto ciò che sono autorizzato ad appropriarmi con la mia capacità di potenza.
La mia Rivoluzione è già da molto tempo incominciata.
Da quel giorno che conobbi la vita impugnai le MIE armi e dichiarai la MIA guerra.
Io lotto per una causa che è mia, nessuna altra causa può più interessarmi.
I miei nemici lottano anch’essi per una causa che è la loro e contro di me.
Ma io non li odio per questo i miei nemici.
L’interesse REALE che essi hanno a combattermi li dispensa dall’odio mio giacché non è che per il mio REALE interesse che io ho impugnato le mie armi contro di essi.
Io potrà benissimo ucciderli per il mio trionfo, ma senza odiarli, senza disprezzarli; non lotto per dei fantasmi io!
Che io disprezzo piuttosto i mendicanti, i pezzenti, tutti coloro che non osano combattere ma che solo sanno pregare e piangere.
Sono costoro che accattano le briciole cadute dalla sfarzosa mensa del mio nemico.
Ed è con questi pezzenti del corpo e dello spirito che il mio nemico si crea una potenza cieca e formidabile da lanciare contro di me nella battaglia impegnata fra noi Egoisti.
Ma che cosa potranno mai guadagnare codesti pezzenti dalla vittoria riportata su di me dal mio nemico, cioè dal loro padrone? Nulla all’infuori delle solite briciole e dell’eterna schiavitù!
Ma cosa sei dunque o plebe, se non la massa cieca incosciente, mendicante che ti lanci contro di me in difesa del tuo Signore? Ascoltami o plebe! Tu comeTale devi scomparire, non vi deve essere posto nel teatro della vita nuova.
Sogghigni? Sei forse per scagliarti contro di me?
Sono forse riuscito a svegliare in te con i colpi poderosi della mia sferza, un intimo residuo di orgoglio che dormiva nascosto nelle recondite pieghe della tua anima secolarmente servile?
Già si odono in lontananza gli squilli delle tombe guerriere annunciarti gli invincibili attacchi degli Unici contro i fantasmi: Stato, Società, Dio, Umanità…
Impallidite e fuggite trascinando nel baratro del nulla eterno tutti i satelliti vostri; è la falange ribelle dei Liberi e degli Iconoclasti che si avanza implacabile nel turbinoso cielo dell’Avvenire!
(apparso su Cronaca Libertaria, Milano, a.I, n.2, 10 agosto 1917)