Prosegue incessante la battaglia di migliaia di uomini e donne contro i confini, un movimento ingovernabile che la cronaca degli ultimi mesi non può far altro che registrare con toni allarmistici.
Gli sbarchi a Lampedusa e la rotta da una Libia devastata dal post-Gheddafi; Ventimiglia e i quotidiani tentativi di attraversamento a Bolzano; le cancellate e i muri che tra isole e mare dividono la Spagna dal Marocco; poi, su un altro lato del Mediterraneo, gli sbarchi e le rivolte sulle isole greche ci conducono fino ad un altro mare che divide Francia e Inghilterra dove da mesi, a partire da un accampamento ormai stabile a Calais, si susseguono tentativi di rottura dei dispositivi di controllo.
In questo caso avevamo parlato del confine come tubo, rispetto al canale sotto la Manica. Negli ultimi due giorni rimangono impresse invece nuove immagini del confine. E’ di ieri la notizia della dura repressione tra Grecia e Macedonia: ma oggi un nuovo sviluppo. Durante la notte l’esercito Macedone ha chiuso il confine grazie alla decretazione dello “stato di emergenza”. Ed ecco allora che dopo i lacrimogeni di ieri, stamane il confine era una lunga articolazione di check point polizieschi e filo spinato.
Le agenzie internazionali per i migranti dichiarano impazzite ai quattro venti inattuabili proclami; lo stato greco tace mentre quello macedone lo accusa di non fare nulla; i militari, di fronte ad immagini che all’Europa ricordano molto, di persone dietro al filo spinato, fanno dichiarazioni che anch’esse evocano spettri del passato: stiamo solo eseguendo ordini. Eppure, dopo una notte all’addiaccio e sotto la pioggia, stamattina il dispiegamento militare contro i migranti è stato forzato in massa. In migliaia sono stati in grado di superare il filo spinato e le granate stordenti lanciate contro di loro.
Inizialmente le autorità macedoni hanno fatto passare solo piccoli gruppi di donne con bambini, anziani e malati, per portarli su treni diretti in Serbia e poi in Romania, dopo la quale si prospetta l’arrivo in Unione Europea, in questo caso in Ungheria… Tuttavia questa tecnica di divisione “umanitaria” (che, mutatis mutandis, si vede in opera anche nelle nostre città laddove di fronte a sgomberi abitativi le autorità tendono a dividere le famiglie garantendo un minimo di assistenza ai minori separando i genitori) si è incrinata. Ad un punto di accesso dove questo filtro a singhiozzo era momentaneamente aperto si sono accalcate molte persone. La polizia ha dunque chiuso il varco, generando forti spinte da parte dei migranti. Alcune donne e bambini si sono accasciati a terra pressati da tali spinte, e a quel punto si è liberata un’energia che ha portato a forzare in diversi punti i blocchi. Le corse nei campi di migliaia di persone ne sono state l’esito immediato.
Nelle grandi ambivalenze, difficoltà novità che presenta questa nuova migrazione, si può con qualche certezza iniziare a registrate come essa rappresenti una forma di instabilità alla quale l’Europa non può trovare nessuna soluzione di stabilizzazione.
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