Il 25 agosto il premier Renzi ha fatto la sua tappa in Abruzzo, a L’Aquila. Gli è stato dato il giusto benvenuto, tant’è che il politico fiorentino ha dovuto rinunciare al primo appuntamento nel centro storico della città abruzzese e si è dovuto rintanare in un palazzo per il suo solito sproloquio, per poi scappare da un’uscita secondaria. Fin da subito è iniziata l’opera di mistificazione da parte delle forze dell’ordine e dei loro paria giornalisti, nel dire che gli scontri sono avvenuti, perché causati da anarco-insurrezionalisti venuti da fuori e da tifosi giunti per l’occasione.
Il solito copione, insomma!
Un copione mistificante della realtà, per celare, oltre che la realtà stessa, la forza dirompente che essa trasmette.
Perché la giornata aquilana del premier Renzi trasmette, innanzi tutto, la forza e la determinazione di centinaia di persone, uomini, donne, giovani e meno giovani, che si sono messe in gioco per contestare il ed i responsabili della distruzione del territorio e dell’impoverimento delle nostre vite.
E sì, ieri a L’Aquila si son viste scene che in Abruzzo difficilmente si vedono: l’impedimento a manifestare non rispettato, aggirando lo schieramento delle forze dell’ordine; la rabbia negli occhi, nei faccia a faccia con gli sbirri e poi le manganellate (non una cosa eccessiva, per carità!), ma che non han fatto scappare la gran parte dei manifestanti.
E sì, di questa determinazione han paura lorsignori: i tutori dell’ordine ed i loro scribacchini.
Di questa determinazione han paura i detentori del potere che, ieri, per le vie de L’Aquila, non si son fatti vedere! Han paura che quel senso d’impossibile, di spossatezza, di sottomissione, in cui ci fanno vivere, possa essere ribaltato. Han paura che la determinazione a riprendersi le proprie vite, possa diffondersi a fette sempre più ampie di popolazione. Han paura che la giornata di ieri a L’Aquila possa dire forte e chiaro: chiunque è sottomesso, chiunque subisce, deve sapere che ci sono centinaia di persone come lui o come lei, che vivono la sua stessa condizione, ma che ad essa si ribellano. E questo fa forza tra chi vorrebbe rialzare la testa, ma non se la sente o ha paura. E questo è una forza!
Ed i mostri, gli anarchici venuti da fuori per sfondare i cordoni di polizia?
Cazzate! Cazzate per nascondere queste paure. Cazzate per non rendere queste paure ancor più reali.
Cazzate, non perché anarchici ieri a L’Aquila non c’erano. C’erano anche compagni anarchici, certo!
Ma perché ad aggirare gli schieramenti di polizia, c’erano tutti.
A percorrere le vie non autorizzate di una città all’abbandono e disastrata, più che da un terremoto, dalle bugie e dalle false promesse dei politici, c’erano tutti.
A fronteggiare le guardie, ad urlare la rabbia ai politici, c’erano tutti.
Una rabbia che crede sempre meno ad indirizzi istituzionali, che crede sempre meno a forme di rappresentanza politica. Come quando qualcuno ha provato a dire a tutti di sedersi di fronte alla guardie ed a tenere le braccia alzate. Bene, seduti davanti le guardie son rimasti in pochi e per poco tempo, visto che in molti già stavano percorrendo le viuzze de L’Aquila, in cerca dei responsabili delle nostre miserie. Bene, a braccia alzate, erano ben pochi, visto che molti stringevano i pugni in senso di lotta, e mai più a braccia alzate in segno di resa.
E questa è la verità. Ed è essa che fa paura.