L’Ungheria innalza barriere al confine e spara lacrimogeni sui migranti in lotta

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La scellerata decisione presa la scorsa settimana dalla Macedonia di chiudere le proprie frontiere (poi riaperte solo grazie alla determinazione dei migranti stessi) sembra star orientando e inasprendo le politiche di diversi paesi europei volte all’infame quanto irrealizzabile tentativo di respingere e bloccare i flussi migratori.

Nelle ultime ore anche l’Ungheria è stata teatro di scontri e proteste esplosi nel centro d’accoglienza di Roszk, nel sud del paese, al confine con la Serbia: durante la notte centinaia di migranti si sono a lungo rifiutati di salire sui pullman sui quali la polizia voleva radunarli. La protesta è poi riesplosa questa mattina, quando un gruppo di circa 200 migranti ha tentato di scappare dal centro di Roszk per sfuggire all’odiosa pratica del rilevamento delle impronte digitali che, in ottemperanza del regolamento di Dublino, costringe i migranti a rimanere sul territorio sul quale sono stati identificati, di fatto privandoli della libertà di movimento. La polizia è intervenuta sparando gas lacrimogeni sui migranti per sedare la protesta, che nel frattempo si era estesa lungo la vicina autostrada.

altMa la tensione e la rabbia potrebbero tornare a montare nelle zone di confine ungheresi, dove da ieri hanno iniziato ad arrivare i migranti rimasti bloccati per giorni al confine greco-macedone, molti dei quali in fuga dalla Siria e diretti verso i paesi dell’area Schengen. Una situazione alla quale il governo di Budapest sta rispondendo con provvedimenti di stampo repressivo e inumano che avranno il solo effetto di esacerbare la questione: da mesi, infatti, l’Ungheria sta costruendo una barriera di filo spinato di 175 chilometri lungo il confine con la Serbia, nel tentativo di bloccare uno dei principali punti di passaggio per molti migranti e rifugiati. La barriera è quasi ultimata ma in questi giorni non ha bloccato il flusso di migranti, molti dei quali arrivano a piedi seguendo i binari della linea ferroviaria che collega la Serbia col sud dell’Ungheria. Al filo spinato si aggiungerà nei prossimi giorni la decisione annunciata dal governo di voler schierare più di 2000 poliziotti (definiti infelicemente “cacciatori di confine”…) a vigilare sulla frontiera, mentre il Parlamento si appresta oggi a discutere la possibilità di inviare anche l’esercito nella zona.

Ma le recenti immagini dei poliziotti macedoni travolti dai migranti che hanno sfondato il confine, così come le quotidiane storie di resistenza e determinazione che ogni giorno nascono agli angoli della Fortezza Europa, dovrebbero insegnare che nessuna barriera o frontiera è davvero invalicabile di fronte alla ricerca di libertà e di dignità.

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