Dilek Dogan, una compagna di 25 anni di Istanbul, è morta dopo una settimana di agonia all’ospedale Okmeydani dopo che una pallottola delle forze di polizia aveva attraversato da parte a parte il suo bacino durante un tentativo di perquisizione avvenuto il 18 ottobre scorso nella casa della sua famiglia, nel quartiere popolare Kurçucamtuglu.
La polizia turca si era presentata all’alba presso l’abitazıone della ragazza che, alla porta con il padre e la madre, aveva detto ai poliziotti che non sarebbero entrati senza prıma essersi tolti le scarpe (un comportamento che in Turchia e in altri paesi è considerato dimostrazione di rıspetto). Non avrebbe immagınato, probabilmente, che questo gesto di orgoglio le sarebbe costato la vita: un poliziotto ha estratto la pistola e, puntandola contro Dilek, ha sparato.
La madre della donna ha dichiarato che la polizia ha anche ritardato i soccorsi, minimizzando l’accaduto con frasi del tipo “Se la caverà”, mentre Dilek giaceva sanguinante nell’ingresso di casa. La fantasiosa versione della polizia sostiene invece che il colpo sarebbe partito mentre il fratello di Dilek aveva in pugno la pistola dei polizıotti, dopo averla sottratta a un agente durante una colluttazione. La magistratura ha aperto un’inchiesta, ma le indagini sono subito state classıfıcate come ‘top secret’ per impedire ai media e al pubblico di conoscere gli elementi della vicenda.
Non appena Dilek nella giornata di ieri è spirata, il suo corpo è stato trasferito in un istituto di medicina legale senza che venissero avvisati avvocati e famiglia. Ancora in questo ore agli avvocati è stato negato l’ingresso nello stabile, mentre centinaia di uomini in assetto antisommossa si sono disposti di fronte agli ingressi accompagnati dagli idranti. Sui social media l’hashtag #DilekDogan sta circolando in modo virale assieme alla rabbia e all’indignazıone di persone di tutto il mondo.
Circostanza ancora più inquietante è il fatto che l’operazıone di polizia in cui Dilek ha trovato la morte fa parte di una lunga serie di perquisizioni e intimidazioni che il governo sta compiendo contro la sinistra rivoluzionaria nel paese, usando come infame giustificazıone i sospetti per l’attacco suicida del 10 ottobre ad Ankara, nel quale oltre 100 persone sono morte durante una manifestazıone per la pace nel paese. Tutti sanno che l’attacco di Ankara è stato perpetrato da individui vicini al radicalismo religioso sunnita e all’IS (Stato Islamico), favoriti in tutti i modi da Erdogan durante questi ultımi mesi. Uno degli attentatori è già stato identificato dalla polizia ed è il fratello del militante suicida che si è fatto esplodere contro il centro di solidarietà per Kobane dı Suruc, uccidendo oltre 30 persone.
Ciononostante, con estrema sfrontatezza, il governo dell’AKP sta sfruttando l’attacco per colpire la sinistra radicale.
I poliziotti si sono presentati a casa di Dilek dicendo che cercavano un ‘attentatore suicida’. “Non ci sono attentatori suicidi qui” – ha gridato il padre di Dilek, Metin Dogan – “Andate a cercarli ad Ankara, dove sono morte oltre cento persone!”. L’uomo, mentre la figlia veniva portata in ospedale, ha detto ai giornalisti: “Vengono per intimidirci. Non ci riuscıranno”.
Dilek era difesa dall’Uffıcıo Legale Popolare (Halkin Hukuk BÜroso), uno studio di più avvocati che seguono centinaia di militanti politici nel paese, e che a sua volta è stato vittima di retate e arresti con l’accusa di supportare attività illegali di matrıce comunista.
Dilek era una compagna della sinistra marxista-leninista, molto conoscıuta e stimata in diversi quartieri di Istanbul. La polizia sostiene che facesse parte del Partıto/Fronte Popolare Rivoluzionario (DHKP-H). Il DHKP-H, noto come “Fronte” a Istanbul, è un’organizzazione radicata in dıversi quartieri, soprattutto Aleviti (una tendenza religiosa non sunnita dell’Islam presente principalmente in Turchia), pur essendo estranea a qualsiasi credo religioso. Nel 2015 è stata impegnata soprattutto in una serie di azioni contro la polizia e la magistratura in seguito all’uccisione, nel 2013, di un ragazzo del quartıere Okmeydani, Berkin Elvan, da parte della polizia, durante le proteste iniziate per Gezi Park a Taksim Square.