Della libertà di stampa si suole mettere in rilievo soltanto un lato, quello che essa è la libertà di parola, e si trascura completamente l’altro, quello cioè che per mezzo di tale libertà viene assicurata la altrettanto inalienabile libertà di ascoltare. La censura non si limita a imporre il giogo alla libertà di parlare, ma sopprime anche la libertà di udire. Sicuro, essa, mentre sopprimendo la libertà di parola non toglie la loro libertà a tutti i parlatori, ma specialmente ai governanti permette di dire ciò che essi vogliono dire, invece come padrona della libertà d’udire esercita una inesorabile violenza contro i principi stessi.
Il principe non gode la libertà di udire quello che vuole, ma soltanto può udire quel poco che il censore e i suoi superiori consentono.
Forse però si obbietterà, che il principe vuole appunto non udire la tal cosa e la tal’altra, che è sua volontà che certe cose non giungano al suo orecchio. Benissimo!
Così per esempio egli vieta tutte le cose «indecenti» e impone al Censore di cancellarle. La volontà del principe consiste nel voler udire cose «decenti». Ma un censore cancella mille cose decenti, perchè a lui non sembrano decenti. Il censore decide la quantità di cose decenti che il principe deve ammettere ogni anno. In compenso, il principe non vuol udire nulla di «malevolo»; il suo orecchio è aperto a tutte le cose lusinghiere. Ma egli può lasciare il suo orecchio aperto quanto vuole, tutte le parole benevole e bene intenzionate che il Censore non vuol lasciar entrare in quell’orecchio aperto non vi entreranno.
Forse una parola benevola offende l’orecchio del censore, o quello di una rispettabile persona degna di riguardo: motivo sufficiente per sottrarla anche all’orecchio del principe. Egli, il censore, l’ha udita; che bisogno c’è che la odano anche altri? Quindi un principe per mezzo della censura può bensì far in modo di non udire quello che egli non vuol udire; almeno lo può nel maggior numero dei casi; ma non ottiene mai dal censore il permesso di udire tutto ciò che vorrebbe udire. No, l’uditore è sotto tutela del censore tanto quanto il parlatore; ad entrambi il censore paga ogni anno, del loro immenso capitale, gli interessi soltanto in quella misura in cui
non preferisce serbarli per sè. Perciò non si andrà meglio in fatto di libertà di stampa fin quando soltanto i parlatori avvertiranno il disdoro di quella tutela. Soltanto quando anche gli uditori acquisteranno il senso del loro onore, quando anch’essi non vorranno più oltre sopportare che un altro li privi della loro libertà di udire,
soltanto allora la libertà di stampa, che è libertà così di parlare come di udire, riporterà vittoria sopra la censura.
Max Stirner
20 settembre 1842.