George Orwell
Ho da poco fatto una chiacchierata sulla politica della terra bruciata che ha un ruolo di primo piano in questa guerra; il che mi porta in modo del tutto naturale a parlarvi del sabotaggio. Il sabotaggio è la tattica delle popolazioni sottomesse all’occupazione straniera, proprio come la terra bruciata è la tattica di un esercito in ritirata. Un breve accenno all’etimologia di questo termine permetterà di cogliere meglio i relativi meccanismi.
Tutti hanno sentito parlare di sabotaggio. È una di quelle parole introdotte in tutte le lingue; ma la maggior parte delle persone che la usano ne ignorano l’origine. Si tratta di fatto di un vocabolo francese. Nel nord della Francia così come nelle Fiandre, contadini e operai portavano pesanti zoccoli di legno chiamati sabot. Ormai da parecchio tempo alcuni lavoratori in rivolta contro i loro padroni hanno cominciato ad introdurre i propri sabot negli ingranaggi di una macchina in funzione causando gravi danni. Questa iniziativa nociva è stata chiamata sabotaggio. Da allora in tutto il mondo questo termine indica ogni atto compiuto in maniera deliberata col fine di danneggiare il materiale e di conseguenza mettere le imprese in condizioni di non poter funzionare.
La maggioranza dei paesi europei sono attualmente sotto lo stivale dei nazisti, e non si può aprire un giornale senza leggere che in Francia, in Belgio, in Jugoslavia ecc. alcuni abitanti del luogo sono stati giustiziati per reati di sabotaggio. Ora, all’inizio dell’occupazione tedesca, le informazioni di questa natura erano molto meno frequenti. È dallo scorso anno che hanno iniziato a moltiplicarsi, soprattutto dopo l’attacco di Hitler alla Russia sovietica. L’amplificazione del fenomeno del sabotaggio, e forse ancor più la serietà con cui i tedeschi lo prendono in considerazione, la dice lunga sul giogo nazista.
Se vi capitasse di ascoltare per radio la propaganda tedesca o giapponese, potreste notare senza dubbio che uno dei termini preferiti è la loro necessità di uno «spazio vitale», o Lebensraum. L’argomentazione è sempre la stessa. Essendo la Germania e il Giappone paesi sovrappopolati, rivendicano dei territori al fine di potervi stabilire i propri cittadini residenti all’estero. Questi territori, che i tedeschi pretendono siano poco abitati, sono la Russia occidentale e l’Ucraina; nel caso del Giappone, si tratta soltanto della Manciuria e dell’Australia. Per poco che prestiate credito alla propaganda nazista e prendiate in considerazione la politica fatta dai fascisti, vi accorgerete molto in fretta che il loro famoso «spazio vitale» è solo un pretesto: perché ciò a cui ambiscono veramente gli Stati fascisti non sono territori a scarsa densità abitativa ma, al contrario, zone fortemente popolate. È vero che i giapponesi si sono effettivamente impadroniti nel 1931 di una parte della Manciuria. Ma non hanno mai cercato seriamente di insediarvisi; e, dopo quell’aggressione, si sono lanciati alla conquista delle regioni più popolate della Cina, che hanno occupato. In questo momento stanno per attaccare le isole più popolate delle Indie olandesi per cercare di dominarle. Allo stesso modo, i tedeschi hanno invaso le parti dell’Europa più popolate e più industrializzate, che tengono sotto il loro giogo.
Sarebbe perfettamente impossibile per i tedeschi colonizzare il Belgio o i Paesi bassi, o per i giapponesi colonizzare la valle dello Yang Tze-Kiang, nel senso in cui i pionieri colonizzarono l’America e l’Australia: quei paesi sono già molto popolati. Ma è ovvio che l’occupazione dei nazisti non ha nulla a che vedere con lo spirito pioniere. Il loro «spazio vitale» è solo un bluff. Non vogliono terre, vogliono schiavi. Cercano di assoggettare intere popolazioni per costringerle a lavorare per loro a basso costo. L’immagine che i tedeschi hanno dell’Europa è quella di milioni di persone che sgobbano per loro da mane a sera, che concedono loro il prodotto del proprio lavoro e ricevono in cambio solo di che non morire di fame. L’immagine che i giapponesi hanno dell’Asia è rigorosamente identica. L’obiettivo che i tedeschi si erano prefissati in un certo senso era stato raggiunto. Ma è proprio a questo punto che interviene il sabotaggio con tutto ciò che comporta.
Gli operai fiamminghi che hanno lanciato i loro sabot di legno negli ingranaggi delle macchine hanno dimostrato così di aver preso coscienza della potenza, a dire il vero spesso misconosciuta, della classe operaia. La società intera si basa in definitiva sui lavoratori manuali, che hanno pur sempre la possibilità di destabilizzarla. I tedeschi non sanno che farsene dei popoli europei asserviti il cui lavoro non è affidabile. Una serie di sabotaggi non rivelati subito ed ecco che tutta la macchina da guerra tedesca si blocca. Qualche martellata assestata nel punto giusto è in grado di fermare il funzionamento di una centrale elettrica. Un semplice «errore» di scambio può far deragliare un treno. Una piccola carica di esplosivo permette di affondare una nave. Basta una scatola di fiammiferi — anche un solo fiammifero — per distruggere tonnellate di foraggio. Non c’è dubbio che atti analoghi si moltiplicheranno in tutta Europa. Le innumerevoli esecuzioni di sabotatori che gli stessi tedeschi annunciano al pubblico con manifesti affissi sui muri sono significative. In tutta l’Europa, dalla Norvegia alla Grecia, esistono uomini coraggiosi che, avendo colto la vera natura del dominio della Germania nazista, sono pronti a sacrificare la loro vita pur di combatterla. Questo tipo di lotta è cominciata fin dall’avvento al potere di Hitler. Durante la guerra di Spagna, ad esempio, poteva accadere che un obice caduto nelle linee repubblicane non esplodesse; una volta disinnescato, si scopriva che al posto della carica esplosiva conteneva sabbia o segatura: nelle fabbriche belliche tedesche o italiane, un anonimo operaio aveva rischiato la vita nella speranza che un obice, almeno uno, risparmiasse i suoi compagni spagnoli.
Ma non si può ragionevolmente aspettarsi che intere popolazioni mettano la propria vita a repentaglio in questo modo, soprattutto quando si trovano sotto la sorveglianza della polizia segreta più efficiente del mondo. Tutte le classi lavoratrici europee, specialmente quelle nelle industrie chiave, vivono senza tregua né riposo sotto l’occhio vigile della Gestapo. È qui che entra in gioco un fattore a cui i tedeschi non sono in grado di opporsi praticamente: il sabotaggio passivo. Se non potete o non osate distruggere una macchina, potete almeno rallentarne il funzionamento ed impedire che giri a pieno regime lavorando nella maniera più lenta e improduttiva che si può, perdendo deliberatamente tempo, fingendo una qualche malattia, sprecando materiale. È estremamente difficile, anche per la Gestapo, determinare le responsabilità in questo genere di azioni: ne risultano dei continui blocchi occasionali che ostacolano la produzione del materiale bellico.
Ecco messo in luce un fatto importante: chiunque rovini più materiale di quanto sia capace di produrne sabota con ciò la macchina da guerra. L’operaio che scientemente si gingilla sul posto di lavoro perde non solo il proprio tempo, ma anche quello degli altri: bisogna infatti sorvegliarlo, stargli costantemente addosso — il che significa assegnare altri lavoratori produttivi a mansioni improduttive. Una delle caratteristiche essenziali — si potrebbe perfino dire la caratteristica fondamentale — del dominio fascista è la quantità spaventosa di forze poliziesche di cui necessita. Ovunque in Europa, Germania compresa, ci sono veri e propri eserciti: SS, poliziotti in uniforme, poliziotti in borghese, spie e provocatori di ogni risma. Sono persone di una efficacia temibile che, finché la Germania non verrà battuta sul suo terreno, saranno probabilmente capaci di ostacolare qualsiasi rivolta aperta; ma rappresentano un enorme spreco di manodopera, e il semplice fatto che siano così numerose dimostra la natura delle difficoltà incontrate dalla Germania.
Ad esempio, i tedeschi pretendono in questo momento di condurre una crociata europea contro il bolscevismo. Tuttavia non osano reclutare consistenti effettivi nei paesi europei occupati, perché non potrebbero comunque fare affidamento sulla loro combattività. Gli pseudo-alleati della Germania attualmente impegnati sul fronte russo rappresentano degli effettivi ridicoli in termini di numero. Allo stesso modo, i tedeschi non possono trasferire le grandi industrie d’armamenti fuori dalle loro frontiere: sanno bene che in tutti i territori occupati è in agguato il rischio del sabotaggio. E questo solo fatto in sé costituisce una grave minaccia virtuale. Ogni volta che questo o quel pezzo di un macchinario viene reso inutilizzabile o che un deposito di munizioni esplode in circostanze misteriose, i tedeschi devono raddoppiare le precauzioni affinché non si ripetano incidenti simili; il che comporta maggiore vigilanza, più forze poliziesche, più infiltrati e, all’inizio, un numero maggiore di uomini che devono essere sottratti all’apparato produttivo.
Se i tedeschi fossero davvero in grado di raggiungere l’obiettivo che si erano prefissati all’inizio — ovvero, disporre di duecentocinquanta milioni di europei, tutti uniti a lavorare per loro a pieno ritmo — forse sarebbero anche in grado di superare la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e la Russia sovietica in materia di produzione di armi e munizioni. Ma questo non è possibile, perché non possono contare sulla cooperazione dei popoli conquistati ed il rischio del sabotaggio è onnipresente. Quando finalmente Hitler cadrà, i lavoratori europei che perdono tempo, sprecano materiale, simulano malattie e danneggiano macchinari nelle fabbriche, avranno giocato un ruolo non trascurabile nella sconfitta del Grande Reich.
[Radio BBC, 29 gennaio 1942]