Vincenzo Oliva
Il carcere cari compagni è stato costruito per noi, attacchiamolo e distruggiamolo. Troppi compagni ho sentito lamentarsi quando era troppo tardi: “se avessi saputo che era così… non me lo immaginavo…” mettiamoci al lavoro seriamente. Sono risentito con tutti gli anarchici, degli altri, che intervengano o meno in questo settore, non mi interessa granché, perché, storicamente non lo hanno mai fatto, se non per un puro scopo propagandistico.
Non trovo traccia nella storia che rivoluzioni autoritarie abbiano distrutto il carcere: al contrario lo hanno rinforzato di più. Il protagonista è stato sempre questo o quello, e il popolo è stato sempre deviato dai suoi interessi reali, e dalla strada che lo condurrebbe naturalmente verso l’ANARCHIA! L’instaurazione di campi di concentramento in qualunque paese del mondo è strettamente connessa alla sua situazione socio-politica interna. Il suo uso si propone due obiettivi: 1) annientare i nemici dello Stato; 2) serve da efficace deterrente nei confronti di coloro che all’esterno cominciano ad “agitarsi” troppo, e preoccupano la classe dominante. In Italia un anno fa veniva varato il progetto, sollecitamente approvato da tutti i partiti, dell’instaurazione di 5 carceri speciali. Pochi mesi dopo erano diventati 9. Abbiamo fondati motivi per ritenere che continueranno ad aumentare. A quelli già esistenti se ne aggiungeranno altri nuovi, riadattati i vecchi, e costruiti dei nuovi, e quando non saranno più sufficienti questi ricorreranno agli stadi. Tutto ciò è nella logica. Il potere sarà costretto a criminalizzare, emarginare, ghettizzare, strati sempre più larghi di proletariato, e prendere quelli già ghettizzati in ostaggio. Se il crimine non esiste già, pronto, lo inventeranno subito per adattarlo alla situazione. È con questo sistema che la violenza di massa degli oppressi, in risposta a quella del potere, viene definita “TERRORISMO”, gli espropri diventano “RAPINE”, le giustiziazioni esecrabili e spietati OMICIDI. Una situazione carceraria elastica presuppone una situazione sociale tranquilla, e per essere tale è necessario che tutti gli individui abbiano la possibilità di soddisfare i loro bisogni, e la differenza tra chi ha e chi non ha non deve assumere dimensioni gigantesche. In Italia la coscienza dei propri diritti cresce rapidamente negli individui, e la differenza tra chi ha e chi non ha è un insulto alla ragione, gli scontenti diventano sempre più numerosi e si fanno più turbolenti, il rancore cresce la rabbia furiosa dell’escluso può esplodere da un momento all’altro, il sistema non deve lasciarsi cogliere di sorpresa, e deve correre ai ripari. Il paese che ha caratteristiche simili deve darsi strumenti efficaci di repressione: le carceri speciali gli sono necessarie, e se nessuno fa nulla per averle, il potere è costretto ugualmente a creare le condizioni adatte per crearle. È sufficiente un pretesto qualsiasi per mettere in atto determinati progetti: il motivo reale dell’instaurazione delle carceri speciali non è certo quello ufficiale, cioè le evasioni, e la criminalità scatenata in continuo aumento. Il crimine da solo non ha mai preoccupato il potere: chi assalta una banca per consumare poi il bottino in auto di lusso, o pellicce, non fa altro che rendersi funzionale al potere: e comunque non si cura di attentare al potere dello stato. Il criminale bene o male lo si riesce sempre a colpevolizzare, e in un modo o nell’altro finisce sempre per ammettere “di aver fatto male”, e se la pena è mite ammette “che si aspettava di peggio, che gli è andata bene” la cosa è diversa se lo stesso criminale compie lo stesso crimine ma con la profonda convinzione di essere lui nel giusto, e che qualunque pena, mite o pesante che sia, non gli spetti. Nei prigionieri italiani questa convinzione si sta estendendo a macchia d’olio! Lo stato deve migliorare continuamente i suoi sistemi difensivi, semplicemente per non essere spacciato. È costretto a ristrutturarsi, per non lasciarsi cogliere in posizione di debolezza, e le strutture devono garantire un certo margine di sicurezza in momenti di pericolosa necessità. C’è la nascita dei campi di concentramento. Le zone circostanti i campi devono essere completamente militarizzate: la presenza di uomini e mezzi dello stato è necessaria, e deve essere ben visibile. La zona deve pullulare di militari, elicotteri, cani-lupo, jeep cariche di carabinieri, etc., questa presenza serve per ricordare alla gente la potenza dello stato, serve da deterrente. L’effetto deterrente deve frenare i cattivi pensieri degli “scalmanati”, e contemporaneamente, vegliare sul tranquillo sonno dei buoni borghesi. Tutta la zona deve apparire in “stato d’assedio”, chiunque entra nel suo perimetro deve subire accurati controlli, accertamenti personali etc., serve a scoraggiare eventuali “malintenzionati”: perché qui nulla passa inosservato. Sugli abitanti locali pesa questo sistema. Chi, nei dintorni, non offre garanzie, politicamente, deve essere tenuto d’occhio costantemente, subire pressioni: in breve, deve essere dissuaso in anticipo. Tutto l’apparato visibile deve essere fiancheggiato da un altro meno appariscente e più discreto: I SERVIZI SEGRETI. La loro ombra deve aleggiare nei ristoranti, nelle stazioni, nei bar, ai telefoni, negli uffici postali; nessuno deve sentirsi tranquillo. Su questi campi non deve aleggiare il mistero, al contrario, se ne deve parlare dappertutto. Era questo il senso della frase che Casalegno poco prima di essere giustiziato, aveva pronunciato dal suo trono di carta: il defunto Casalegno Carlo, vicedirettore della “Stampa” di Torino rimproverava bonariamente il generale Dalla Chiesa, per i suoi antiquati modi di applicare la repressione: gli disse CHE LE CARCERI SPECIALI DEVONO ESSERE CASE DI VETRO! e noi ne abbiamo capito in pieno cosa intendesse il defunto con questa affermazione. Case di vetro appunto. La gente “deve” vederci dentro. Deve proprio vedere la fine che gli sarà riservata se si agita troppo. È PROPRIO QUESTO L’EFFETTO DETERRENTE. Se non si “vede” non si ha neppure timore di ciò che non si conosce. I familiari dei prigionieri, al ritorno delle visite, descrivono, nel quartiere, nel paese, in fabbrica, al bar, la condizione disumana dei congiunti: così la voce si sparge.
Questa tecnica messa a punto dagli Stati Uniti d’America alla nascita del Black Panther Party, e successivamente raffinata dalla Germania Federale per l’annientamento dei nemici, alla nascita della RAF, è stata importata nella provincia, o meglio nella colonia, di questi due baluardi dell’Imperialismo, l’Italia. Questa nei due paesi citati è stata solo la prima fase: la seconda è il ricorso all’omicidio pianificato. Non abbiamo prove per dubitare che la seconda fase non sarà collaudata anche da noi man mano che lo scontro diventerà più duro, e nella scelta degli obiettivi ci sarà un salto qualitativo. Lo scontro si è generalizzato, così la repressione, noi in qualità di ostaggi in mano al nemico, dobbiamo aspettarci di tutto. È compito del movimento esterno arginare, e limitare i danni, imponendo con la forza il rispetto. Ho esposto sinteticamente il deterrente verso l’esterno: c’è poi l’altro, all’interno dei campi, molto più raffinato, che assume tutti i toni della tela del ragno. Si ritiene generalmente che i criteri con i quali vengono attuati i trasferimenti dalle carceri “normali” a questi, non seguono un filo logico preciso; è vero il contrario. Ci sono detenuti nelle carceri speciali che certamente non hanno fatto nulla che giustifichi la repressione su di loro. Questo corrisponde ad una precisa tattica del potere. Intendono creare l’impressione che non esistendo un preciso criterio chiunque può incappare nel meccanismo: lo stato d’ansia per un nonnulla permane in tutti i detenuti nelle carceri normali. Basta rompere un vetro… sbronzarsi a Natale… reclamare ad alta voce… per finire qui. Questo sistema è più efficace del letto di forza. Altri detenuti dopo un periodo relativamente breve vengono allontanati e fanno ritorno nelle carceri normali: porteranno la parola del signore a tutti gli altri!!! e così si espande la paura. Questo il significato politico di questi campi. Il progetto è passato in silenzio, non si è trovato nessuna opposizione di fronte in grado di ostacolarne l’attuazione, di renderla più sicura. Non avrebbe dovuto passare. La ristrutturazione dell’intero assetto del potere imperialista passa direttamente dal carcere. I compagni devono capirlo, e regolarsi di conseguenza. Sentire poco il problema solo perché si è in libertà provvisoria è un grave errore.