«Da quando un uomo ha avuto la criminale ingegnosità di trarre profitto dal lavoro di un suo simile, da quel giorno lo sfruttato ha cercato d’istinto di dare meno di quanto esigesse il suo padrone», É. Pouget.
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Émile Pouget
“Emile Pouget, vita di un anarchico” di Paul Delesalle (1)
Giovinezza
Emile Pouget era nato nel 1860 vicino a Rodez, nel dipartimento dell’Aveyron. Suo padre, che era notaio, morì giovane. Sua madre si risposò e in questo modo la sua vita era, in un certo senso, non bilanciata. Tuttavia, il suo patrigno, che era un buon repubblicano oltre che un combattente come il suo figliastro, perse rapidamente il suo posto di lavoro come piccolo funzionario, per uno scritto in un giornale che aveva da poco fondato. Frequentò il liceo di Rodez, dove i suoi studi lo portarono alla passione per il giornalismo. All’età di quindici anni, lanciò il suo primo giornale, “Le lycéen républicain”. Non ho bisogno di dire che tipo di accoglienza, questo piccolo giornale, ricevette dai suoi maestri.
Nel 1875, il suo patrigno morì. Emile fu costretto a lasciare il liceo per guadagnarsi da vivere. Paris lo attirava (…) Lavorando in un negozio, aveva iniziato, dopo il lavoro, a frequentare incontri pubblici di gruppi progressisti e divenne rapidamente impegnato nella propaganda rivoluzionaria. Ma anche allora, puramente speculativa, l’idealismo anarchico aveva lasciato la sua pronunciata sociale sensibilità insoddisfatta e, già nel 1879, fu coinvolto nella fondazione a Parigi del sindacato dei commessi. Tale era Pouget: un geniale attivista che aveva appena ottenuto, tramite questo suo sindacato, la pubblicazione del primo opuscolo anti-militarista. Inutile dire che era stato scritto dal nostro sindacalista, e vorrei aggiungere che sarebbe impubblicabile oggi, a causa sia della veemenza del suo testo che del suo contenuto.
Intorno agli anni 1882-1883, la disoccupazione era piuttosto alta a Parigi, tanto che l’8 marzo 1883, la camera dei commercianti aveva invitato i disoccupati a una riunione a cielo aperto, tenuta nella Esplanade des Invalides. Naturalmente, la riunione era stata subito interrotta dalla polizia, ma due gruppi consistenti di manifestanti si erano formati: uno partì per il palazzo dell’Eliseo, che venne disperso rapidamente, l’altro, che comprendeva Louise Michel (2) e Pouget, di erano diretti verso il Boulevard Saint-Germain. Un panificio in rue de Four, venne spogliato di quel che conteneva. Tuttavia, la manifestazione, portata avanti fino a piazza Maubert, si erano trovati di fronte una significativa forza di polizia. Quando la polizia si precipitò in avanti per arrestare Louise Michel, Pouget fece quello che poteva fare per liberare lei: ma fu inutile, perchè venne arrestato anche lui e portati verso la stazione di polizia.
Pochi giorni dopo, venne portato davanti alle Assise con l’accusa non vera di rapina a mano armata. Louise era stata condannata a dodici anni di prigione e Pouget a otto anni: egli dovette scontare la pena nel carcere penale di Melun. Vi rimase per ben tre anni. Venne concessa l’amnistia dopo le pressioni di Rochefort (3). Il carcere, tuttavia, non aveva intimidito il militante.
Le Père Peinard
Il 24 febbraio 1889 venne “alla luce” la prima edizione de “Le Père Peinard” in forma di piccolo opuscolo, che ricordava “La Lanterne” di Rochefort e scritto nello stile pittoresco di Hubert Père Duchene, ma in uno stile più proletario.
(…) I piccoli opuscoli di Pouget avevano incontrato un successo difficile da apprezzare oggi. Durante il ciclo di vita di “Le Père Peinard” – e poi de “La Sociale” -, essa rappresentava l’agitazione dei centri dei lavoratori in alcuni distretti, come Trélazé o Fourchambault, dove vi erano dieci o venti lavoratori che facevano partire le varie agitazioni, influenzati da questi opuscoli. L’intero movimento si ridusse a nulla una volta che gli opuscoli smisero di uscire.
A Parigi in particolare, tra gli ebanisti del Faubourg Saint-Antoine, il movimento sindacale era durato appena fino a quando esisteva Le Père Peinard. Negli anni 1891-1893, venne stampato “Le Pot-à-Colle”, che era simile, come stile, a Le Père Peinard.
(…) L’anarchismo di Pouget è prima di tutto, e in primo luogo, proletario. Fin dalle prime questioni di “Le Père Peinard”, dove si elogiavano i movimenti di sciopero e le edizioni del 1° maggio venivano interamente donati per incoraggiare i “ragazzi” a partecipare:
“Il 1° Maggio è un’occasione che può essere messa per attuare cose di buon uso. Tutto ciò che è necessario è che i nostri fratelli, i soldati, devono disobbedire agli ordini come hanno fatto nel febbraio del 1848 e il 18 marzo del 1871.”
Fu uno dei primi a cogliere le potenzialità dell’idea dello sciopero generale e già nel 1889 scriveva:
“Sì Dio, non c’è altro da fare oggi se non lo sciopero generale!
Guardate che cosa accadrebbe se il carbone diminuisce, fino ad esaurirsi, in una quindicina di giorni. Le fabbriche si fermerebbero, le grandi città sarebbero a corto di gas e le ferrovie sarebbe a un punto morto.
Tutto ad un tratto, quasi tutta la popolazione sarebbe ferma. E sarebbe il tempo di riflettere: ma quando ci si accorge che si viene derubati dai padroni, li si può far vacillare in maniera rapida!”
E ancora:
“Quindi, una volta che i minatori sono fermi e lo sciopero sarebbe del tutto generale, lasciate che essi amministrano la miniera: la miniera è di loro, rubato loro dai ricconi: strappatela in maniera veloce. Il giorno in cui i loro cuori arderanno, ci sarà un manipolo di bravi ragazzi che solleverà una tempesta come questa! Da “Le Père Peinard”, avremo l’inizio della fine!”
Un grande giornalista proletario
Ma mentre il movimento operaio occupava una posizione privilegiata, Pouget sottoponeva ogni aspetto della questione sociale al vaglio, che era sotto una censura implacabile: non trascura nessuno dei parassiti della società borghese: una banca enorme, il Comptoir d’Escompte, era appena fallita: vale la pena citare il suo articolo “I chiacchieroni” nella sua interezza:
“Quelli al governo, i divoratori di dolci e i finanzieri, sono delle guardie nere e dei tirapiedi! Prendete oggi: è stato deciso che ci sarà un’inchiesta Fammi avere il sistema dell’89, che era meglio. Così, nel luglio del ’89, Berthier de Sauvigny era stato appeso a un lampione e un altro dei suoi compari, Foullon (4), è stato massacrato. Quando dovremo ancora andare in giro a far rivivere questo sistema? Quando tempo dovremo ancora sentire lo schioccare degli zoccoli di tutta la cricca dei Rothschild e degli Schneider?”
L’eccitazione per le strade non lo lasciò freddo.
Così ne “A casa con i nostri amici della porta accanto“, diceva: “Oltre i ragazzi dalla Germania che si pavoneggiano in giro con spavalderia, i Maccheroni calzano a pennello ai grandi latifondisti e i contadini serbi e bulgari, che i nostri giornalisti pirati descrivono come briganti, sono inforcati dai pezzi grossi. E anche gli inglesi, con tutta la loro flemma e arie da namy-pamby, hanno avuto il loro piccolo sciopero.” Poi sfilavano i “militari nincompoops,” e la critica era rivolta contro l’esercito, il “lavoro sporco nella caserma” che era una vera e propria aggressione – e come! – e per questo era contro l’esercito e il militarismo.
“Nel Palazzo dell’Ingiustizia” vi è tutta la sua critica contro la classe dominante e la giustizia al suo servizio.
Ma non è tutto. Ogni mormorio dell’opinione pubblica innescato da un articolo, un edizione speciale, per Pouget, soprattutto, era una vittoria. Egli era un vero talento per la propaganda e quello che doveva essere detto alla folla. Gli anniversari della Comune o del 14 luglio, erano una buona scusa per Le Père Peinard di mettere in risalto questi avvenimenti, tramite dei poster (5). Nulla di quello che scuoteva l’opinione pubblica, anche se banalmente, lo lasciava indifferente. Perché Pouget era, soprattutto, un giornalista nato.
Ma dove le sue polemiche prendevano una svolta più personale – che non era una cosa esclusiva solo per lui, perché era tipico di tutti gli anarchici di quel periodo – erano le critiche sul parlamentarismo e l’intera macchina dello Stato.
Pouget e gli anarchici del suo tempo hanno rivissuto, infatti, le vecchie zuffe della Prima Internazionale, tra socialismo libertario da un lato, rappresentati da Bakunin e il socialismo autoritario di Marx dall’altra.
Guesde, il migliore dei rappresentanti del socialismo autoritario del giorno, era la bestia nera di Pouget, e costui andava in giro, gridando: “Tu classe operaia! Vota per far sentire la tua voce tramite i deputati del Parlamento! La rivolzione non sarà lontana e sarà un fatto compiuto.” Al che Pouget e i suoi amici replicavano: “Mettete insieme le vostre società di mestieri, e fondate dei sindacati, in modo da assumere dei seminari“.
Due approcci, quello socialista libertario e autoritario, che erano l’uno contro l’altro, e a volte anche in maniera violenta.
E quando Pouget si rivolse a illustrare la sua tesi, le polemiche erano mordenti. Giudicate voi stessi. “Queste elezioni benedette sono previste per Domenica! Naturalmente non mancano di candidati – c’è qualcosa per tutti i gusti e in ogni tonalità; una scrofa non poteva individuare la sua figliata. Ma mentre i colori dei candidati e delle etichette possono cambiare, una cosa non cambia mai: lo scalpiccio reazionario di qualsiasi fazione, come quella dei repubblicani, o dei boulangisti, o dei socialisti, ecc – tutti promettono alle persone che faranno il loro lavoro fino alla morte“
E tali parole avranno un certo effetto.
Repressione
Ma questa propaganda, condotta con tanto vigore, non era certo priva di inconvenienti. Le accuse erano all’ordine del giorno, e sempre più pesanti; mentre i suoi redattori potevano sfuggire a tali accuse, Pouget entrava ed usciva dal carcere di Saint-Pelagie, a Parigi. Questa situazione non sembrò interrompere la pubblicazione de Le Père Peinard, in quanto i suoi colleghi, a turno, raccoglievano il manoscritto di Pouget dall’interno del carcere stesso.
Questo era un periodo di agitazione intensa, e va detto, che aveva spinto un certo numero di individui a spingersi oltre, con una serie di attentati, che si conclusero con l’assassinio del presidente Carnot (6) a Lione.
Anche se avevano il controllo della stampa, la borghesia era così spaventato che si poteva vedere alcuna via di salvezza diversa da quella che passa tramite il Parlamento: con una serie di leggi repressive redatte dal parlamento per la sicurezza nazionale, vennero descritte, giustamente, e una volta che il panico si era placato, come Lois scélérates (leggi scellerate).
Con queste leggi, vi erano stati arresti seguite da centinaia di perquisizioni effettuate in tutto il paese, e tutto portò al noto processo montato chiamato il “Processo dei Trenta“.
Pouget e un paio di altri compagni avevano messo una certa distanza tra loro ed i loro aspiranti giudici. Per lui, era l’inizio del suo esilio e il 21 febbraio 1894 vide la pubblicazione dell’edizione 253 e finale della prima esecuzione di Le Père Peinard.
Fuggito a Londra, trovò Louise Michel (7). Sarebbe un errore credere che il nostro compagno non scrivesse più nulla: nel settembre dello stesso anno, era uscita la prima edizione londinese di Le Père Peinard. Otto numeri erano apparsi, l’ultimo nel gennaio 1895. Ma l’esilio non era una soluzione. La borghesia si sentiva un pò più rassicurata e Pouget pensò bene di ritornare a casa per affrontare la musica giudiziaria: venne assolto, come tutti i co-imputati nel “Processo dei Trenta”.
Nessuna di queste avventure avevano cambiato di una virgola il fervore militante: l’11 maggio dello stesso anno, il successore di Le Père de La Peinard, La Sociale, venne fuori. Per una serie di motivi, il suo fondatore non aveva potuto, per il momento, far risorgere il primo titolo (che ricomparirà solo nel mese di ottobre 1896).
Che cosa dobbiamo dire di Pouget e delle due creazioni appena nate? Tranne che in termini di intensità della loro propaganda, viera lo stesso coraggio…anzi più coraggio, infatti, per le “leggi scellerate” (8) avevano avuto più difficoltà anche peggiori, ma avevano la stessa sfrontatezza. E’ di questo periodo che il celebre Almanachs du Père Peinard, come numerosi opuscoli di propaganda come Les Variations Guesdistes, firmati da Pouget, avevano creato una sorta di sensazione nei circoli politici socialisti.
Con l’affare Dreyfus, Pouget ci mise del suo. Si buttò nella mischia, ma il suo obiettivo era quello di chiedere sì giustizia, ma anche per gli anarchici deportati ai lavori forzati e che perivano sull’isola del Diavolo; una destinazione speciale a loro riservata. Attraverso i suoi numerosi articoli e il suo pamphlet “Les Lois scélérates” (co-scritto con Francis de Pressense), aveva catturato con successo l’attenzione delle masse, e il governo di allora fu obbligato a rilasciare alcuni dei superstiti di una presunta rivolta abilmente messo in scena dall’amministrazione penitenziaria.
“La Voix du Peuple”
Veniamo ora al 1898. La Confederazione Generale del Lavoro (CGT) stava crescendo, assicurandosi un significato sempre maggiore nella società.
Su iniziativa di Pouget, il Congresso di Tolosa (1897) aveva adottato una relazione significativa sul boicottaggio e sabotaggio che offriva alla classe operaia un’arma di lotta.
Infine, e questa era la sua idea più cara, aveva sognato di dotare la classe operaia di un diario di combattimento scritto interamente dalle parti interessate. Un impegno iniziale per questo era stato prossimo al Congresso di Tolosa, ed era stato ribadito al Congresso Rennes. Ciò che i compagni avevano in mente a quel punto era un quotidiano, un progetto che in seguito furono costretti ad abbandonare alla luce di tutti i tipi di difficoltà finanziarie.
Non importava. L’idea era stata lanciata e noi faremmo bene a ricordare qui che è stato anche grazie alla tenacia di Pouget che la prima edizione de La Voix du Peuple apparve il 1° dicembre 1900. Pouget, che era stato nominato segretario aggiunto della CGT, nel ramo delle Federazioni, era incaricato di scrivere per il giornale ogni settimana. Grazie ai suoi sforzi e con l’aiuto di Fernand Pelloutier, la classe operaia per la prima volta aveva avuto un giornale tutto suo.
(…) Sarebbe una cosa facile per me, con l’ausilio di un percorso completo per provare che La Voix du Peuple, si era adoperata per qualsiasi campagna di ogni genere, dalla lotta contro gli uffici di collocamento alla campagna per un giorno di riposo settimanale, dalle otto ore al giorno alle battaglie contro ogni sorta di iniquità: in ogni campagna affiorava il nome di Emile Pouget, il quale era sempre in prima linea per ogni battaglia.
Tutta la classe operaia aveva combattuto attraverso la sua penna.
Tuttavia, devo ricordare quelle splendide ed indimenticabili edizioni speciali sul “Primo maggio” e altri opuscoli, concepiti e presentati con tale intensità di propaganda che non sono mai stati superati.
Vorrei ricordare anche la campagna per la giornata delle otto ore lavorative, che culminò il 1° maggio 1906: bisogna aver vissuto quei tempi insieme a Pouget e aver apprezzato ciò che la scienza propagandistica – e che non mi sembra che sia una parola troppo forte – ha schierato allora. Con l’aiuto del suo alter ego, Victor Griffuelhes (9), per un periodo di quasi due anni, fu in grado di elaborare qualcosa di nuovo e ogni volta incantava una massa di lavoratori, che erano troppo inclini a ripensamenti di sorta. Quindi non vi è alcuna esagerazione nel dire che, ovunque egli andava, era in grado di imporre la propria volontà del tutto: la classe operaia aveva goduto di otto ore al giorno doveva ciò anche ad Emile Pouget. Basta rivedere la successione dei congressi della CGT tra il 1896 e il 1907 per ottenere la misura della profonda influenza che egli esercitava su quelle riunioni di lavoro. Le sue relazioni, i suoi discorsi e, soprattutto, il suo lavoro efficace sui gruppi di lavoro sono ancora l’indice più affidabile del debito che ha il sindacalismo con lui. Potrei ricordare che ad Amiens ha maneggiato la penna nel redarre la Carta del sindacalismo autentica?(10)
A parte i numerosi opuscoli scritti da lui, dobbiamo anche ricordare il suo contributo a molti piccoli lavori su vari giornali, come i suoi grandi articoli nel giornale di Hubert Lagardelle (11), Le Mouvement Socialiste. Inoltre non possono essere ignorati gli studi che fece in modo sostanziale per i futuri metodi del movimento sindacale in Francia.
“La Révolution”, Villeneuve-Saint-Georges e il ritiro
(…) Pouget aveva avuto nella sua vita, l’ossessione di un quotidiano che doveva essere un giornale proletario e che rifletteva le aspirazioni della sola classe operaia. Questo è ciò che egli aveva in mente quando, con altri compagni, aveva lanciato La Révolution. Griffuelhes gli diede una mano, così come Monatte (12). Purtroppo, ci volevano un sacco di soldi per mantenere un quotidiano a galla e l’aiuto previsto non era imminente. Dopo pochi mesi, La Révolution era stata costretta a chiudere. Era stata una delle più grandi delusioni che aveva avuto nella sua vita…. guardando il naufragio di una creazione per il quale aveva desiderato ardentemente.
Potrei smettere a questo punto, ma devo ricordare la vicenda Draveil-Villeneuve-Saint-Georges. In effetti, col senno di poi, in realtà sembra che questo episodio infelice e triste è stata voluto da Clemenceau (13). Questo inoltre era il punto di vista di Griffuelhes, così come quello di Pouget. L’accusa aveva montato delle false accuse contro un certo numero di militanti, compreso Pouget naturalmente. Ma dopo più di due mesi trascorsi nel carcere di Corbeil, le accuse erano venute meno e non vi è alcuna esagerazione nel dire che se venivano a galla le prove, parecchie personalità del governo, compreso Clemenceau, sarebbero stati nei guai fino al collo.
Ma anche allora la salute di Pouget, stava cominciando a peggiorare.
Nel lungo periodo, la lotta – come intende il termine – aveva consumato l’uomo in una certa misura. Ma per lui, tutto consisteva nel ritornare a lavorare. Tutto ciò fino a quando la malattia lo stese: prima di morire, non aveva mai smesso di lavorare, nonostante i suoi settantuno anni (14).
Note
1. Paul Delesalle (1870-1948), ex lavoratore di acciaerie, anarchico e sindacalista rivoluzionario: ha contribuito a Les Temps Nouveaux, poi è stato eletto segretario dalla Federazione della Bourses du Travail fino al 1907: in seguito editore e rivoluzionario. Questo testo è stato tratto da Le Cri du Popolo del 29 luglio e del 5 agosto 1931.
2. Su Louise Michel vedi nota 7.
3. Henri Rochefort (Marchese de Rochefort-Luzay, 1830-1913), giornalista e autore di pamphlet: aveva montato una vivace opposizione all’Impero dal suo settimanale La Lanterne. Deputato della Comune nel 1871.
4. Joseph Foullon (1717-1789) controllore generale delle finanze, impiccato e poi decapitato dopo la caduta della Bastiglia.
5. Un certo numero di cartelloni e manifesti sotto il titolo di “Le Père Peinard au Populo” avevano avuto una tiratura di oltre 20.000 copie, e potrei citare più di trenta del genere. (Nota di Paul Delesalle)
6. Sadi Carnot (1837-1894) Presidente della Repubblica francese, assassinato a Lione dall’anarchico italiano Caserio.
7. Louise Michel (1830-1905) insegnante e militante anarchica indomabile: aveva partecipato alla Comune di Parigi nel 1871; fu deportata e poi graziata.
8. Le “leggi” scellerate, erano progettate per eliminare le attività terroristiche anarchiche ed erano state approvate dopo l’attentato di Auguste Vaillant nel 1894. Auguste Vaillant (1861-1894), anarchico, enfant de la balle, fu ghigliottinato dopo aver lanciato una bomba nei banchi della Camera dei Deputati il 9 dicembre 1893.
9. Victor Griffuelhes (1874-1923) era un ciabattino ed era un blanquista: divenne un sindacalista rivoluzionario e ricoprì la carica di segretario generale della CGT dal 1902 al 1909.
10. La Carta di Amiens (1906), in cui il sindacalismo rivoluzionario si proclamava indipendente dai partiti politici.
11. Lagardelle Hubert (1875-1958), avvocato. Fu dapprima un Guesdista, per poi divenire fondatore di Le Mouvement Socialiste (1899-1914), una rivista teorica sindacalista rivoluzionaria. Fu autore del notevole libro Le socialisme français. Finì come ministro sotto il maresciallo Pétain.
12. Pierre Monatte (1881-1960), correttore di bozze, aveva contribuito alla revisione anarchica di Les Temps Nouveaux per poi, essendo diventato un sindacalista rivoluzionario, unirsi alla CGT pre-1914 del Comitato confederale. Aveva fondato la revisione de La Vie Ouvriere che durò dal 1909 al 1914. Nel 1923 si iscrisse al Partito comunista francese e divenne redattore della pagina affari sociali in L’Humanité. Fu espulso dal partito nel novembre 1924, dopo di che aveva lanciato La Rivoluzione Proletaria, organo della Lega Sindacalista. Vedi révolutionnaire syndicalisme et communisme, Les Archives de Pierre Monatte (1969).
13. Nel 1908 gli scioperi a Draveil e Villeneuve-Saint-Georges erano stati schiacciati nel sangue dal governo di Georges Clemenceau (1841-1929), dopo di che vennero arrestati i leader della CGT.
14. Nel 1931, nel villaggio di Lozère (Palaiseau) un povero carro funebre, seguito da Pierre Monatte, Maurice Chambelland me stesso e pochi altri come Daniel Guérin, portavano Emile Pouget nella sua ultima dimora.