All’alba di ieri, giorno di Natale, la città curda di Sirnak, in Turchia, è stata invasa dai mezzi corazzati delle forze speciali, che all’alba hanno iniziato a bombardare il quartiere di Dicle con artiglieria pesante, causando incendi di edifici e la distruzione di molti altri. La popolazione del quartiere, intervistata da Anf News, ha dichiarato che l’aggressione di queste ore è peggiore di quella, terribile, che la città subì nel 1992, che in tre giorni provocò 150 morti. Cafer Erin, una donna che assistette al massacro dell’epoca, ha affermato che ciò che sta impedendo un massacro analogo è la resistenza popolare e la scelta di scavare trincee ed erigere barricate tutto attorno al quartiere nelle settimane scorse. Ha aggiunto che la popolazione di Sirnak resisterà “fino all’ultima goccia di sangue”.
Entra intanto nel 25simo giorno di assedio la città di Amed (in turco Diyarbakir), principale centro del Kurdistan settentrionale, o Bakur, situato in Turchia. La città vecchia (Sur), famosa per le moschee e per le mura antichissime protette dall’Unesco, da quasi un mese è assediata da carri armati e mezzi blindati con centinaia di uomini armati, ed è bombardata dal cielo e da terra. Ciononostante le forze speciali, che hanno subito importanti perdite, non sono riuscite per adesso ad espugnare il quartiere, come già era avvenuto a Silvan all’inizio di novembre. Rispetto agli scontri di agosto e settembre la resistenza nelle città del Bakur sembra ora essere più efficiente e organizzata.
Decine di civili sono stati tuttavia uccisi negli scontri. A Sur, a Sirnak, nelle città di Cizre e Silopi più a sud, le forze speciali incendiano edifici interi per aprirsi varchi nei quartieri devastati dal conflitto. I partiti curdi hanno rivolto un appello ai movimenti internazionali da Silopi per una mobilitazione e una rottura del silenzio che i media occidentali garantiscono all’alleato turco in cambio delle ciniche politiche migratorie di cui si fa scudo. Deputati e rappresentanti del Bdp, dell’Hdp e del Dtk (organizzazioni politiche del Bakur) sono stati aggrediti dalla polizia presso il centro culturale curdo Dicle Firat a Sur, mentre si radunavano per una veglia di solidarietà al quartiere bombardato. Una manifestazione che si è messa in marcia presso le mura per raggiungere le zone colpite, cercando di fermare il massacro, è stata attaccata dalla polizia che ha ucciso tre ragazzi, i cui corpi ad oggi non sono ancora stati restituiti alle famiglie.
Intanto l’anima politica della resistenza giovanile nei quartieri del Kurdistan turco, la Ydg-H (movimento giovanile patriottico rivoluzionario), ha reso noti alcuni risultati degli sforzi della resistenza in queste settimane. Il 21 dicembre i mezzi blindati che tentavano di entrare nella città vecchia di Diyarbakir sono stati attaccati con bombe a mano e sei poliziotti sono rimasti uccisi. Altre dieci azioni armate sono state portate contro le forze speciali, causando un numero non precisabile di vittime. La resistenza è riuscita a causare l’atterraggio di emergenza di un elicottero che bombardava il quartiere e ha ucciso un militare che tentava di avvicinarsi alle loro postazioni dai tetti delle case. Le Ydg-H hanno anche circondato un gruppo di poliziotti nel quartiere di Karadeniz, uccidendone quattro in uno scontro a fuoco.
A Silopi, dove negli ultimi cinque giorni due civili hanno perso la vita e dieci edifici sono stati demoliti dalle forze turche, la resistenza giovanile ha causato la perdita di 10 effettivi delle forze speciali impegnate nelle operazioni. A Cizre due veicoli blindati sono saltati in aria su mine anticarro tra il 21 e il 24 dicembre. Le Ydg-H hanno ucciso inoltre, in due separati assalti, quattro poliziotti, mentre un quinto ha perso la vita mentre tentava, con il suo battaglione, di entrare nel quartiere Cudi il 22 dicembre. A Nusaybin, nello stesso giorno, gli scontri hanno provocato la morte di un civile di 45 anni e di un membro delle forze speciali turche, mentre un veicolo blindato è stato distrutto. Le Ydg-H denunciano inoltre all’opinione pubblica l’uso da parte delle forze turche di scuole, abitazioni private di civili e persino ospedali come base per le loro operazioni, in spregio ad ogni norma o convenzione di guerra.
Secondo molti testimoni diretti la situazione nel Kurdistan turco è per alcuni aspetti, al momento, addirittura più cruenta di quella del Rojava, dove le forze rivoluzionarie curde combattono lo Stato Islamico (supportati da bombardamenti aerei di Usa e Russia) e fronteggiano i bombardamenti dell’esercito turco contro le proprie postazioni a ovest dell’Eufrate. La situazione di guerra civile di fatto nel sud-est della Turchia è però sostanzialmente nascosta o minimizzata dai media dei paesi Nato, alleati della Turchia, tra cui l’Italia. Il 23 dicembre Salahittin Demirtas, co-segretario dell’Hdp, partito della sinistra filo-curda in Turchia, è stato ricevuto a Mosca dal ministro degli esteri e dallo stato maggiore russo. Demirtas ha dichiarato che l’abbattimento dell’aereo russo da parte della Turchia, alcune settimane fa, “è stato un errore” e ha chiesto alla Russia che le conseguenze non ricadano sulla popolazione della Turchia.
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