Albert Libertad
L’operaio esce dalla fabbrica appestante. È l’ora della liberazione. Dopo il duro lavoro, un po’ di riposo.
Esce, probabilmente stanco, scoraggiato, col cuore pieno di odio contro chi lo tiene così rinchiuso per ore pur di assicurarsi il lusso.
Ma dove dirige i suoi passi? Esce, va, corre verso i chioschi di giornali. Un sorriso di soddisfazione mi sale sulle labbra, egli è stanco, ma ha ancora nel cuore tenace la fierezza umana: va là a cercare l’opuscolo, lo scritto dalle parole rivendicatrici, al fine di entrare in comunione di idee con tutti coloro che soffrono, coi fratelli di miseria, con gli sfruttati di tutti i mondi.
Mi avvicino, pronto a parlare, a stringere la mano a questo sofferente qualsiasi. Lo Sport, dice a voce alta e febbrilmente lo apre. Scorrendolo, se ne va dicendo: «Lo sapevo, ha vinto Tizio, in sella a Re Sole».
E questo operaio è tutti, è il mercenario, lo schiavo tipo.
Lo Sport, Il Ciclismo, Le Corse, Parigi-Bici e venti altri, ecco l’opuscolo che l’oppresso legge, ecco l’allarme di rivolta che fa risuonare alle sue orecchie.
La plebe romana nella sua eccessiva miseria reclamava «Panem, Circenses», pane e giochi, e si avviliva al cospetto di un tiranno.
La Spagna, sotto il dominio clericale, domanda a più non posso processioni ed arene.
In Francia, sotto le grinfie del parlamentarismo più umano… per le bestie, più delicato, il popolo vuole corse.
Quei signori, gli schiavi, vogliono giocattoli, e sia: gli imperatori costruiscono circhi, la regina di Spagna è presente ad ogni nuova corrida, e il suo eccellente Felisque* presiede il Gran Premio.
I romani, gli spagnoli, i francesi si stringono la cintura di un foro e vanno a dormire felici e contenti.
Così, sfruttatori, borghesi e preti pensano che ancora li attendano tempi felici su questa terra e ripetono una frase degli antichi Galli: «Non temiamo niente, se non che il cielo cada sulle nostre teste».
Pur tuttavia non fidatevi, sotto la calma ingannatrice del mare si agita la tempesta. Chi sa, chi sa… e se sotto questa apparente tranquillità il popolo, vostro grande sostentatore, vi propinasse un’ultima minestra?
(Le Droit de vivre, n. 8, 7-14 giugno 1898)
*deformazione popolare del nome dell’allora presidente della repubblica Felix Faure