Venerdì 15 aprile, ore 17.30, seminario:
Perchè gli anarchici non votano. Sebastien Faure e la putritudine parlamentare
“Perché gli anarchici non votano” si domandava su un volantino degli anarchici carraresi degli anni settanta. E la prima risposta, quella che contiene tutte le altre, era “perché – se votassero – non sarebbero più anarchici”. Ovvero perché rinuncerebbero all’azione diretta in favore di una delega a politicanti nel migliore dei casi incompetenti, accontentandosi di riforme che hanno il solo scopo di cementare lo stato delle cose.
“Perché gli anarchici non votano” è il titolo della terza conferenza che Sebastien Faure, anarchico francese vissuto a cavallo tra l’800 e il 900, attivista multiforme non solo nel campo intellettuale, pensatore eclettico e agitatore instancabile, pronuncia nella sala dell’Unione dei Sindacati, a Parigi, il 30 novembre 1920. Questo discorso costituisce non solo un pamphlet, diretto contro possibili dissidenti, ma anche una sorta di schema teorico, una dimostrazione dell’inevitabilità dell’astensione come atteggiamento strutturale della militanza anarchica e non come semplice forma di protesta in un dato contesto. Coerentemente con il pensiero di Bakunin e di tutti i grandi teorici libertari, per Faure gli anarchici non possono scendere a nessun compromesso con lo Stato, storicamente posto a cane da guardia della borghesia e dei suoi interessi, Esso, “sotto le false sembianze di amministratore della cosa pubblica, di difensore della legge, di protettore dell’ordine, non è invece che il gendarme preposto alla sorveglianza di istituzioni stabilite per mezzo della violenza, sistematicamente organizzata”. Faure smaschera, nel corso della conferenza, a cui i curatori dell’edizione italiana hanno dato il significativo sottotitolo “La putredine parlamentare”, le illusioni della democrazia e della sovranità popolare, cui contrappone quattro argomenti stringenti: l’assurdità illogica del mandato parlamentare, l’impotenza delle assemblee parlamentari, composte da mediocri e incompetenti che pretendono di far calare dall’alto riforme che sempre, nella storia, si sono rivelate inutili, la corruzione insita nella politica, la nocività del Parlamento che, come già affermato nella premessa, è per natura favorevole ai capitalisti e quindi contrario alla classe operaia.
Quanto è attuale il pensiero di Faure, oggi, in un periodo storico in cui tutte le circostanze, non solo le elezioni politiche e amministrative, ma anche i referendum, dimostrano l’inutilità del voto e anzi sembrano dirci che anche dall’alto, da parte della classe politica, una buona dose di astensione è non solo tollerata ma incoraggiata?
a cura di Alerino Palma