Giovedì 14 aprile si è tenuto presso la radio un partecipato incontro con alcun* compagn* del Trentino in vista della manifestazione del 7 maggio al Brennero, dove le ruspe austriache sono alacremente al lavoro per ricostruire l’antica frontiera. Esercito e filo spinato sono presentati ancora una volta quale “soluzione tecnica” per contenere e rinchiudere i poveri, il cui esodo è il risultato di guerre, devastazione ambientale, miseria. Prendendo spunto da quanto si è discusso durante l’incontro, abbiamo provato ad allargare lo sguardo per analizzare la proliferazione e riconfigurazione dei confini interni ed esterni all’area Schengen nel contesto dell’attuale governance della “crisi”.
Dietro ad una coltre ideologica che si nutre di un linguaggio tecnico e scorporato, si nasconde la costante (ri)produzione di differenze spazializzate funzionali alle logiche del capitale: “questi processi di subordinazione delle mobilità umane ai poteri sovrani degli stati ed ai regimi di confine sono fondamentalmente implicati nella più larga produzione di differenze spazializzate (…). I confini servono efficacemente e prevedibilmente come filtri per lo scambio iniquo di diverse forme di valore” (De Genova 2016). Tuttavia, le forme di cattura che si dispiegano attraverso i confini di fatto non fanno altro che inseguire la forza dirompente ed eccedente dei movimenti messi in atto dai corpi in movimento. Lungi dall’essere passivi, meri oggetti dello sguardo vittimizzante e depoliticizzante di istituzioni e media, i soggetti in movimento mettono quotidianamente in atto pratiche conflittuali in grado di rompere, precedere ed eccedere le capacità di controllo, confinamento e repressione delle autorità di confine. Emerge così la profonda politicità della condizione migrante, con cui tutt* siamo interpellat* a confrontarci. Di tutto questo abbiamo discusso con Federico Rahola, docente di sociologia presso l’Università di Genova: