Libia, l’Italia pronta a inviare centinaia di militari a Tripoli

2011-04-02-dont-worry-africa

Era il segreto di Pulcinella, ora di fatto è realtà. Preannunciata nei mesi scorsi a reti unificate, sta per prendere carne la decisione del governo italiano di imbarcarsi in Libia, assumendo contestualmente la guida della missione delle Nazioni Unite e quindi il maggior impegno militare in termini numerici. Almeno 600 uomini (ma la cifra potrebbe arrivare a toccare le 900 unità) dovrebbero quindi imbarcarsi direzione Tripoli, con la scusa della lotta all’Isis e della necessaria stabilizzazione del paese, ma in realtà con ben altre priorità.

Crollano le furbe e finte esitazioni di Renzi, Mattarella e Gentiloni, sotto il peso della necessaria adesione alla volontà della Nato di mettere le mani sui giacimenti petroliferi libici. Il nuovo governo di Tripoli ha fatto infatti formale richiesta di intervento lunedì, proprio con la motivazione della necessaria difesa degli impianti di estrazione del greggio, giustificando così sempre più quell’etichetta di governo-fantoccio che da più parti gli sta venendo in maniera sacrosanta affibbiata.

L’appoggio militare al governo di Serraj sarà inoltre giustificato con l’implementazione del controllo dei flussi migratori, rendendo l’Europa sempre più fortezza e al contempo non evitando in alcun modo che si ripetano tragedie nel Mediterraneo.

A svelare la natura dell’intervento militare in Libia è Marco Galluzzo, che dalle colonne del Corriere sottolinea subito quali sono i nodi prioritari per l’Italia che va all’armi: proteggere i propri siti sensibili, ovvero in primis i pozzi petroliferi. Come in Afghanistan quindi sono gli interessi di multinazionali come Eni ad essere decisivi; del resto la stessa cacciata di Gheddafi dalla Libia fu determinata dagli interessi neocoloniali franco-britannici alla ricerca di nuove possibilità di sfruttamento dei giacimenti di Tripoli per Total e così via.

L’intervento dovrebbe partire appena arriverà il disco verde dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, con la Russia che non dovrebbe mettersi di traverso e le principali potenze occidentali Germania Francia Usa e GB che hanno pattuito lunedì al G5 di Hannover di assecondare ogni richiesta del neo-governo libico, non ancora legittimato dal Parlamento di Tobruk ma già evidentemente pronto a giocare il ruolo di manichino delle potenze dell’Alleanza Atlantica.

La Difesa ha subito smentito il piano e abbassato la cifra dei soldati che dovrebbero essere inviati da subito in Libia, probabilmente per cercare di spegnere subito l’attenzione sulla vicenda. Del resto, una guerra in questo preciso momento non è esattamente l’opzione preferita un’opinione pubblica votante che se da un lato sembra essere sempre più propensa ad un irrigidimento delle frontiere, dall’altra è recalcitrante ad imbarcarsi in spedizioni che non sembrano altro che avventurismi.

Nonostante questo, gli interessi economici non vedono ragioni e spiegano il “fortissimo sostegno” del governo italiano all’esecutivo libico di Serraj, riconosciuto poche settimane fa dall’ONU come governo legittimo libico ma sempre più evidente testa di ponte delle compagnie petrolifere nella regione a sud del Mediterraneo.

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