Imporre l’ordine morale a colpi di martello – Comunicato della Discordia
Frantz Fanon, I dannati della terra
Nella notte del 21 aprile 2016, tutti i vetri della Discordia sono stati distrutti a colpi di martello. A fianco é stata fatta una scritta: “razzista”.
È la terza volta che i nostri locali ricevono questo genere di visite notturne:
– La Discordia : «Tags» sulla biblioteca anarchica La Discordia
– La Discordia : Scarabocchio ha scarabocchiato – bis repetita placent
Questa volta ancora, si tratta di prendersela con La Discordia perché essa ha espresso pubblicamente un rifiuto rivoluzionario non negoziabile dei ricatti politici della religione e del razzialismo, che pesano sull’estrema sinistra a partire dagli attentati del 2015 a Parigi. Si tratta di vietare un discorso, di arrogarsi il potere di decidere chi può parlare e quello che deve essere detto. Nell’insieme, si tratta di giochi di potere mafiosi per imporre un’egemonia politica su un movimento in declino, con le armi sempre morali della colpevolezza e del risentimento. E se fin qua tutti avevano già più o meno espresso il proprio sostegno di fronte ai due “attacchi” precedenti, ma in modo più o meno informale, è alla solidarietà che chiamiamo oggi. Una solidarietà pubblica e visibile, nella quale ciascuno potrà mettere di ciò che è, piuttosto che accodarsi tutti dietro la stessa bandiera, come fanno i nostri attuali nemici. Non chiediamo quindi a nessuno di accodarsi dietro alla Discordia o le sue prospettive anarchiche particolari, ma piuttosto di allargare la questione, esprimere il fatto che questo rifiuto non appartiene solo a qualcuno, ma a tutti i rivoluzionari, che è costitutivo di ogni pensiero emancipatore.
Perché questi attacchi? Perché la Discordia è uno dei soli luoghi pubblici del movimento dove vengono espresse e dibattute pubblicamente delle posizioni anti-religiose e di un antirazzismo coerente (cioè contro ogni idea di “razza”, anche se arriva da sinistra) e senza condiscendenza con quelli che hanno fatto proprio della condiscendenza un rapporto totale alla politica, i nuovi demagoghi. La grossa partecipazione ai dibattiti che trattano di questi temi, così come le numerose discussioni con dei compagni più o meno vicini, ci dicono che c’è una percezione diffusa che qualcosa di pernicioso sta prendendo piede all’interno dell’area “radicale” francese. Vi si incontrano dei difensori della religione e della fede, vi si vedono delle forme di separazione su criteri biologici e genetici che nessuno ha scelto… Cose che i dizionari chiamano, senza timidezza, segregazione. Ma vi si vede anche, sempre più, dei compagni che si accorgono di questi pericoli e prendono posizione. Purtroppo, troppo poche sono le prese di posizione pubbliche. Questo permette ad alcuni illuminati nati ieri, che si credono l’avanguardia di qualche corrente identitaria pseudo-sovversiva, di pensare, cosa strana, che La Discordia è la sola a criticare l’idea di “razza” e a portare il rifiuto della religione. Per dirla tutta : se la prendono con noi anche a causa del silenzio di troppi altri su questi temi.
Perché questo succede in questo momento preciso, mentre siamo tutti concentrati su altro, su quello che succede in piazza (e non solo) [riferimento al movimento sociale contro la “Legge lavoro”; NdT]? Evidentemente perché, per quelli che portano l’idea di “razza” e l’amore per la religione, esse sono più importanti del conflitto contro lo Stato ed il Capitale. Ancora una volta, nessun altro segno di attacco è stato visto nel quartiere quella notte, né banche, né chiese, né sedi di partiti politici, solo una biblioteca anarchica.
Come abbiamo già sottolineato, è a causa della debolezza del rapporto di forze che i rivoluzionari si ritrovano ad attaccare il nemico con dei mezzi come quelli impiegati contro La Discordia. Perché nello scontro diretto con lo Stato, nessuno può vincere (a meno di diventare lui stesso uno Stato o uno Stato in potenza). Usare delle pratiche “asimmetriche” contro una biblioteca anarchica che funziona in maniera autonoma è proprio la più imbecille e vigliacca delle pratiche. Ricordiamo anche che i rivoluzionari, quando non sono d’accordo, prendono delle strade diverse, oppure si spiegano e/o si criticano, non si mettono la cacca nella cassetta delle lettere in modo anonimo. Ma nell’attuale decomposizione dei movimenti “radicali”, nulla stupisce più. Le persone che fanno vivere La Discordia sono presenti nelle lotte sociali, le assemblee, i momenti collettivi e non hanno mai nascosto le loro idee, al contrario. Nessuna opposizione è mai stato fatta loro. Nessun testo, nessuna accusa, nemmeno un insulto con un viso ed un corpo per assumerli. Questa accusa grave di razzismo, che per la terza volta si esprime su dei muri e da un po’ attraverso dei commenti anonimi nel mondo virtuale, non è mai stata assunta nella vita vera da alcun individuo, gruppo o collettivo, né attraverso la parola, né attraverso lo scritto. La brutalità esercitata contro i nostri locali non è quindi altro che il segno di una debolezza e di una vigliaccheria patenti e di un mancanza totale di capacità di argomentare.
Eppure l’onestà è la distanza più corta fra due individui.
Ma come si può difendere l’idea di razza o di dio davanti a degli antiautoritari, degli autonomi, dei comunisti, degli anarchici che, da secoli si danno da fare per liberare sé stessi ed il mondo da questi gioghi? O davanti ad ogni altra corrente di pensiero fondata sulla critica di dio, dello Stato e delle identità immaginarie. Da Marx e Bakunin a Malatesta o Fanon.
Si tratta, per queste patologie politiche a due gambe, di sradicare questo patrimonio rivoluzionario che non conoscono, che li disturba profondamente e che associano a torto alla cosiddetta “razza bianca” (a cui apparterrebbero, nella loro immensa maggioranza, se questa esistesse davvero). Allora, per opporsi a questo patrimonio, devono mobilizzare l’islamismo politico, le associazioni comunitarie ed identitarie che sopravvivono grazie alle flebo statali, le filiere di carriere universitarie ed altre forme della reazione borghese e/o conservatrice. Si tratta, per loro, di rifiutare in blocco tutto quello che assomiglia, da vicino o da lontano, ad un’ipotesi universalista che rimetterebbe in dubbio le piccole identità in kit prefabbricati, dietro le quali dovremmo abolire ogni singolarità ed ogni alterità. Anche se ciò significa organizzarsi con dei partigiani della defunta “Manif pour tous” [movimento di estrema destra e cattolico ultraconservatore che si è opposto, fra fine 2012 e prima metà del 2013, alla legge che permette agli omosessuali di sposarsi; NdT]. La responsabilità collettiva è l’arma preferita dell’estrema destra e dei razzisti, ma bisognerebbe già interessarsi alle proprie “idee” per rendersene conto. Perché le logiche identitarie e particolariste non portano ad altro che alla separazione degli sfruttati.
Non mettiamo in dubbio la sincerità di questi cretini che si dicono ”antirazzisti”, così come non mettiamo in dubbio la sincerità dei loro falsi nemici che, con le stesse parole, gli stessi metodi, gli stessi concetti e le stesse aspirazioni cercano di raggiungere gli stessi fini : la divisione, la frantumazione delle solidarietà fra degli sfruttati che essi si sforzano di delimitare, distinguere, dividere e compartimentare in frontiere strette, fisiche o mentali, affinché gli sfruttati non si incontrino mai, oppure, nel caso contrario, affinché esse li separino. Nell’interesse, sempre, del potere.
Cambiando qualche parola-chiave ci accorgiamo facilmente che i discorsi ed i valori di questa estrema sinistra del Capitale che non fa altro che cercare di racimolare qualche briciola, sono gli stessi dell’estrema destra, sono costruiti sulla stessa mancanza di immaginario emancipatore, mirano tutti, specialmente attraverso la religione, l’etno-differenzialismo, l’omofobia ed il virilismo, all’irreggimentazione normativa e prescrittiva dell’identità e della comunità. È lo Zarathustra di Nietzsche che consigliava : ”Vuoi una vita facile? Resta sempre vicino al gregge, e dimenticati in lui”.
Spaccare i vetri di una biblioteca anarchica come un bambino rompe un cubo di Rubik che non riesce a risolvere, per incostanza, per mancanza d’intelligenza e di maturità, e nel caso specifico si potrebbe parlare di leggera deficienza, è certamente l’azione più gloriosa dell’anno, non si sono nemmeno presi la briga di rivendicarla, quindi di spiegarla, argomentarla, assumerla politicamente. Preferiscono spazzolare i fondi delle pattumiere. Oggi, gli scemi del villaggio alternativo hanno ancora “colpito”. La loro vigliaccheria è uguale solo alla loro impotenza cronica a sviluppare la minima analisi seria per combattere le prospettive di rivoluzione internazionalista che temono, agitandosi rumorosamente. La vigliaccheria di non saper difendere le proprie idee davanti a dei visi che possono rispondere, piuttosto che davanti a dei vetri, che costeranno centinaia di euro ad alcuni poveri che hanno sempre messo la lotta davanti alla sussistenza. Era questo lo scopo? Attaccare al portafoglio un progetto anarchico? Succhiare centinaia di euro a dei disoccupati o persone che usufruiscono dell’RSA [sussidio minimo per le persone che non hanno lavoro né sussidi di disoccupazione; NdT], che sono già al centro dell’obiettivo della repressione? I nostri nemici comuni sono felici dei vostri slanci e voi confermate che, a volte, i nemici dei nostri nemici sono anch’essi nostri nemici (in effetti, cosa dei rivoluzionari avrebbero ancora in comune con dei filo-religiosi che pensano che l’umanità si divide in “razze”?).
In quanto rivoluzionari, non pensiamo che la violenza sia un’arma che si sostituisce alla critica e parola, ma che le accompagna abilmente, con una idea chiara di chi sono i nemici e di quali rapporti sociali essi difendono. Degli individui che identificano i propri nemici in questo modo e pensano, nel pieno di un movimento sociale che non smette di cominciare, mentre numerosi compagni passano davanti ai giudici, che è urgente accanirsi sui vetri della Discordia, sono, a minima, nemici assoluti dell’intelligenza. L’attacco non deve essere impiegato per riempire la vacuità teorica di qualche hooligan che conosce soltanto le funzioni rettili del proprio cervello.
E adesso che il piccolo re è nudo, tutti possono apprezzare lo spettacolo razzialista e filo-religioso in tutta la sua superbia, la politica del martello per coprire la debolezza e il brio già sparito di questa moda identitaria, passeggera e già in declino. Sarebbe l’ora di riflettere a questa moda identitaria nei nostri movimenti, cosa l’ha resa possibile e come? A quelle e quelli che, decostruiti fra i decostruiti, si sforzano di ripetere “check your privileges” rispondiamo “check your responsabilities”. Allo stesso modo, per quelle e quelli che sui “social media” hanno parlato di spaccarci la faccia, di attaccare la Discordia a colpi di Molotov e altre fanfaronate virtuali, un lavoro è in corso, per far pagare dei conti salati e dare tutta la loro conseguenza alle parole che fin qui passano attraverso degli schermi tranquillizzanti.
La sicurezza delle persone che, sempre più numerose, vengono ai dibattiti e alle permanenze della Discordia sarà ovviamente assicurata. Ogni sostegno materiale e fisico è benvenuto, e teniamo a ringraziare tutti i compagni, anarchici o no, che ci hanno già offerto il loro sostegno, sotto diverse forme (sempre apprezzate), da Parigi ai quattro angoli del mondo, a partire dai nostri vicini.
Ma quello a cui chiamiamo oggi è soprattutto la solidarietà nell’elaborazione teorica, il fondo della questione. Il progetto rivoluzionario che noi, insieme a numerosi altri, portiamo ha bisogno di prese di posizione chiare e forti, a volte scomode, a volte di rottura e spesso minoritarie.
Che ciascuno e ciascuna, quindi, alla maniera che gli sembra più appropriata, si attacchi alle idee di razze e di dio ovunque esse si trovino; per parafrasare Joseph Déjaque “con il braccio ed il cuore, con la parola e la penna, con il pugnale ed il fucile, con l’ironia e l’imprecazione, con il saccheggio e l’adulterazione, con l’avvelenamento e l’incendio”. Ricordiamoci che un attacco contro dei rivoluzionari a causa del fatto che sono rivoluzionari è un attacco contro tutti i rivoluzionari.
Per quanto ci riguarda, non siamo di quelli che si arrendono.
Né dio né padrone, né razza né profeta.
Non si fa la controrivoluzione spaccando dei vetri.
I discordisti.
https://ladiscordia.noblogs.org/
ladiscordia(at)riseup.net
http://informa-azione.info/parigi_nuovo_attacco_a_la_discordia_chiamata_alla_solidariet%C3%A0
Imposer l’ordre moral à coup de marteau – Communiqué de La Discordia
« Non nous ne voulons rattraper personne. Mais nous voulons marcher tout le temps, la nuit et le jour, en compagnie de l’homme, de tous les hommes. Il s’agit de ne pas étirer la caravane, car alors, chaque rang perçoit à peine celui qui le précède, et les hommes qui ne se reconnaissent plus, se rencontrent de moins en moins, se parlent de moins en moins ».
Frantz Fanon, Les damnés de la terre.
Dans la nuit du 21 avril 2016, toutes les vitres de La Discordia ont été détruites à coup de marteau. Un tag a été posé à côté : « raciste ».
C’est la troisième fois que nos locaux reçoivent ce genre de visites nocturnes :
– Communiqué de La Discordia suite à quelques dégradations
– Gribouillis gribouillas : Bis repetita placent
Cette fois ci encore, il s’agit de s’en prendre à La Discordia pour avoir vocalisé publiquement un refus révolutionnaire non-négociable des rackets politiques religieux comme racialistes sur l’extrême gauche depuis les attentats de 2015 à Paris. Il s’agit d’interdire une parole, de s’arroger le pouvoir de décider qui peut parler et ce qui doit être dit. Globalement, il s’agit de jeux de pouvoirs mafieux pour imposer une hégémonie politique sur une mouvance déliquescente avec les armes toujours morales de la culpabilité et du ressentiment. Et si jusque-là, tout le monde avait déjà plus ou moins exprimé son soutien suite aux deux « attaques » précédentes, mais de façon plus ou moins informelle, c’est à la solidarité que nous appelons aujourd’hui. Une solidarité publique et visible, dans laquelle chacun pourra mettre de ce qu’il est, plutôt que de se ranger derrière un même son de cloche, comme nos ennemis du jour. Nous n’appelons donc personne à se ranger derrière La Discordia ou ses perspectives anarchistes particulières, mais plutôt à élargir la question, à signifier que ce refus n’appartient pas qu’à quelques uns, mais à tous les révolutionnaires, qu’il est constitutif de toute pensée émancipatrice.
Pourquoi ces attaques ? Parce que La Discordia est un des seuls endroits publics du milieu où sont exprimées et débattues publiquement des positions anti-religieuses et d’un antiracisme conséquent (c’est-à-dire contre toute idée de « race », même issue de la gauche), et sans complaisance avec ceux qui justement, font de la complaisance un rapport total à la politique, les nouveaux démagogues. La grosse participation aux débats traitant de ces thèmes, ainsi que de nombreuses discussions avec des camarades plus ou moins proches, nous disent qu’il y a une perception diffuse que quelque chose de pernicieux est en train de trouver sa place dans le milieu « radical » français. On y croise des défenses de la religion et de la foi, on y voit des formes de séparations sur des critères biologiques et génétiques que personne n’a choisi... Ce que les dictionnaires nomment sans timidité ségrégation. Mais on voit aussi que de plus en plus de camarades s’aperçoivent de ces dangers et prennent position. Malheureusement, trop peu nombreuses sont les prises de position publiques. Cela permet à quelques illuminés de la dernière averse, qui se croient avant-garde de quelque courant identitaire pseudo-subversif, de penser que La Discordia est seule à critiquer l’idée de « race » et à porter le refus de la religion, drôle d’idée. Pour le dire franchement : on s’en prend aussi à nous à cause du silence de trop d’autres sur ces sujets.
Pourquoi cela arrive-t-il en ce moment, alors que nous sommes tous concentrés ailleurs, sur ce qui se passe dans la rue (et pas que) ? Parce que, visiblement, pour ceux qui portent les idées de race et la théophilie, celles-ci sont plus importantes que le conflit contre l’État et le Capital. Encore une fois, aucun autre signe d’attaque n’a été relevé dans le quartier cette nuit là, ni banques ni églises ni permanences politiques, juste une bibliothèque anarchiste.
Comme nous l’avions déjà souligné, c’est par la faiblesse du rapport de force que les révolutionnaires se retrouvent à attaquer l’ennemi avec des moyens comme ceux employés contre La Discordia. Parce qu’au corps à corps avec l’État, personne ne peut gagner (à moins de devenir soi-même un État ou un État en puissance). Employer des pratiques « asymétriques » contre une bibliothèque anarchiste au fonctionnement autonome est bien la plus imbécile et lâche des pratiques. Rappelons également que les révolutionnaires, lorsqu’ils ne sont pas d’accord, prennent des chemins différents, ou bien ils s’expliquent et/ou se critiquent, ils ne se mettent pas anonymement du caca dans la boite au lettre. Mais dans la décomposition actuelle des mouvances « radicales », plus rien n’étonne. Les gens qui font vivre La Discordia sont présents dans les luttes sociales, les assemblées, les moments collectifs, et n’ont jamais masqué leurs idées, au contraire. Aucune opposition ne leur a été offerte. Aucun texte, aucune accusation, pas même une insulte avec un visage et un corps pour les assumer. Cette accusation grave de racisme, qui pour la troisième fois s’exprime sur des murs et depuis un moment dans des commentaires anonymes dans le monde virtuel n’a jamais été assumée par aucun individu, groupe ou collectif dans la vraie vie, ni par la parole ni par l’écrit. La brutalité exercée contre nos locaux n’est donc que le signe d’une faiblesse et d’une lâcheté patente, et d’une absence totale de capacité à argumenter.
Pourtant, l’honnêteté est la distance la plus courte entre deux individus.
Mais comment défendre l’idée de race ou de dieu auprès d’anti-autoritaires, d’autonomes, de communistes, d’anarchistes qui, depuis des siècles, travaillent à se libérer eux-mêmes et le monde de leur joug ? Ou auprès de tout autre courant de pensée fondé sur la critique de dieu, de l’État, et des identités imaginaires. De Marx et Bakounine à Malatesta ou Fanon.
Il s’agit pour ces quelques pathologies politiques sur patte, d’éradiquer cet héritage révolutionnaire qu’ils méconnaissent, qui les dérange profondément, et qu’ils associent fallacieusement à la pseudo « race blanche » (dont ils feraient partie pour l’immense majorité, si toutefois elle existait vraiment). Alors pour contrer cet héritage, il faudrait mobiliser l’islamisme politique, les milieux associatifs communautaires et identitaires sous perfusion étatique, les filières du carriérisme universitaire et autres formes de la réaction bourgeoise et/ou conservatrice. Il s’agit pour eux de rejeter en bloc tout ce qui ressemble de prés ou de loin à une hypothèse universaliste qui remettrait en cause les petites identités en kit préfabriqués, et derrière lesquelles il faudrait que nous abolissions toute singularité et toute altérité. Quitte à s’organiser avec des partisans de feu la « manif pour tous ». La responsabilité collective est l’arme favorite de l’extrême droite et des racistes, mais encore faudrait-il s’intéresser à ses propres « idées » pour s’en rendre compte. Parce que c’est seulement à la séparation des exploités que mènent les logiques identitaires et particularistes.
Nous ne doutons pas de la sincérité de ces énergumènes sous pavillon « anti-raciste », comme nous ne doutons pas de la sincérité de leurs faux-ennemis, qui avec les mêmes mots, les mêmes méthodes, les mêmes concepts et les mêmes aspirations cherchent à atteindre les mêmes buts : la division, l’éclatement des solidarités entre des exploités qu’ils s’acharnent à délimiter, démarquer, diviser et compartimenter dans des frontières étroites, qu’elles soient physiques ou mentales, pour que jamais leurs révoltes ne se rencontrent, ou bien le cas échéant, pour qu’elles se séparent. Au profit, toujours, du pouvoir.
En changeant quelques mots-clés on s’aperçoit aisément que les discours et les valeurs de cette extrême gauche du Capital qui ne cherche qu’à gratter des miettes sont les mêmes que ceux de l’extrême droite, ils sont façonnés par la même absence d’imaginaire émancipateur, ils visent tous, par le biais notamment de la religion, de l’ethno-differentialisme, de l’homophobie ou du virilisme, à l’encasernement normatif et prescriptif de l’identité et de la communauté. C’est le Zarathoustra de Nietzsche qui conseillait : « Veux-tu avoir la vie facile? Reste toujours près du troupeau, et oublie-toi en lui ».
Casser les vitres d’une bibliothèque anarchiste comme un enfant casse un Rubik’s Cube qu’il ne parvient pas à résoudre, par inconséquence, par défaut d’intelligence et de maturité, et dans ce cas précis, on pourra parler de débilité légère, est bien l’attaque la plus glorieuse de l’année, même pas foutue d’être revendiquée, et donc expliquée, argumentée, assumée politiquement. On préfère racler les fonds de poubelles. Aujourd’hui, les idiots du village alternatif ont encore « frappés ». Leur lâcheté n’égale que leur impuissance chronique à développer la moindre analyse sérieuse pour contrer les perspectives de révolution internationaliste qu’ils craignent en gigotant bruyamment. La lâcheté de ne pas savoir défendre ses idées face à des visages qui peuvent répondre, plutôt que des vitres, qui ne feront que coûter des centaines d’euros à quelques galériens pour qui la lutte est toujours passée avant la subsistance. Était-ce le but ? Attaquer un projet anarchiste au portefeuille ? Pomper des centaines d’euros à des chômeurs et RSAstes déjà en plein dans le viseur de la répression ? Nos ennemis communs raffolent de vos envolées, et vous confirmez que, parfois, les ennemis de nos ennemis sont aussi nos ennemis (en effet, qu’est ce que des révolutionnaires auraient encore en commun avec des philo-religieux qui pensent que l’humanité se divise en « races » ? ).
En tant que révolutionnaires, nous ne pensons pas que la violence soit une arme qui se substitue à la critique et à la parole, mais qui les accompagne habilement, avec une idée claire de qui sont les ennemis, et de quels rapports sociaux ils sont les défenseurs. Des individus qui identifient leurs ennemis de la sorte, et considèrent, en plein mouvement social qui n’arrête pas de commencer, alors que de nombreux camarades et compagnons défilent devant la justice, que l’urgence est à s’acharner sur les vitres de La Discordia, sont a minima, des ennemis absolus de l’intelligence.
L’attaque ne doit pas être employée pour combler la vacuité théorique de quelques hooligans qui ne connaissent que les fonctions reptiliennes de leurs cerveaux.
Maintenant que le roitelet est nu, tout le monde peut apprécier le spectacle racialiste et philo-religieux dans toute sa superbe, la politique du marteau pour masquer la faiblesse et l’entrain déjà mort de cette mode identitaire, passagère et déjà sur le déclin. Il serait temps de réfléchir à cette montée de l’identitarisme dans nos milieux, qu’est-ce qui a permis cela, qui et comment ? A celles et ceux qui, déconstruits parmi les déconstruits, s’échinent à répéter « check your privileges », nous leur répondons, « check your responsabilities ». De même, pour celles et ceux qui sur les « réseaux sociaux » ont parlé de nous casser la gueule, d’attaquer La Discordia au Molotov, et autres bravades virtuelles, un travail est en cours pour régler des additions salées et donner toutes leurs conséquences aux mots qui planent jusque-là sur des écrans sécurisants.
La sécurité des personnes qui, toujours plus, viennent aux débats et aux permanences de La Discordia sera bien sûr assurée de façon adaptée. Tout soutien matériel et physique est le bienvenu, et nous tenons à remercier tous les compagnons et camarades qui nous ont déjà apporté leur soutien, de différentes manières (toujours appréciées), de Paris aux quatre coins du globe, en passant par nos voisins.
Mais c’est surtout à la solidarité dans l’élaboration théorique, le fond de l’affaire, que nous appelons aujourd’hui. Le projet révolutionnaire que nous portons aux cotés de nombreux autres nécessite des prises de position claires et fortes, parfois inconfortables, parfois clivantes, et souvent minoritaires.
Que chacun et chacune, donc, de la manière qui lui semblera la plus appropriée, s’attaque aux idées de races et de Dieu partout où elles se trouvent, pour paraphraser Joseph Déjacque, « par le bras et le cœur, par la parole et la plume, par le poignard et le fusil, par l’ironie et l’imprécation, par le pillage et l’adultère, par l’empoisonnement et l’incendie ». Souvenons-nous qu’une attaque contre des révolutionnaires parce qu’ils sont révolutionnaires, est une attaque contre tous les révolutionnaires.
Quant à nous, nous ne sommes pas de ceux qui se rendent.
Ni dieu ni maître, ni race ni prophète.
On ne fait pas la contre-révolution en cassant des vitrines.
Les discordistes.
https://ladiscordia.noblogs.org/
ladiscordia(at)riseup.net
Imposer l’ordre moral à coup de marteau – Communiqué de La Discordia