Un equivoco chiamato Popolo

images

“Pensiero e Volontà”
Merlino si dice democratico, intendendo per Democrazia (che etimologicamente significa governo del popolo) l’applicazione del principio di Libertà (associazione da pari a pari) in opposizione al principio di Dominazione (comando, gerarchia, monopolio). Secondo lui «è necessario che la società politica non sia tenuta insieme dalla forza, ma dallo spontaneo consenso degli associati consapevoli dei vantaggi inestimabili dell’associazione»; e perciò vorrebbe che gli organi destinati ad eseguire le deliberazioni della collettività fossero inermi e non potessero quindi imporsi alla volontà del popolo.

Tutto questo è, in sostanza, quello che noi chiamiamo anarchismo, e potrebbe far credere che non siamo divisi dal Merlino che da una questione di parole. Ma in realtà il dissenso è più profondo ed è tutto basato sull’equivoco nascosto nella parola Popolo. Per i democratici il Popolo non è la popolazione composta, come è, di uomini  che hanno mille passioni, interessi, idee differenti e spesso contrastanti, ma bensì una astrazione, una entità, di cui si cerca di scoprire la volontà mediante svariati sistemi elettorali. Ma essendo evidente che una volontà unica non esiste mai, né in quanto a ciò che gli uomini vogliono, né in quanto alla scelta dei rappresentanti che debbono fare quello che non si può fare dal popolo in massa, ne risulta che il «Governo del popolo» diventa, teoricamente, governo della maggioranza, e praticamente governo di quelle minoranze che si trovano in posizione economicamente e politicamente vantaggiose e riescono a servirsi della forza di tutta la società per sottoporre la società stessa alla propria volontà.
Da ciò la lotta continua che impedisce ogni assetto sociale veramente fondato sulla libertà e sulla giustizia; da ciò il fatto, deplorato dal Merlino, della degenerazione delle forme più o meno democratiche uscite dalle rivoluzioni popolari; da ciò il Fascismo.
Chi si è impossessato del potere e della ricchezza vuole conservare ed ingrandire i suoi privilegi, e si difende ed attacca, secondo le circostanze e principalmente secondo la resistenza che incontra, ora per mezzo di norme codificate ed apparentemente eguali per tutti (legalità), ora per mezzo della sfrenata brutalità e violando le leggi giudicate non abbastanza severe (fascismo); ma sempre con la violenza. Col Parlamento (che è corpo legislativo e non già mezzo di consultazione pubblica, come dice Merlino), o colla Dittatura, il Gendarme resta la pietra basilare che regge e costringe tutto l’edificio sociale!
Per avviarci verso quello che è l’ideale nostro, ed anche del Merlino, di una Società fondata sul consenso, per l’utilità liberamente riconosciuta degli associati, bisogna abolire ogni predominio politico di minoranze o maggioranza, ogni monopolio economico, ogni corpo armato a disposizione di dirigenti di qualsiasi specie, e lasciare che la forma o le forme sociali risultino dal libero gioco di tutti gli interessi, di tutte le idee, di tutte le forze esistenti nella popolazione. Quando non vi fosse potere che possa imporre agli altri la propria volontà e dare così agli uni i mezzi per sfruttare il lavoro degli altri, l’accordo volontario, il mutuo appoggio, la mutua condiscendenza diventerebbero condizione necessaria di vita e si sostituirebbero naturalmente alla dominazione degli uni sugli altri.
Merlino, a quel che ci sembra, cade nell’errore comune dei democratici: si preoccupa più del «popolo» che degli uomini che costituiscono la popolazione, e ciò spiega l’inconsistenza tra i suoi fini ed i mezzi che vorrebbe adoperare, nonché il suo strano ottimismo sulla «democrazia» e sulla «libertà» vigenti in Inghilterra.
[dall’introduzione a Saverio Merlino, Fascismo e Democrazia, 1924]