Sociobiologia: quando la scienza giustifica il dominio sociale (it/fr)

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Ecco l’introduzione alla discussione “Sociobiologie : quand la science justifie la domination sociale”, che si é tenuta alla biblioteca anarchica La Discordia mercoledì 28 ottobre 2015. Visto l’interesse che il soggetto ha suscitato, la condividiamo qui in forma scritta.

 

Precisiamo innanzitutto che non siamo degli esperti in merito e che non tratteremo problemi di ordine tecnico. Semplicemente perché ciò non ci interessa; la nostra intenzione è quella di liberarci dagli impedimenti di questo mondo di merda, compresi quelli che ci sono imposti dalla scienza. A questo proposito, vorremmo discutere di sociobiologia, che si potrebbe descrivere come un modo di spiegare i nostri rapporti sociali, le nostre emozioni ed i nostri comportamenti attraverso dei fattori biologici. Le tesi sostenute dagli ideologi di tali discorsi scientifici – dai ricercatori ai giornalisti – riguardano spesso un gene particolare o il funzionamento di certe zone del cervello (neuroscienze) o certi ormoni, che si presume identifichino una causa materiale precisa quale origine di fenomeni che li superano di gran lunga. Si cercherà quindi, per esempio, il gene del delinquente, l’ormone della fedeltà oppure il feromone dell’istinto materno e una volta “identificata” questa causa, si proporrà di palliarvi, dato che essa è problematica, attraverso mezzi anch’essi biologici, per esempio attraverso prodotti proposti dai laboratori che finanziano queste stesse ricerche.

Il testo “L’obscurantisme triomphant des neurosciences” descrive un buon esempio di questo tipo di discorsi scientifici. Tratta di una conferenza di Larry Y. Joung, a Ginevra nel 2014, nell’ambito della “Settimana del cervello”, che aveva come tema l’amore e la fedeltà. Topi e arvicole sottoposti agli effetti di certi ormoni vengono divisi fra fedeli e “leggeri”, secondo il tipo dei prodotti utilizzati su di loro, e servono come esempio al conferenziere per parlare di quegli stessi comportamenti da parte di esseri umani. La causa, alfine trovata, dell’adulterio si ridurrà così ad una produzione eccessiva o ad una mancanza di un certo ormone e Young proporrà dei prodotti commerciali come lo spray nasale all’ossitocina per “guarirne”, garantendo gli stessi effetti che la morale coniugale, ma senza le costrizioni che le sono associate. Precisiamo che per noi alle norme sociali umane, fra cui quelle che hanno a che fare con il desiderio, la fedeltà, l’amore o la sessualità, cioè le vere cause del problema, non si possono opporre delle critiche valide se non cerchiamo di comprenderle nel loro contesto banale, quello di individui appartenenti alla specie umana, con tutte le loro specificità (storiche, culturali). Non, al contrario, attraverso paragoni possibili fra la produzione di un certo ormone e i comportamenti che vi sono associati presso altri animali, semplicemente perché questi ormoni non hanno la stessa incidenza né gli stessi significati per le diverse specie. Agendo in questo modo, la sociobiologia serve a dare delle risposte a tutta una massa di persone ingenue che contano sul verdetto degli “esperti” del comportamento per prendere le proprie decisioni e regolare i propri problemi emotivi o affettivi per mezzo di terapie e di prescrizioni mediche, esattamente come i credenti che contano sulle prediche dei preti, la cui comprensione del divino permetterebbe di meglio capire le specificità dell’animo umano. Verranno perciò utilizzate le stesse immagini da favola; quando tutti vivranno nel favoloso reame dello stato psichico perfetto, potremo trovare principi e principesse anch’essi emotivamente regolati, con i quali essere fecondi e moltiplicarci.

Ricordiamo anche che, in sovrappiù del suo ruolo di autorità morale, la sociobiologia fornisce delle armi al controllo sociale moderno. Possiamo prendere come esempio, certo un po’ facile, poiché tutto ciò è spesso fatto in maniera più sottile, l’idea del gene del delinquente oppure quella dei segnali biologici (come la produzione di testosterone) che permetterebbero di operare il più presto possibile una selezione ed un controllo dei potenziali sobillatori. A proposito di tali predisposizioni, possiamo pensare ad una dottrina ridicola come la frenologia del XIX secolo, che voleva identificare tipi precisi di criminali a seconda della forma del loro cranio, mettendo semplicemente da parte le condizioni di vita delle persone e la loro storia personale. Per riassumere, la principale arma della scienza è, come sempre, la strumentalizzazione dell’ignoranza e se si vuole provare che un tal gene è all’origine di comportamenti aggressivi, al comitato di esperti o di politici basterà trovare l’articolo scientifico giusto, che mostra il risultato che interessa loro su cavie o umani da laboratorio, per poi estendere la portata di questo “studio” ad una spiegazione universale e conseguentemente incriticabile di comportamenti giudicati devianti.

Non dimentichiamo che a voler sempre trovare une radice del male (l’anima malvagia, l’umore bilioso, l’eccesso di un certo ormone, il gene del delinquente) si cade facilmente in un moralismo quasi religioso che serve a giustificare la rassegnazione: “Volevo ribellarmi, ma mi hanno detto che il problema sono io, il mio comportamento, il mio gene sbagliato e non la società, che funziona perfettamente” oppure al contrario, la mia mancanza di autocontrollo : “Ho un problema insormontabile, sono violento, non posso farci nulla a parte curarmi”. L’eugenismo, che opera una separazione degli individui a seconda della “qualità” del loro materiale genetico, non è altro che la continuazione di questa concezione di correzione dei corpi attraverso mezzi esterni. Per evitare i possibili problemi derivanti da “geni sbagliati”, che si tratti della salute, il carattere o le capacità delle persone, tanto vale selezionarle prima, in modo da evitare ogni problema, cosa che giustifica tutte le scuse per rimandare le possibilità di una vita migliore ad un avvenire ipotetico: “Aspettiamo ancora qualche decennio, che la ricerca avanzi, e non ci saranno altro che esseri umani sani, vicini alla perfezione”.

La sociobiologia, in particolare quando si appoggia sulla genetica, può sempre essere utilizzata per sostenere qualunque discorso che pretende di presentarsi come la verità, come il razzismo o il razzialismo [1] (ricordiamo che Watson, che con Crick ha proposto il modello di molecola di DNA a doppia elica, l’ha fatto per dimostrare la superiorità della razza bianca). Essa può servire anche a visioni ben chiuse quanto ai generi, come quelle dei neoevoluzionisti, per i quali le divergenze fra uomini e donne dipenderebbero da una mitologia antropologica di uomini-cacciatori e donne-casalinghe. Per farla breve, quello che si può vedere è che se ci si rifà a “verità scientifiche” è facile ricalcare sull’insieme della vita umana dei modelli completamente costruiti, osservati velocemente e che non contengono nient’altro che un vecchio moralismo da bar, e prendere poi gli effetti che i nostri corpi subiscono nel rapporto con questa società di merda come le cause dei nostri problemi.

Per finire sotto forma di domanda, e poi lasciare la parola a chi vuole prenderla, il problema sarebbe: come attaccare il mondo scientifico in maniera concreta, ma senza presentarsi come portatore di verità?

[tradotto dal francese da Non Fides]

Note

[1racialisme : una forma di riappropriazione del razzismo da parte delle persone che lo subiscono, che ne accettano la tesi di fondo (la divisione dell’umanità in razze) ma ne rovesciano la gerarchia di valore, utilizzando la propria appartenenza “razziale” come identità e motivo di orgoglio, a volte riproducendo forme di razzismo verso altri; NdT.

 

Sociobiologie : Quand la science justifie la domination sociale

[Voici quelques notes à l’occasion de la discussion “Sociobiologie : quand la science justifie la domination sociale”, qui a eu lieu à la bibliothèque anarchiste La Discordia le mercredi 28 octobre 2015. Vu l’intérêt que le sujet a suscité, on les partage ici par écrit.]

 

Précisons tout de suite que nous ne sommes pas des experts en la matière et que les questions d’ordre technique ne seront pas traitées par nous. Tout simplement parce que ça ne nous intéresse pas ; notre intention est de nous libérer des entraves de ce monde de merde, y compris de celles qui nous sont imposées par la science. Dans ce cadre nous voulions proposer de discuter de la sociobiologie, qu’on pourrait décrire comme une manière d’expliquer nos rapports sociaux, nos émotions et nos comportements par des facteurs biologiques. Les discours défendus par les idéologues de ce discours scientifique – des chercheurs aux journalistes, des corporations aux politiques – portent souvent sur un gène particulier ou sur le fonctionnement de certaines zones du cerveau (neurosciences) ou de certaines hormones qui sont supposées identifier une cause matérielle précise comme étant à l’origine de phénomènes qui les dépassent grandement. On cherchera ainsi, par exemple, le gène du délinquant, l’hormone de la fidélité, ou les phéromones de l’instinct maternel, et une fois qu’on aura « identifié » cette cause on proposera d’y palier, puisqu’elles posent problème, par des moyens eux aussi biologiques, par exemple par des produits proposés par des labos qui financent ces mêmes recherches.

Un texte nommé « L’obscurantisme triomphant des neurosciences » donne un bon exemple de ce type de discours scientifique. Il porte sur une conférence donnée à Genève dans le cadre de La Semaine du cerveau par Larry J. Young, en 2014, sur le thème de l’amour et de la fidélité. Des souris et des campagnols soumis aux effets de certaines hormones sont répartis ensuite entre fidèles ou volages selon la nature des produits employés et servent d’exemples au conférencier pour parler des mêmes comportements chez les humains. Ainsi la cause identifiée de l’adultère se réduira à une surproduction ou un déficit d’une certaine hormone, et Young proposera des produits commerciaux tels que le spray nasal chargé d’ocytocine pour y palier, garantissant les mêmes effets que la morale conjugale, mais sans la contrainte qui y est associée. Déjà, précisons que, pour nous, les normes sociales humaines dont celles portant sur le désir, la fidélité, l’amour ou la sexualité, c’est-à-dire les vraies causes des problèmes, ne peuvent se voire opposer de critique valable si on ne tente pas de les comprendre dans leur contexte trivial, celui des individus appartenant à l’espèce humaine et de leurs spécificités (historiques, culturelles). Et non pas par les rapprochements possibles chez les différents animaux entre la production d’une certaine hormone et de certains comportements qui y sont associés, tout simplement parce qu’elles n’ont pas les mêmes incidences, ni les mêmes significations chez les différentes espèces. Ce faisant, la sociobiologie sert à donner des réponses à toute une masse de gens crédules attendant ce qu’ont à dire les « experts » du comportement pour prendre leurs décisions et régler leurs problèmes émotionnels ou affectifs au moyen de thérapies et d’ordonnances, exactement comme des croyants attendant les sermons des prêtres, dont la compréhension du divin permet de mieux connaître les spécificités de l’âme humaine. On utilisera pour cela de mêmes images de conte de fée ; une fois que tout le monde vivra dans le fabuleux royaume de l’état psychique parfait, on pourra trouver princes ou princesses tout aussi émotionnellement régulés, avec lesquels croître et multiplier.

En plus de son rôle d’autorité morale, rappelons que la sociobiologie fournit également les armes nécessaires au contrôle social moderne. On peut prendre comme exemple, certes un peu facile car cela se fait souvent plus subtilement, l’idée du gène du délinquant ou des signes biologiques (comme la production de testostérone) qui permettraient d’opérer une sélection et un contrôle le plus tôt possible de potentiels fauteurs de troubles. Au sujet de telles prédispositions, on peut songer au ridicule de la phrénologie au XIXe siècle qui tâchait d’identifier les types particuliers de criminels selon la forme de leurs crânes, et ignorait tout simplement les conditions d’existence des personnes et leur histoire personnelle. Pour résumer, l’arme principale de la science est comme toujours l’exploitation de l’ignorance et si on veut prouver que tel gène est à l’origine de comportements agressifs, il suffira pour les comités d’experts, ou les politiques, d’aller trouver le bon article, montrant le résultat qui les intéresse sur des rats ou des humains de laboratoire et d’étendre cette « étude » à une explication universelle et par conséquent incritiquable de comportements jugés déviants.

Rappelons-nous qu’à vouloir toujours identifier une racine du mal (l’âme mauvaise, l’humeur bilieuse, l’excès de telles hormones, le gène du délinquant) on retombe facilement sur un moralisme quasiment religieux servant à justifier la résignation : « Je voulais me révolter mais on me dit que le problème c’est moi, mon comportement, mon mauvais gène et non la société qui fonctionne parfaitement » ou, au contraire, mon manque d’emprise sur moi-même : « J’ai un problème indépassable, je suis violent, je ne peux rien y faire, hormis prendre un traitement ». L’eugénisme qui opère un départage des individus selon la « qualité » de leur matériel génétique n’est que la continuation de cet esprit de correction des corps par des moyens extérieurs. Afin d’éviter les problèmes possibles liés aux « mauvais gènes », qu’ils agissent sur la santé, le caractère ou les capacités des personnes, autant les sélectionner avant afin d’éviter tout problème, ce qui repousse encore toutes les excuses et possibilités d’une vie meilleure à un avenir hypothétique : « Attendons encore quelques décennies que les recherches avancent et il n’y aura plus que des humains sains, proches de la perfection. »

La sociobiologie, en particulier lorsqu’elle s’appuie sur la génétique, peut toujours être utilisée pour appuyer n’importe quel discours en recherche de vérité comme les différentes formes de racisme ou de racialisme. (Rappelons que Watson qui a proposé le modèle de la molécule d’ADN en double-hélice avec Crick l’avait fait afin de déterminer la supériorité de la race blanche.) Ou bien elle peut servir aussi des visions bien arrêtées sur les genres, comme celle des néo-évolutionistes pour lesquelles les divergences entre hommes et femmes dépendent d’une mythologie anthropologique d’hommes chasseurs et de femmes au foyer. Ce qu’on peut y voir en résumé, c’est qu’il est facile de calquer des modèles complètement construits, vite observés et ne comportant rien d’autre qu’une vieille morale de comptoir sur l’ensemble de la vie humaine lorsqu’on se réclame de vérités scientifiques et de prendre les effets que nos corps subissent confrontés à cette société de merde comme étant la cause des problèmes.

Aussi, en guise de questionnement, et pour laisser la parole à qui veut la prendre, la question serait : comment s’en prendre au monde scientifique concrètement mais sans se présenter soi-même comme un porteur de vérité ?

 

http://www.non-fides.fr/?Sociobiologie-quand-la-science