Grecia: Lettera dei compagni accusati per la doppia rapina a Velventos-Kozani (it/en/es/fr)

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Il 29 Novembre 2013 inizierà il processo per la doppia rapina a Velventos-Kozani. Si terrà nella sezione femminile del carcere di Koridallos (e non -come annunciato all’inizio- nel tribunale sulla via Loukareos). L’aula, sacro bordello della giustizia, è sempre stata lo spazio dove la classe dominante – l’autorità – ha dimostrato il suo dominio sugli “illegali” di questo stato.

Ecco perché la questione della solidarietà è un fastidio permanente, nel caso degli anarchici, e i poliziotti di ogni categoria, antisommossa, in borghese, antiterrorismo, si affrettano a riempire le aule nel tentativo di ostacolarne l’espressione. Comunque visto il fallimento di queste pratiche e con l’evidente interesse di rendere “sicuro” il trasferimento (dal carcere al tribunale) di un nutrito gruppo di anarchici, hanno risolto entrambi i problemi grazie alle aule speciali (due per ora) dentro la sezione femminile. E’ ovvio che il cambio di sede è il risultato di entrambi i motivi. Da un lato il minimo rischio a livello logistico e dall’altro la registrazione di tutti i solidali che vorranno entrare.

Per noi la sede non fa differenza, l’aula è un territorio ostile, che sia in prigione o nei giardini pensili di Babilonia. E se la tattica di registrare ostacola la presenza dei compagni in aula, niente e nessuno può fermare la forza che avremo dal sentire le voci e le urla che entreranno oltre le mura della prigione e i furgoni blindati. Un presidio fuori dal tribunale può rompere l’isolamento che vogliono realizzare.

Inoltre, per noi la solidarietà rivoluzionaria non si limita ad eventi di supporto in occasione delle udienze. La corte non è altro che lo spazio dove il nemico convalida la propria vittoria, è il meccanismo di assimilazione della violenza repressiva nell’ideologia democratica. Soprattutto nel nostro caso non ci sarà la solita “pressione” sui giudici per avere sentenze più favorevoli. Le decisioni sono predeterminate. E questo non ci interessa, dato che abbiamo una condotta ostile verso i giudici non perché ci prendono di mira, ma perché il loro lavoro è distruggere le persone sotto lo stabile dell’autorità statale.

La solidarietà è una relazione continua. Le sue forme di espressione sono varie e trovano concretezza nei momenti d’attacco al sistema e ovviamente un presidio può essere uno di questi momenti per chi vuole farlo, ma non è un presupposto o l’unico momento per la solidarietà. E soprattutto, la solidarietà con i rivoluzionari prigionieri non è una statistica dettata dal momento, è un bisogno, un’emozione, è la realizzazione di una comunità di lotta, con ogni mezzo scelto dai compagni per esprimere la propria solidarietà, sia con la presenza fuori dall’aula o con l’attacco alle rappresentazioni del dominio coinvolte nel nostro processo.

In chiusura, vogliamo chiarire che tutte le RELAZIONI TRA COMPAGNI che ci uniscono, la nostra comune visione della libertà, i sogni che condividiamo non saranno mai incrinati da qualsiasi tipo di divisione riguardo alla gestione del processo o dalle diverse accuse a nostro carico. Il fatto che alcuni di noi avranno gli avvocati ad esempio, mentre altri no, che alcuni rivendicheranno la partecipazione alla rapina ed altri no, non sono motivi per dividere la comunità di lotta che ci tiene uniti dietro le sbarre.

In questo processo l’essenza è nel fatto che lo stato e i suoi meccanismi mettono alla prova gli anarchici avversi del sistema, suoi oppositori. E’ meno importate come essi cercheranno di tenerci prigionieri il più a lungo possibile (vedi le accuse).

Il loro interesse principale è la nostra condanna come NEMICI del sistema. Dal nostro lato non riconosciamo la dicotomia innocente-colpevole (in questo e in qualsiasi processo a carico di combattenti anarchici). Siamo colpevoli per il loro mondo, colpevoli per la loro “innocenza”. I nostri pensieri e i nostri cuori sono vicini ad ogni tentativo che cerca di combattere l’autorità.

RABBIA E CONSAPEVOLEZZA

Fivos Harisis, Argiris Dalios, Giannis Michailidis, Dimitris Bourzoukos, Dimitris Politis, Nikos Romanos

fonti : i, ii

http://it.contrainfo.espiv.net/2013/11/02/grecia-lettera-dei-compagni-accusati-per-la-doppia-rapina-a-velventos-kozani/

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LETTER FROM ANARCHIST COMRADES ARRESTED IN VELVEDO KOZANI CONCERNING THEIR TRIAL WHICH BEGINS ON 29/11/13 – Greece

Translated by boubourAs/actforfreedomnow!
 The 29th of November has been set as our court date for the double robbery in Velvedo Kozani. The trial will take place in the female section of Koridallos prisons and not -as it was first announced to us- at the Appellate on Loukareos street. The courtroom, this sacred brothel of justice, was always the space where the ruling class -authority- had to prove its dominance against the “illegals” of this state.
This is why the matter of solidarity its a permanent pain, when it appears in the cases of anarchists, and the cops of every category, riotcops, plainclothed cops, anti-terrorist cops, rush to fill the court rooms in an attempt to obstruct its expression. However because of the failure of these practises and with an evident stress about how “safe” the transfers will be (from the prisons to the courts) of a large number of anarchists, they found the solution to both problems with the special court rooms (two for now) which are inside the female prisons. It is obvious that the change of court rooms from the Appellate to the prisons was a result of combining both of those reasons. On one side the minimal possible exposure at a transfer level and on the other the registering of all the solidarians who will chose to go into the court room.
For us the room does not make the difference, the court is a hostile ground whether its in the prisons, or the hanging gardens of Babylon. And if the tactic of registering obstructs the presence of comrades inside the room, no one and nothing can stop the strength we take from the voices and chants when they penetrate the prison walls and the metal plates in the cop van. A gathering outside the courts can break the isolation they seek.
Besides, for us revolutionary solidarity is not limited to events of support associated with a court room. Anyway the court is nothing but the space where the enemy validates its victory, is the mechanism of assimilation of repressive violence in democratic ideology. Especially in our case there is no alleged “pressure” towards the judges for lighter sentences. The decisions are pre-determined. And this is not what we are interested in, since we have a hostile relation with the judges not because they target us, but because their job is to crush people under the boot of state authority.
Solidarity is a continuous relationship. Its forms of expression vary and meet its meaning as moments of attack on the system of authority and obviously a gathering at the courts can be one more such moment for whoever feels like it, but it is neither a presupposition nor the only moment in solidarity. And mainly, solidarity with imprisoned revolutionaries is not a statistic which is stired up by actuality, it is a need, an emotion, it is the realization of the community of the struggle, with whatever means each comrade choses to express their solidarity, either with their presence outside the court room, or choosing to attack representations of dominace cecause of our trial.
Closing, we want to make it clear to all that COMRADELY RELATIONS that unite us, our common visions for freedom, the dreams we contrive together will never be indermined by any kind of division concerning the attitude towards the court or even the different charges against us. The fact that some of us will have lawyers in this trial for example, while others will not, that some have taken the responsibility for the robbery while others have not, are not reasons to divide the community of struggle which keeps us standing behind the walls.
In this court the essence is in that the state and its mechanisms try anarchist adversaries of the system, their opponents. It is of less importance how they will make sure to keep us hostage as long as possible (see charges).
Their main concern is our condemnation as ENEMIES of the system. From our side we do not recognize any dipole of innocence-guilt (not in this or in any trial of anarchist fighters). We are guilty for their world, guilty for their “innocence”. Our thoughts and heart are next every attempt which tries to fight authority.
RAGE AND CONSCIENCE
Fivos Harisis
Argiris Dalios
Giannis Mihailidis
Dimitris Bourzoukos
Dimitris Politis
Nikos Romanos
http://actforfree.nostate.net/?p=15461

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GRECIA: CARTA DE LOS COMPAÑEROS ARRESTADOS EN KOZANI EN RELACIÓN A SU JUICIO QUE EMPIEZA EL 29 DE NOVIEMBRE.

Carta de los compañeros arrestados en Kozani en relacion a su juicio que empieza el 29 de noviembre.

Para el día 29 de noviembre se ha fijado la fecha de nuestro juicio por el doble atraco en Velvedo, Kozani. El juicio tendrá lugar en la sección femenina de las cárceles de Koridallos, no como se nos fue anunciado, en la Corte de Apelaciones en la calle Loukareos. La sala del tribunal, este sagrado burdel de la justicia, siempre fue el espacio donde la clase dominante y la autoridad han demostrado su dominio contra los “ilegales” de este Estado.

Este es el porqué el tema de la solidaridad es un dolor permanente, cuando aparece en los casos de anarquistas, y los policías de toda clase ( anti-disturbios, civil, anti-terroristas) se precipitan para llenar las salas de los tribunales en un intento de obstruir su expresión. Sin embargo, debido al fracaso de aquellas prácticas y con un evidente hincapié sobre lo “seguro” que serán las transferencias (de las cárceles a las cortes) de un gran numero de anarquistas, ellxs encontraron la solución a ambos problemas, con las salas especiales del tribunal (por ahora dos) que se encuentran dentro de la cárcel de mujeres. Es obvio que el cambio de sala de la Corte de Apelaciones a la cárcel fue un resultado de la combinación de estos dos motivos: Por un lado, la mínima exposición a nivel de transferencia y por el otro, el registro de todxs lxs solidarixs que decidirán ir a la sala.

Para nosotrxs, la sala no hace la diferencia, la corte es un terreno hostil, ya sea que esté en la cárcel o en los jardines colgantes de Babilonia. Y si la táctica de registrar obstruye la presencia de compas al interior de la sala, nadie ni nada puede detener la fuerza que tomamos de las voces y gritos cuando penetran las murallas de la cárcel y las placas metálicas de las camionetas policiales. Una concentración fuera de los tribunales puede romper el aislamiento que ellxs buscan.

Además, para nosotros la solidaridad revolucionaria no se limita a eventos de apoyo asociados con una sala de tribunal. De todos modos, la corte no es nada sino el espacio donde el enemigo valida su victoria, es el mecanismos de asimilación de la violencia represiva en la ideología democrática. En nuestro caso especial, no existe una supuesta “presión” por sentencias menos pesadas hacia los jueces. Las decisiones están tomadas de ante mano. Y esto no es lo que nos interesa, pues tenemos una relación hostil con los jueces, no porque nos apunten, sino porque su trabajo es aplastar a las personas bajo la bota de la autoridad estatal.

La solidaridad es una relación continua. Sus formas de expresión varían y encuentran su significado como momento de ataque al sistema de la autoridad y obviamente una concentración en los tribunales puede ser otro momento de esos, para quienquiera que sienta le acomoda, pero ni es una pre-suposicion ni el único momento en la solidaridad. Y principalmente, la solidaridad con lxs prisionerxs revolucionarixs no es una estadística que se mueve por la actualidad, es una necesidad, una emoción, es la realización de la comunidad de la lucha, con cualquier medio que unx compañerx elija para expresar su solidaridad , sea con su presencia al exterior de los tribunales o eligiendo atacar representación de la dominación a causa de nuestro juicio.

Para finalizar, queremos dejar claro a todxs que las RELACIONES DE COMPAÑERISMO es lo que nos une, nuestras comunes visiones de libertad, los sueños que juntos elaboramos nunca serán debilitados por ninguna clase de división relacionada con la actitud hacia los tribunales o incluso los distintos cargos contra nosotrxs. El hecho de que algunxs de nosotrxs tengan abogados en este juicio, por ejemplo, mientras otros no, que algunos hayan asumido la responsabilidad por el atraco mientras otros no lo han hecho, no son razones para dividir la comunidad de lucha que nos mantiene en pie detrás de las murallas.

En esta corte, la esencia está en que el Estado y sus mecanismos procesan a sus oponentes, anarquistas adversarios del sistema. De menor importancia es el cómo se aseguraran ellxs para mantenernos encarcelados el máximo tiempo posible (ver los cargos).

Su principal preocupación es nuestra condena como ENEMIGOS del sistema. De nuestra parte, no reconocemos ningún dipolo de inocente-culpable (ni en este ni en ningún juicio de luchadores anarquistas). Para su mundo somos culpables, culpables para su “inocencia”. Nuestros pensamientos y corazón esta al lado de cada intento de combatir la autoridad.

RABIA Y CONCIENCIA.

Fivos Harisis

Argiris Dalios

Giannis Mihailidis

Dimitris Bourzoukos

Dimitris Politis

Nikos Romanos

GRECIA: CARTA DE LOS COMPAÑEROS ARRESTADOS EN KOZANI EN RELACIÓN A SU JUICIO QUE EMPIEZA EL 29 DE NOVIEMBRE.

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Grèce : Lettre des six compagnons accusés du double braquage de Kozani/Velvendo en vue de leur procès le 29/11/13

NdNF : La date du procès pour le double braquage de Velventos/Kozani est fixée au 29 novembre 2013. Au début, le procès devait avoir lieu à la cour d’appel d’Athènes. Cependant, le lieu du jugement a été déplacé il y a peu dans une salle spéciale à l’intérieur de la prison pour femmes de Koridallos, étant donné que les accusés Andreas-Dimitris Bourzoukos, Dimitris Politis, Nikos Romanos, Yannis Michailidis (connus comme les “quatre de Kozani”), ainsi que Fivos Harisis et Argyris Ntalios (arrêtés à Nea Filadelfeia [quartier d’Athènes]) sont jugés sous juridiction antiterroriste pour “braquage dans le cadre d’une organisation criminelle” (article 187A du code pénal grec). Les six compagnons sont accusés d’avoir perpétré un braquage à main armée en tant que membres supposés du groupe Conspiration des Cellules de Feu, ce dont ils se sont défendus, tout en revendiquant la responsabilité des braquages pour certains d’entre eux, et leurs convictions anarchistes. Voici la traduction d’une lettre signée par les sept compagnons. Plus d’informations en français sur cette affaire ici.

 

Le 29 Novembre a été fixé comme date de notre procès pour le double braquage de Velvendo/Kozani. Le procès aura lieu dans la section pour femmes de la prison de Koridallos et non, comme cela nous avait été annoncé, à la cour d’appel de Loukareos. La cour, ce bordel sacré de la justice, a toujours été l’espace où la classe dirigeante, l’autorité, se doit de prouver sa domination contre les « illégaux » de cet Etat.

C’est pourquoi la question de la solidarité est pour elle une douleur permanente, lorsqu’elle apparaît dans le cas des anarchistes. Et les flics de toutes catégories, CRS, flics en civil, flics anti-terroristes, se précipitent pour remplir les salles d’audience dans une tentative d’entraver son expression. Toutefois, en raison de l’échec de ces pratiques et avec une angoisse évidente quant à la « sécurité » des transferts (des prisons aux tribunaux) d’un grand nombre d’anarchistes, ils ont trouvé la solution à ces deux problèmes avec les chambres des tribunaux spéciaux (deux pour l’instant) qui sont à l’intérieur des prisons pour femmes. Il est évident que le changement de salles d’audience de la cour d’appel à la taule a été le résultat de la combinaison de ces deux raisons. D’un côté, l’exposition la plus minimale possible au niveau du transfert et de l’autre, le fichage de tous les solidaires qui choisiront de venir au procès.

Pour nous, la chambre ne fait pas la différence, le tribunal est un terrain hostile, qu’il soit situé dans une prison ou dans les jardins suspendus de Babylone. Et si la tactique du fichage limite la présence de compagnons à l’intérieur de la chambre, rien ni personne ne peut stopper la force que nous prenons des voix et des chants quand ils pénètrent dans les murs de la prison et les plaques de métal des camionnettes de flics. Un rassemblement à l’extérieur des tribunaux peut participer à briser l’isolement qu’ils recherchent.

Mais pour nous la solidarité révolutionnaire ne se limite pas à des manifestations de soutien devant les tribunaux. Quoi qu’il en soit, la cour n’est rien d’autre que l’espace où l’ennemi valide sa victoire, elle est le mécanisme de l’assimilation de la violence répressive de l’idéologie démocratique. Tout particulièrement dans notre cas, il n’y a pas de prétendues « pressions » en direction des juges pour obtenir des peines plus légères. Les décisions sont prédéterminées. Et ce n’est pas ce qui nous intéresse, parce que nous avons une relation hostile avec les juges non pas parce qu’ils nous visent nous, mais parce que leur travail consiste à écraser les gens sous la botte du pouvoir d’Etat.

La solidarité est une relation continue. Ses formes d’expression varient et rencontrent tout leur sens dans des moments d’attaque du système d’autorité, et de toute évidence un rassemblement devant la cour peut être un de ces moments pour celui qui le ressent comme ça, mais ce n’est pas une chose automatique, ni le seul moment de la solidarité. Et surtout, la solidarité avec les révolutionnaires emprisonnés n’est pas une statistique entretenue par l’actualité, c’est un besoin, une émotion, c’est la réalisation de la communauté de lutte, quels que soient les moyens que chaque compagnon choisit pour exprimer sa solidarité, que ce soit par leur présence en dehors de la salle d’audience, ou en choisissant d’attaquer les représentations de la domination en vue de notre procès.

Enfin, nous voulons qu’il soit clair pour tous que les relations de compagnons qui nous unissent, nos visions communes pour la liberté, les rêves que nous portons ensemble ne seront jamais minés par la discorde concernant l’attitude à adopter envers la cour ou envers les accusations différentes portées contre nous. Le fait que certains d’entre nous auront des avocats durant ce procès, par exemple, tandis que d’autres n’en auront pas, que certains ont pris la responsabilité pour les braquages et d’autres non, ne sont pas des raisons pour diviser la communauté de lutte qui nous maintient debout derrière les murs.

L’essence même de cette cour est de juger les adversaires anarchistes du système, les adversaires de l’État et de ses mécanismes. Il est d’une importance moindre de savoir comment ils feront en sorte de nous garder otage aussi longtemps que possible (cf. les réquisitions).

Leur principale préoccupation est notre condamnation comme ennemis du système. De notre côté, nous ne reconnaissons pas le diptyque innocence/culpabilité (ici comme dans tout procès de combattants anarchistes). Nous sommes coupables pour leur monde, coupables pour leur « innocence ». Nos pensées et nos cœurs sont à côté de toutes les tentatives de combattre l’autorité.

Rage et conscience.

Fivos Harisis
Argiris Dalios
Giannis Mihailidis
Dimitris Bourzoukos
Dimitris Politis
Nikos Romanos

[Traduit par nos soins de l’anglais de actforfreedom.]

P.-S.

Solidarité avec les compagnons arrêtés suite au braquage de Kozani

http://www.non-fides.fr/?Lettre-des-six-compagnons-accuses