Pensieri dalla prigionia…
Con la destinazione finale i nostri demoni interiori…
Da quasi un anno abitante della terra ghiacciata, adesso il ghiaccio si è diffuso nel mio corpo. Monotoni e ripetitivi gesti quotidiani, paralisi generale. Qui i confini vengono trasformati in porte e mura.
Camminando nel cortile, quaranta passi di lunghezza e trentacinque di larghezza. Poi il muro. Su e giù, su e giù, destra e sinistra, destra e sinistra. Dopo un po’ inizi a memorizzare i dettagli inquietanti del muro che ti impedisce di proseguire oltre i quaranta passi, noti gli scarabocchi che ha, i dislivelli. Credo che ciò abbia senso visto che me li ritrovo numerose volte davanti a me.
L’orologio che nascondo nel mio corpo si è congelato pure. Anche se so che il mio tempo è un conto alla rovescia, sono agitato, i calcoli matematici della mia prigionia mi disgustano. 3/5 per il rilascio, 1/3 della pena per un permesso, e più lavori in carcere più veloce ci arrivi.
Ho sempre odiato la matematica che definisce la mia vita. Se fossi stato predisposto verso di essa probabilmente non avrei scelto una vita come la mia. Una semplice equazione dei burocrati delle logiche rivoluzionarie mi avrebbe convinto. Anarchia + guerriglia urbana = illegalità = morte o galera, mi avrebbero detto cosi e adesso credo che essi abbiano ragione. Gli direi di lasciarmi subito all’istante. La vita umana non si conforma a frazioni ed equazioni. E la passione per la libertà non è inseguita da nessun fantasma di sconfitta. Semplice come le equazioni matematiche di sconfitta che tanto disprezzo.
Ma torniamo all’orologio interiore. Mentre ero in clandestinità esso è stato dall’orologiaio, che lo ha spedito in una clinica psichiatrica. Quando gli ho chiesto perché, mi ha detto che è dove stanno tutti gli orologi interni ai corpi di chi lotta e il cui fato di schiavitù eterna finisce. La diagnosi ufficiale è stata che esso era stato colpito da mani anormali.
Ma esso ha ignorato i comandi e le invocazioni a ritornare alla normalità della promiscuità smussata e chirurgicamente calcolata. Infatti, in una bellissima notte esso andò verso la libertà e fuggì dalla stanza bianca della clinica psichiatrica. E tornò ad appuntamenti cospirativi, dove ognuno di noi aveva preso misure necessarie di precauzione. Una parola onesta, bellissime promesse e una grande decisione.
Mai più schiavi, capi chinati, mai più soli. Per sempre dall’altro lato, per sempre ribelli e sacrileghi, per sempre sul cammino della gente libera.
Per sempre, hai sentito?
Odio chi ha la perversione di richiedere la sottomissione. Per loro le teste chinate e il silenzio sono come un rituale dove il padrone richiede uno schiavo, meritevole di servirlo.
Odio anche la logica degli schiavi che percepiscono la sottomissione come forma di rimedio per la propria sofferenza. So che sono molto pochi quelli che fuggiranno da questo labirinto. Credo che ci siano pagine di storia dove i rivoluzionari cercano vie di fuga, seguendo il filo di Arianna. Ritengo che ciò sia probabilmente inutile visto che chi evade non segue un percorso prestabilito, ma ascolta semplicemente il battito del proprio cuore.
Prendo un respiro profondo per tornare in prigione. Qui il mio orologio si è congelato per bene. Posso dire che è stato totalmente disorientato e i punti di riferimento sono andati persi insieme alla speranza in qualcosa di significativo.
Comunque, ho trovato il modo, anche se temporaneo, di rompere il ghiaccio e ascoltarlo per qualche minuto. E’ il momento in cui vado in cortile e metto gli auricolari per sentire la musica.
Li giace il segreto che mette in moto i miei piani svelati ai miei occhi, immagini, pensieri ed emozioni danzano al ritmo della musica. Mi limiterò a descriverli in una sola parola. Vendetta. So che non potranno tenermi qui per sempre. So anche che molti hanno avuto lo stesso pensiero e poi si sono limitati ad un costante rinvio. Io non mi preoccupo, ogni passo compiuto è un piccolo insulto alle statistiche dei teorici della vita.
Giuro a me stesso che ogni minaccia diventerà azione, la pagheranno, la pagheranno. Per la paranoia organizzata che ci propinano, per ogni giorno di prigionia, per ogni insulto alla nostra individualità, per ogni anno di prigione che ci daranno, per ogni buongiorno che diciamo tramite un fottuto telefono alle persone che amiamo, per ogni buonanotte detta con voce tremante al tramonto tra le montagne, dietro il filo spinato. E quando arriverà il momento io riderò, quando il terrore arriverà senza invito nelle loro case. Riderò e nessuno potrà fermarmi. L’odio dentro di me cresce ogni giorno, diventa un fuoco e si nasconde nelle mie budella. Per un momento sogno di diventare un drago e sedermi sulla vetta della montagna che si vede dal cortile. Poco prima questo mostro irrazionale decide di agire razionalmente, come gli attentatori anarchici che avvertono riguardo all’esplosione della loro rabbia, poi prende solo i propri amici sulle proprie ali e li porta sulla vetta.
– Non perderti questo spettacolo, gli dice.
Subito apre le ali, sorvola la prigione e la inonda di un fuoco sopito per troppo tempo, le sue strutture, i suoi residenti e gli “onesti” lavoratori. Poi ritorna sulla vetta dove ha lasciato i suoi amici e guarda il fuoco che, come un fedele alleato, termina il lavoro.
Al notiziario delle 8 parlano di un tragico incidente e di cieca violenza.
Tutti si affrettano a dare la condanna più dura.
Ma ci sono eccezioni. Ci sono quelli che hanno sentito il ruggito di una morte lenta sotto la pelle, l’oppressione dei sentimenti umani, l’incubo di una prigionia prolungata che li accompagnerà ogni giorno. E quelli che si svegliano con un gran sorriso. E da ogni angolo della terra migliaia di voci ripetono simultaneamente
– FUOCO ALLE PRIGIONI
“Se fossi vento diventerei tempesta, se fossi fuoco brucerei il mondo, e se fossi acqua diventerei un torrente in piena che lo inonda, se fossi dio lo rispedirei all’inferno, se fossi cristo decapiterei tutti i cristiani, se fossi un sentimento riempirei la gente di rabbia, se fossi una pistola andrei contro i miei nemici, se fossi un sogno diventerei un incubo, se fossi una speranza brucerei nelle anime degli insorti come una barricata in fiamme.”
Ora e sempre!
Attacco alla macchina sociale!
Lunga vita all’Anarchia!
Nikos Romanos
Prigione di Avlona, Novembre 2013
dal inglese, originale in greco
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Letter from anarchist prisoner Nikos Romanos – Greece
Translated by boubourAs.Actforfreedomnow!
source
Thoughts from the bonds of captivity…
With the final destination our internal demons…
Resident in the land of frozen time for almost a year now, the ice has now spread through my body. Monotonous daily repetitive moves, general immobility. Here borders are transformed into iron doors and walls.
Walking in the yard, forty steps top-to-bottom thirty five steps left-to-right. Then the wall. Up down, up down, left right, left right. After a while you start to memorize creepy details from the stone borders that are stopping you from making your forty first step, where various scribbles are, where each bump is. I think that it makes sense since I meet them numerous times in front of me.
The clock I hide in my body, has frozen too. Even if I know that my time is counting backwards, I’m troubled, the mathematical calculations of my prison time here disgust me. 3/5 for full release, 1/3 of the sentence for a leave, you have this much prison with working days, this much without them.
I always hated the mathematics which define my life. If I had an inclination towards that I would probably never have chosen such a life. A simple equation from the bureaucrats of revolutionary logistics would have convinced me. Anarchy + urban guerrilla= illegality= death or prison, they would have said and now believe that that were proven right. I would tell them to leave me alone then and now. Human life does not fit into fractions and equations. And the passion for freedom is not haunted by any ghost of capitulation. Simple like the mathematics equations of defeat I despise so much.
But let’s get back that internal clock. While I was underground, my internal clock had gone to the horologist, who sent it to the psychiatric clinic. When I asked him why, he told me that is where all the clocks which reside in the bodies of those who fight the fate of the eternal slave end up. The official diagnosis was that it was wound up by abnormal hands.
But it defied the commands and invocations to return to the normality of the smoothness of surgically calculated promiscuity. Thus, one beautiful night with a moon it made its leap to freedom and escaped from the white chamber of the psyciatric clinic. It met it again in a conspiratorial rendezvous, where each of us had taken the necessary precautionary measures. An honest word, beautiful promises and a big decision.
Never again slaves, never again with bowed heads, never again alone. For ever on the other side, for ever rebellious and sacrilegious, for ever on the path of free people.
For ever, you hear?
I hate those who have the perversion to demand submission. For them bowed heads and silence is like a ritual where the masters require a slave, worthy of serving them.
I also hate the logic of the slaves who feel that submission is a form of atonement for their suffering. I know that very few are those who will escape from this labyrinth. I think that there are thousands of pages of history where revolutionaries try to carve escape routes, to show the thread of Ariadne. I conclude that it’s probably pointless because those who escape do not follow a trodden path, they simply listen to the beat of their hearts.
I take a deep breath in order to return to prison. Here my clock has frozen for good. I can say that it has been completely disorientated and the reference points have been lost together with any hope for something significant.
Even so, I have found the way, even if temporarily, to break the ice and listen to it for a few minutes of the hour. It is the moment I go out to the yard and put on my headphones to listen to music.
There lies the secret that puts in motion, my plans unfold in front my eyes, images, thoughts and emotions dance to the rhythm of music. I will limit myself to describing them in one word. Revenge. I know that they cannot keep me here for ever. I also know that many would have had the same thoughts with as me and then limited themselves to a constant postponement. I do not worry, besides every step is a small insult to the statistics of the theoreticians of life.
I swear to myself that every threat will become action, they will pay, they will pay. For the organized paranoia they offer us, for every day of captivity, for every correctional insult to our individuality, for every year of prison they will throw at us, for every good morning we say to the people we love through a fucking payphone, for every goodnight said with a shaking voice with the sunset in the backround between the mountains, behind the barbed wire. And when that moment comes I will laugh, when terror visits their houses uninvited. I will laugh and no one will be able to stop me.
The hate inside me grows day by day, it becomes a fire and hides in my guts. For a moment I dream that I become a dragon and sit on the highest peak of the mountain seen from the yard. Just before the raid this irrational monster decides to act rationally, like anarchist bombers who warn about the explosion of their rage, it takes only its friends on its wings and places them on the peak.
-You must not miss this show, it tells them.
Immediately it opens its wings, stands above the prison and unleashes the fire which has burning inside it for so long, over the rotten structure, its sad residents and the “honest” workers. Then it returns to the highest peak where it had left its friends and watches the fire which as a faithful ally, completes its work.
The 8 o’clock news bulletins spoke of a tragic account and blind violence.
Everyone rushed to compete in the contest of the most unequivocal condemnation.
But there were exceptions. There were those have felt the roar of slow death under their skin, the oppression of human feelings, the nightmare of the extended captivity that will accompany them every day. It was those who in the morning woke up with a big smile. And from every corner of the earth hundreds of voices repeated simultaneously
-FIRE TO THE PRISONS
“If I were wind I would become a storm, if I were fire I would burn the world, if I were water I would become an impetuous torrent to drown it, if I were a god I would send it to hell, if I were christ I would behead all christians, if I were a feeling I would flood the people with rage, if I were a gun I would go off against my enemies, if I were a dream I would become a nightmare, if I were hope I would burn inside the souls of the insurgents like a flaming barricade.”
For now, I send all my love to those who arm themselves with dreams in order to fight the civilization of authority. With the urge to escape together with their clock from the world of order and go on to attack our oppressors, with all means.
Now and always!
Attack the social machine!
Long Live Anarchy!
Nikos Romanos
Avlona prisons
November 2013
http://actforfree.nostate.net/?p=15468