Tutto comincia giovedì 23 gennaio [2003] a Bologna, a due passi da piazza Maggiore. È qui, presso la libreria Feltrinelli di piazza Galvani, che si è verificato un fatto in sé banale e privo di grossa rilevanza: un cliente carico di bagagli che all’uscita fa scattare il sistema elettronico antitaccheggio uno dei vari riflessi dell’esistenza carceraria cui siamo tutti condannati , un commesso esagitato che lo insegue, gli si aggrappa al braccio e alla valigia, inizia a strillare, ad invocare i poliziotti di quartiere, a fare un baccano tale da indurre il cliente a tornare sui suoi passi. Ma ecco che dalle sue borse saltano fuori alcuni libri: “Troppi!”, deve aver pensato il commesso il quale passa dalla esagitazione al livore, chiama la polizia e le consegna il temibile ladro.
Nulla di particolare, si dirà. Un innocuo furtarello, di quelli che accadono tutti i giorni e che si concludono solitamente con una denuncia a piede libero destinata ad annegare nei meandri della burocrazia giudiziaria o al massimo a venire assorbita dal paracadute legale chiamato condizionale.
E invece no. In realtà si tratta solo dell’antefatto di una vicenda che, per restare in tema letterario, si potrebbe quasi definire kafkiana. L’ingordo bibliofilo è infatti un nome noto alle forze dell’ordine. È un anarchico. Peggio, è un anarchico insurrezionalista. Peggio ancora, è uno di quelli che per due volte un impomatato magistrato di Roma ha cercato invano di condannare.
E così un episodio in sé insignificante si avvia a diventare il punto di partenza dell’ennesima farsa inquisitoriale, con la Digos intenzionata a rivaleggiare coi Ros nella elaborazione dei teoremi più assurdi. Sì, perché poche ore dopo mentre l’anarchico troppo amante di libri si trova ancora ospite involontario della Questura gli uomini della Digos vanno a bussare senza mandato alla sua porta di casa, in provincia di Asti, dove sequestrano due computer contenenti, testualmente, “un’ingente quantità di corrispondenza elettronica avvenuta per via e-mail tra i nominati in oggetto e i destinatari sulla quale emergono note riconducibili all’area di appartenenza e cartelle contenenti documentazione informatica sulle manifestazioni del Global Forum di Genova e Firenze”, numerose carte e indi consegnano alla sua allibita compagna un verbale in cui si sostiene udite, udite! che i libri prelevati alla Feltrinelli “dalle prime analisi sono risultati simili a quelli impiegati quale parte dei plichi esplosivi inviati nel dicembre scorso a diversi uffici della compagnia aerea spagnola “Iberia”, attentati rivendicati da sedicenti gruppi anarchici insurrezionalisti…”.
C’è poco da ridere e da ridire: effettivamente un libro assomiglia a un libro. Persino la Digos se n’è accorta, e fin “dalle prime analisi”! E poi, diciamolo, in un mondo ricco solo di immagini sgargianti, troppa passione per i libri non può che essere sospetta.
Nel frattempo l’anarchico bibliofilo viene incriminato per furto aggravato, trascorre la notte in guardina e viene rilasciato il pomeriggio seguente con grande delusione del prode commesso, presente in aula per soddisfare la propria sete di vendetta da un giudice sordo alle sollecitazioni forcaiole del magistrato incaricato. La data del processo viene fissata per il prossimo 25 febbraio.
Infine libero, l’anarcobibliofilo fa ritorno a casa ma le sue speranze in un lungo sonno ristoratore vengono infrante la mattina seguente dagli agenti della Digos. Due perquisizioni in meno di 48 ore per qualche libro non pagato? Il mandato è firmato dal pm bolognese Valter Giovannini il quale afferma di essere alla ricerca di “piante topografiche… e indirizzi di librerie di Bologna e altre città”. Tutto qui? Per avere misura della pretestuosità di simili parole basta pensare che la perquisizione è guidata da un agente mascherato (“il nostro Diabolik”, lo chiama affettuosamente un suo collega) dalla corporatura massiccia ma dai modi garbati; che gli agenti recuperano una telecamera posta in precedenza sul muro di casa; che mostrano una strana predilezione per le finestre spalancate (uno-due-tre, prova microfono); e che sono particolarmente interessati alla corrispondenza con detenuti e alle pubblicazioni anarchiche sarde (che distribuiscono su un divano accanto a varie cartine stradali europee per riprenderle con una videocamera in una lenta sequenza che farà la gioia dell’Emilio Fede di turno). Dopo oltre cinque ore tolgono il disturbo portandosi dietro sì piantine stradali e indirizzi, ma soprattutto materiale propagandistico e documentazione varia.
Questi, per adesso, i fatti i cui sviluppi non sono facili da prevedere ma nemmeno difficili da immaginare. E queste, per adesso, alcune conclusioni che non possono che imporsi da sé.
Che la proprietà sia un furto non lo ha di certo scoperto Proudhon. In realtà il desiderio di un mondo in cui tutto sia a disposizione di tutti è fonte di secolari rivolte nonché musa di ricorrenti utopie. Naturalmente gli artificieri di questo ordine sociale pretendono che l’assenza di proprietà sia solo un mito preistorico o una illusione futuristica. Come dimostrazione ci ricordano tutta la miseria del presente in cui regna la peste del profitto. Inutile negare che gli oggetti hanno perduto il loro valore d’uso in favore di quello di scambio e che oggi siamo circondati da merci destinate ad essere comprate e vendute. Dal possesso si è passati alla proprietà, dalla prodigalità si è passati al calcolo ed il commercio ha ridotto il dono ad una eccezione da praticare solo nelle festività. Ma questo lungo processo di addomesticamento non è avvenuto senza resistenze. Ciò che l’occhio vede la mano afferri è fin dal medioevo il grido di battaglia di chi aspira a una società senza denaro. Nessun comandamento divino, nessun articolo di codice penale la coscienza moderna di una umanità senza più coscienza riuscirà mai a frenare l’assalto al banchetto della vita. Ieri come oggi come domani.
Nel caso specifico, i libri vanno considerati alla stregua del pane. Non a caso sono stati definiti “il cibo dell’anima”. Fuori dall’immonda retorica pubblicitaria, questa constatazione stabilisce in modo inequivocabile la necessità di questi beni particolari la cui mancanza contribuisce a generare idiozia, ottusità, grettezza. Alimenti vitali, i libri nutrono la mente e nutrono il cuore. Sottrarre questo nettare a chi se ne serve solo per nutrire il proprio conto in banca è sotto tutti i punti di vista un gesto indispensabile e incalcolabile.
Alla Feltrinelli, a questo colosso dell’editoria la cui legge impone che il prezzo di copertina sia enormemente superiore al suo costo effettivo; a questa Feltrinelli che con l’acquisto della catena di librerie gestita da RCS Libri ha raggiunto il monopolio assoluto del mercato con 74 negozi in tutta Italia; a questa Feltrinelli che tradisce ogni giorno di più lo spirito anticapitalista del suo fondatore, rivoluzionario morto sotto un traliccio per l’esplosione della sua bomba; a questa Feltrinelli disponibile a pubblicare tutto, dagli scrittori russi proibiti ai cabarettisti televisivi passando per anarchici e rivoltosi, ben sapendo che l’opinione pubblica che conta è una sola, quella della Borsa; a questa Feltrinelli i cui profitti sono talmente minacciati dalle briciole che le vengono strappate da aver aperto oltre 40 nuovi punti vendita negli ultimi anni; a questa Feltrinelli che apprezza i ladri e i fuorilegge solo sulla carta ma nella realtà si affretta a consegnarli “alle corde annodate” (Villon) della polizia; a questa Feltrinelli ipocrita, voltagabbana, avida e sbirresca noi dichiariamo guerra.
Letteratura per letteratura, già uno scrittore licantropo faceva notare che “il grande commercio depreda il negoziante, il negoziante depreda il bottegaio, il bottegaio depreda l’artigiano, l’artigiano depreda l’operaio e l’operaio muore di fame”. Dopo più di un secolo, cosa è cambiato? E proprio oggi, in un momento in cui sempre più persone si ritrovano in mezzo a una strada, inutili anche come operai da sfruttare, cosa si opporrà alla fame di dignità e alla sete di uguaglianza? Il rispetto per la proprietà privata? Forse che i poveri dovranno rispettare la ricchezza dei privilegiati come i privilegiati rispettano la miseria dei poveri? Fino a quando? Quando l’adempimento degli obblighi sociali non riuscirà più a compensare la mancanza delle gioie della vita, quanti commessi esagitati o sbirri patentati dovranno essere sguinzagliati a protezione degli incassi? O pensate che sia possibile soddisfare in eterno il ventre ed il cuore con discinte letterine e campionati di calcio più belli del mondo?
Letteratura per letteratura, già si ode il monito di un noto scrittore ladro: “Ruba, niente a che vedere con la ciotola del mendicante”.
Alcuni ladri anarchici
4 febbraio 2003
http://guerrasociale.altervista.org/vita_in_vendita.htm