Tav. Terrorismo di Stato
La Procura torinese ha attuato un ulteriore salto di qualità nella repressione degli attivisti No Tav.
Lâaccusa di terrorismo per atti di mero sabotaggio non violento, la detenzione in regime di isolamento, il trattenimento e la censura della posta, e, da ultimo, il blocco dei colloqui con amici e parenti sono il segno di un irrigidimento disciplinare da tempi di guerra.
Dâaltra parte, quando câà il filo spinato, lâoccupazione militare, i blindati, i lacrimogeni, i reduci dellâAfganistan, la guerra câà giÃ. In guerra à normale che la popolazione venga oppressa e chi resiste venga trattato da terrorista.
Il testo di seguito à stato discusso e condiviso tra i compagni e le compagne della Federazione Anarchica di Torino.
Lunedà 13 gennaio il Riesame ha confermato gli arresti per i quattro anarchici arrestati il 9 dicembre con l’accusa di aver partecipato all’azione di sabotaggio del cantiere della Maddalena della notte tra il 12 e il 13 maggio dello scorso anno. Accolto interamente l’impianto accusatorio del Gip Giampieri e dei PM Rinaudo e Padalino, che, oltre all’imputazione di uso di armi da guerra, avevano formulato l’accusa di attentato per fini di terrorismo.
Gli articoli del codice sono il 280 e il 280 bis.
L’articolo 280 contempla il reato di “attentato per finalità terroristiche o di eversione”. Ed à cosà formulato: “Chiunque per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico attenta alla vita od alla incolumità di una persona, à punito, nel primo caso, con la reclusione non inferiore ad anni venti e, nel secondo caso, con la reclusione non inferiore ad anni sei.”
L’articolo 280 bis, “Atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi” prevede che “salvo che il fatto costituisca pià grave reato, chiunque per finalità di terrorismo compie qualsiasi atto diretto a danneggiare cose mobili o immobili altrui, mediante l’uso di dispositivi esplosivi o comunque micidiali, à punito con la reclusione da due a cinque anni”.
Quella notte venne danneggiato un compressore. Nonostante non sia stato ferito nessuno, gli attivisti sono stati accusati di aver tentato di colpire gli operai del cantiere e i militari di guardia. Una follia. una lucida follia.
Come si configura il terrorismo? Qual à la differenza tra un danneggiamento e l’attentato terrorista? Come si trasforma un’azione di sabotaggio in un atto terrorista?
L’ordinamento mette a disposizione delle procure l’articolo 270 sexies, l’ultima incarnazione del famigerato 270, l’articolo che descrive i reati associativi di natura politica. Il 270 sexies fu frutto dell’onda emotiva seguita ai sanguinosi attentati di Londra e Madrid, delle bombe su treni e metropolitane che fecero centinaia di morti nelle due capitali europee, l’ennesimo episodio nella guerra di Al Quaeda agli infedeli. La Jihad del secondo millennio.
Dal 270 sexies i PM torinesi hanno desunto la definizione di terrorismo sulla quale hanno incardinato l’imputazione contro i quattro No Tav arrestati il 9 dicembre. Per questa norma “sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto (â)”.
Nelle motivazioni della decisione del riesame di mantenere in carcere i quattro attivisti No Tav si legge: âà ravvisabile la finalità di terrorismo tenuto conto che lâazione à idonea, per contesto e natura, a cagionare grave danno al Paese, ed à stata posta in essere allo scopo di costringere i pubblici poteri ad astenersi dalla realizzazione di unâopera pubblica di rilevanza internazionaleâ.
Chiunque si opponga concretamente ad una decisione dello Stato italiano o dell’Unione Europea rischia di incappare nell’accusa di terrorismo.
Il meccanismo che ha portato in galera i quattro No Tav potrebbe essere in ogni momento esteso a chiunque lotti contro le scelte del governo non condivise. In questo caso la lotta tocca una vasta parte della popolazione valsusina e di quanti negli anni ne hanno condiviso motivazioni e percorsi.
Un fatto gravissimo.
Non à âsoltantoâ in gioco la libertà di quattro attivisti ma quella di tutti. Se il teorema che equipara le lotte al terrorismo dovesse passare, la possibilità di opporsi sarebbe negata in modo drastico.
In questi anni, di fronte alle manifestazioni pià nette della criminalità del potere tanti hanno parlato di “democrazia tradita”. Una illusione. Una illusione pericolosa, perchà ha in se l’idea che questo sistema sia correggibile, che la violenza delle forze dell’ordine, la ferocia della macchina delle espulsioni, l’inumanità delle galere, la tortura nelle caserme, i pestaggi nei CIE e per le strade, le facce spaccate dai manganelli, le gole bruciate dai lacrimogeni, i lavoratori che muoiono di lavoro, i veleni che ammorbano la terra siano eccezioni, gravi, estese, durevoli ma eccezioni. La democrazia avrebbe in se gli anticorpi per eliminare i mali che la affliggono, per correggere la rotta, costruire partecipazione nella libertÃ.
L’introduzione nell’ordinamento di norme come il 270 sexies e il suo utilizzo contro attivisti No Tav à lo specchio di una democrazia che lungi dall’essere tradita, tradisce la propria intima natura, (di)mostra che l’unica possibilità offerta al dissenso à la testimonianza ineffettuale.
Pezzo dopo pezzo sono state demolite le pur esigue garanzie offerte a chi disapprova le scelte del governo, delle istituzioni locali, delle organizzazioni padronali e dei sindacati di Stato. L’accordo stipulato il 31 maggio 2013 tra CGIL, CISL, UIL e Confindustria, che esclude dalla rappresentanza chi non ne accetta le regole e punisce chi sciopera contro, ne à il segno.
In questi anni le Procure hanno giocato un ruolo sempre pià netto nel disciplinamento dell’opposizione politica e sociale.
Spesso non à stato neppure necessario modificare le norme: à bastato un uso molto disinvolto di quelle che c’erano. Una vera torsione del diritto per ottenere anni di carcere e lunghe detenzioni.
Reati da tempi di guerra come “devastazione e saccheggio”, l’utilizzo di fattispecie come “associazione sovversiva”, “violenza privata”, âassociazione a delinquereâ, “resistenza a pubblico ufficiale”, “vilipendio” della sacralità delle istituzioni sono le leve potenti utilizzate per colpire chi agisce per costruire relazioni all’insegna della partecipazione, dell’eguaglianza, della libertÃ.
In questi anni Torino à stata ed à uno dei laboratori dove si sperimentano le strategie repressive delle Procure. Si va dallâaccusa â poi caduta â di âdevastazione e saccheggioâ per una manifestazione antifascista come tante, sino al tentativo di trasformare le lotte antirazziste in unâassociazione a delinquere, che sebbene sia fallito, non ha tuttavia distolto la Procura torinese dallâimbastire due maxi processi contro gli antirazzisti, che rischiano lunghi anni di detenzione per banali episodi di contestazione e lotta.
L’adozione di misure che per via amministrativa consentono la limitazione della libertà come fogli di via, divieti e obblighi di dimora sono distribuite a piene mani per mettere i bastoni tra le ruote dei movimenti.
Persino le “normali” garanzie vengono fatte a pezzi in processi che per l’impianto e per le modalità di svolgimento negano l’esercizio dei cosiddetti diritti di difesa.
Nel processo in cui sono alla sbarra 52 No Tav per le giornate di lotta del 27 giugno e del 3 luglio 2011, persino gli avvocati hanno dovuto prendere posizione pubblica contro la Procura perchà ai difensori à consentita a malapena la presenza. Un processo farsa: la sentenza pare già scritta. La corte ha imposto due udienze a settimana di dieci ore, senza certezza sul calendario dei testimoni e senza spazio per le difese. Oggi la soluzione disciplinare à l’unico approdo dei governi che hanno delegato all’apparato giudiziario la gestione dei nodi che non riescono ad affrontare. Dalla legge elettorale, a quella sulle droghe, dalla terra dei fuochi alla demolizione dei movimenti di opposizione la parola à passata ai gestori della guerra, dellâordine pubblico e dei tribunali.
Nel solo movimento No Tav sono ormai diverse centinaia gli attivisti finiti nel mirino della magistratura.
L’arresto di quattro attivisti No Tav con l’accusa di terrorismo non à certo giunto inaspettato. Sin da maggio i media e i politici hanno parlato di terrorismo. Prima della Procura torinese, l’accusa che ha privato della libertà Chiara, Claudio, Mattia e Nicolà à stata formulata nelle redazioni dei giornali e nelle segreterie dei partiti.
La determinazione ad affondare sempre pià nella carne viva del movimento contro la Torino Lyon aumenta quando il movimento lancia un segnale forte. Inequivocabile. Le decine di migliaia di persone che hanno partecipato alla manifestazione dello scorso 16 novembre a Susa sono la dimostrazione che il movimento, nelle sue varie componenti, non à disponibile a trasformarsi in mero testimone dello scempio. In quella manifestazione era esplicito l’appoggio alle azioni di resistenza attiva e alle centinaia di No Tav colpiti dalla repressione per aver partecipato alla lotta, mettendosi in mezzo, partecipando a blocchi, azioni, occupazioni, sabotaggi.
Due settimane dopo sono scattati gli arresti.
Il governo usa sempre di pià la mano dura contro chi non si piega e continua a lottare. Lo scopo à chiaro: seminare il terrore tra i No Tav, spaventare la popolazione della Val Susa, far paura ai tanti che in questi anni, chi pià e chi meno, chi in prima fila, chi in ultima si sono messi di mezzo, hanno costruito presidi, eretto barricate, bloccato strade e ferrovie, hanno boicottato e sabotato il cantiere e le ditte collaborazioniste, si sono difesi dallâoccupazione militare e dalla distruzione del territorio.
In questi ultimi due anni e mezzo si à allungata la lista degli attivisti feriti, gasati, pestati, torturati. Questâestate la polizia ha anche molestato sessualmente una No Tav. Qualcuno ha anche rischiato di morire per le botte, che hanno rotto teste, spezzato gambe e braccia, accecato.
Questo à terrorismo di Stato. Non uno slogan ma la realtà che stiamo vivendo. In Val Susa, ma non solo.
La repressione si sta inasprendo perchà il governo si prepara ad attaccare in bassa valle, dove si stanno preparando ai lavori preliminari per aprire il cantiere del mega tunnel a Susa.
Nei prossimi mesi proveranno a fare i lavori per spostare lâautoporto da Susa a Bruzolo e il servizioâGuida Sicuraâ da Susa ad Avigliana.
Seminare il terrore tra la popolazione à lâultima carta da giocare perchà il governo sa bene che in bassa valle la partita potrebbe essere molto pià difficile che a Chiomonte, in una zona isolata, senza abitazioni, raggiungibile solo a piedi.
In questa strategia del terrore ci sono sia gli arresti per terrorismo sia la condanna al pagamento di oltre 200.000 euro per Alberto, Giorgio e Loredana tre attivisti, accusati di aver danneggiato gli affari di LTF, il general contractor dellâopera, per aver impedito un sondaggio proprio allâautoporto di Susa. Pagare cifre simili non à alla portata di tutti: si rischia di perdere la casa, lâauto, un quinto dello stipendio o della pensione. Il governo spera che di fronte a decenni di galera, alla perdita di quello chi si ha per campare, qualcuno anche se non ha cambiato idea, si tiri indietro.
La scommessa à far si che si sbaglino.
Il governo sa che lâapertura dei cantieri a Susa non sarà una passeggiata. Sa che in molti si metteranno di mezzo, sa che i pià li sosterranno. Ma per vincere la partita non basterÃ.
Oggi tutti plaudono e molti agiscono. Per mettersi in mezzo basta poco, anche una sedia in mezzo alla strada. Se saranno tante quando tireranno già la prima barricata ne troveranno unâaltra poco lontano.
Se ancora una volta il movimento saprà rendere ingovernabile un intero territorio per i nostri avversari sarà di nuovo dura.
Il 22 febbraio il movimento No Tav ha lanciato una giornata di lotta nazionale â ognuno sul proprio territorio â contro la repressione e contro il Tav e le altre grandi opere inutili e dannose.
Una buona occasione per provare ad inceppare la macchina del terrorismo di Stato.
Torino, 10 febbraio. L’assemblea cittadina No Tav al teatro Espace è stata una boccata di aria fresca in una città strangolata dall’informazione omologata.
Qualche centinaio di persone ha risposto all’invito dei no tav torinesi per una serata di informazione, di confronto sulle prospettive, di solidarietà con i quattro attivisti in carcere dal 9 dicembre.
Le brutte notizie sulle condizioni detentive imposte a Claudio nel carcere di Ferrara sono state un motivo in più per stringerci idealmente a lui e agli altri compagni, per cercare di capire meglio una manovra repressiva che mira a colpire ogni forma di opposizione sociale nel nostro paese.
Nel mirino non ci sono solo i No Tav tutti coloro che in questi anni non si sono tirati indietro, non hanno accettato il furto delle loro vite, la devastazione del territorio, l’annientamento di ogni possibilità di decidere del nostro futuro.
L’assemblea ha promosso varie iniziative per la giornata di lotta nazionale contro il Tav e la repressione, in solidarietà ai quattro compagni e compagna in carcere in regime di alta sorveglianza con l’accusa di attentato con finalità di terrorismo.
In mattinata ci saranno sei piazze tematiche animate dalle tante anime dei movimenti di opposizione sociale nella nostra città.
Una piazza No Tav per l’azione diretta e l’autogestione si terrà al Balon dalle 10,30 alle 13. Appuntamento in via Borgodora angolo via Andreis
Le altre piazze saranno tutte alle 13. Piazza Madama Cristina (lavoro), piazza Nizza (casa), piazza Baldissera (trasporti locali), piazza XVIII dicembre (no tav, no muos), via Garibaldi (difesa della terra/contro il terrorismo di Stato)
Nel pomeriggio i No Tav di Torino e dintorni si sono dati appuntamento alle ore 15 per un corteo da piazza Castello a piazza Carlo Felice (di fronte alla stazione di Porta Nuova).
Nelle scorse settimane c’erano stati due presidi informativi al Balon e in via Po promossi dalla Federazione Anarchica Torinese.
Villarfocchiardo, 13 febbraio. Affollata l’assemblea svoltasi nella palestra del Villar per fare il punto sulla situazione dei compagni in carcere e discutere le iniziative per il 22.
In Valle l’appuntamento è alla stazione di Chiomonte per un corteo che raggiungerà il cancello che da quasi tre anni chiude la strada dell’Avanà. Un appuntamento di lotta, un appuntamento per tutti.
No Tav. Vendetta di Stato
14 maggio 2013. Un gruppo di No Tav compie un’azione di sabotaggio al cantiere di Chiomonte.
14 maggio 2014. Quattro attivisti verranno processati per l’azione di quella notte. L’accusa è quella di “attentato con finalità di terrorismo”. La vendetta di Stato mette in scena una cerimonia in grande stile, scegliendo il primo anniversario di quella notte di lotta perché sia chiaro chi è il più forte.
Non solo. I quattro compagni arrestati il 9 dicembre, dopo 40 giorni nel reparto di alta sorveglianza del carcere delle Vallette vengono trasferiti in altre carceri.
Mattia e Nicolò al carcere ad Alessandria, Claudio a Ferrara, Chiara in quello di Rebibbia a Roma. Le condizioni di detenzione loro inflitte sono molto dure, più di quello che il regime cui sono sottoposti prevede. Chiara a Torino è rimasta per 40 giorni in isolamento, a Rebibbia può fare la socialità con le altre, ma è sempre in cella da sola. Mattia e Nicolò sono in rinchiusi con altri ma non possono comunicare tra di loro ed hanno dimezzate sia le due ore di socialità sia le due ore di aria.
La condizione più dura la deve vivere Claudio, in isolamento assoluto da quando è stato trasferito a Ferrara.
La sua situazione è trapelata il 10 dicembre dopo la visita di sua mamma e di suo fratello.
A tutti, dopo un mese e mezzo di visite da parte di amici e compagni, è stato concesso di vedere solo i parenti stretti.
E’ chiara la volontà di annientare questi compagni, di cercare di spezzarne la resistenza.
Altrettando chiaro, ed emerge anche dalle carte esibite dalla Procura, che questa esibizione di violenza a malapena mascherata da norme e dispositivi, mira a fiaccare la lotta dei No Tav. Mira a mettere in ginocchio un intero movimento.
Nella stessa direzione vanno i mega risarcimenti a Ltf, il general contractor dell’opera,
Anarres ha intervistato Eugenio Losco, uno degli avvocati del collegio difensivo dei quattro No Tav, quando si è saputa la decisione di saltare l’udienza preliminare aprendo subito il dibattimento.
Ascolta l’intervista
http://anarresinfo.noblogs.org/2014/02/13/no-tav-vendetta-di-stato/
No Tav. La gabbia si serra sempre più forte
20 gennaio. Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò, rinchiusi alle Vallette con l’accusa di terrorismo dallo scorso 9 dicembre, sin dal primo giorno sono stati sottoposti ad un regime di sorveglianza speciale. Niente aria né socialità con altri detenuti, chiusi in cella per buona parte della giornata. Claudio e Nicolò sono nella stessa cella, Mattia è in cella con un altro ragazzo: i tre sono nella medesima sezione ed hanno la possibilità di comunicare tra di loro. Al femminile Chiara si trova da sola.
A tutti erano stati concessi gli incontri con amici a familiari. Questa mattina un amico ed un familiare di Chiara sono stati respinti, perché i colloqui sono stati sospesi dai PM Rinaudo e Padalino. Il provvedimento vale anche per gli altri tre.
La corrispondenza censurata e in ritardo già limitava i loro contatti con l’esterno, la decisione di vietare anche i colloqui, serra sempre di più la gabbia che li chiude.
Da questa mattina Chiara è completamente isolata.
È trascorsa solo una settimana dalla decisione del tribunale del Riesame di confermare l’accusa nei loro confronti.
I giudici nelle motivazioni della sentenza hanno scritto: “È ravvisabile la finalità di terrorismo tenuto conto che l’azione è idonea, per contesto e natura, a cagionare grave danno al Paese, ed è stata posta in essere allo scopo di costringere i pubblici poteri ad astenersi dalla realizzazione di un’opera pubblica di rilevanza internazionale”.
Con queste motivazioni può essere accusato di terrorismo chiunque si opponga attivamente ad una scelta del governo.
Ricordiamo che l’azione di cui sono accusati i quattro No Tav è un sabotaggio al cantiere Tav in Clarea, nella notte tra il 12 e il 13 maggio. In quell’occasione venne danneggiato un compressore, nessuno si fece male.
Per capirne di più suggeriamo di ascoltare l’intervista ad Eugenio Losco, uno degli avvocati dei No Tav arrestati il 9 dicembre. L’intervista è stata rilasciata ad anarres il giorno dopo l’udienza del Riesame, quando ancora non se ne sapeva, sebbene lo si temesse, l’esito.
Aggiornamenti al 22 gennaio. Ieri, in un tribunale blindatissimo, forse per timore di nuovi problemi agli impianti idraulici, si sono svolti gli interrogatori dei quattro compagni, che si sono tutti avvalsi della facoltà di non rispondere. I PM paiono decisi a istruire il processo in tempi molto rapidi.
Anche la stazione di Porta Nuova e, in particolare, la sala vip e i binari del Freccia Rossa, più volte teatro di proteste e blocchi No Tav, sono stati pesantemente militarizzati.
Evidentemente la polizia temeva un’azione solidale con i prigionieri, cui erano stati negati i colloqui. Un timore autentico, perché nel tardo pomeriggio, un gruppo di attivisti ha bloccato il traffico con masserizie e striscioni alla rotonda di piazza Baldissera, tra via Cecchi e corso Vigevano. Il blocco è durato circa un quarto d’ora. Su uno striscione compariva la scritta “voi bloccate i colloqui, noi blocchiamo tutto”.
In serata alcuni compagni reduci da un caldo e rumoroso saluto al carcere delle Vallette sono stati fermati, identificati e rilasciati dopo circa un’ora.
–ascolta audio
http://anarresinfo.noblogs.org/2014/01/21/no-tav-la-gabbia-si-serra-sempre-piu-forte/
No Tav. Bloccati gli alpini (e buonanotte ai Cacciatori di Sardegna)
Domenica 12 gennaio. Una bella giornata e tanta voglia di mettersi in mezzo hanno creato l’alchimia giusta per la giornata di lotta contro l’occupazione e militare a Rivoli.
Il tam tam è bastato perché un centinaio di No Tav si ritrovassero di fronte alla caserma Ceccaroni di Rivoli, dove dormono gli alpini di stanza a Chiomonte.
Una brutta sorpresa per i militari che rientravano dopo il turno in Clarea, che sono rimasti fermi per una buona mezz’ora mentre i No Tav volantinavano ai passanti.
Poi arrivano la Digos e quelli del’antisommossa ramazzati in fretta e furia dallo stadio. Scudo calato, manganello alzato i picchiatori in divisa corrono verso i No Tav, che sciolgono il presidio e si allontanano di buona lena prima che i manganelli riescano a carezzarli nel solito modo.
Successivamente la Digos identificherà i No Tav che tornavano in zona per recuperare le auto.
Il giorno successivo gli organi di informazione che minimizzano l’accaduto o lo censurano non mancano di segnalare che i manifestanti saranno denunciati per blocco stradale e violenza privata.
Gli alpini della caserma Ceccaroni gestiscono gli aspetti logistici nei vari teatri di guerra dove hanno prestato servizio. Il 1° Reggimento Manovra di Rivoli è stato in Libano, Afganistan, Kosovo, Ciad, Bosnia, Albania, Pakistan… e Chiomonte.
Un’altra azione di resistenza attiva antimilitarista che da il segno che la rassegnazione non è certo di casa tra i No Tav, che nonostante l’incrudirsi della repressione, non cede di un passo.
Inutile dire che tra gli striscioni dei No Tav ce n’era uno solidale con i quattro attivisti accusati di terrorismo e rinchiusi alle Vallette dal 9 dicembre.
Ascolta la diretta realizzata questa mattina dall’info di radio Blackout con Monica, una No Tav della Valcenischia
Martedì 15 gennaio. Senza farsi annunciare ieri sera intorno alle 22 un folto gruppo di No Tav ha fatto capolino nel cortile dell’albergo S. Giorgio, che ospita i “Cacciatori di Sardegna”, corpo speciale dei carabinieri che si alternano con le altre truppe di occupazione al cantiere di Chiomonte.
Due militari che stavanmo fumando fuori rientrano in gran fretta e presto all’interno si scorge un mucchio di gente agitata che va su è giù brandendo telefonini. I No Tav aprono due striscioni: il primo con la scritta “terrorismo = tav” il secondo in solidarietà con gli arrestati del 9 dicembre. Battiture, slogan e cori per un’oretta. Poi via.
Ascolta il resoconto della serata fatto per l’info di Blackout da Renzo del comitato No Tav “Spinta dal bass”
No Tav. Bloccati gli alpini (e buonanotte ai Cacciatori di Sardegna)