La Comune di Kronstadt

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Hugo Treni [Ugo Fedeli]

 

«I marinai rivoltosi di Kronstadt non volevano i controrivoluzionari,

ma non volevano neanche noi»

dal discorso di Lenin al X Congresso del P.C.

Kronstadt è stata sempre, nella Russia tanto zarista che kerenskiana e bolscevica, la roccaforte del sovversivismo, il più grande centro rivoluzionario, la cittadella dell’idea e dell’azione rivoluzionaria nella Rivoluzione. Anche nel 1905, la prima Rivoluzione ebbe fra i suoi combattenti i forti e eroici marinai dì Kronstadt.

Così pure nell’attuale Rivoluzione, Kronstadt fu sempre prima in ogni azione rivoluzionaria, i suoi elementi avanzati, massime gli anarchici, furono sempre in prima linea, nei posti di maggior pericolo, di grande responsabilità, dove si sospingeva avanti la Rivoluzione coi propri corpi. I marinai, i lavoratori, gli anarchici di Kronstadt sono stati semplicemente grandi e eroici.

Era su essi che la Rivoluzione, nei tremendi momenti di pericolo, contava e s’appoggiava.

Durante l’interregno dell’impotente Kerenski, Kronstadt fu tra quelle rare Comuni che non volle, e non si lasciò disarmare.

I marinai di Kronstadt venivano a Pietrogrado, sempre, a fiancheggiare le potenti dimostrazioni armate.

Furono i marinai di Kronstadt, venuti a Pietrogrado su vapori issanti grandi bandiere nere, su cui vi era scritto Anarchia — a combattere sino all’ultimo nelle giornate di luglio 1917, insieme ai sobborghi, ai reggimenti e agli anarchici, mentre i bolscevichi facevano i daragona, e Trotzky nella storica lettera a Kerenski diceva: «Noi siamo innocenti!…».

Le grandi giornate di ottobre 1917, lo scioglimento della Costituente non furono che l’opera di questi eroici marinai (l’anarchico Anatoli li guidò al disperdimento della Costituente) che facevano la Rivoluzione seriamente, credendo che essa apporterà loro maggiore libertà…

Molti di essi morirono sui campi della lotta rivoluzionaria — compreso l’eroico Anatoli Z. — contro gli invasori; ma il nucleo di eroici esisteva sempre, il fuoco ardeva sempre a Kronstadt.

In Russia, già da tre anni, l’esperimento marxista permaneva coi suoi disastrosi effetti, che, unito alla atroce guerra, acuiva e rendeva impossibile e sempre più terribile la vita. Molti malcontenti e molte critiche si erano fatte, ma erano state represse implacabilmente.

Si moriva e non si voleva nemmeno che si accennasse alla vera ragione, che causava quella morte lenta, né si voleva ascoltare la ragione dei fatti; né le cause di tutte quelle sofferenze che si imputavano solamente alla guerra e al blocco, mentre, sebbene questi fatti pesassero terribilmente, non erano la sola e la vera causa di tutto quel soffrire, soprattutto per un popolo agricolo come il russo.

L’inverno 1920-21 fu terribile per tutta la Russia, specialmente nelle grandi città, come Mosca, e soprattutto Pietrogrado, si soffriva dell’assoluta mancanza di viveri, di combustibili, di indumenti.

L’operaio era duramente colpito; senza pane, senza carbone per riscaldarsi, senza scarpe, con un inverno terribile come quello di Pietrogrado. Non poteva più reggersi né lavorare, di modo che sul finire di febbraio 1921 gli abitanti di Pietrogrado, affamati, scendevano per la prima volta, dopo lo scoppio della Rivoluzione, a dimostrare per le vie e a reclamare a voce alta un più umano trattamento.

Furono primi quattro fra i più grandi stabilimenti di Pietrogrado che cominciarono a scioperare, non solo, ma a portare la loro protesta nelle vie.

Era la prima volta che gli operai russi, dopo la Rivoluzione, erano costretti a scendere in piazza a gridar la loro fame. E, naturalmente, qualche superstite democratico, profittava e domandava la… Costituente e la libertà commerciale.

Le truppe sovietiste avevano l’ordine di non sparare sugli operai di Pietrogrado. Il governo, davanti a questo fatto nuovo, non trovava provvedimenti immediati e adeguati, e non sapendo raccapezzarsi e volendo solo guadagnar tempo, aveva solo ordinato di calmare e, se occorreva, sparare sì, ma in alto.

Ma anche le truppe soffrivano di una fame terribile, e già risentivano dell’agitazione e dello stato d’animo degli operai scesi nelle strade, e, anziché calmare, aiutavano, simpatizzavano colle masse…

La piega degli avvenimenti era troppo brutta, e c’era ragione di dubitare sulla possibilità di trovare dei provvedimenti atti a calmare questa massa.

Le truppe di Pietrogrado erano infide. Si impose loro di non uscire, o le si diede un rancio migliore e, frattanto, si cercò di allontanare i più irrequieti mandandoli in regioni lontane.

E si poteva contare solo sugli allievi ufficiali, gli junker rossi, che erano tutti iscritti al Partito e quindi dovevano ubbidire ciecamente.

E si mandarono contro i dimostranti e gli scioperanti questi giovani fanatici e feroci, che sparavano, arrestavano a centinaia gli operai nella speranza che questa bestiale repressione facesse tornare la calma.

Alla notizia di questi avvenimenti, il grande e sensibilissimo cuore di Kronstadt si commosse, si turbò profondamente, sanguinò… Erano i figli suoi, i figli della Rivoluzione che si colpiva in nome del… proletariato!

Kronstadt, non fidandosi delle notizie ufficiali, si adunò e mandò una Commissione speciale a Pietrogrado «col mandato di far un’inchiesta sulle origini, sullo svolgimento, sull’entità dei fatti e sulle rivendicazioni delle masse tumultuanti».

Si sapeva che le masse avevano domandato più pane, e che il «primo Stato operaio e contadino» aveva risposto col piombo, con gli arresti di quegli stessi eroici operai della gloriosa Comune di Pietrogrado, che già tanto avevano sacrificato per la Rivoluzione e che ora venivano gratificati in tale miniera.

E questi generosi marinai s’unirono agli operai nella protesta, e inviarono quella famosa Commissione composta di operai e marinai per esaminare i fatti.

Il giorno dopo (il 1 marzo 1921), ritornata la Commissione, un immenso comizio si tenne a Kronstadt con la partecipazione dei soldati, dei marinai, degli operai e degli stessi comunisti, tra i quali il Presidente del Comitato Centrale Esecutivo Panrusso, Kalenin, e Kusmin, commissario della flotta del Baltico. E in questo comizio vengono rese pubbliche «le rivendicazioni degli operai di Pietrogrado, rivendicazioni che vengono fatte proprie e accettate da tutti a Kronstadt», s’intende quelle rivoluzionarie, perché la convocazione della Costituente e la libertà commerciale vengono respinte da tutti.

E la grande adunata di Kronstadt, ricordante i grandi giorni della Rivoluzione, formulò le sue rivendicazioni da inviarsi ai despoti del Governo del P.C.

1 – Rilascio immediato degli arrestati per i fatti di Pietrogrado, e di tutti i rivoluzionari e anarchici arrestati e detenuti per reati politici;

2 – Libera elezione dei Soviet a scrutinio segreto;

3 – Libertà di stampa, di parola, di riunione, d’organizzazione, a tutti i partiti rivoluzionari «(socialisti rivoluzionari di sinistra, comunisti d’opposizione, sindacalisti e anarchici)»;

4 – Libertà ai contadini di disporre delle terre senza ricorrere al lavoro salariato; rivendicazioni approvate ad unanimità, anche dagli stessi comunisti, meno, s’intende, i due rappresenti del Governo.

Dopo il grandioso comizio, tutto ritornò nella calma e ognuno si recò alle sue occupazioni, perché si era saputo che il Governo aveva promesso a Pietrogrado che avrebbe acquistato per 10 milioni in oro di viveri da distribuirsi in questa città.

Ma se gli operai, i marinai e i soldati attendevano calmi una risposta alle loro legittime rivendicazioni, non così era dalla parte del Governo, il quale deciso di rispondere negativamente a tutte le domande e di soffocare spietatamente nel sangue i lamenti degli operai, si affrettò a enumerare un provvedimento per allontanare da Kronstadt tutte le munizioni e tutti i depositi di viveri.

Ma i marinai, accortisi, disposero che quel provvedimento non si effettuasse occupando le porte della città, e quivi ebbero luogo i primi incidenti tra alcuni marinai e qualche commissario violento.

Frattanto, come prima risposta, la Commissariocrazia (già troppo rossa di sangue operaio e contadino) dava inizio (così come costuma la subdola e obliqua diplomazia dei Zinovieff, dei Radek e dei Trotzky), a quella perfida campagna denigratoria contro gli eroici marinai di Kronstadt. «Malgrado i rapporti quotidiani del Presidente del Soviet di Kronstadt indirizzati a Zinovieff, affermanti che nella fortezza tutto era calmo, in tutta la Russia e nell’Europa intera e nel mondo fu radiotelegrafata scientemente la falsa notizia di un nuovo complotto bianco, di un movimento contro-rivoluzionario a Kronstadt»!!

Era la fredda e bieca premeditazione della spietata repressione sanguinosissima dei più puri eroi e figli della Rivoluzione. Quando noi rievochiamo il macello di Kronstadt, il cuore ci sanguina!… Thiers e Galiffet erano borghesi, dopo tutto! Oggi, dopo la carneficina dei migliori marinai di Kronstadt superante in orrore e spietatezza la Comune di Parigi, essi sono riabilitati dai crudeli e sanguinari «boia della Rivoluzione»: Trotzky e Lenin.

Ah, «viva Lenin!!» si grida nel mondo. — Quale atroce ironia!…

Frattanto, si erano richiamale in fretta truppe ignare dalle province lontane, e si diede loro ad intendere che quei loro fratelli di Kronstadt erano dei traditori, dei bianchi, dei controrivoluzionari, degli ausiliari del capitale mondiale che andavano sterminati col ferro e col fuoco.

Poiché fra le truppe e i marinai di Pietrogrado serpeggiava un vivo fermento, e simpatizzavano per le richieste degli operai, marinai e soldati di Kronstadt, Zinovieff aveva strappata dal Soviet di Pietrogrado il permesso di mandare un ultimatum ai rivoltosi: «o resa a discrezione, o sterminio col ferro e col fuoco!».

Era una lotta incidentale che aveva carattere pacifico e «che si poteva e si doveva risolvere pacificamente, senza darle, con deliberata volontà e fredda ferocia inerente alla ragione di Stato» quella tragica e tremenda soluzione sanguinaria che ordinariamente caratterizza tutti i governi: «affogare nel sangue spietatamente col ferro e col fuoco ogni sentimento di libertà e ogni aspirazione maggiore di benessere!».

Gli uomini, i governanti del «primo Stato operaio e contadino»: i Lenin, i Trotzky, i Radek, gli Zinovieff non vollero dimostrare di essere inferiori ai Thiers, ai Galiffet e ai Cavaignac qualunque, perché, dopo la spietata repressione sanguinaria «con pugno di ferro» degli eroici comunardi di Kronstadt, le jene dei lavoratori del 71, del 48 sono state riabilitate.

Cavaignac, Thiers, Galiffet erano, almeno, dei borghesi che difendevano la borghesia.

Lenin, Trotzky e Zinovieff si dicono proletari che difendono il… proletariato!

Essi vollero sfogare la loro libidine dittatoriale, reazionaria su questi ingenui, grandi e eroici marinai di Kronstadt, i quali, dopo tre anni, osavano ancora ricordarsi e domandare l’applicazione del programma sovietista, per cui avevano fatta, proprio loro stessi, la Rivoluzione d’ottobre 1917, da cui uscì fuori invece una paurosa Commissariocrazia che colla sua immane armata di funzionari parassiti intacca e essicca le fonti stesse della produzione e trasforma la Russia in un vasto e immenso ossario bianco, perché i contadini protestano col non produrre per questi burocrati-carnefici.

Tutta Kronstadt si raccolse in una immensa adunata; ed essa, la scarmigliata ribelle, che aveva fatto tre Rivoluzioni, che aveva salvato cento volte la Rivoluzione, su tutti i fronti di battaglia, col sangue vermiglio dei suoi migliori figli, indignata, respinse l’oltraggioso ultimatum della Commissariocrazia e gridò: o il Soviet libero, di tutti i partiti, originario, primitivo, o la morte; e accettò la lotta contro la mostruosa tirannia dei Commissari.

Il 7 marzo, alle 6 del mattino, incominciò il bombardamento fratricida, inesorabile, spietato da parte delle truppe rosse, questa volta rosse, sì, ma di sangue fraterno, che Trotzky e tutto il Partito Comunista avevano obbligate a impugnare le armi contro i marinai «traditori», contro la Comune di Kronstadt che non aveva voluto piegarsi a quella imposizione violenta e brutale, che, usata sino allora dai generali nelle guerre civili, diventava per il Partito Comunista il metodo rivoluzionario e marxista!

Le navi ancorate a Kronstadt, racchiuse nei ghiacci, nell’impossibilità di rispondere a tale bombardamento, potevano appena appena difendere, da possibili attacchi, la città di Kronstadt da parte delle truppe rosse, fratricide.

Esse non potevano darle un più valido aiuto, perchè non si voleva colpire Pietrogrado, anche se era Pietrogrado che ammassava le truppe scelte di assalto, perchè non si voleva tirare su Pietrogrado e fare delle vittime innocenti e inutili.

E solo questa squisitamente considerazione etica rivoluzionaria fu la ragione che non si attuò una disperata uscita da Kronstadt: perchè posti tra il dovere di difendersi e l’attacco per vincere, ma fare strage dei loro fratelli, preferirono la morte e la difesa solamente sino all’estremo limite, sino a che la fame completa obbligò questi grandi e eroici figli di Kronstadt, che avevan fatto tre Rivoluzioni, salvata cento volte la Rivoluzione, a cedere…. per salvare almeno i bambini, benché sicuri della loro fine, perchè essi sapevano che la Commissariocrazia li avrebbe fatti passare tutti per le armi.

Il bombardamento, continuo, spietato, inesorabile, durò dieci eterni e lugubri giorni sino alla notte del 17 marzo e, infine, sotto un assalto generale degli allievi ufficiali e di tutte le truppe, la città delle cento Rivoluzioni, la gran mater Kronstadt dovette soccombere. Maledizione eterna alla sanguinaria Commissariocrazia!

I suoi eroici difensori, affamati, disillusi per il mancato appoggio degli operai di Pietrogrado, per i quali scesero in lotta, e per la mancanza di munizioni, dovettero arrendersi…

«Per tutti i superstiti non si ebbe pietà alcuna: tutti quelli che in nessuna maniera riuscirono a porsi in salvo furono con voluttà feroce passati per le armi» negli interessi della classe operaia che son quelli dell’umanità, e che la Commissariocrazia ha la missione storica, secondo Marx, di liberare estendendosi in tutto il mondo sino a diventare Governo Mondiale, ciò che essa considera già di essere l’embrione!

Assicurano i compagni di Pietrogrado che assistettero all’orribile, incredibile carneficina, che il massacro che ne seguì superò in orrore e in ferocia quello fatto dai Versagliesi, da Thiers e Galiffet dopo la Comune di Parigi.

I difensori di Kronstadt erano quasi tutti operai.

I marinai, in gran numero, dovettero salire a bordo delle navi e facevano del loro meglio per ostacolare l’avanzata dell’esercito bolscevico che ebbe molta facilità d’avvicinarsi alla città isolata e tutta circondata da ghiacci.

I difensori dell’eroica Comune di Kronstadt sommano in tutto a 10.000 (diecimila).

Le vittime risultanti dalle statistiche ufficiali ammontavano a 14.000 (quattordicimila). Ma certamente il numero è ben più spaventosamente grande: esso si aggira attorno alle 30.000 (trentamila), perché nessuno dei difensori ebbe salva la vita, neanche le donne e i giovani. Perché, proprio come nella Comune di Parigi, le donne di Kronstadt ebbero una parte preponderante nella difesa, nell’aiuto e nell’incoraggiamento alla resistenza.

Su questa «rivolta», i bolscevichi versarono tutto il loro veleno, tutta la loro bieca ferocia. Però tutti i loro scritti erano animati da un pensiero unico: scusarsi accusando gli altri, impossibilitati a difendersi da tutte le più infami accuse, le più basse calunnie.

Volevano dimostrare al mondo rivoluzionario come i rivoluzionari fossero ancora loro; come ancora la Russia fosse minata dalla controrivoluzione e dalla reazione straniera che batteva alle porte e agiva all’interno sotto la veste dei marinai di Kronstadt; e come fosse utile tutta la loro reazione e esatto il loro modo di agire e i metodi dittatoriali della Commissariocrazia, aberrantemente «fissa» nell’idea folle di essere «embrione» del Governo dittatoriale mondiale, che, in Russia, sottomette gli operai e contadini col ferro e col fuoco alla mostruosa burocrazia parassitaria agli ordini della Commissariocrazia; e all’estero, dà ordini e fior di quattrini rubati agli operai e contadini russi con le requisizioni e con le imposte ai vari Partiti Comunisti per sottomettere ferreamente, partiti e sindacati, masse, ecc. alla Terza Internazionale «embrione» della Dittatura Universale!

Essi accusavano soprattutto questi rivoltosi di essere dei «controrivoluzionari», «agenti del capitale mondiale», specie di quello francese.

A prova, si agitava un dispaccio di Le Matin pubblicato poco avanti che si iniziasse la rivolta, annunciante che «una rivolta di marinai si era scatenata a Kronstadt». Simili comunicati o notizie false appaiono tutti i giorni non solo su Le Matin, ma da tre anni su tutti i giornali borghesi; i quali tutti i giorni scoprono sempre nuove e fantastiche rivolte, e a cui non si può e non si deve dare nessuna importanza, massime come «capo di accusa» perché di simili ne apparvero un’infinità, prima e dopo la stessa rivolta di Kronstadt.

Ma occorreva trovare bene qualche ragione… controrivoluzionaria, e allora alla già su accennata, se ne aggiunsero delle altre, comprendendo chiaramente che le altre… erano falsissime. Si accennò alla presenza fra i rivoltosi del generale Kowstoki (?) uomo di nessuna importanza sotto ogni aspetto, e riconosciuto da tutti debole e incapace, soprattutto di guidare un’azione implicante una forte volontà, fermezza e carattere. Certo più che trasportato dagli avvenimenti, egli fu obbligato, se non proprio a parteciparvi, ad assistervi. Tutte le accuse, benché di vario genere, sono dirette a dimostrare in ogni azione, in ogni parola dei rivoltosi, persino nelle azioni e nelle parole altrui, fatte all’insaputa di loro, la mano lunga del capitale mondiale.

Così la domanda di quella famosa nave della Croce Rossa Americana, quella stessa nave che ora fu prima a portar il suo soccorso agli affamati; la nave, insomma, che aveva domandato ai rivoltosi se volevano dei medicamenti e dei viveri, almeno per i bambini.

Proposte che vennero rifiutate, ma che bastarono alla sanguinaria Commissariocrazia di gridare alla mano della reazione mondiale tesa a quegli eroici rivoluzionari e accusarli definitivamente, di fronte ai rivoluzionari che osservavano, trepidanti e frementi, questi fatti inspiegabili per loro, ma comprensibilissimi per chi conosce la vera situazione russa.

Quindi, secondo i bolscevichi, nel loro linguaggio usato comunemente per il popolo, questa rivolta sarebbe stata il risultato d’un complotto reazionario che occorreva reprimere con forza, circoscriverla, isolarla per annientarla.

Ma come spiegarsi il programma di questi rivoltosi e la loro attitudine durante e dopo i fatti? — Come spiegare il fatto che molti soldati rossi, appena conosciuta la vera ragione di quella rivolta si rifiutarono di marciare contro di loro? Ed erano soldati che avevano già combattuto in molte battaglie e contro il vero nemico: l’invasore, e preferirono questa volta la fucilazione, anziché marciare contro i loro fratelli, contro gli eroici marinai che avevano vinto, proprio loro, la Rivoluzione di marzo e di ottobre 1917!

— Come spiegarsi la famosa lettera, inviata a Zinovieff e firmata da un gruppo di anarchici conosciutissimi, che domandavano che la questione si risolvesse pacificamente, perché la protesta era spontanea e pacifica, che non ebbe alcuna risposta, ma fu invece inviato quel bestiale ultimatum ai rivoltosi? — Come spiegarsi tutta quella collana di fatti che sono lì a dimostrare tutto il contrario delle affermazioni ufficiali e delle notizie diffuse all’estero contro questi operai e marinai, i quali sentivano veramente la Rivoluzione e volevano che il programma sovietista fosse applicato, almeno nei suoi minimi termini?

— Come convalidare tutte le accuse contro «i rivoltosi», se non si è potuto, sia nei loro Bollettini quotidiani, sia nel loro giornale, trovare una sola affermazione reazionaria? — Come spiegarsi che quella «rivolta» — «preparata da lunga mano dal capitale mondiale» — avveniva proprio ai primi di marzo, quanto il mare di Pietrogrado e di Kronstadt è ghiacciato, a tutto detrimento dei rivoltosi, mentre avrebbero potuto e dovuto molto bene ritardare tale rivolta? Perché non è ammissibile che gli organizzatori di tale rivolta siano, non dico ingenui, ma cretini da scatenare una simile azione quando tutto era sfavorevole a loro, quando, se ciò fosse, avrebbero potuto benissimo attendere poche settimane; e, sgelato il mare, colle navi in mano, i rivoltosi avrebbero potuto portare la loro azione rivoluzionaria nella stessa Pietrogrado, e avere buon gioco delle truppe rosse?

Tutte queste domande rimarranno senza risposta, almeno ufficiale, perché questi fatti ufficialmente si tacciono dando libero corso solo all’odio, alla vendetta per la paura provata, provocando tutti gli eccessi di ferocia, mentre è noto a tutti gli onesti, ciò che rende più grandi nel loro gesto questi martiri rivoluzionari, come all’invito di marciare (e non era troppo difficile) o tentare l’occupazione di Pietrogrado, si rifiutarono, e proclamarono (o belle e grandi candide anime ingenue!) «che i loro intenti erano pacifici e che il loro programma minimo è comunista!» (era l’identico programma col quale i bolscevichi sono andati al Potere sostenuti e sollevati dagli stessi marinai!) e dissero che essi non volevano spargere inutilmente sangue fraterno.

E la loro sincerità rivoluzionaria è provata dai fatti seguenti:

1. Perché essi hanno usato tutti i riguardi verso i comunisti di Kronstadt, e non hanno fucilato neanche i Commissari che pure avevano una parte di colpa nei fatti. Invece, nessuno dei tanti comunisti di Kronstadt venne ucciso e solo 200 dei 5.000 iscritti vennero arrestati per misure; ma non vennero affatto maltrattati e godevano della razione uguale al resto dei cittadini, proprio il contrario di quanto fecero poi i comunisti i quali fucilarono tutti senza distinzione.

2. Se veramente l’intenzione loro era quella di fare una rivolta come la descrissero i comunisti nei loro libelli, se loro avessero avuto l’intenzione di insorgere «colle armi alla mano» contro il «primo Stato operaio e contadino», avrebbero immediatamente non solo impedito che si asportassero dalla città viveri e munizioni, ma si sarebbero pure impadroniti dei depositi di viveri situati vicino la città, e con essi avrebbero potuto resistere più a lungo e non sarebbero soccombuti così tragicamente.

La spiegazione sia pure sommaria dei fatti che portarono e che seguirono la «rivolta di Kronstadt» ci deve avere provato come le cose stanno ben altrimenti di come i giornali bolscevichi, bolscevizzanti, e sino borghesi, andarono raccontando e come ancora si osi sostenere dopo la spietata strage compiuta e la terribile reazione che seguì questi fatti, che ebbero una ripercussione in tutta la Russia e che avevano spinto molti onesti a gridare, a protestare contro questi metodi feroci e infami, indegni d’un popolo che aveva versato il suo sangue per crearsi una vita nuova che doveva essere più umana e libera.

A protestare contro la fobia «contro-rivoluzionaria» di chi voleva e vuole dirigere ancora non solo la Rivoluzione Russa, ma tutta la Rivoluzione Mondiale, a mezzo di una mostruosa Commissariocrazia di cui l’Intemazionale Comunista sarebbe «l’embrione del Governo Mondiale» e che ha già riempito tutte le carceri russe di uomini, di rivoluzionari di tutte le correnti, di anarchici solo perché, a viso aperto, con sincerità, avevano osato denunziare la oscena menzogna del Governo che voleva chiudere per sempre queste pagina sanguinosa che macchia di sangue fraterno tutta la storia di questo grandioso avvenimento, che è la Rivoluzione Russa, — a protestare contro le scellerate e immonde calunnie con cui i carnefici spietati coprivano le grandi vittime insorsero gli anarchici di Pietrogrado e di Mosca.

E la Commissariocrazia sanguinaria «rispose colla fucilazione degli anarchici di Pietrogrado e di Mosca»! E ciò non perché essi avessero partecipato direttamente a tali avvenimenti, ma unicamente perché pubblicamente avevano deprecato i metodi governativi, solo perché avevano espresso il loro sdegno verso quegli uomini e quel Partito che calpestavano così cinicamente quelle idealità e quei programmi rivoluzionari che un giorno sventolavano e con cui andarono al Potere e che ora affogavano spietatamente nel sangue degli eroici marinai di Kronstadt e che strozzavano ora nella gola di tutti quelli che osavano ricordar loro e reclamare l’adempimento delle promesse, dei programmi e delle aspirazioni sovietiste!

Tra i rivoltosi fucilati delle giornate di Kronstadt, molti andarono fieramente e dignitosamente alla morte, gridando: «Viva il Soviet libero! Viva la Terza Rivoluzione!».

Eterni idealisti, che, pur assassinati dai bolscevichi, ancora osavano credere, sperare, che ancora speravano, avviandosi alla morte, che almeno il loro sangue servisse per insegnamento ai compagni che da tutte le parti del mondo concentravano gli sguardi sullo smantellamento di quella piccola e gloriosa roccaforte senza comprendere le ragioni profonde che avevano spinto quei marinai, quei soldati e quegli operai alla «rivolta» contro la mostruosa Commissariocrazia che distrugge la Rivoluzione nelle sue forze più vive e migliori, pur di fondare sulle sue rovine la dominazione d’una burocrazia immensa, cieca e feroce, contro cui oramai tutti i contadini della Russia sono in sorda rivolta.

La onnipotente e impotente armata di funzionari parassitari che completò la rovina economica della Russia, distruggendo e uccidendo tutte le energie e le iniziative delle altre correnti socialiste e la potenza creatrice delle masse che furono o allontanate o militarizzate, oramai cerca di consolidarsi e di perpetuarsi al Potere mediante l’appello e la collaborazione col capitale mondiale.

Quando i bolscevichi agitano lo spauracchio del «capitale mondiale» accusando tutti di essere al suo servizio, essi sanno di perpetrare una truffa all’americana ai sentimenti generosi dei rivoluzionari d’Europa e d’America.

«Essi non aspirano ad altro, che a diventare gli alleati del “capitale mondiale” per dividersi con esso lo sfruttamento delle ricchezze naturali e delle masse russe»!

In Russia, grazie ai bolscevichi, e alla dittatura del… proletariato, il capitalismo rinasce dalle sue ceneri!

Certamente, la «rivolta di Kronstadt» (se così si può chiamare questo… immenso, feroce, freddo massacro collettivo di 30.000 operai, soldati e marinai rivoluzionari che avevano fatto la Rivoluzione d’ottobre e conquistato il Potere ai bolscevichi), se essa non fu l’opera dei controrivoluzionari, delle guardie bianche, non fu neanche l’opera degli anarchici; sebbene gli anarchici dovessero sostenere da soli la terribile reazione che si scatenò su tutta la Russia, subito dopo la resa degli eroici difensori di quella piccola e gloriosa Comune di Kronstadt.

Perché occorre che tutti i lavoratori e tutti i rivoluzionari d’Europa e d’America sappiano questo fatto determinante tutta la politica sanguinaria della Commissariocrazia che va come un filo rosso dallo sterminio dell’Anarchismo in aprile 1917 alla sua repressione dopo la Rivolta di Kronstadt. La dittatura del proletariato che doveva costruire il Comunismo si trasforma — beffa sanguinosa alle fallite teorie marxiste — in una mostruosa macchina del capitalismo di Stato e privato, i cui funzionari dirigenti sono i bolscevichi. E mentre essi lanciano disperati e commoventi appelli alla borghesia interna e al capitale mondiale per collaborare colla nuova burocrazia dirigente alla restaurazione dell’economia capitalista, tutti i colpi del «pugno di ferro» della Dittatura dei Commissari sono unicamente per i rivoluzionari di tutte le scuole e persino per i comunisti dissidenti!

Così, sebbene i bolscevichi definissero la «rivolta di Kronstadt» opera di controrivoluzionari assoldati al «capitale mondiale», essi scatenavano una reazione, non contro i controrivoluzionari, e veramente reazionari, e come tali colpevoli del complotto controrivoluzionario; ma sibbene contro i rivoluzionari; non contro la borghesia; ma contro gli anarchici!

Tuttavia, essa non fu l’opera degli anarchici; anche se qualcuno o molti anarchici vi parteciparono, e lottarono coi rivoltosi, e soprattutto, presero le loro difese.

La rivolta di Kronstadt è stata spontanea e popolare. E se «qualcuno» l’ha provocata e se c’è un «colpevole», questi vanno identificati nel nuovo «metodo governativo» applicato dai nuovi dominatori e domatori degli infelici operai e contadini russi, che, fatte e vinte due Rivoluzioni, si trovano con sulle spalle una onnipotente e distruttiva Commissariocrazia.

La causa va ricercata nel sentimento rivoluzionario e libertario dei marinai di Kronstadt, che, benché soffrano da sei anni la più atroce fame, intendevano disincagliare la Rivoluzione, e darle una spinta avanti col liberare i Soviet dalla plumbea e mortale cappa di piombo della dittatura del Partito Comunista.

Ed essi erano nel loro diritto d’esigere ciò, perché molti di essi portavano ancora le ferite della Rivoluzione d’ottobre e avevano lottato su cento campi di battaglia della «loro» Rivoluzione, oramai confiscata e arenata dalla Commissariocrazia.

Fra i marinai di Kronstadt, la dittatura dei Commissari non riusci mai a spegnere il sentimento rivoluzionario. Questi eroi dalla sensibilità rivoluzionaria squisitissima (furono essi a salvare sino T. Monnej prendendo come ostaggio l’ambasciatore americano) si sentirono scossi e offesi dai metodi spicci e brutali di quegli uomini a cui loro avevano affidata la Rivoluzione, e con che essi risolvevano, sulle spalle degli operai di Pietrogrado, tutti i gravi problemi che travagliano la Russia.

All’udire il brutale trattamento fatto agli operai di Pietrogrado, essi provarono sdegno e solidarizzarono con loro, facendo loro la protesta e domandarono «la scarcerazione di tutte le vittime politiche della Commissariocrazia, libertà di parola, di stampa, di riunione e Soviet libero». Protesta iniziale spontanea e pacifica che si tramutò in rivolta solo per i metodi sanguinari e brutali applicati dai generali (già zaristi) e dal Governo dei commissari che volevano punire colla morte ogni giusta critica.

Rivolta che per la sua spontaneità assume una grande importanza e ci dimostra come non siano vere le asserzioni ufficiali bolsceviche che affermano non essere il popolo russo maturo per l’autogoverno e per il Soviet a tutta la massa e per il Comunismo.

E potremmo tirare tante illazioni logiche da questi fatti che dimostrano e provano come si sarebbe potuto salvare la Rivoluzione appoggiandola su tutto il popolo, lasciando alla libera iniziativa rivoluzionaria quella libertà costruttiva, d’azione, utile e necessaria.

Sarà per un altro articolo.

L’agonia della Rivoluzione Russa non prova altro che il fallimento, il tremendo fallimento delle teorie marxiste e autoritarie scontate sanguinosamente dai 30.000 comunardi sterminati a Kronstadt, dai contadini agonizzanti di Russia, da quelli tirannizzati d’Ukraina, da quei rivoluzionari e anarchici che marciscono nelle carceri per delitto d’opinione.

Solo una terza Rivoluzione potrebbe salvare la Rivoluzione abbattendo la sanguinaria e mostruosa Commissariocrazia.

I marinai di Kronstadt morirono gridando: Viva la Terza Rivoluzione!

Gli anarchici soffrono nelle carceri russe per aspirare alla Terza Rivoluzione.

Viva la Terza Rivoluzione!

Abbasso la Commissariocrazia «embrione del…. Governo Mondiale!».

Mosca, ottobre

(L’Avvenire Anarchico, n. 41 del 4 novembre 1921)