Rivolta permanente con la parola,
con gli scritti, col pugnale, col fucile, con la dinamite.
Per noi, è buono tutto ciò che non è legale.
P.Kropotkin,”Le Rèvolte”
(dicembre 1880)
Sgombriamo il campo, anzitutto, della flora parassitaria che vi si infittisce e rende sterili molti sforzi: equivoci, antiquate impostazioni generali, pessimismi aprioristici, pregiudizi fondati su moralismi bottegai-preteschi, ostilità dovute a miopia e ostilità dovute a un brutto calcolo d’interesse.
La formula, ”illegalismo e Propaganda con i fatti”, deve essere presa e trattata con spirito libero e con estrema spregiudicatezza. Essa non è il titolo di una nuova scienza social-rivoluzionaria. E’ il nome che nel nostro movimento si è convenuto assegnare, per comodità del discorso, alla convergenza di tutte quelle pratiche rivoluzionarie che uscendo dal terreno della legalità attaccano direttamente con mezzi esplosivi – dinamite, plastico, tritolo – tutte le istituzioni attuali e con le armi in pugno attentano ai loro rappresentanti e vari servitori, come pure armi in pugno si procacciano i mezzi per finanziare tale attività (furti,rapine,sequestri,ecc.), e difendono sempre armi in pugno la propria libertà personale dalle aggressioni mosse loro dalla sbirraglia pubblica e privata.
L’attentato, l’incendio, il saccheggio, il sabotaggio, lo scontro armato (organizzato o meno) sono parte integrante della “guerra sociale” portata avanti senza esclusione di colpi, senza più limiti precostituiti dati dall’azione rivoluzionaria.
Le ragioni del perchè, io insurrezionalista anarchico, sia partigiano dell’illegalismo e della “propaganda con i fatti “, sono date dal fatto che ritengo di stretta necessità-ieri come oggi- di fare tutti gli sforzi possibili per propagandare e diffondere “con la parola, con gli scritti, con la dinamite” l’idea rivoluzionaria dell’Anarchia e lo spirito di rivolta fra le masse dei proletarizzati. Reputo il più semplice fatto o atto di rivolta,diretto contro lo Stato,il capitale, la Chiesa e i loro innumerevoli rappresentanti e servi, che parli meglio al cuore e alla mente di ogni oppresso e sfruttato che migliaia di stampati e fiumi di parole. Inoltre, questa è la sola pratica fin qui elaborata in campo rivoluzionario che, senza ingannare nessuno,senza creare deleghe di nessuna specie, miri direttamente allo scopo,che è quello dell’attacco diretto ed esplosivo per disintegrare l’intero stato di cose esistenti. La mia è una scelta di campo e di vita,che sul terreno della globalità di ciascuno di noi implica il fatto di giocarsi la vita sulla materialità della rivolta intrapresa, senza più transazioni vissute come aspettative di un futuro sedicente paradiso terrestre.
Per non creare inutili aspettative e pericolose illusioni sono contro ogni specie di opportunismo e ogni specie di politica. Non avendo nessuna fiducia nell’efficacia dei mezzi legali e non volendo in nessun modo prendere parte alla cosiddetta vita “politica ufficiale” né a quella sedicente “rivoluzionaria”.
Quello che cerco – da solo o assieme ad altri – di mettere in pratica è esclusivamente diretto a rendere evidente a tutti che io confido unicamente nella forza materiale per abbattere la forza materiale che ci opprime,e che bisogna strappare con la forza ciò che dalla forza ci è conteso.
Rifiuto ogni confronto dialettico con la controparte, nè mi servo del suo costituzionale democratico armamentario di difesa giuridica quando mi incrimina, io – fuori come dentro le aule di qualsiasi tribunale- rivendico a viso aperto come metro di rapportazione la guerra sociale armata. Il rifiuto di stilare copiose autodifese ed altro ancora, è una logica conseguenza di questo mio modo di agire fiero, franco e intransigente di fronte al nemico. Permettetemi questa citazione “Di fronte ai poliziotti e ai giudici – diceva Victor Serge in un suo scritto del 1925 – non cedere alla tendenza inculcata dall’educazione idealista borghese di stabilire o ‘ristabilire’ la verità. Nei conflitti sociali non esiste verità comune alle classi sfruttatrici e alle classi sfruttate. Non esiste verità – né piccola né grande – impersonale,suprema, al di sopra della guerra di classe.(…) La loro verità non è la nostra. Il militante non deve rendere conto di alcuno dei suoi atti ai giudici della classe borghese [io qui aggiungi a nessuna specie di giudice], non deve alcun rispetto di una pretesa verità.(…) La verità noi la dobbiamo solo ai nostri fratelli e compagni…”.
Da quanto fin qui sostenuto, è solare che io – rispetto a quei compagni nostri ammalatisi di legalismo e giuridismo – ho fiducia esclusivamente nei nostri mezzi rivoluzionari anarchici, e su quelli in ogni circostanza confido. Al di là di tutte le chiacchiere e le polemiche intrattenute sull’argomento “solidarietà rivoluzionaria”, io penso che il primo passo da compiersi è quello che fra compagni deve vigere l’omerta più assoluta di fronte a sbirri, magistrati e media. Un altro punto è quello che unica e vera solidarietà tra rivoluzionari è quella di rendersi complici nell’azione di attacco demolitorio intrapreso contro tutte le strutture.grandi e piccole, del dominio esistente.
Rifiuto di atteggiarmi a scopritore di un nuovo modi di fare le cose, perchè i problemi che abbiamo si sono presentati sempre nella storia fin qui percorsa del nostro movimento, e le soluzioni fin qui adottata per risolverli sono più o meno le stessi di quelle adottate da chi ci ha preceduto su questa strada. Si deve dar porva di intransigenza in quel solo punto nel quale il nostro sistema d’attacco può dirsi relativamente nuovo. Ci sono problemi, difficoltà limiti, inadeguatezze di ogni specie al nostro interno, per uscirne occorre dare misura della nostra potenza di azione nel concreto di ogni situazione,avendo chiara e insindacabile l’esigenza di annientare l’autorità e tutti i suoi innumerevoli istituti di governo, di amministrazione e coercizione presenti nel sociale. Non esistono a questo proposito ricette pronte all’uso,ma ci si può dare la possibilità di potervi pervenire nel migliore dei modi. Per questo ritengo indispensabile che all’interno del nostro movimento ci sia la totale libertà di critica,di azione e di associazione.
La totale libertà di critica significa che ogni singolo compagno – associato o meno – deve poter dire, quale che ai la circostanza,l a sua liberamente, vale a dire senza abbia a subire preventive censure, malcelate pressioni o minacce da parte di chiunque, questo perche si deve mettere fine al fatto che ci creino capi, capetti e gregariato vario, e si affermi senza infingimenti ideologici formali e informali la concreta libera autonomia individuale del singolo, responsabile solo di fronte alla propria coscienza,quindi totale rispetto della sovranità dell’individuo. Alle critiche, fossero pure le peggiori e velenose di questo mondo,si risponde con l’argomentazione o non si risponde affatto,altro discorso è invece la calunnia e via discorrendo. Io qui tengo fermo il principio che tra compagni si deve sempre discutere,avendo chiaro che chi tira calci prende calci.
La totale libertà di azione verte sul fatto che nessuno può mettere veti e limiti all’azione di un altro compagno, come pure stabilire – salvo che per lui stesso – quel tipo di azione che si crede meglio rispetto ad altre. Per cui, il tipo di azione che uno adotta vale per tutti quelli che la condividono, tutti gli altri saranno sempre anarchicamente liberi di fare e adottare quelle che credono più rispondenti e opportune alle proprie esigenze.
Questa è da sempre la caratteristica prassi di rapportazione anarchica: basata sempre sul rispetto assoluto dell’autonomia individuale ed il rifiuto totale da parte del singolo di farsi assoggetare ad idee e pratiche che non sente come proprie.
Ciò che è insurrezionalismo anarchico da ciò che non lo è, per me non lo stabilisce certo l’elucubrazione teorico-intellettualistica di questo o quel compagno che ama ritenere se stesso il massimo dell’anarchismo insurrezionalista, nè quanto si scrive oggi in molti nostri giornali, ma solo ciò che emerge dalla pratica messa in atto nel concreto della guerra sociale intrapresa.
Si possono avere progetti insurrezionalisti anarchici basati sulle piccole azioni come pure su quelle più grandi e spettacolari, come pure si può essere per l’azione in “ordine sparso” e senza organizzazione,come pure all’inverso ci può essere chi pensa utile e indispensabile dotarsi di organizzazione specifica armata.
Dire ad un compagno: ”Tu non hai un progetto”, o altre scemenze del genere per il solo fatto che questo non segue le tue indicazioni, rivela una sorta di mania monopolistica e dirigistica che afflige molto di coloro che fanno queste affermazioni.
Per me, non sono mai esistiti livelli, nè precostituiti limiti da darsi all’azione insurrezionalistica che portiamo avanti. Chi, sotto il pretesto dell’efficacia o di altro, vorrebbe uniformare gli altri al suo modi di vedere la lotta rivoluzionria, bisongna rispondergli: “ No,grazie!Per oggi faccio a meno della tua lezione di ‘scienza rivoluzionaria’.Preferisco sbagliare da solo,come pure pagare da solo i miei errori”:
Libertà totale di associarsi come meglio si crede. Ritengo l’associarsi necessario, utile ed indispensabile. Ma, l’associazione fra noi,deve prodursi come manifestazione di esigenza spontanea, fraterna, che avviene tra indivualità che si scoprono in tante cose affini, per scopi ben definiti, sempre revocabile e sempre ricostruibile; associazione su basi e prassi essenzialmente e permanentemente antiautoritarie e inssurezzionaliste, con il più libero accordo,nella più sovrana autonomia dei singoli e senza nessun impedimento reciproco. Mai organizzazione codificata o informalmente monopolista e negatrice di altre forme di organizzazone anarchica.
L’etica come l’intendo io, non è morale, nè immorale, ma puramente AMORALE, è cioè al di sopra e al di fuori di quella cerchia che si vuole porre come limite circoscritto alle idee di “unici”.
Per concludere, non faccio parte di nessuna congrega “ufficiale” o informalizzata che dir si voglia. Il resto lascio a voi giudicare.
PierLeone Mario Porcu