Cena di primavera a sostegno dei prigionieri in lotta (lettera di Bahar-dicembre 2013)

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Festeggeremo la liberazione del compagno Bahar che dedica questa cena ai compagni in carcere in Italia.

Il compagno turco/belga Bahar Kimyongur, dopo il suo arresto, avvenuto il 21 novembre 2013 e l’obbligo di dimora nella città di Massa che lo hanno costretto a stare lontano dal proprio paese e dalla sua famiglia per 111 giorni, è potuto ritornare finalmente libero nel proprio paese, il Belgio. Era giunto in Italia per partecipare a degli incontri pubblici sulla situazione in Medio Oriente. Bahar Kimyongur è da molto tempo impegnato nell’opposizione alle politiche del regime turco, sopratutto rispetto alla repressione sul fronte interno e all’espansionismo sul fronte esterno, nell’area mediorientale. Attualmente attivo contro l’ingerenza in Siria, condotta per procura – armando i cosiddetti “ribelli” – e direttamente dalle potenze della Nato, Turchia in primis, da Israele e dai regimi arabi reazionari (Arabia Saudita, Qatar, Giordania…), era stato arrestato su mandato di cattura internazionale richiesto dalla Turchia.

La mobilitazione solidale per la sua libertà ha attraversato diverse città d’Italia.

La cena di venerdì era prevista all’interno della campagna di sottoscrizione per sostenere la sua permanenza forzata in Italia.

Rilanciamo l’appuntamento, l’incasso verrà devoluto a sostegno dei prigionieri in lotta in Italia

 

Organizza: Collettivo Cordatesa
Comitato Ricordare la Nakba

Contatti

Venerdì, 21 Marzo 2014 Ore 20.00

Panetteria via Conterosso, 20 Lambrate – Mi

http://www.pane-rose.it/files/index.php?c5:o5878

Bahar: lettera dal carcere di Bergamo

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Pubblichiamo una lettera che Bahar Kimyongur ha scritto mentre era detenuto nel carcere di Bergamo. Bahar è stato arrestato a Milano il 21 novembre sulla base di un vecchio mandato turco. Il giornalista, lo ricordiamo, ha denunciato il governo di Erdogan più volte, raccontando la situazione tragica e le torture subite dagli oppositori politici nelle prigioni turche e di come Ankara abbia mandato terroristi in Siria per fomentare la guerra. Per questo Erdogan vuole farlo tacere.

di Bahar Kimyongur

Dopo l’Olanda, il Belgio e la Spagna, tocca all’Italia aprire le porte di ferro del carcere e richiuderle immediatamente, questa stessa Italia dove ho soggiornato quaranta volte senza aver avuto la minima preoccupazione, nonostante il mandato di cattura internazionale emesso dieci anni fa da un tribunale di Ankara.

In Olanda il mio arresto è avvenuto quando mi sono messo a guidare sull’autostrada, nella periferia de L’Aia. In Belgio, dove ho subito un inutile e costoso processo penale che ha avvelenato quattro anni della mia vita, il percorso è stato più convenzionale: dal tribunale di Gand al carcere di Gand. In Spagna, invece, la polizia era nettamente più ispirata. Sono stato, infatti, arrestato all’interno della Cattedrale di Cordoba mentre ero con mia moglie e i miei due figli.

In Italia le unità della Digos mi hanno prelevato all’aeroporto di Orio al Serio pochi minuti dopo l’atterraggio del mio aereo, che era partito da Charleroi. Alcuni ufficiali italiani mi hanno poi portato al carcere di Bergamo, dove sono rinchiuso da dieci giorni in condizioni disumane.

Con questa catena di arresti, le autorità turche sperano di intimidirmi, di scoraggiarmi, di indebolirmi finanziariamente e di far dubitare di me tanti amici e colleghi che mi sostengono. Per quanto possa essere banale, la privazione della libertà non è più sopportabile di una punizione violenta, perché le prime vittime sono le famiglie, soprattutto i bambini.

I miei figli, che hanno 3 e 5 anni, capiscono molte cose. Ma non possono capire o accettare che il loro padre, che cerca di insegnare loro le regole della vita in società, i valori umani quali l’onestà, la giustizia, l’amore e la solidarietà, venga costantemente punito a causa dei suoi scritti. Anche gli adulti non riescono a capire un tale accanimento. La sensazione d’ingiustizia che si apre, come una voragine, nel cuore dei miei figli per colpa della sfortuna folle e irrazionale che accade loro non può che causare loro gravi lesioni psicologiche.

Sarebbe troppo facile tirare pietre contro il solo regime turco ed esonerare gli Stati Europei “vittime” di semplici errori amministrativi. Il mondo ha visto la ferocia della polizia di Erdogan durante la rivolta di piazza Taksim scorsa estate. Tutta l’Europa si è indignata. Questo non ha impedito alle polizie europee di svolgere il compito di giannizzeri del Sultano Erdogan.

A che giova essere giudicato innocente dalla giustizia europea se le forze di polizia europee si mettono agli ordini del regime neo-ottomano e calpestano le decisioni di questo organo? Perché un giudice italiano m’impedisce di viaggiare quando me l’ha permesso un giudice spagnolo? Com’è possibile che un’organizzazione come l’Interpol si possa collocare al di sopra della legge ed essere fuori controllo? Che diritto ha l’Interpol di convertire una segnalazione arbitraria e ingiusta in ergastolo? Com’è possibile che un regime che ogni giorno accoglie ad Ankara battaglioni interi di terroristi che uccidono il popolo siriano, è considerato un partner dell’Europa nella lotta contro il terrorismo?

Le mie disavventure hanno avuto almeno il merito di far luce su alcuni lati oscuri delle nostre democrazie. Ringrazio, con tutto il cuore, le migliaia di amici sui quali posso sempre contare, nei momenti buoni e nei tempi difficili, e che si sono ancora una volta mobilitati per sostenere la mia famiglia e tenere alta la bandiera dei nostri ideali comuni.

Bahar: lettera dal carcere di Bergamo