Era il 1904 con l’infamia e la calunnia i marxisti denigravano gli anarchici, da li a poco quelle stesse pratiche furono adottate anche dagli anarchici comunisti … Ma questa è un altra storia……..
Chi oserebbe ancora dubitarne? Da Carlo Marx a Guglielmo Liebknecht i quali al congresso di Basilea (Settembre 1869) disseminavano con velenosa insinuazione tra i delegati dell’Internazionale che Michele Bakounine era un agente del governo russo (1), giù, giù, fino a Giorgio Plechanow il fornitore delle forche imperiali, giù fino a Gabriele Deville ve
nduto alla pagnotta, giù fino a Camillo Prampolini denunziatore di Vittorio Pini, giù fino all’ultimo scagnozzo dell’ultima sinagoga legalitaria non v’è socialista che si rispetti e voti il quale, abbandonato sugli scalini dell’Olimpo o lasciato a mezza via della sua corsa alla cuccagna, non abbia vomitato e non vomiti che gli anarchici sono fratelli siamesi dei capitalisti (2), che fanno il giuoco della borghesia (3), che servono la causa della reazione (4); che l’ideale anarchico spuntato sulla groppa del manchesterianismo borghese (5), concorda completamente colle tendenze della società capitalistica (6), e chi più ne ha più ne metta.
Gli anarchici fanno il giuoco della borghesia: chi oserebbe ancora dubitarne dopoché l’hanno detto Marx e Liebknecht, Plechanow e Deville, Turati e Prampolini?
La storia, veramente, anche quella scritta .. . un dì da Filippo Turati non ancora onorevole né riformista dell’ordine giolittiano, insinua che Michele Bakounine condannato a morte dopo la rivoluzione di Dresda imprigionato per sette anni nella fortezza di S. Pietro e Paolo, poi deportato in Siberia e spogliato di tutti i suoi beni, poi evaso e rituffato nell’immane corrente dell’Internazionale, travolto dai moti lionesi del 1870 e nel lentativo insurrezionale di Bologna (1874) non visse che nell’azione, non servì che all’ azione, ignorando il lusso e le convenienze pigmee della vita in assoluta abnegazione dell’io e lo saluta maestro tra i socialisti sperimentali e positive (7).
Ma che monta! Turati è rinsavito e non riscriverà l’apologia di Bakounine, un pecca to giovanile: la storia sonnecchia negli scaffali polverosi sacra all’oblio e alla sordina, Marx trionfa e sui sacrileghi che osino ribellarsi alla parola del profeta: anathema sit!
Bakounine è una spia.
La storia recente, quella di avant’ieri, quella di tutti i giorni registra insurrezioni e rivolte periodiche di ventri vuoti e di spiriti liberi sulle cui fronti è passato sobillatore il soffio dei tempi nuovi.
Gli anarchici in prima fila, alle barricate d’avamposto propizino alle primavere sacre della redenzione colle loro giovinezze più pure, col loro sangue migliore, lasciandovi, come a Xerres, sotto la stretta oscena cella garro ta la pelle, lasciando come a Montjuich od a Santo Stefano, tra i tormenti, la carne e il cervello, la ragione e la vita, senza invocare le palme del martirio paghi d’aver dato alla lotta terribile che s’accende ogni giorno più spietata tra sfruttati e sfruttatori, tra oppressi e oppressori, tra proletari e borghesi più che la chiacchera astuta e vischiosa, più che l’intrigo e la viltà.
Che monta? “Gli anarchici sono i fratelli siamesi dei capitalisti”, l’ha detto Prampolini e sui sacrileghi che osino ribellarsi alla parola del profeta: anathema sit! Allargo, apollaiati sui gradi alti del Circo, girando l’occhio lenone ed il sorriso lusingatore sui vincitori, sui carnefici, sui beccai, trinciando le scomuniche rumorose ed invereconde sulle vittime e l’anatema salariato sugli impulsivi, sui degenerati sui delinquenti della piazza e sui morenti nell’arena, è tutto lo sciame dei furbi pronti a rovesciare sui confessori della loro fede l’abiura cinica, la distinzione alfonsina, la bava degli esorcismi astuti e dei vituperi studiati, pronti a stringere al boia, lì, sui morti insepolti, la destra caina, pronti a stringere sul collo dei vinti superstiti il cilicio delle leggi d’eccezione, delle deportazioni in blocco, dei secoli di galera che faccian tabula rasa degl’indocili i quali sono all’ordine pubblico ed alla circoscrizione elettorale un’insidia e una minaccia perpetua.
Prampolini e Ferri danno alle leggi eccezionali del Crispi il benvenuto; Millerand abbracciando Gallifet ribadisce della sua sanzione socialista le leggi scellerate, Wandervelde vende agli accaparratori i minatori del Belgio, Turati rifiuta a Bresci il suo patrocinio d’avvocato e guaisce sulla tomba d’Umberto l’epicedio servile e copre della sua giornea socialista le prevaricazioni giolittiane, e Gabriele Deville recita in marsina alla regina d’Italia i suoi madrigali cortigiani mentre Paolo Iglesias e Garcia Queiido fanno intorno agli scioperanti catalani il vuoto, il digiuno e l’abbandono.
Che monta? gli anarchici sono fratelli siamesi dei capitalisti, fanno il giuoco della reazione, servono la causa della borghesia. L’han detto Plechanow e Denville, Prampolini e Turati e sui sacrileghi che osino ribellarsi alla parola dei profeti: anathema sit!
Ebbene no! Per una volta tanto se non ci cantano l’osanna ci commiserano.
A Reggio Emilia “l’Associazione del bene economico,” un covo di bottegai, di negrieri, di strozzini, di uccellacci di rapina in lotta, per la conquista del Comune, colle Sezioni del partito socialista avrebbero visto con piacere che gli anarchici attivassero la loro propaganda antielettorale contro i socialisti emiliani, lasciando anzi capire che avrebbero ave d’uopo favorito dai congrui mezzi finanziari una turneé del Gori nel Collegio.
I compagni nostri, che non vanno a scuola di sincerità politica né dal Prampolini né dal Turati, respinta sdegnosamente l’oscena proposta hanno pubblicato un manifesto in cui inchiodano alla gogna i forcaioli turpi del Bene Economico e pur rivendicando intera la loro attitudine di “astensionisti in modo assoluto di qualsiasi elezione che miri alla conquista dei pubblici poteri” hanno scritto al compagno Gori di guardarsi dai tiri ruffiani degli armeggioni e di mettere in quarantena qualsiasi invito potesse eventualmente provenirgli dal collegio di Reggio Emilia.
L’attegiamento franco e sincero dei compagni nostri di Reggio Emilia è superiore ad ogni encomio e noi li felicitiamo di gran cuore: la sua serena obbiettività che non si ispira alle mutabili opportunità dell’ora ma trae la sua forza da maturità e convinzioni e di coscienza non toglie però che nel momento presente torni a scorno delle coalizioni borghesi a vantaggio della Sezioni socialiste del Reggiano a favore delle quali sposta simpatie feconde e fatalmente efficaci.
Onde è che per una volta tanto i corrispondenti prampoliniani dell’Avanti! illustrando la protesta dei nostri compagni di Reggio trovano che invece di essere i fratelli siamesi dei capitalisti noi ne siamo le vittime!
Per una volta tanto! Ma è facile da questo primo esperimento sondare la moralità, la sincerità e l’onestà della critica che il socialismo pinzochel’o muove contro l’anarchismo rivoluzionario. Noi, i fratelli siamesi dei capitalisti, saremmo ottimi figlioli, santi da incastonare per le nicchie delle sacrestie socialiste se volessimo di quanto in quanto comprendere che è nell’interesse della civiltà e della rivoluzione conservare la diocesi e il pastorale a sua eminenza Camillo Prampolini, la parrocchia, la prebenda e le decime ai suoi abati e parroci e scagnozzi e sacrestani e … andassimo per la sua maggior gloria a votare.
Ma noi vogliamo fare da noi e poiché (senza curarci di approfondire se, contro la nostra volontà, l’attegiamento nostro possa tornare a loro di vantaggio o di danno) persistiamo nella fede e nell’azione che meglio risponde alle nostre aspirazionii emancipatrici, i cugini ripeteranno domani , pur sapendo di servire soltanto alla menzogna, all’infamia ed alla questura, che noi serviamo la reazione, facciamo il giuoco della borghesia e siamo fratelli siamesi dei capitalisti,
Ma la maschera vi va giù, il tempo le toglie l’intonaco di biacca e di carmino, la prima raffica ve la strapperà dal ceffo osceno, gesuiti!
G. Pimpino
1) Memorie de la Federation ]urassienne; pago 84 e 242. Sonvillier, 1873.
2) L’insurrezione e il Partito Socialista; pago 11. Milano, 1899.
3) L’anarchismo; pago 16. Altamura, 1899.
4) Anarchismo e socialismo; pago 92. Milano, 1895.
5) Id. pago 80.
6) Id. pago 75.
7) Filippo Turati nello Sperimentali di Brescia, gennaio-febbraio 1887.
2) L’insurrezione e il Partito Socialista; pago 11. Milano, 1899.
3) L’anarchismo; pago 16. Altamura, 1899.
4) Anarchismo e socialismo; pago 92. Milano, 1895.
5) Id. pago 80.
6) Id. pago 75.
7) Filippo Turati nello Sperimentali di Brescia, gennaio-febbraio 1887.
Da Cronaca Sovversiva, a. Il, n. 29, 16 Luglio 1904, p. 1.