The 29th of November has been set as our court date for the double robbery in Velvedo Kozani. The trial will take place in the female section of Koridallos prisons and not -as it was first announced to us- at the Appellate on Loukareos street. The courtroom, this sacred brothel of justice, was always the space where the ruling class -authority- had to prove its dominance against the “illegals” of this state.
This is why the matter of solidarity its a permanent pain, when it appears in the cases of anarchists, and the cops of every category, riotcops, plainclothed cops, anti-terrorist cops, rush to fill the court rooms in an attempt to obstruct its expression. However because of the failure of these practises and with an evident stress about how “safe” the transfers will be (from the prisons to the courts) of a large number of anarchists, they found the solution to both problems with the special court rooms (two for now) which are inside the female prisons. It is obvious that the change of court rooms from the Appellate to the prisons was a result of combining both of those reasons. On one side the minimal possible exposure at a transfer level and on the other the registering of all the solidarians who will chose to go into the court room.
For us the room does not make the difference, the court is a hostile ground whether its in the prisons, or the hanging gardens of Babylon. And if the tactic of registering obstructs the presence of comrades inside the room, no one and nothing can stop the strength we take from the voices and chants when they penetrate the prison walls and the metal plates in the cop van. A gathering outside the courts can break the isolation they seek.
Besides, for us revolutionary solidarity is not limited to events of support associated with a court room. Anyway the court is nothing but the space where the enemy validates its victory, is the mechanism of assimilation of repressive violence in democratic ideology. Especially in our case there is no alleged “pressure” towards the judges for lighter sentences. The decisions are pre-determined. And this is not what we are interested in, since we have a hostile relation with the judges not because they target us, but because their job is to crush people under the boot of state authority.
Solidarity is a continuous relationship. Its forms of expression vary and meet its meaning as moments of attack on the system of authority and obviously a gathering at the courts can be one more such moment for whoever feels like it, but it is neither a presupposition nor the only moment in solidarity. And mainly, solidarity with imprisoned revolutionaries is not a statistic which is stired up by actuality, it is a need, an emotion, it is the realization of the community of the struggle, with whatever means each comrade choses to express their solidarity, either with their presence outside the court room, or choosing to attack representations of dominace cecause of our trial.
Closing, we want to make it clear to all that COMRADELY RELATIONS that unite us, our common visions for freedom, the dreams we contrive together will never be indermined by any kind of division concerning the attitude towards the court or even the different charges against us. The fact that some of us will have lawyers in this trial for example, while others will not, that some have taken the responsibility for the robbery while others have not, are not reasons to divide the community of struggle which keeps us standing behind the walls.
In this court the essence is in that the state and its mechanisms try anarchist adversaries of the system, their opponents. It is of less importance how they will make sure to keep us hostage as long as possible (see charges).
Their main concern is our condemnation as ENEMIES of the system. From our side we do not recognize any dipole of innocence-guilt (not in this or in any trial of anarchist fighters). We are guilty for their world, guilty for their “innocence”. Our thoughts and heart are next every attempt which tries to fight authority.
RAGE AND CONSCIENCE
Fivos Harisis
Argiris Dalios
Giannis Mihailidis
Dimitris Bourzoukos
Dimitris Politis
Nikos Romanos
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Grecia: Lettera dei compagni accusati per la doppia rapina a Velventos-Kozani
Il 29 Novembre 2013 inizierà il processo per la doppia rapina a Velventos-Kozani. Si terrà nella sezione femminile del carcere di Koridallos (e non -come annunciato all’inizio- nel tribunale sulla via Loukareos). L’aula, sacro bordello della giustizia, è sempre stata lo spazio dove la classe dominante – l’autorità – ha dimostrato il suo dominio sugli “illegali” di questo stato.
Ecco perché la questione della solidarietà è un fastidio permanente, nel caso degli anarchici, e i poliziotti di ogni categoria, antisommossa, in borghese, antiterrorismo, si affrettano a riempire le aule nel tentativo di ostacolarne l’espressione. Comunque visto il fallimento di queste pratiche e con l’evidente interesse di rendere “sicuro” il trasferimento (dal carcere al tribunale) di un nutrito gruppo di anarchici, hanno risolto entrambi i problemi grazie alle aule speciali (due per ora) dentro la sezione femminile. E’ ovvio che il cambio di sede è il risultato di entrambi i motivi. Da un lato il minimo rischio a livello logistico e dall’altro la registrazione di tutti i solidali che vorranno entrare.
Per noi la sede non fa differenza, l’aula è un territorio ostile, che sia in prigione o nei giardini pensili di Babilonia. E se la tattica di registrare ostacola la presenza dei compagni in aula, niente e nessuno può fermare la forza che avremo dal sentire le voci e le urla che entreranno oltre le mura della prigione e i furgoni blindati. Un presidio fuori dal tribunale può rompere l’isolamento che vogliono realizzare.
Inoltre, per noi la solidarietà rivoluzionaria non si limita ad eventi di supporto in occasione delle udienze. La corte non è altro che lo spazio dove il nemico convalida la propria vittoria, è il meccanismo di assimilazione della violenza repressiva nell’ideologia democratica. Soprattutto nel nostro caso non ci sarà la solita “pressione” sui giudici per avere sentenze più favorevoli. Le decisioni sono predeterminate. E questo non ci interessa, dato che abbiamo una condotta ostile verso i giudici non perché ci prendono di mira, ma perché il loro lavoro è distruggere le persone sotto lo stabile dell’autorità statale.
La solidarietà è una relazione continua. Le sue forme di espressione sono varie e trovano concretezza nei momenti d’attacco al sistema e ovviamente un presidio può essere uno di questi momenti per chi vuole farlo, ma non è un presupposto o l’unico momento per la solidarietà. E soprattutto, la solidarietà con i rivoluzionari prigionieri non è una statistica dettata dal momento, è un bisogno, un’emozione, è la realizzazione di una comunità di lotta, con ogni mezzo scelto dai compagni per esprimere la propria solidarietà, sia con la presenza fuori dall’aula o con l’attacco alle rappresentazioni del dominio coinvolte nel nostro processo.
In chiusura, vogliamo chiarire che tutte le RELAZIONI TRA COMPAGNI che ci uniscono, la nostra comune visione della libertà, i sogni che condividiamo non saranno mai incrinati da qualsiasi tipo di divisione riguardo alla gestione del processo o dalle diverse accuse a nostro carico. Il fatto che alcuni di noi avranno gli avvocati ad esempio, mentre altri no, che alcuni rivendicheranno la partecipazione alla rapina ed altri no, non sono motivi per dividere la comunità di lotta che ci tiene uniti dietro le sbarre.
In questo processo l’essenza è nel fatto che lo stato e i suoi meccanismi mettono alla prova gli anarchici avversi del sistema, suoi oppositori. E’ meno importate come essi cercheranno di tenerci prigionieri il più a lungo possibile (vedi le accuse).
Il loro interesse principale è la nostra condanna come NEMICI del sistema. Dal nostro lato non riconosciamo la dicotomia innocente-colpevole (in questo e in qualsiasi processo a carico di combattenti anarchici). Siamo colpevoli per il loro mondo, colpevoli per la loro “innocenza”. I nostri pensieri e i nostri cuori sono vicini ad ogni tentativo che cerca di combattere l’autorità.
RABBIA E CONSAPEVOLEZZA
Fivos Harisis, Argiris Dalios, Giannis Michailidis, Dimitris Bourzoukos, Dimitris Politis, Nikos Romanos
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Grèce : Lettre des six compagnons accusés du double braquage de Kozani/Velvendo en vue de leur procès le 29/11/13
NdNF : La date du procès pour le double braquage de Velventos/Kozani est fixée au 29 novembre 2013. Au début, le procès devait avoir lieu à la cour d’appel d’Athènes. Cependant, le lieu du jugement a été déplacé il y a peu dans une salle spéciale à l’intérieur de la prison pour femmes de Koridallos, étant donné que les accusés Andreas-Dimitris Bourzoukos, Dimitris Politis, Nikos Romanos, Yannis Michailidis (connus comme les “quatre de Kozani”), ainsi que Fivos Harisis et Argyris Ntalios (arrêtés à Nea Filadelfeia [quartier d’Athènes]) sont jugés sous juridiction antiterroriste pour “braquage dans le cadre d’une organisation criminelle” (article 187A du code pénal grec). Les six compagnons sont accusés d’avoir perpétré un braquage à main armée en tant que membres supposés du groupe Conspiration des Cellules de Feu, ce dont ils se sont défendus, tout en revendiquant la responsabilité des braquages pour certains d’entre eux, et leurs convictions anarchistes. Voici la traduction d’une lettre signée par les sept compagnons. Plus d’informations en français sur cette affaire ici.
Le 29 Novembre a été fixé comme date de notre procès pour le double braquage de Velvendo, Kozani. Le procès aura finalement lieu dans la prison pour femmes de Korydallos et non, comme cela nous avait été annoncé, à la cour d’appel de Loukareos. La cour, ce bordel sacré de la justice, a de tout temps été l’espace où la classe dominante, l’autorité, se doit de prouver sa domination contre les « illégaux » de cet Etat. C’est pourquoi la question de la solidarité qui apparaît dans le cas des anarchistes est pour elle un cauchemar permanent et que les flics de toutes catégories, CRS, flics en civil, flics anti-terroristes, se précipitent pour remplir les salles d’audience et ainsi peut-être empêcher son expression. Toutefois, face à l’échec de ces pratiques et avec une angoisse évidente quant à la « sécurité » des transferts (des prisons aux tribunaux) d’un grand nombre d’anarchistes, ils ont trouvé la solution à ces deux problèmes avec les chambres des tribunaux spéciaux (deux pour l’instant) qui sont à l’intérieur de la prison pour femmes.
Il est évident que le changement de salles d’audience de la cour d’appel à la taule a été le résultat de la combinaison des deux raisons ci-dessus. D’un côté, l’exposition la plus minimale possible au niveau du transfert et de l’autre, le fichage de tous les solidaires qui choisiront d’entrer dans la salle.
Pour nous, la chambre ne fait pas la différence, le tribunal est un terrain hostile, qu’il soit situé dans une prison ou dans les jardins suspendus de Babylone. Et si la tactique du fichage limite la présence de compagnons à l’intérieur de la chambre, rien ni personne ne peut stopper la force que nous prenons des voix et des chants quand ils pénètrent dans les murs de la prison et les plaques de métal des bus de flics. Un rassemblement à l’extérieur des tribunaux peut participer à briser l’isolement qu’ils recherchent. D’autre part, la solidarité révolutionnaire ne se limite pas pour nous à des manifestations de soutien devant les tribunaux. La cour n’est en outre rien d’autre que l’espace où l’ennemi valide sa victoire, elle est le mécanisme de l’assimilation de la violence répressive et de l’idéologie démocratique. Tout particulièrement dans notre cas, il n’y a pas de prétendues « pressions » sur les juges pour obtenir des peines plus légères.
Les décisions sont prédéterminées. Et ce n’est pas ce qui nous intéresse, parce que nous avons une relation hostile avec les juges non pas parce qu’ils nous visent nous, mais parce que leur travail consiste à écraser les gens sous la botte du pouvoir d’Etat.
La solidarité est une relation constante. Ses formes d’expression varient et rencontrent tout leur sens en tant que moments d’attaque contre le système du pouvoir, et de toute évidence un rassemblement devant la cour peut être un de ces moments pour celui qui le ressent tel quel, mais ce n’est ni une présupposition ni le seul moment de la solidarité.
Et surtout, la solidarité avec les révolutionnaires emprisonnés n’est pas une statistique qui est suscité par l’actualité, c’est un besoin, une émotion, c’est la prise de conscience de la communauté de lutte, quel que soit le moyen que chaque compagnon choisit pour exprimer sa solidarité, que ce soit par sa présence en dehors de la salle d’audience, ou en choisissant d’attaquer les représentations de la domination en vue de notre procès.
Enfin, nous voulons qu’il soit clair pour tous que les LIENS DE COMPAGNONS qui nous unissent, nos visions communes de liberté, les rêves que nous construisons ensemble ne peuvent être sapés par aucun genre de discorde concernant l’attitude à adopter envers la cour ou envers les accusations différentes portées contre nous.
Le fait que certains d’entre nous auront des avocats durant ce procès, par exemple, tandis que d’autres n’en auront pas, que certains ont pris la responsabilité pour les braquages et d’autres non, ne constituent pas des raisons pour diviser la communauté de lutte qui nous maintient debout derrière les murs.
L’essence même de cette cour se trouve dans le fait que L’Etat et ses mécanismes jugent des adversaires anarchistes du système, des opposants à celui-ci. Il est d’une importance moindre de savoir comment ils feront en sorte de nous garder en otage aussi longtemps que possible (cf. les accusations). Leur principale préoccupation est notre condamnation comme ENNEMIS du système.
De notre côté, nous ne reconnaissons aucun dipôle innocence/culpabilité (ici comme dans tout procès de combattants anarchistes).
Nous sommes coupables pour leur monde, coupables pour leur « innocence ».
Nos pensées et nos cœurs sont à côté de toutes les tentatives de combattre l’autorité.
Rage et conscience.
Fivos Harisis
Argyris Dalios
Giannis Michailidis
Dimitris Bourzoukos
Dimitris Politis
Nikos Romanos
[Traduit du grec par nos soins.]
http://www.non-fides.fr/?Lettre-des-six-compagnons-accuses