Pubblichiamo qui sotto un breve comunicato degli amici del collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa, autori dell’interessante libro intitolato “Elettroshock: la storia delle terapie elettroconvulsive e i racconti di chi le ha vissute” che trovate scaricabile in fondo al post. Si tratta di un notevole lavoro che dimostra ancora una volta come il pregiudizio psichiatrico costituisca ancora oggi un potente quanto violento strumento di controllo sociale e repressione da parte dello Stato.
Il Collettivo Antipsichiatrico di Pisa “Antonin Artaud”
Nato nel 2005, il collettivo si propone come gruppo sociale che, costruendo occasioni di confronto e di dialogo, vuole sostenere le persone maggiormente colpite dal pregiudizio psichiatrico. Il Collettivo si riunise il martedi, a Pisa, con cadenza settimanale. Il nostro impegno consiste, innanzitutto, nell’osservazione e nell’analisi del ruolo sempre più ingombrante che la psichiatria si vede riconoscere all’interno della società, ponendo particolare attenzione alle modalità e ai meccanismi attraverso i quali essa si espande sempre più capillarmente e trasversalmente. Questo lavoro di analisi e di denuncia è accompagnato da iniziative volte alla diffusione di cultura antipsichiatrica come, ad esempio, la presentazione di libri, opere teatrali, film, video, incontri e dibattiti. Oltre a questo siamo dotati di un telefono cellulare dedicato alle persone che hanno la necessità di contattarci in caso di emergenza psichiatrica o semplicemente per confrontarsi, avere dei consigli o essere ascoltate. Allo stesso modo veniamo contattati da diverse persone attraverso il nostro indirizzo email. Riteniamo fondamentale avere sempre presente i due diversi piani su cui si fonda la nostra attività.
Un piano è innanzitutto quello politico, attraverso le forme che sono proprie del collettivo, mentre l’altro è quello della relazione e del sostegno alle persone che richiedono il nostro aiuto. È nel piano della lotta politica che possiamo portare avanti le nostre istanze, misurarci con le nostre forze ed eventualmente raggiungere degli obiettivi. Riguardo invece il sostegno diretto alle persone che ci contattattano, possiamo dire che solitamente è azione di informazione riguardo ai trattamenti in corso, le loro conseguenze e i loro effetti collaterali, unita spesso alla denuncia degli abusi ai diritti dei pazienti stando alle poche garanzie che la Legge Basaglia prevede.
“Elettroshock”
In relazione ad entrambi i nostri piani di intervento abbiamo scritto e pubblicato un saggio socioanalitico. Il libro si intitola “Elettroshock: la storia delle terapie elettroconvulsive e i racconti di chi le ha vissute”. Propone un viaggio nella storia delle shock terapie, che precedono e accompagnano l’applicazione della corrente elettrica al cervello degli esseri umani, per provocare uno shock, ritenuto appunto “terapeutico”. Ripercorrendo la storia dell’elettroshock (dal 1938, anno della sua invenzione, fino alle vicende più attuali come la dichiarazione di incostituzionalità nei confronti dei tentativi di vietare tale pratica) si cerca di mettere in luce quei meccanismi che hanno garantito la sopravvivenza della terapia elettroconvulsiva nel corso dei decenni. Documentiamo come l’elettroshock non sia un metodo desueto, ma tutt’ora utilizzato in Italia dove viene praticato in più di novanta strutture pubbliche e private. Per sfatare il mito che le shock terapie, comprese quelle elettroconvulsive, siano barbarie di altri tempi, proponiamo le testimonianze di persone in carne ed ossa, vive e vegete, che sono state sottoposte all’elettroshock.
Questo lavoro vuole essere soprattutto uno strumento per ampliare la riflessione e il confronto sul delicato tema dei metodi terapeutici ai quali le persone, soprattutto quelle vittime di etichette psichiatriche, vengono costrette, il più delle volte senza esserne nemmeno informate. Siamo partiti raccogliendo le narrazione di persone che hanno subito questa terapia; l’ascolto e la lettura di queste testimonianze ci ha permesso di capire come la psichiatria utilizza questo dispositivo; cioè senza il consenso informato, per cancellare la memoria, come punizione e tortura.
E soprattutto abbiamo concluso lasciando aperte alcune questioni: perché questo trattamento medico, utilizzato in passato come metodo di annichilimento dell’umano, come strumento di tortura, come mezzo repressivo contro la disobbedienza, non viene dichiarato superato dalla storia? È sufficiente l’introduzione della anestesia totale per rendere più umana e dignitosa e legittima la sua applicazione? Possono dei benefici temporanei, che per avere effetto devono comunque essere accompagnati dall’assunzione di psicofarmaci, essere un valido motivo per usare questo trattamento? Si possono ignorare gli effetti negativi dell’elettroshock?
Ci teniamo a ribadire che nonostante le vesti moderne l’elettroshock rimane una tortura, una violenza, un attacco all’integrità psicologica e culturale di chi lo subisce. Insieme ad altre pratiche psichiatriche, l’elettroshock è un esempio, se non l’icona, della coercizione e dell’arbitrio esercitato dalla psichiatria. La nostra attività collettiva, diretta alla difesa dei diritti umani all’interno dell’istituzione psichiatrica, attualmente prosegue la sua battaglia proprio contro quelle forme coercitive come il TSO (trattamento sanitario obbligatorio), e per l’immediata chiusura dei manicomi criminali (gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari).
–Scarica il libro
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Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
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