Di seguito riportiamo alcune delle lettere giunte recentemente da varie carceri che raccontano la situazione all’interno. Altre lettere raccolte in questi anni possono essere lette sui numeri dell’ “opuscolo”, pubblicazione mensile spedita nelle carceri e consultabile su internet all’indirizzo www.autprol.org/olga
LETTERE DAL CARCERE DI CARINOLA (CASERTA)
Carissimi compagni, vi spedisco questa lettera per farvi avere mie notizie…
In questo carcere le cose vanno sempre a peggiorare. Per ultimo hanno messo una disposizione che si devono svuotare le celle: non possiamo più tenere “tanta roba” nelle celle, cioè, biancheria, cose da magiare. Si può così capire le difficoltà soprattutto per quei compagni le cui famiglie sono distanti, che non possono perciò fare i colloqui. Un’altra difficoltà è quella della rarità-impossibilità delle visite mediche. Non c’è un dirigente sanitario; dobbiamo acquistare qualsiasi tipo di medicina, poi non è nemmeno facile averla a disposizione. Per avere una visita medica si deve aspettare l’autorizzazione del ministero. Perciò, tutti quelli che hanno problemi di salute devono salvaguardarsi da soli. Purtroppo nelle carceri si continua a subire sofferenze e anche a morire, ma ciò non interessa a nessuno.
In questo carcere le cose non possono mai cambiare, è soltanto da buttare a terra. Non c’è nessuna vivibilità. Nella sezione AS1 siamo chiusi 20 ore al giorno; non c’è nessuna attività; dalla sezione non possiamo uscire perché non ci possiamo incontrare con gli altri. Proprio in questi giorni hanno dimezzato le ore di lavoro e tolto anche un posto di lavoro. Sono rimasti solo tre posti di lavoro in una sezione dove si trovano 30 persone – la cui maggioranza sono ergastolani.
Tutto questo non riguarda solo Carinola, ma anche altre carceri, dove i problemi sono diversi, la repressione e le torture psicologiche sono tante e quotidiane. Le celle sono delle grotte, appena 5×2; comprendono il bagno e il letto, che è appoggiato al muro; a sera quando lo abbassi per dormire in cella non ci possiamo muovere.
Come possono parlare di migliorare la vita nelle carceri; parlano di costruire altre carceri, di umanizzare e di inserimenti che illudono i creduloni.
Il mio personale parere è che tutte le carceri devono essere distrutte e che gli uomini vivano liberi. Si parla di civiltà, ma in una società civile il carcere si dovrebbe concepire come momento per il recupero e il reinserimento della persona. Ciò non può avvenire in una società che non mette coscienza sulle proprie radici: la società è piena di ingiustizia, non sa guardare il suo lato migliore, quello della gente che lotta per sopravvivere con dignità.
La giustizia richiede obiettività, imparzialità, una visione universale. Noi sappiamo che ci sono due modi di vedere il mondo, quello dei forti e quello delle persone umili che lottano ogni giorno per vivere. Gli orgogliosi hanno cura dei propri interessi personali, vivono alla giornata; chi lotta per i propri diritti costruisce e partecipa al dolore e alle sofferenze degli altri. Nonostante cento anni di psicologia e millenni di filosofia, nella mente delle istituzioni non è entrata una verità semplice: se si tratta una persona con rispetto e attenzione non puoi che ricevere rispetto e attenzione.
Vogliamo dare il nostro appoggio e la nostra solidarietà a tutti quelli che si mobilitano, che resistono e lottano contro tutte le ingiustizie; un saluto particolare ai compagni di Catania. Qui salutano tutti, Antonino.
14 aprile 2011
Antonino Faro, via S.Biagio, 6 – 81030 Carinola (Caserta)
***
[…] Con questa mia lettera vengo ad aggiornarvi della protesta che sto portando avanti silenziosamente per i seguenti motivi: l’8 ottobre 2010 iniziai a fare delle punture di Interferone; la cura doveva proseguire per 48 settimane. Quella cura di iniezioni mi era stata assegnata a causa di malanni al fegato. In breve, sono sieropositivo di epatopatia HCV venale e pancreatica, ed inoltre, sono sieropositivo di HIV.
Nei mesi di ottobre e novembre le iniezioni prescritte mi sono state fatte; all’inizio di dicembre, invece, sono state interrotte perché “è venuto a mancare il farmaco”. Per attirare l’attenzione del medico dirigente responsabile, il 4 dicembre ho comunicato a guardie e infermieri che iniziavo uno sciopero della fame di 5 giorni. Il 6 dicembre mi comunicano l’arrivo di due confezioni di Interferone. Lo stesso giorno mi viene fatta una prima iniezione, la seconda il 13 dicembre. Il giorno 20 la cura viene interrotta poiché ancora una volta mancano le iniezioni. Solo verso le 22 si presenta davanti alla cella l’infermiere per farmi l’iniezione, che doveva essere stata compiuta in mattinata. Il rispetto dei tempi non è una mia invenzione, ma una precisa prescrizione indicata dal medico dell’ospedale Cutugno di Napoli, accompagnata dalla prescrizione del farmaco Trivizir (contro l’HIV).
Così il mattino successivo comunico alla responsabile delle cure contro le infezioni virali che non intendevo recarmi alle visite ospedaliere né ai prelievi del sangue, rifiutando di conseguenza la cura dell’Interferone. In un colloquio con il dirigente sanitario e la responsabile delle cure contro le malattie virali, apprendo che loro avrebbero richiesto al DAP il mio trasferimento in un centro clinico adeguato al mio caso, perché nella sezione Alta Sorveglianza 2, dove mi trovo, è dimostrato dall’assenza dei farmaci e altro ancora, le cure continuate e monitorate non
sono proprio possibili. Da qui la mia decisione di continuare la protesta fino ad ottenere una risposta scritta dal DAP. Questo il motivo della mia protesta. Un saluto anarchico, Mauro.
Carinola 1° febbraio 2011
Mauro Rossetti Busa, v. S.Biagio 6 – 81030 Carinola (Caserta)
LETTERE DAL CARCERE DI CREMONA
Cari compagni di Ampi Orizzonti, sono Angelo e vi scrivo da Cremona, dove, come al solito, le necessità di noi detenuti vengono tralasciate; mi riferisco in special modo alle cure mediche che sono pressoché assenti. In particolare, nel mio caso e di un altro compagno, entrambi sofferenti di ernie discali – patologie che non ci consentono di avereuna normale e quotidiana vita psicomotoria a causa dei forti e continui dolori. Questo nostro problema è da oltre sei mesi che si trascina: i “medici” del carcere lo risolvono con iniezioni cortisoniche e stampelle, invece di darsi da fare per affrettare l’eventuale ricovero ospedaliero. Il compagno con il mio stesso problema da ben quattro
mesi deve essere continuamente assistito da altri detenuti, perché non autosufficiente nel muoversi.
Faccio notare di aver scritto al vice-primario del reparto di neurochirurgia dell’ospedale di Cremona per renderlo partecipe del problema. La sua risposta è stata chiara ed esauriente. Mi ha scritto che il problema non è causato dal C.U.P. dell’ospedale, ma dalla lentezza e dal menefreghismo dei “medici” del carcere nell’inviare richieste di visite specialistiche ospedaliere. Ho più volte chiesto il trasferimento nel carcere di Busto Arsizio, dove, tra l’altro, ho la residenza (non nel carcere ma nella città), motivando l’avvicinamento colloqui con mia moglie, che non sta proprio bene, e le mie due splendide figlie. In risposta dall’ufficio matricola mi hanno detto che il carcere era sovraffollato, per cui non c’erano posti disponibili, mentre ho saputo da fonti certe (il SERT da cui provengo e l’avvocato) che non era assolutamente vero. Purtoppo cari compagni siamo perseguitati da una casta politico-fascista che, oltre ad internarci tra le mura e le sbarre, crede di poterci allontanare affettivamente dalle nostre famiglie mandandoci in istituti sempre più lontani da casa. Non fanno però i conti con la storia che ci insegna che questo tipo di repressioni nel tempo vengono rovesciate
dalla forza della “libertà e della determinazione”. Vi sarei grato se poteste inviarmi i seguenti libri, così da poter impegnare il tempo nella lettura ed evadere così da questo contesto inumano…
Cari saluti a tutti voi, Angelo
9 novembre 2010
Angelo Margiotto v. Palosca 2 – 26100 Cremona
***
Cari compagni/e, vi scrivo dal carcere di Cremona, un saluto particolare a tutti quelli che come me si trovano ancora rinchiusi nei lager delle prigioni italiane. Qui a Cremona la situazione è inverosimile, basti pensare che da qualche giorno è stato messo in bacheca il prezzo di una caffettiera da una tazza al modico prezzo di 17,00 euro. Ciò vuol dire, cari compagni, che per bere il primo caffè bisogna spendere, con l’aggiunta del caffè e dello zucchero, ben 20 euro. Poi si vedono persone che vengono a lavorare qui dentro con i BMW o le Porsche Cajenne. Per noi invece c’è poco cibo e la frutta ci viene data marcia. Questo non fa parte di un regime carcerario, ma di un regime filorazzista come ad Auschwitz. Le guardie, devo essere sincero, sono abbastanza comprensibili, ma è la direzione che è assente. Purtroppo per me le cose non stanno andando per niente bene, per problemi legati al matrimonio. Questo proprio non ci voleva. Mia moglie è stata sfrattata da casa ed è dovuta andare dai miei suoceri che le stanno mettendo in testa chissà che cosa. Ho molti pensieri negativi, anche per quando uscirò; non ho più una casa, sicuramente finirò
in mezzo a una strada. Cerco di non pensare, leggendo i libri che mi mandate, anche se è difficile non soffrire. Comunque non ho ricevuto il libro “L’antologia della poesia italiana”, chissà dove è finito. Inviatemi degli altri sullo stesso tema, a me direttamente.
Un caro saluto a tutti voi compagni e compagne; sappiate che ho la massima solidarietà con tutti voi.
(lettera firmata)
LETTERA DAL CARCERE DI OPERA (MILANO)
Ciao! Dopo le torture psicologiche subite nel carcere di Parma, dove sono stato messo sotto l’isolamento del 14-bis, a causa della tentata evasione dal carcere di Alessandria-S. Michele, dopo ulteriori 6 mesi di osservazione più la posta censurata, sono riuscito ad ottenere un trasferimento. A seguito di petizioni scritte da me e lettere inviate ai giornali per vie traverse, il DAP decide di accontentarmi con il trasferimento dalla prigione di massima sicurezza di Parma alla prigione di massima sicurezza di Opera.
La prigione di Opera è enorme, contiene tutti i tipi di regime. L’illuminazione nelle celle non è garantita, quando si fulmina la lampadina sei costretto a compratela alla spesa al costo di 1,70 euro e se fai casino chiedendo spiegazioni all’amministrazione penitenziaria, ti fanno rapporto disciplinare. Io, ogni volta, di rapporti ne chiedo due, uno disciplinare e uno possibilmente orale!
Già al mio ingresso a Opera ho dichiarato di rifiutare la liberazione anticipata. Alcuni farmaci (che distribuiscono) sono scaduti; cuscini e materassi hanno fatto la muffa talmente che (anch’essi) sono scaduti; le docce sono buone, ma tutti i giorni viene interrotta l’acqua calda e rimaniamo in mutande sotto la doccia a prendere freddo. Ho scritto alcune petizioni e le ho fatte firmare a tutti i detenuti: non ci ha chiamati nessuno. In 12 anni di prigionia non mi era mai accaduto. Solitamente l’infame di sezione va a cantarsela, indicando i “capi promotori” e subito ci sono le conseguenze. Qui ad Opera, invece, direzione e secondini se ne fottono, perché ricattano con facilità molti detenuti ai quali propongono un lavoro. E in questo carcere di attività lavorative ce ne sono tante. Se ad alcuni gli chiedi di protestare ti dicono di no! Se gli chiedi di fare a cazzotti ti dicono di sì! Infatti le sezioni dell’isolamento sono piene di prigionieri che
scontano il 14-bis. C’è troppa ignoranza, non si ha la coscienza della lotta […] .
Ricambio riabbraccio solidale, saluti ribelli a tutti/e, l’anarchico William.
Opera, 25 gennaio 2011
William Pilato, via Camporgnago 40 – 20090 Opera (Milano)
LETTERE DAL CARCERE DI POGGIOREALE (NA)
Ciao a tutti. Teniamo i riflettori puntati sul carcere di Poggioreale che come è risaputo già da numerose testimonianze è un luogo indegno, vergognoso indecente che dovrebbe essere chiuso al più presto e, nelle more, essere sottoposto ad un totale ricambio del personale a partire dal direttore generale a quelli di reparto e alle guardie. Poggioreale, tra i tanti, è quello che si può considerare una vera e propria scuola del crimine. Contrariamente a come vogliono far credere i dirigenti del DAP, ministro, procuratori, magistrati, tutti appartenenti alla “Bella Gente”, ma di fatto gentaglia. A Poggioreale non esiste alcuna forma di rieducazione del detenuto, ma vengono messi in atto da coloro che lo gestiscono, azioni e comportamenti che inducono solo a perseguire la via della violenza o del malaffare. Qui ci sono solo esseri umani tenuti in un vero e proprio stato di sequestro. Reclusi che vivono in 13/14 per ogni cella, senza conoscere ciò che è un’attività lavorativa, rieducativa, sociale e quant’altro sia utile al reinserimento. Celle affollate, ove spesso, per non dire giornalmente, si susseguono risse, atti di autolesionismo, tentati suicidi e suicidi, proprio per la mancanza di attenzioni e di quanto previsto dalle normative per i diritti umanitari e dei detenuti. Purtroppo siamo tutti consapevoli di quanto detto ed è anche duro ammettere che la persona più predisposta alla rieducazione, al reinserimento in società, una volta entrato a Poggioreale ne esce con ben altri propositi dalla legalità. Poggioreale, un ambiente lugubre, invivibile, lercio, dove igiene e sanità farebbero vomitare anche i maiali; un luogo dove nelle celle persistono da anni umidità, muschio, intonaci cadenti ricoperti di muffa, scarafaggi, vermetti e insetti di ogni genere; bagni senza le normali tazze, ma ancora con i water alla turca, il retrogrado buco per terra… neri per lo sporco, rugginosi, lesionati, senza più la patina , quindi resi grezzi, dove gli escrementi si attaccano, e comunque cose di cui non si dovrebbe nemmeno parlare nel 2010. E’
da annotare che viene anche negata l’igiene personale. Nel’elenco spesa, nonostante le numerose richieste, non è in vendita un detergente per l’igiene intima, non è in vendita un prodotto per la pulizia del water o dei lavelli, tantomeno è possibile acquistare un insetticida contro mosche, zanzare, vermi, scarafaggi: E’ possibile solo acquistare merce utile a fare business in favore di azienda, guardie e apparati dello stato; è unicamente possibile acquistare zampironi fumogeni con specifico uso in giardino e campeggi, non adatti a luoghi chiusi perché altamente tossici. L’alimentazione fornita oltre ad essere non-commestibile, di pessima qualità e anche insufficiente per coloro che, non avendo i fondi non possono accedere agli acquisti della spesa personale. Verdure cotte, insalate e ortaggi vengono lavate male e fornite piene di terra, di pietruzze e di animaletti vari. Si vive 24 ore su 24 in una cella di cui 11 ore con il blindo chiuso. Il passeggio non è altro che una cella più grande di circa 10×8 chiusa anche nel tetto con rete metallica e lame d’acciaio dove si vede solo un po’ di cielo, a tutto ciò aggiungendo il continuo atteggiamento provocatorio, arrogante e persecutorio di gran parte delle guardie. La lontananza degli affetti familiari non fa altro che creare in ogni detenuto un permanente stato di ansia, depressione e rabbia che non portano certo ad alcuna forma di rieducazione e di reinserimento. Una particolare attenzione è da rivolgere a coloro che si trovano a Poggioreale per motivi di salute, in quanto a Poggioreale è stato inventato il centro clinico che, pur essendo indecente, inadeguato, sporco, mancante di personale, rimane aperto perché anche quello è causa di vertiginoso business tra stato e privati. Ammalati che potrebbero essere collocati agli arresti domiciliari, perché non pericolosi e che spesso devono scontare brevi pene per vecchissimi reati risalenti a 15 anni addietro. Insomma, anche in questo caso ammalati mal curati, lasciati a se stessi, sia all’interno del centro clinico che nei padiglioni. Purtroppo qui ormai le illegalità e le violazioni delle vigenti leggi sono all’ordine del giorno. Su questo nessuno interviene. La magistratura pensa ad altro, pensa al protagonismo, a risaltare in tv e fare carriera alla spalle anche di povera gente. Settimanalmente veniamo derubati dell’acquisto della spesa, dove paghiamo il doppio del prezzo di mercato. Anche questo ci può insegnare altro che a speculare e a rubare. Io prego tutti coloro che hanno fatto l’esperienza di Poggioreale o che per altre ragioni possono dire qualcosa in merito, di scrivere e far pubblicare le loro testimonianze.
Un abbraccio a tutti e speriamo in un futuro migliore.
L.Q.P.
Poggioreale, novembre 2010
***
Ciao… E bene amici/e compagni/e, è giunto il momento di far sapere a tutti, quanto da anni e in modo indisturbato, si verifica all’interno del lager di Poggioreale. Dopo aver nei miei precedenti articoli evidenziato la più totale negligenza, inesistente assistenza sanitaria e condizioni igieniche tremende, oggi vi parlo del sopravitto, della spesa, quindi di ciò che può essere acquistato dal detenuto. Gli acquisti possono essere effettuati presso lo spaccio gestito dall’amministrazione penitenziaria o da imprese esterne. Nel caso di Poggioreale chi esercita la vendita, ufficialmente, è un’impresa esterna ma senza alcun dubbio, oltre all’impresa ci sono personaggi in seno all’amministrazione penitenziaria, sia in sede, sia a Roma, che ne traggono vantaggi e profitti, perché trattasi di un vertiginoso giro di denaro. L’impresa dovrebbe vendere prodotti alimentari ed anche di altro genere a prezzi controllati, che non possono superare quelli praticati nel luogo dove è situato il carcere. Questo è quanto previsto nella guida sui diritti e doveri dei detenuti. Al carcere di Poggioreale le cose non sembrano andare a mò di guida, ma bensì a mò di loschi e illegali accordi interni, ma che di fatto ormai di mangiatoie se ne intendono. Mensilmente vengono distribuiti i prezzari aggiornati. Sempre la stessa merce, tra cui molta inutile perché non consumata da nessuno. I prezzi mensilmente vengono variati in modo scriteriato, insensato, senza logica alcuna. Evidenziando palesemente che sono decisi ad hoc proprio per trarne profitto a danno dei detenuti acquirenti, che a Poggioreale sono circa 3 mila. Per il prosieguo è importante fissare che nelle vicinanze di Poggioreale sorge il carcere di Secondigliano che conta circa 2 mila detenuti, fornito dalla stessa impresa. Se i signori magistrati avessero il coraggio di mettere il naso all’interno di questa impresa, ne scaturirebbe uno scandalo clamoroso. I reati contestati spazierebbero dall’associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’estorsione, dal peculato alla corruzione, al falso in atti d’ufficio, all’abuso d’ufficio, all’appropriazione indebita e chi più ne ha più ne metta.
Tanti “signori” tra Napoli e Roma finirebbero in manette e a farci compagnia. Ma purtroppo i magistrati infieriscono solo sui poveri detenuti, spesso indifesi, permettendo su di loro ogni sorta di abuso e di angheria da parte degli aguzzini dello stato – in dispetto da quel che è la legalità. Tanto per dare un’idea di come a Poggioreale si approfitta, prospetto alcuni prezzi. Inizio dall’acqua che è il bene principale di largo consumo e di vitale necessità.
– una bottiglia da 1,5 lt è di qualità scadente, la marca è sconociuta e non pubblicizzata, “Primavera” il cui costo è 42 cts, quando in qualsiasi discount una bottiglia da 2 litri varia tra i 20-25 cts;
– un cartoncino di passata di pomodoro sottomarca d da 500 ml., inspiegabilmente è passata da 54 a 75 cts;
– un pacco di tortellini da 500 gr. costa 2,07 euro, esattamente il costo di un pacco di un kg al discount;
– pacchetti di olive da 250 gr. le paghiamo 22,10 euro; le stesse olive nel carcere di Secondigliano vengono acquistate ad 1 euro;
– riguardo agli ortaggi: il giorno 5 ottobre una tv manda in onda un’indagine condotta direttamente sui banchi sul costo della spesa nei mercati di Napoli, risultava che 2 kg di peperoni costavano solo 1 euro, quindi 50 cts al kg; bene a Poggioreale negli stessi giorni, e tuttora, 1 kg di peperoni costa 2,29 euro, più del 400 percento. Insomma alle nostre spalle ci si arricchisce e pure tanto. Sarà camorra dentro lo stato? Lo scopriremo solo vivendo, come cita una famosa canzone. Potrei andare avanti all’infinito, ma credo che possa bastare per far comprendere, a chi avrà modo di leggermi,
in che mani ci troviamo noi detenuti. Un saluto anarchico a tutti i compagni e le compagne. Ancora una volta vi ringrazio tutti, nessuno/a escluso per la vostra solidarietà.
La libertà non è un frutto proibito !- sempre per una piena libertà!
Colgo l’occasione per fare a tutti gli auguri di buon anno, che possa essere prospero e fatto di tante cose meravigliose oltre che positive!
Giuseppe Trombini, via Nuova Poggioreale 177 – 80143 Napoli
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Ciao compagni/e, non molto tempo addietro, molti di noi, avranno visto in tv la trasmissione dove alcuni giornalisti unitamente alla parlamentare Bernardini avevano visitato il carcere di Poggioreale e intervistato l’attuale direttore dott. Giordano.
Come da copione è stato fatto visitare e filmare un padiglione soltanto, il “Firenze” ristrutturato, tralasciando gli altri che non sono buoni nemmeno come porcilaie. L’intera trasmissione, chiaramente, è stata colorata con le spudorate menzogne del direttore, a queste non esiste alcun diritto di replica da parte nostra, se non in questa unica maniera. Il direttore ha giustificato tutte le carenze e le sue malefatte, appoggiandosi ad inesistenti motivi di sicurezza, della mancanza di personale… le solite menate.
Il fatto è che questi signori, ormai abituati a dormire sonni tranquilli, a scaldare una poltrona che gli dà un ottimo stipendio per campare, se ne fregano dei problemi, delle problematiche altrui, specie di quelle dei detenuti. Il personale della polizia penitenziaria non fa altro, in maggior parte, che oziare; le guardie fanno poco e quel poco che dovrebbero fare lo fanno fare ad altri – vedi lo sfruttamento dei lavoranti, il loro impiego in funzioni, come le perquisizioni corporali e delle celle, proprie delle guardie.
In questa struttura, contrariamente a quanto affermato dal direttore, potrebbero essere create più di un’attività non lavorativa ma sociali sicuramente sì.
Qui è vietato qualsiasi tipo di socialità e solidarietà; è vietato aiutare pure chi ha bisogno. Gli educatori sono poco considerati, qualsiasi loro iniziativa viene soppressa sul sorgere e a volte vengono pure “criticati” se passano tempo più del consentito con i detenuti.
Qui sotto l’occhio “vigile” del direttore, viene solo attuata violenza psicologica giorno dopo giorno, ciò, con il passare del tempo, porta parte di noi a compiere atti irragionevoli e violenti per nulla dettati dalla volontà. Basterebbe poco, piccoli e semplici passatempi per alleviare pene e sofferenze. Ma qui tra non molto non saranno più nemmeno in grado di sfamarci, figuriamoci altro.
Inviterei giornalisti e parlamentari a visitare il reparto “Venezia”, ad entrare nelle preistoriche celle piene di muschio, umidità e quantaltro, nonché a sentire i loro occupanti.
Qualsiasi forma di svago viene repressa. Ne è testimone una circostanza singolare, allo stesso tempo squallida, quale la donazione proprio al reparto “Venezia”, nel dicembre 2008, di un calcetto da parte del cardinale Crescenzio Sepe. Da allora fino al 30 marzo 2010, periodo in cui il padiglione “Venezia” ospitava detenuti ad Elevato Indice di Vigilanza (EIV, oggi AS1), il calcetto è rimasto alla portata di tutti ed era oggetto di svago. Dal 30 marzo 2010, dal momento il cui il reparto è stato sostituito in un altro circuito, il calcetto è stato tolto dalla disponibilità di svago, messo a marcire dentro l’ufficio degli educatori, senza specifici motivi, solo per mera cattiveria.
A questo punto potrebbe essere donato a bambini o associazioni particolari e renderlo così utile a qualcosa.
La libertà non è un frutto proibito! Sempre per una piena libertà! Viva l’anarchia, Giuseppe.
Giuseppe Trombini, v. Nuova Poggioreale 177 – 80143 Napoli
lager di Poggioreale, 22 marzo 2011
LETTERE DAL CARCERE DI PRATO
Cari amici, tramite un compagno incontrato qui ho il piacere di esprimere le mie idee sull’opuscolo che, come ho potuto notare, trovo molto interessanti.
Sono di Civitavecchia. Sono stato trasferito prima nel carcere di Frosinone poi qui a Prato. A Frosinone è stata alzata una gru, perché stanno costruendo un’altra ala.
Il 4 giugno 2010 sono scappato alla scorta e mi sono arrampicato in cima alla gru. Sono arrivati giornalisti, giudici, pompieri ecc. ecc. Sono rimasto su 56 ore. Non mi sono lamentato per me, l’ho fatto per tutti. Mi posso giudicare molto vivace.
Sono passati 12 anni dall’ultima mia carcerazione. Mi accusano di estorsioni che non ho mai commesso. Gli avvocati hanno chiesto l’assoluzione, ma mi hanno condannato a 7 anni e 6 mesi. Sono stato processato con il rito ordinario in quanto non ho chiesto né il patteggiamento né il rito abbreviato. Ora spero che si chiarisca in appello.
Nel carcere di Civitavecchia ho avuto un incidente in palestra il 1° giugno 2009. Un bilanciere mi è caduto sulla gola. Sono 20 mesi che non parlo. TAC, risonanze, ho fatto di tutto; sono stato colpito da una trombosi alla mugolare sinistra; prendo due pasticche al giorno di “Cumadin”. Non sono mai stato tossico e non ne faccio uso di niente dalla nascita.
Voglio raccontarvi un fatto più importante accaduto qui a Prato. Vedete, sono qui dal 20 agosto 2010. Ho visto abbastanza. Ho fatto petizioni a destra e sinistra; ho scritto alla procura di Prato per denunciare il dirigente del carcere. Non ho mai avuto risposta.
Sto alla 3° sezione (A), siamo in 73, c’è una sola guardia. Pensate come si può stare.
Il fatto più grave è che i detenuti non hanno le palle, pensano al mangiare o protestano per una cavolata, ma a questo morto non han fatto manco una messa.
Questo ragazzo si chiamava Montalto Antonino, aveva 20-21 anni, stava qui in 3° sezione e mi aveva chiesto se poteva venire in cella dove sto io. Gli ho risposto ok. Lui aveva problemi psichici, si menava da solo, certe volte calciava la porta e parlava da solo. Si vedeva lontano un miglio che aveva problemi. In più era tossico, ma si poteva salvare.
Aveva la madre in carcere, il padre e il fratello non so dove. Una mattina prendono lui e altri due e li portano all’isolamento per una presunta scabbia. Dopo tre giorni lo incontro con tutta la zampogna (le sue cose), gli chiedo “dove ti portano?”, mi dice che lo stanno portando alla 1° sezione. Immaginate, una sezione tutta di stranieri. Lui già era debole per sé, vedendosi con tutti quegli stranieri che non lo conoscevano, che non sapevano che era un po’ toccato. Un giorno mentre giocava a dama con un ragazzo, si è alzato e gli ha dato uno schiaffo. Subito gli ha chiesto scusa per il gesto. Tutti hanno notato che non ci stava con la testa. Le guardie lo hanno portato all’isolamento, senza consiglio disciplinare.
Antonino era alto 1,65, pesava si e no 55 kg. All’isolamento ci sono stato 45 giorni e sò di preciso che la guardia non passa mai. La guardia delle celle se la chiami non ti sente. Il ragazzo doveva essere sentito dal dottore se poteva stare in isolamento. Non credo che il dottore avrebbe detto di sì. Fatto sta che si è impiccato alla porta della cella ad un’altezza di 1,20 mt. Come è possibile? La guardia dov’era?
Per conto mio si è attaccato ad una delle due finestre della cella blindata, lo hanno spostato di lì così hanno potuto dire di essere passati e di non aver visto nessuno che si stava impiccando alla finestra! Dicendo invece che era attaccato al blindo, possono dire di non averlo visto. Sti pezzenti, si stanno parando il culo .
Spero sia chiaro quello che ho detto, di me non preoccupatevi, l’importante è che un compagno non sia morto per nulla. Con grande stima, vi saluto Domenico
Prato, 16 febbraio 2011
Domenico Gabelli, v. La Montagnola, 76 – 59100 Prato
***
[…] Qui a Prato il carcere è di 700-800 detenuti, con una capienza massima di 500.
In questo mese e mezzo ho riscontrato parecchie sinergie con S. Vittore, nel senso che tante cose non funzionano a partire dall’assistenza sanitaria. In questo lasso di tempo ci sono state solo due visite mediche, due sole mattinate in 45 giorni per 75 detenuti, tanti quanti siamo in questa sezione, la terza. In questo padiglione ci sono otto sezioni, da 75 detenuti ciascuna più altre due sezioni, AS e 41-bis in un altro padiglione.
Il vitto è immangiabile, per quanto riguarda i secondi, mentre la pasta a volte si può mangiare. Pochi giorni fa con il mio compagno di cella abbiamo scritto una petizione poi firmata da tutti proprio riguardo al vitto che spesso non basta per tutti e per la sua scarsa qualità. Le docce sono più o meno funzionanti, ma il loro locale ha le pareti ammuffite è privo di attaccapanni e le cipolle sono rotte. Educatori e assistenti sociali latitano parecchio, molto più che a Milano: ti chiamano quando sei “nuovo giunto” e poi chi si è visto si è visto. Il campo di calcio è assegnato alle sezioni in modo scriteriato, a noi, per esempio, negli ultimi sei mesi è toccato tre volte. Insomma non funziona un c…
Nota lieta invece, la splendida amicizia che in poco tempo ho instaurato con un mio concellino che vuole conoscervi e scrivervi. Di seguito vi elenchiamo alcuni testi di libri che hanno suscitato l’attenzione di alcuni detenuti […]
Un abbraccio e un saluto da tutti noi, Davide.
Prato, 3 febbraio 2011
Davide Puricelli, via La Montagnola, 76 – 59100 Prato
LETTERA DAL CARCERE DI MACOMER (NUORO)
[…] Le condizioni del carcere di Macomer sono pessime. La porta blindata della cella è ancora chiusa. Si apre solo per i tre mesi dell’estate e questo abuso non esiste in nessun carcere d’italia, solo al 41-bis e a Macomer. Non abbiamo una biblioteca per prestare libri da leggere.
Per il trattamento è cambiato molto dopo la nostra grande lotta che abbiamo fatto contro la direzione e la guardie che ci hanno trattato molto male il 4 aprile 2009, e siamo molto grati per l’aiuto dei nostri compagni (Olga, Senza Censura, Solidarietà), degli avvocati e di altri compagni. Dopo 5 anni di carcere solo l’anno scorso mi hanno autorizzato a telefonare alla mia famiglia e al mio avvocato. Per l’attività scolastica c’è solo il corso di terza media.
Il cibo qui fa veramente schifo, ho fatto tre istanze per il trasferimento e non ho avuto nessuna risposta. Ho scritto tre lettere ai compagni di Olga per spedirmi qualche libro, però non ho ricevuto nessuna risposta da loro. Forse non hanno ricevuto le mie lettere? L’anno scorso mi hanno spedito tanti libri. Se puoi farmi un favore di salutarmi i compagni di Olga e dire loro che non ho ricevuto la loro rivista per due mesi (novembre, dicembre) e se puoi spedirmi qualche libro (Enciclopedia 2010, Geografia, Letteratura, Scienze, Psicologia, Medicina, Mitologia, Italiano, l’Atlante). Grazie mille. Per le altre associazioni (Senza Censura, E’ ora di liberarsi delle carceri, Solidarietà) da molto tempo non ricevo le loro lettere e le loro riviste.
Spero che ci risentiamo presto, Inshallah.
Ciao, Amine.
Macomer, 17 gennaio 2011
Amine Bouhrama, Località Bonu Trau, n. 19 – 08015 Macomer (Nuoro)
LETTERA DAL CARCERE DI CAGLIARI
Salute compagne/i! Il mese scorso vi avevo spedito una lettera che immagino non sia arrivata a destinazione. Lo penso perché nello stesso giorno ne ho inviata una anche a Torino, da dove ho ricevuto risposta. In più, l’opera di censura della corrispondenza si sta verificando in quest’ultimo periodo in maniera più marcata.
Comunque, il contenuto di quella missiva si basava sulle particolari tensioni che stavamo vivendo in quel momento… Per quanto riguarda l’accaduto che ha coinvolto me e Francesco, vi scrivo ora un po’ come sono andate le cose, nonostante ci sia già qualcosa su internet. In pratica, ci hanno massacrato di perquisizioni perché la sentinella ci accusa che dalla finestra della cella in cui stavo è stata lanciata una fune che arrivava al di là del muro di cinta. Io sono stato immediatamente messo nella parte interna dell’altro braccio, Francesco (Domingo) invece è stato trasferito a Lanusei perché dicono che è un mio amico e compagno quindi per forza anche lui era a conoscenza del progetto di evasione che si poteva realizzare “tramite il recupero di oggetti (la fune) atti a questo scopo”.
Però prove che avvalorino queste accuse non esistono. Solo nelle loro menti aguzzine! In realtà, volevano cercare di spezzare un legame di affinità e voglia di mobilitarci contro il sistema carcerario, perché ritenuti personaggi troppo scomodi da poter stare assieme (Ciccio era anche mio vicino di cella), in vista anche del presidio per il quale siamo stati minacciati dalla direzione che, con chiare intenzioni, non avrebbe permesso a noi di partecipare all’iniziativa.
E’ logico che tutto questo non ha fatto altro che alimentare la nostra rabbia; e la nostra maniera di esprimerla che ci caratterizza, è già all’interno di un percorso che non possono arrestare.
Con Francesco, caso strano, abbiamo una corrispondenza con tempi molto più veloci del solito. Mi riferisce che il trattamento attuato nei suoi confronti da parte di chi tiene in funzione il carcere, è pesantemente provocatorio. Gli negano cose che dovrebbero essere accessibili a tutti come il colloquio con la compagna, la scuola, i medicinali post-intervento di cui ha bisogno.
Mi dispiace molto per la sua situazione. Si trova in una galera punitiva che si manifesta nel suo squallore incondizionatamente su tutti, ma in maniera più pressante contro le individualità più ribelli.
C’è stato anche un piccolo presidio anche fuori dalle mura di quel carcere e alcune guardie sono uscite, hanno provocato apertamente un compagno – tanto per capire quanta merda hanno in testa!
Oltre gli accanimenti iniziali dopo quella faccenda, la stretta sorveglianza a cui sono sottoposto è perenne, a dispetto anche del fatto sulla buona riuscita del presidio qui a Buoncammino.
Ovviamente non ho visto e sentito niente, a parte sbirri di ogni tipo che andavano all’interno della sezione. Però nei giorni successivi sono riuscito a parlare con diversi detenuti e mi hanno confermato che è stata un’iniziativa molto apprezzata e partecipata.
In alcuni ha suscitato curiosità perché è stata una cosa nuova (e ci credo, con i pochi presidi che sono stati fatti nella storia, qui c’è molta gente che non ne ha mai visti!) in altri si è creato uno spazio su cui è possibile creare un dibattito sull’anticarcerario, in altri ancora ho avuto la conferma di quanta merda hanno in testa.
In conclusione, mi sembra che valga la pena approfondire il discorso capace di creare e sviluppare lotte e confronti indispensabili per un agire da entrambi i lati del muro. E siccome uno strumento editoriale è necessario per un supporto di questo tipo, dovrei avere presto una risposta in tal senso, per sapere se ci sono le forze adeguate per questo tipo di percorso progettuale.
Vi saluto tutti/e, a buona ora! Un abbraccio sovversivo, Davide.
Presoni de Buonkamin, 25 marzo 2011
Davide Delogu, viale Buoncammino, 19 – 09123 Cagliari
L’indirizzo di Francesco è:
Francesco Domingo, viale Europa 10 – 08045 Lanusei (Nuoro)
COMUNICATO DAL CARERE DI REGINA COELI (ROMA)
In riferimento alla recente visita dell’On. Marco Pannella avvenuta presso quest’istituto il 24 aprile 2011, a seguito delle rimostranze per il “non rispetto” dei diritti fondamentali dell’Uomo all’interno del carcere per cause connesse al sovraffollamento e dipendenti anche dalla mancanza di strutture idonee a garantire il proposito Costituzionale (artt. 2 – 27 – 32), i detenuti del carcere di Regina Coeli hanno deciso a maggioranza di adottare le seguenti misure.
Sciopero della fame generale, ad esclusione delle persone affette da patologie a rischio (diabetici e/o con problemi di pressione bassa, etc.) con conseguente rifiuto del vitto governativo e dei pacchi familiari ad esclusione dei panni intimi e personali. Chiusura dei lavoranti, scopini, portavitto, cucina e scrivani.
Spesa limitata ai soli acquisti di sigarette, tabacco, cartine, thè, caffè, camomilla, gas.
Lo sciopero proseguirà ad oltranza sino all’ottenimento di quello che è già previsto dalla Costituzione, che per renderlo effettivo occorrerà una riforma del Codice Penale e di Procedura Penale, riforma della Giustizia, amnistia generalizzata ad esclusione dei reati di pedofilia e di quelli inerenti alla violenza sessuale.
Si dovrà ridurre la popolazione detenuta almeno del 50% considerando, in primo luogo, i detenuti “non definitivi” e, per i “definitivi” chiediamo che l’indulto concesso nel 2006 non venga revocato ed anzi venga adeguato alle altre Nazioni Europee nelle quali la “concessione” dell’indulto è avvenuta scontando le pene di 5 anni.
Tali richieste sono formulate in quanto: nessun detenuto ha avuto il “beneficio” previsto dall’art. 27 Cost.; nessun detenuto ha 7 mq come previsto dal Codice Penale; nessun detenuto, una volta scontata la pena, ha avuto una riabilitazione tale da consentirgli il cambiamento sostanziale per non reiterare il reato commesso.
La rieducazione, la riabilitazione non sono affatto sufficienti in quanto “uscendo” non ci sono possibilità di lavoro (art. 1 Cost.) e di reinserimento mentre “all’interno” si alimenta l’ira e l’odio verso le Istituzioni che non fanno né concedono nulla di positivo anzi, in alcuni casi “tolgono” quel che di positivo ci può essere nelle persone detenute non curandosi minimamente di analizzarle e di capire le differenze che possono esser differenti da individuo ad individuo.
La “persona” umana non deve essere trattata come un numero; ognuno di noi ha bisogni differenti che devono essere analizzati attentamente per poter rieducare e riabilitare, altrimenti non viene soddisfatto il principio enunciato negli artt. 1- 2 – 27 – 32 della Costituzione… ai principi devono concretizzarsi gli atti che producono “effetti” positivi sulla persona umana, per far in modo che “uscendo” ci sia un animo diverso dall’odio verso le Istituzioni, un animo che si avvicini alla fiducia verso le stesse e verso il “Bel Paese” dove viviamo.
Tutto questo lo facciamo anche a tutela degli interessi degli stessi Agenti di Polizia Penitenziaria che sono carenti nell’organico previsto, ed è inammissibile che se un detenuto ha un malore al 1° piano e nello stesso momento un altro detenuto ha un malore al 3° piano, l’Agente di Polizia Penitenziaria può intervenire per una persona soltanto! Carenze dei Servizi Sanitari che non riescono a far fronte alla mole di lavoro che hanno per il sovraffollamento. Per tali motivazioni inizieremo lo sciopero della fame a partire da 15 maggio 2011.
I detenuti del carcere di Regina Coeli Sezione II
Notizie Radicali, 4 maggio 2011
da ristretti.it