La Polizia francese ha cominciato nella giornata di ieri, venerdì 6 marzo, lo sgombero della ZAD (Zone À Défendre) di Testet, sviluppatasi nell’ottobre del 2013 in opposizione al progetto di mega-diga che distruggerà la foresta di Sivens e tristemente nota alle cronache per la morte del giovane attivista Remi Fraisse causata da una granata stordente lanciata dagli agenti in antisommossa lo scorso 25 ottobre durante una manifestazione.
In seguito alla decisione del Consiglio regionale di sostituire il serbatoio progettato originariamente con uno più piccolo (su consiglio del ministro dell’ambiente Ségolène Royal, che dopo la morte di Remi e in seguito a numerosi episodi di intimidazioni contro gli attivisti della ZAD aveva tentato di guadagnare tempo), il Primo ministro Manuel Valls ha dichiarato che le autorità sarebbero state “estremamente ferme” con tutti coloro che non “rispettano la legge” e ha schierato 300 gendarmi presso il sito di Sivens.
Intorno a mezzogiorno di ieri il prefetto ha dunque dato l’ordine di evacuare il sito della ZAD, che poco tempo dopo è stato attaccato dalla polizia. Nel frattempo, i responsabili del FNSEA (il sindacato reazionario che difende le grandi aziende agricole) hanno lodato il “coraggio” mostrato “in una situazione di tensione” dal Consiglio Generale del Tarn, che ha deciso di sgomberare l’occupazione dei terreni.
Verso le 14 alcune persone si sono arrampicate sull’ultimo albero della zona, che aveva resistito alla distruzione della polizia all’inizio dello scorso ottobre, mentre un vero e proprio esercito di poliziotti respingeva i manifestanti giù per la valle. All’incirca un’ora più tardi lo sgombero della ZAD era stato completato e dodici persone risultano in stato di arresto.
Il nuovo progetto, rispetto al bacino di 1,5 milioni di metri cubi di acqua previsto in precedenza, prevede la costruzione di un serbatoio grande la metà e situato a 330 metri sopra il fiume, o in alternativa quattro serbatoi più piccoli (anche se il Presidente del Consiglio regionale, il socialista Thierry Carcenac, ha dichiarato che la seconda opzione risulta troppo costosa). Un’alternativa che, in ogni caso, non accontenta i resistenti della ZAD e non risolverebbe in nessun modo i gravi squilibri idrogeologici che si verificheranno qualora la maxi opera dovesse essere costruita
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