L’impianto dell’inchiesta, simile a decine di altre negli ultimi anni, e diretta dai pm Padalino e Rinaudo, si basa sull’individuazione di un doppio livello delle attività politiche: uno legale e pubblico, e uno occulto e fuorilegge, facendo riferimento ad azioni extralegali non meglio specificate.
Elemento di una qualche novità in questa inchiesta è il puntare l’indice e la lente di ingrandimento nei confronti delle attività di una cassa di solidarietà per i prigionieri (in questo caso la Cassa antirepressione delle Alpi Occidentali) e di conseguenza il voler mettere sotto accusa la pratica della solidarietà.
Attaccare coloro che sostengono i compagni rivoluzionari o quanti siano sottoposti a condizioni di privazione della libertà, ostacolare la solidarietà con i detenuti e rompere i legami e i contatti con chi è fuori dal carcere ha un sapore antico e preoccupante. Rendere illegali le attività di sostegno ai detenuti e la lotta contro la repressione, è uno degli aspetti della strategia inquisitoria, da sempre nelle mani di magistrati e inquirenti. Adagio già tentato in Italia, anni fa, e nella penisola iberica oggi come in passato.
L’obiettivo è fare piazza pulita di ogni dissenso e cancellare la solidarietà, tranne quella pietista e assistenziale che obbedisce ai criteri imposti dallo Stato, per avere mani libere e meglio soffocare i conflitti sociali. Colpendo le casse di solidarietà ai prigionieri, si cerca di isolare i prigionieri, minacciare le loro famiglie, i loro amici e compagni, spezzare la loro resistenza.
La Cassa delle Alpi è un’ esperienza condivisa da molte persone interessate alla questione carcere e che non considerano la Legge un valore in sé, e nasce dalla necessità di dedicarsi con costanza alla resistenza nei confronti degli attacchi della repressione, di produrre critica nei confronti del sistema carcere e di garantire un sostegno a chi finisce in galera, o è oggetto di altre misure restrittive. Consapevoli dell’importanza di un filo diretto con coloro che vengono rinchiusi, per evitarne l’isolamento ma anche gli abusi e l’accanimento nei loro confronti e ben consci che questa attività resistenziale da sola non basti, pensiamo comunque che sia un aspetto inscindibile da altre pratiche e metodi accomunati dagli stessi obiettivi e contro gli stessi nemici.
Rifiutiamo la logica inquisitoria che vuole indicare alcuni di noi come principali responsabili di questa attività e ribadiamo la nostra ferma intenzione nel continuare la pratica della solidarietà, che è uno degli aspetti principali della lotta e a cui non intendiamo rinunciare.
Nessuna inchiesta potrà farci dimenticare o far venire meno il sostegno ai prigionieri rivoluzionari incarcerati accusati di aver provato a mettere in scacco lo stato delle cose presenti e ai detenuti ribelli di giorno in giorno più numerosi che cercano di sopravvivere nelle maglie sempre più strette di questo sistema.
In un mondo in cui la solidarietà diventa un crimine, non possiamo che dichiararci tutti e tutte complici.
Cassa AntiRepressione delle Alpi occidentali