Lettera di Marco Camenish (1992)

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Lettera di Marco Camenish (1992)

Decido di presentarmi al processo di Massa del 12 giugno. Voglio rivedere le persone che mi vogliono bene e riconfermare la mia identità e le ragioni del mio dissenso. Voglio fare presente che Giancarlo e gli altri amici e amiche non erano a conoscenza della mia situazione di latitante ribelle sociale. E neppure del materiale di autodifesa che mi portavo appresso.

Non sono certo disposto a dialogare con un tribunale dell’ingiustizia e con le sue leggi, dove non tutti siano uguali. Nessuna legittimità né virtù di giudizio quindi, né per me né per gli altri. Per il governo dei padroni della morte, il capitale colonialista e imperialista, i suoi Stati e le sue multinazionali, ogni tribunale è solo uno strumento asservito di repressione e vendetta.

Anni orsono ho affermato che chi riesce a comprendere il modo di procedere del capitalismo, comprende che le sue esigenze sono totalizzanti nell’annullare ogni futuro.

Chi non vuole essere complice del capitalismo, comprende che le sue esigenze sono totalizzanti nell’annullare ogni futuro. Chi non vuole essere complice, schiavo e vittima di questa delirante dittatura fascistoide e consumistica deve per forza opporsi, combatterla con tutte le sue capacità e con tutto se stesso.

Ormai si tratta di una lotta per la sopravvivenza nuda e cruda, non più concepibile o necessaria solo per la salvaguardia della libertà, della dignità, della terra o del pane individuale o di classe, del gruppo etnico o altro. Non si tratta più di lottare contro lo sfruttamento, la guerra di rapina, la schiavitù e il massacro in modo circoscritto. No, ormai si tratta della sopravvivenza dell’intero pianeta. Non si tratta di una temporanea crisi ecologica ma degli ultimi attimi prima della fine, nella demenziale e criminale corsa verso l’annientamento totale.

Il motore e la causa di questa corsa è lo sfruttamento dell’uomo e sulla natura. E’ la storia millenaria di un cosiddetto progresso e di una presunta civiltà, cresciuta come un cancro con i suoi orrori di violenza e guerre per il dominio. Sfociata ora nella dittatura dei padroni, dei loro Stati e delle loro multinazionali.

Di fronte e certe evidenze non credo di essere io il criminale e l’ecoterrorista pericolosissimo per la società. Non ho bisogno di ricorrere alla menzogna, alla denigrazione, ai mass-media, agli apparati polizieschi e scientifici, ai loro tribunali e alle loro carceri di annientamento per provarlo. Lo sanno, lo vedono, lo respirano, lo vevono, lo mangiano e lo vivono, se ancora di vita si può parlare, tutti gli esseri viventi di questo pianeta. Nell’acqua, sulla terra, nel cielo, in ogni luogo.

Non mi rimane perciò che rivendicare la giusta e pressante necessità di lotta e ribellione anche violenta e totale contro la violenza dei padroni dell’annientamento. Lo lotta per dare a noi e ai nostri figli-qualche speranza non può che essere socialmente, ecologicamente e culturalmente radicale e rivoluzionaria. Ed è una lotta che deve partire dal vissuto quotidiano, contro le nostre mille complicità ideali o reali con il dominio diffuso del consumfascismo.

Partendo da noi stessi è necessario e urgente opporsi e organizzarsi. Contribuire alla neutralizzazione del consumfascismo. Contro le sue metropoli, fabbriche, galere, prodotti, infrastrutture, mezzi di comunicazione, forze armate, la sua pseudoscienza, le sue conseguenti autorità dei governi nazionali e mondiali.

Con il pensiero globale e solidale, con l’azione diretta locale e immediata dobbiamo riaffermare la nostra autodeterminazione, il nostro corpo, mente e salute, sul nostro lavoro, sui nostri consumi, sul nostro corpo, mente e salute, sul nostro interagire sociale e con il territorio. La terra che ci ospita è dei nostri figli e dei figli dei nostri figli.

Le accuse che mi sono state mosse mi possono solo onorare. Non ho certo sparato alla croce rossa, né fatto strage di persone inermi, né torturato. Non ho intascato tangenti né sfruttato qualcuno e nemmeno violentato donne o bambini….

 

Milano, San Vittore, 24 maggio 1992