Guerra | Imperialismo – Le lacrime agli occhi accecano

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LE LACRIME AGLI OCCHI ACCECANO [opuscolo in .pdf]
Sulla metrica del lutto e lo Stato di emergenza

Quella del potere sicuramente non è una dinamica recente, da decenni e da secoli è sempre stato così e così per sempre sarà finché il mondo tutto verrà diviso in due razze: chi sfrutta e chi viene sfruttato.

Con un fiammifero circondati da paglia nel pollaio delle uova d’oro

In tutte le guerre possiamo notare un minimo comune denominatore: il pretesto. Uno Stato o un potere per poter avviare un processo di attacco nei confronti di un altro potere o nei confronti di una più generica “organizzazione”, ha bisogno di un pretesto.
E’ questo che permette ad uno Stato di poter compiere le più grandi efferatezze nei confronti del genere umano e non, passando sotto gli occhi di milioni di persone. “La storia la scrive chi vince” ovvero una notizia o un’informazione è diffusa e filtrata dall’organo stesso che controlla i mezzi di comunicazione, che sempre più va a lavorare sull’inconscio delle masse e ad allargare la cerchia di ciò che riteniamo moralmente accettabile (se guardiamo indietro di qualche decennio le cose sono decisamente cambiate da questo punto di vista).

Gli ultimi avvenimenti che hanno segnato queste settimane sono abbastanza eloquenti. Da decenni è in atto una campagna di disinformazione ed attacco nei confronti del generico “medioriente” da parte dei canali mediatici dominanti, sopratutto riguardante le zone maggiormente ricche di quel territorio (la Siria, l’Egitto, l’Iran e molti altri sono situati in zone generose di risorse di petrolio e gas). Da diversi anni vengono attaccati e bombardati diversi territori mediorientali, chiaramente senza che questo faccia notizia o scalpore; zone su cui le potenze capitalistiche occidentali, e non, ci hanno messo gli occhi (e le mani) già da tempo.
Dopo la guerra in Afganistan, Iraq, Sudan, Palestina etc… Tocca alla Siria. Ed ecco che immediatamente c’è un nuovo nemico, un nuovo PRETESTO, per poter dare il via ad una nuova guerra (come se le precedenti non fossero bastate a fare da innesco alle successive) giocando con un fiammifero circondati da paglia.
Ma quanto è sottile la linea che separa un’organizzazione che attacca ed uccide indiscriminatamente individui, facendo stragi, per poter simbolicamente attaccare uno Stato; ed un’altra organizzazione, che chiameremo Stato, che uccide e bombarda interi territori e popolazioni, facendo stragi, per attaccare simbolicamente un altro potere/organizzazione?
Inesistente, i poteri sono molteplici e lo Stato esiste anche basandosi sulla creazione del terrorismo, anche esso stesso, e l’effimera guerra per sconfiggerlo, l’antiterrorismo. Come una formula matematica, questa è la composizione dello Stato.
D’altronde chi meglio potrebbe proporsi di distruggere una malattia se è esso stesso il creatore della malattia?
Difatti Nato e Unione Europea si ergono a “difensori” dell’umanità quando nella realtà proprio questi organi sono gli stessi che hanno richiamato all’ordine Daesh* (Isis), finanziandolo ed armandolo (anche in Italia molte sono le aziende complici per la fornitura di armi all’esercito turco e ad altri Stati, tra cui Finmeccanica, Alenia Alemacchi, Gruppo Selex, etc… ed inoltre dove si sta svolgendo l’addestramento e le simulazioni di guerra di Trident Juncture).
Sui quotidiani già si legge in prospettiva di quanto profitto farà fruttare questa nuova guerra, le aziende italiane specializzate in armamenti già si leccano i baffi (Nella relazione di bilancio 2014 di Finmeccanica  si legge che grazie allo stanziamento di fondi per operazioni contro il terrorismo organizzato internazionale ci sarà uno stanziamento di 40 miliardi di euro tra il 2015 e il 2017). Il guadagno economico delle industrie belliche ricopre un ruolo importante nelle scelte strategiche, soprattutto in tempo di crisi, ma il tornaconto di cui beneficiano maggiormente gli Stati è quello ideologico. Paradossalmente in queste circostanze aumenta la fiducia nei confronti della struttura del potere che promette sicurezza e un futuro senza preoccupazioni.

“A volte la gente che opprimi diventa più potente di quanto vorresti.”
Veronica Roth

Una falsità

Gli addetti alla comunicazione e alla mediatizzazione delle nostre vite sono molto bravi in questo, a distogliere lo sguardo da ciò che realmente sta accadendo e spostare la nostra attenzione. Dopo gli attentati di Parigi migliaia di persone si sono indignate per quanto successo, ma immediatamente dopo nessuno sembrava più osservare cosa stesse accadendo al di fuori di quella telecamera puntata su Parigi e le lenzuola rosse fuori dal Bataclan.
Ma questo può essere considerato un momento di lutto? o una tacita approvazione alla militarizzazione dei territori in nome di una difesa della “patria”? Nella quale ognuno teme per la proprie sicurezze quotidiane perché ad essere stato attaccato è il proprio gruppo alla quale si sente di appartenere, in questo caso l’Occidente, e che improvvisamente crea un momento di “unità” transitoria, che legittima di fatto qualsiasi gesto atto a difendere il proprio gruppo di appartenenza e distruggere il nemico, qualsiasi sia il costo?
Nessuno/a più s’è indignato/a per la dichiarazione di guerra alla Siria (anche se in maniera non ufficiale), dove decine e decine di individui hanno perso la vita. Dicendo questo non vogliamo fare leva sul vittimismo più becero o fare una gara tra numeri, ma porci di fronte all’ennesima ipocrisia, la nostra.

Con l’appoggio di U.E. e Nato, ormai in alcune nazioni europee è stato dichiarato lo Stato di emergenza che altro non è che un rafforzamento ed una maggior capillarità dello stato di polizia che viviamo ogni giorno, dando il La per nuove misure di sicurezza ed antiterrorismo. Questo non ha fatto altro che assottigliare, se già non era evidente agli occhi di tutt*, la linea di separazione tra l’esercito e lo Stato. L’ennesimo campo di gioco in cui poter dare giustificazione per nuove e sempre più fitte forme di dominio.
Per l’ennesima volta siamo pedine sul gioco da tavolo dei poteri forti. Il nemico non è Daesh*, il nemico è ANCHE Daesh, ma i primi nemici di questo esistente sono coloro che vogliono governarci, gli stati, i poteri, il capitalismo, ovvero quelli che hanno fatto sì che Daesh potesse nascere e prosperare.
Viviamo costantemente in un paradosso dove per difendere la libertà, ci viene limitata la libertà e dove il terrore si sostituisce alla paura diventando una pulsione umana necessaria al controllo.

Questa guerra non è la nostra e non staremo a questo gioco, complici di ciò che accade intorno a noi.
Non ci schieriamo in questa corsa al dominio ma diffondiamo pratiche di liberazione.
L’orizzonte dove sorge il sole va in fiamme..DISERTIAMO!

La guerra è un massacro fra uomini che non si conoscono a vantaggio di uomini che si conoscono ma eviteranno di massacrarsi reciprocamente.
Paul Valéry

*Termine utilizzato per indicare l’ISIS, i cui militanti lo odiano; in lingua araba ha una connotazione negativa e suona simile a ‘calpestare, schiacciare, distruggere, sbattere contro qualcosa’. Preferiamo chiamare le cose con il proprio nome (nomen omen) piuttosto che un acronimo largamente frainteso.


Chi realmente e quotidianamente si mette in gioco, anche se un gioco non è, con la propria mente e il proprio corpo è chi resiste nelle regioni del Kurdistan liberato dove grazie alla loro determinazione e organizzazione sono riusciti a far indietreggiare il nemico, autogestendosi ed organizzando l’autodifesa armata.

I TERRITORI LIBERATI DEL KURDISTAN
L’autodifesa armata di Kobane e del Rojava

Il Kurdistan si trova tra i fuochi incrociati delle potenze occidentali e delle potenze circostanti che si sono spartite il suo territorio. Da diversi anni è in atto un processo rivoluzionario che sta minando alla fondamenta le dinamiche capitalistiche e statali del medioriente. Infatti quello che sta accadendo, che riguarda soprattutto il Kurdistan e la Siria, sono il risultato di pressioni e di interazioni delle forze esterne a livello mondiale. Il terrorismo mass-mediatico che viene portato avanti dall’occidente nei confronti di ciò che realmente sta accadendo nei territori curdi sta costruendo un’immagine ben diversa rispetto alla realtà.
In questo momento in cui i nemici sono tanti e la realtà si fa ancora più dura, nelle crepe del sistema e nelle sue contraddizioni crescono percorsi e prospettive di liberazione, e il Kurdistan ne è un esempio. Da diversi anni, in alcune regioni, hanno iniziato una lotta quotidiana per la liberazione basata sull’autogestione, il protagonismo di base, l’autodeterminazione e l’uguaglianza tra generi, organizzando squadre per la difesa del territorio (YPG – unità di difesa del popolo e YPJ – unità di difesa delle donne) e l’allontanamento del nemico.
Nonostante la disinformazione che viene portata avanti nei loro confronti, ad oggi sono coloro che realmente stanno combattendo contro l’ISIS e per la creazione di una nuova comunità autogestita e autodeterminata, nonostante la difficoltà che ciò comporta. Questo modello che è nato e che viene portato avanti in Kurdistan possiede in sè una potenzialità importante e una minaccia per il potere costituito, ecco perché nonostante l’importanza enorme di questo avvenimento viene nascosta ai più.
La nostra solidarietà va ai guerriglieri e alle guerrigliere in battaglia in Kurdistan.
La libertà non conosce legge!

Anarchiche e anarchici di via bonomelli
novembre 015 – Bergamo