Ricordi su Nestor Makhno, da: “The Lie We Die”. (it/fr)

 

photo Nestor Makhno

Ida Mett [1]

 

Alla vigilia della guerra, ho posto sulla carta i miei ricordi personali su Makhno così come l’ho conosciuto nel periodo di Parigi. Questi ricordi sono andati persi durante la guerra. Ora, avendo letto ciò che a questo soggetto ha scritto Volin nel suo libro sulla rivoluzione russa, mi deciso di scrivere di nuovo questi brevi ricordi nell’interesse della verità storica.

Evidentemente si sarebbe dovuto conoscere Makhno durante l’epoca della sua “grandezza” laggiù, in Ucraina, per dare il suo ritratto completo. Ma in realtà, come sapere, quando si presentava sotto la sua reale luce – durante il periodo della sua gloria pan-ucraina o a Parigi in quanto emigrato povero in un paese straniero. Penso che la storia ha bisogno innanzitutto di verità, e giustamente, questa verità di un periodo della sua vita, cercherò di esporla.

All’epoca, durante la guerra civile, quando l’Ucraina era piena di leggende di ogni genere su Makno e la “makhnovishina”, quando l’agenzia telegrafica “Rosta” annunciava tutti i giorni che era prigioniero dei rossi, io, giovane studentessa che sognava atti eroici e la vita in arci-libertà, immaginavo Makhno come una specie di bogatyr (eroe epico russo)- grande, forte, coraggioso, senza paura e senza calcolo – lottatore per la verità popolare. Mi ricordo anche che in Ucraina si diceva che Makno era un vecchio istruttore di scuola primaria. Ed ecco che nell’autunno 1925 giungo a Parigi e vengo a sapere che Makhno è anche lui a Parigi, e aspetto con impazienza l’occasione di vederlo. Poco tempo dopo ho avuto l’occasione di incontrarlo, era nella sua piccola camera d’albergo dove abitava con sua moglie e suo figlio. L’impressione era totalmente contraria all’immagine che mi sono fatta in precedenza: era un uomo di piccola taglia, dall’aspetto magro, accanto a cui si poteva passare senza notarlo. Più tardi ho avuto l’occasione di incontrarlo spesso. E lui stesso e il suo ruolo nella guerra civile diventavano più comprensibili quando lo si conosceva da vicino.

Avrei detto che l’essenziale del suo essere costituiva il fatto che era e rimaneva un contadino ucraino. Non era affatto un uomo incurante, al contrario, era nel profondo della sua anima un contadino economo, che conosceva perfettamente la vita di campagna e le speranze dei suoi abitanti.

Quando durante la sua prima giovinezza, divenne rivoluzionario e terrorista, esprimeva così lo spirito dominante della sua epoca e del suo ambiente – era figlio di una famiglia numerosa molto povera di un operaio agricolo. Insieme ad alcuni amici, si mise a costruire delle bombe nello stesso recipiente in cui sua madre era solita impastare. Grande fu il suo spavento quando essa vide il recipiente esplodere e saltar fuori dal grande forno. Presto dopo questo piccolo incidente tragicomico, il giovane Makhno compì un attentato contro un funzionario della polizia locale e fu condannato a morte. Ma non aveva che diciassette anni e gli sforzi di sua madre riescono a mutare questa condanna in un imprigionamento a vita. Così egli rimase nella prigione di Butyrki sino alla rivoluzione del 1917.

Ora le prigioni di quest’epoca erano una specie di università rivoluzionaria. Spesso i  giovani vi entravano ignorando quasi tutto delle teorie rivoluzionarie ed è in queste prigioni che essi acquisivano, dai compagni più vecchi e dagli intellettuali, delle conoscenze che mancavano loro. Anche Makhno imparò molte cose in prigione, ma avendo un carattere poco conciliante, era in perpetua lotta con le autorità penitenziarie il che gli valse di essere posto molte volte in cella di rigore e renderlo ancor più amareggiato. Mi sembra che dalla prigione di Butyrki egli abbia portato una certa dose di ostilità nei confronti degli intellettuali, verso cui manifestava anche un certo grado di gelosia. C’era in lui una vera e sana sete di sapere e una stima verso quest’ultimo, Raccontava spesso la leggenda diffusa in Ucraina su questo soggetto: sembra che una volta, ricevendo una delegazione di ferrovieri, Makhno avesse detto loro di non averne più bisogno, perché aveva intenzione di sostituire le ferrovie con dei “tatchankis” (carrette in uso in Ucraina). Guarda che delinquenti! cos’hanno inventato, si indignava.

È entrato a Butyrki nel 1908 o 1909 e verso il 1914 aveva già avuto il tempo di ascoltare molte cose e riflettere molto. Quando la guerra scoppia nel 1914, la maggior parte dei prigionieri politici di questa prigione sono diventati sostenitori della difesa nazionale; allora Makhno aveva composto da sé un volantino disfattista e l’aveva lanciato attraverso la prigione. Questo volantino cominciava con le eparole: “Compagni, quando la smetterete di essere dei cretini?”. Questo foglio ha avuto una certa risonanza e dei veterani della rivoluzione, come il socialista rivoluzionario Minor hanno iniziato la loro piccola inchiesta per sapere chi ha osato redigere quell’appello. Quest’episodio mi è stato raccontato dallo stesso Makhno e confermato dal suo compagno di prigione, Piotr Archinov.

La rivoluzione di febbraio 1917 ha aperto le porte anche per questo prigioniero che si trova anche in libertà all’età di venticinque anni. Armato di un certo bagaglio intellettuale conquistato all’università rivoluzionaria di Butyrki. Rimane molto poco a Mosca e si sbriga a tornare nel suo villaggio nativo di Guliai-Polie dove abitava tutta la sua famiglia, e presto il giovane rivoluzionario si getta nel radioso abisso dell’Ucraina rivoluzionaria.

Gode di una grande autorità tra i contadini del suo villaggio e organizza dei gruppi anarchici tra i contadini del luogo, di modo che quando più tardi cerca di scrivere una storia del movimento makhnovista, è a questi gruppi che riconosce il ruolo di iniziatore dei movimento dei partigiani e nega l’influenza su questo movimento di anarchici dall’esterno. Li chiama “artisti in tournée” e li accusa di non aver dato nulla al movimento. E se, secondo lui, il movimento aveva lo stesso un carattere anarchico, questo ruolo gli era dato personalmente da lui Makhno e dai gruppi di contadini organizzati da lui.

Makhno era un uomo onesto che desiderava il bene del popolo o fu un elemento fortuito capitato casualmente nella mischia? Credo che la sua benevolenza sociale fu sincera e fuori di dubbio. Era un politico dal talento innato e si lanciava in stratagemma che erano spesso sproporzionate con le sue conoscenze politiche limitate. Tuttavia credo che nel ruolo di vendicatore popolare egli fu perfettamente al suo posto. In quanto alla questione di sapere ciò che lui e la sua classe volevano e speravano, ciò era in effetti il punto debole del movimento makhnovista. Ma questo punto debole era comune a tutta la Russia contadina dei diversi campi. Essi volevano la libertà, la terra, ma come utilizzare queste due cose, era più difficile da stabilire. Questo stesso punto debole spiega in parte il fatto che il contadino russo non ha saputo più tardi opporsi risolutamente alla nuova servitù introdotta da Stalin.

Mi ricordo come Nestor Makhno espresse una volta in mia presenza un sogno che avrebbe voluto vedere realizzato. Era nell’autunno 1927, durante una passeggiata nel bosco di Vincennes. Il tempo era stupendo. Senza dubbio l’ambiente della campagna aveva poetizzato il suo stato d’animo e improvisò il suo racconto sogno: Il giovane Mikhnienko (il vero nome di Makhno) ritorna nel suo villaggio natale di Guliai-Polie e comincia a lavorare la terra e condurre una vita regolare e pacifica, si risposa con una giovane del villaggio. Il suo cavallo è buono, i finimenti anche. La sera torna lentamente con sua moglie dalla fiera dive sono andati a vendere il loro raccolto. Ora stanno per portare dei regali acquistati in città. Era talmente appassionato dal suo racconto che aveva del tutto dimenticato di non essere a Guliai-Polie, ma a Parigi, che non aveva né terra né casa ne moglie. In realtà, non viveva con sua moglie in quegli anni, o più esattamente, non viveva di nuovo poù, perché essi si separarono diverse volte e si rimettevano di nuovo insieme. Dio solo sa per quale ragione. Erano estranei l’uno l’altra moralmente e forse anche fisicamente. In questo periodo lei non lo amava certamente più e chissà se lo aveva mai amato. Era un’istitutrice ucraina, imparentata piuttosto con il movimento petlouriano, e non aveva nulla in comune con il movimento rivoluzionario.

Ho letto da qualche parte che Makhno divenne rivoluzionario per l’influenza di una istitutrice che dopo divenne sua moglie. È una pura invenzione. Sua moglie Galina Kouzmienko, l’aveva conosciuta quando egli era già il batko Makhno; era tentata dal ruolo di moglie dell’ataman onnipotente dell’Ucraina. Non era d’altronde l’unica donna che faceva la corte al batko. Quando era a Parigi mi raccontò che durante questo periodo della sua vita, le persone strisciavano davanti a lui e avrebbe potuto avere non importa quale donna, perché grande era la sua gloria, ma che in realtà, non aveva tempo da dedicare alla sua vita personale. Me lo raccontava per rifiutare la leggenda delle orge che sarebbero state organizzate a lui e per lui. Volin nel suo libro racconta le stesse fandonie. In realtà Makhno era un uomo vergine o piuttosto puro. In quanto ai suoi rapporti con le donne, direi che in lui si combinavano una specie di semplicità contadina e un rispetto per la donna, peculiare agli ambienti rivoluzionari russi dell’inizio del secolo. A volte si ricordava con un rimpianto sincero della sua prima moglie, una contadina del suo villaggio natio che aveva sposato dopo la sua liberazione nel 1917. Ha anche avuto un bambino da questo matrimonio, ma durante l’occupazione tedesca si nascondeva altrove e la moglie, informata da qualcuno che era stato ucciso, si sposò di nuovo. Il figlio era morto e non si sono più incontrati.

Sulla sua guancia destra Makhno aveva un’enorme cicatrice che arrivava sino alla bocca. È stata la sua seconda moglie a fargliela nel tentativo di ucciderlo mentre stava dormendo. Accadde in Polonia, e sembra che la cosa fosse in rapporto ad una storia che essa avrebbe avuto con un ufficiale petlouriano. Ignoro quale sia stata la causa immediata di questo atto. Molto spesso davanti a tutti, faceva del tutto per comprometterlo e ferirlo moralmente. Una volta in mia presenza, disse a proposito di una persona “era un vero generale, non come Nestor“, volendo evidenziare il fatto che non lo considerava come tale. Eppure lei sapeva che durante la presenza di Makhno in Romania, il governo rumeno gli rese degli onori corrrispondenti a questo rango.

A Parigi Galina Kouzmienko lavorava a volte come domestica a volte come cuoca e considerava che la natura l’aveva creata per una vita migliore. Nel 1926-1927 aveva scritto a Mosca chiedendo al governo di poter entrare in Russia. Per quanto ne sappia Mosca ha respinto questa richiesta. Mi sembra che successivamente viveva di nuovo maritalmente con Makhno. Non credo le abbia perdonato questa richiuesta, credo piuttosto che hanno agito entrambi in virtù di una debolezza morale.

Dopo la morte di Makhno, è diventata mogli di Volin e insieme a quest’ultimo, aveva la più grande bruttura morale: entrambi hanno rubato da sotto il cuscino mortuario di Makhno il suo diario e lo hanno fatto sparire. Ora questo diario Makhno lo aveva scritto durante il periodo della sua emigrazione e vi affidava le sue opinioni suoi suoi compagni di idee e sulla loro attività: posso affermarlo, perché nel 1832 Makhno mi ha fatto sapere che avrebbe voluto avere la mia opinione su un episodio di cui ero stata testimone, ciò per verificare l’esatezza di quanto aveva scritto nel suo diario. Sembra che durante l’occupazione tedesca in Francia, Galina Kouzmien[ko era diventata intima con un ufficiale tedesco e poi è andata con sua figlia a Berlino dove è stata uccisa

NOTE

 

1 Osservazione: Ida METT scriveva abitualmente in russo. Questo testo è stato scritto originalmente in francese.

2 In: Le Monde libertaire.

LINK:

http://www.theyliewedie.org/ressources/biblio/fr/Ida_Mett_-_Souvenirs_sur_Makhno.html

Souvenirs sur Nestor Makhno

 

IDA METT

[Traduzione di Ario Libert]

 

 

Berlin où elle a été tuée pendant un bombardement. Il se peut que ce n’est pas vrai non plus et qu’elle vit encore quelque part, peut-être même en Russie.

Makhno aimait sa fille passionnément. Je ne sais pas quels étaient leurs rapports à la fin de sa vie, mais quand sa fille était petite et se trouvait sous sa surveillance, il satisfaisait tous ses caprices ; mais parfois, étant énervé il la battait après quoi il était presque malade à l’idée même qu’il l’avait battue. Il rêvait qu’elle devienne une intellectuelle. J’ai eu l’occasion de la voir après la mort de Makhno ; elle avait dix-sept ans et ressemblait physiquement beaucoup à son père, mais elle ne connaissait pas grand-chose sur lui et je ne sais pas si elle était très curieuse de le connaître.

Quant aux rapports de Makhno avec Voline, je peux certifier que non seulement il n’aimait pas Voline, mais qu’il n’avait pour lui aucune estime le considérant comme un homme sans valeur et sans caractère. Il me disait plusieurs fois qu’en Ukraine Voline s’empressait à faire des courbettes auprès de lui et n’osait jamais exprimer une opinion indépendante en présence du batko. Ainsi dans l’état-major makhnoviste fut exécuté un envoyé des rouges, un certain Polonski. Certains membres de l’état-major en furent mécontents. Et voilà que vient de quelque part Voline. On lui raconte cet épisode, mais lui en réplique ne fit que demander : et batko est-il d’accord? Si oui je ne veux même pas discuter la question. Il se trouvait que Makhno était dans la chambre voisine et dans un état de semi-ivresse. En entendant la conversation il entra dans la chambre où se trouvait Voline et lui dit : alors tu es d’accord qu’on avait fusillé un homme sans avoir demandé pour quelle raison il fut exécuté? Et même si le batko était d’accord, ne pouvait-il pas se tromper, et s’il était ivre quand il l’a fait fusiller, alors quoi? Voline n’osa plus rien dire. Par contre à Paris, quand Makhno vivait dans la miSère et dans l’abandon, tout le monde critiquait son passé et son activité en Ukraine, tandis que là-bas les mêmes gens ne trouvaient pas de courage pour exprimer leur opinion. Makhno était assez intelligent pour s’en rendre compte, et payait aux auteurs de ces critiques par une haine implacable. Par ailleurs, quand on lui disait la vérité franchement il semblait être offensé, mais je suis sûre qu’au tréfonds de son âme Makhno estimait de telles gens, car il était capable à une certaine objectivité. Cependant de mon expérience personnelle j’aurais pu déduire le contraire : ainsi il m’est arrivé une fois de copier à la machine ses mémoires. Au cours de ce travail j’ai constaté que des données d’un intérêt historique véritable ont été mélangées avec des textes des discours de meetings prononcés durant les premiers mois de la révolution, ne contenant rien d’original et ne méritant donc pas d’être cité. Qui et comment les avait-on enregistrés en 1917 pour pouvoir être cités textuellement? En ce temps on a prononcé de tels discours par milliers. Je n’ai pas manqué de dire à Makhno que quoique ses mémoires soient très intéressantes, on ne peut pas de cette manière écrire un livre, qu’ il faut choisir les faits et documents les plus importants et les concentrer pour pouvoir en faire un seul livre, tandis que lui avait déjà écrit deux, et avec ça il n’était pas encore arrivé jusqu’au mouvement makhnoviste lui-même, c’était toujours encore les préliminaires. Il m’a écouté attentivement, mais n’a jamais suivi mon conseil. Il est vrai que je n’étais pas grande diplomate : je lui ai dit – vous êtes un grand soldat, mais pas un grand écrivain. Demandez quelqu’un de vos amis, par exemple, Marie Goldsmith de concentrer vos mémoires. Mais non seulement qu’il n’avait pas suivi le conseil, mais il ne m’a jamais pardonné d’avoir donné celui-ci. Il se peut cependant que les dernières années de sa vie il se rappela de mon conseil, car il arriva malheureusement ce que j’ai prévu son livre sur le mouvement makhnoviste n’a Jamais été écrit. En effet un ami français avait proposé à Makhno une aide matérielle pour qu’il puisse écrire ses mémoires, mais vu qu’on ne prévoyait pas la fin de ce travail, l’ami avait coupé l’aide. Alors Makhno était obligé de gagner sa vie et les mémoires n’ont évidemment pas été terminées. Plus tard il vivait dans une misère terrible qui ne le disposait pas à écrire.

Makhno était-il antisémite? Je ne le pense pas du tout. Il croyait que les Juifs étaient un peuple capable et intelligent, peut-être était-il quelque peu jaloux d’eux, mais il n’y avait pas d’animosité dans ses rapports avec les Juifs qu’il connaissait. Il était capable d’être ami d’un Juif sans aucun effort de volonté. Quand on l’accusait d’antisémitisme, cela l’offensait terriblement et le rendait triste, car il était trop lié dans son passé avec l’idéologie internationaliste pour ne pas sentir toute l’importance d’une telle accusation. Il était fier d’avoir fait fusiller l’ataman Grigoriev et considérait que tous les bruits concernant les pogromes qu’auraient soi-disant commis les makhnovistes n’étaient que d’odieuses inventions.

Quand je me demandais pourquoi un homme comme Makhno avait tout d’un coup acquis à son époque une telle puissance, je me l’expliquais surtout par le fait qu’il était lui-même chair de la chair de la paysannerie ukrainienne et aussi parce qu’il était un grand acteur et devant la foule il se transformait et devenait méconnaissable. Au cours des petites réunions il ne savait pas s’expliquer, c’est-à-dire, que sa manière solennelle de s’expliquer était ridicule dans une ambiance intime. Mais il suffisait qu’il apparaisse devant un grand auditoire que l’homme devenait un grand orateur, éloquent et sûr de lui-même. Ainsi j’ai eu l’occasion de le voir à une réunion publique organisée à Paris par le club du Faubourg où l’on discutait la question de l’antisémitisme dans le mouvement makhnoviste. En l’écoutant et surtout en le voyant j’ai compris la force de transfiguration que possédait ce paysan ukrainien.

Il y avait cependant un autre trait de caractère qui expliquait sans doute son influence sur la masse, c’est son courage physique. Archinov affirmait encore à Paris, malgré qu’il lui était plutôt hostile, que sous les balles Makhno se promenait comme un autre se promène sous la pluie ; Archinov considérait ce courage comme une espèce d’anomalie psychique.

Pendant les années d’émigration Makhno était atteint d’une maladie propre aux anciens hommes illustres, qui d’habitude sont incapables de se réhabituer à la vie simple et aux conditions ordinaires. Il semblait qu’il était embêté quand personne ne parlait de lui, et il donnait des interviews aux journalistes de toutes sortes en sachant parfaitement l’hostilité de la plupart des partis et des hommes envers lui. Une fois un journaliste ukrainien quelconque l ‘avait demandé à interviewer, et c’était par mon intermédiaire. Je lui ai déconseillé de donner cette interview en prévoyant que le journaliste allait défigurer tout et que lui Makhno n’aurait aucune possibilité de défendre ses droits. Mon conseil n’était évidemment pas suivi et le journaliste avait publié ce qu’il avait trouvé commode pour lui et pas du tout ce que lui a dit l’ancien batko. Makhno rageait, mais je ne pense pas que ce cas lui serait de leçon.

Aurait-il pu devenir de nouveau un petit homme inconnu? Il rêvait certainement de cela (c’est-à-dire) de devenir un simple paysan ukrainien, mais je pense qu’il était pour toujours arraché d’une pareille vie.

Je me souviens qu’un jour nous avons parlé avec lui au sujet des carrières des généraux soviétiques Boudienny et Vorochilov. Makhno avait pour eux une estime professionnelle ; il me semblait même qu’il était en quelque sorte jaloux de leur carrière. Il n’est pas exclu que dans son cerveau rôdaient, sans le vouloir, des idées qu’il aurait pu lui aussi être un général de l’armée rouge. Cependant lui-même ne me l’a jamais dit. Au contraire, durant cette conversation il me disait que s’il retournait en Russie il aurait dû commencer à apprendre l’A.B.C. de l’art militaire régulier. Il faut considérer cette conversation comme un rêve exprimé oralement. Cependant je suis sûre que s ‘il retournait en Russie il n’aurait pas pu rester deux jours sans rompre et se disputer avec les gouvernants, car au fond de son âme il était honnête et n’aurait pas pu se soumettre ni aux autorités hiérarchiques ni au mensonge social.

Makhno a connu de son vivant la collectivisation en Russie, mais j’ignore ce qu’il en pensait.

Makhno avait-il vraiment une croyance en l’anarchisme dont il se réclamait comme adepte? Je ne le crois pas. Il avait plutôt une espèce de fidélité aux souvenirs de sa jeunesse, quand l’anarchisme signifiait une croyance que tout peut être changé sur la terre et que les pauvres ont droit aux rayons de soleil. Les anarchistes que Makhno connaissait en Russie pendant la révolution, il les désapprouvait aussi bien parce qu’ils lui semblaient incapables et aussi parce qu’ils venaient dans la makhnovchtchina comme théoriciens en se montrant inférieurs comme courage à ces simples paysans ukrainiens qui peuvent donner à n’importe qui la leçon de courage corporel. Chez Kropotkine il critiquait âprement son patriotisme de 1914. J’aurais pu résumer en disant qu’il sentait parfaitement le manque de coordination de la pensée anarchiste avec la réalité de la vie sociale.

Makhno était-il un ivrogne comme le décrit Voline? Je ne le crois pas. Durant trois années à Paris je ne l’ai jamais vu ivre, et je le voyais très souvent à cette époque. J’ai eu l’occasion de l’accompagner en qualité d’interprète aux repas organisés à son honneur par des anarchistes étrangers. Il s’enivrait du premier petit verre, ses yeux brillaient et il devenait éloquent, mais vraiment ivre je ne l’ai jamais vu. On m’a dit que les dernières années de sa vie il avait faim, se laissa aller et peut-être à ce moment a-t-il commencé à boire, cela ne me semble pas exclu Mais en général à son organisme malade et affaibli il suffisait quelques gouttes d’alcool pour le rendre ivre. Etant ataman il a dû boire dans la même mesure que le fait un paysan ukrainien dans la vie quotidienne.

Comme un trait négatif de son caractère j’aurais pu indiquer son extrême incrédulité et sa méfiance, quoi que je ne pourrais pas affirmer que ces traits ne sont pas un résultat pathologique de son activité militaire pendant la guerre civile. Il était capable parfois de soupçonner même ses amis les plus proches. Aussi il arrivait que dans ses relations personnelles il n’était pas capable de distinguer entre les choses importantes et les petits détails.

Savait-il se reconnaître entre ses amis et ses ennemis? Je pense que quelque part intérieurement il savait les distinguer, mais à cause de son caractère acariâtre il était capable de se disputer avec des gens lui voulaient du bien. Son journal intime après sa qui mort est tombé entre les mains de deux de ses ennemis sa femme et Voline. Malgré sa méfiance il ne pouvait tout de même pas s’attendre à une pareille catastrophe.

 

Paris, février 1948

 

 

IDA METT

[Traduzione di Ario Libert]

 

 

NOTE

 

1 Osservazione: Ida METT scriveva abitualmente in russo. Questo testo è stato scritto originalmente in francese.

2 In: Le Monde libertaire.

LINK:

http://www.theyliewedie.org/ressources/biblio/fr/Ida_Mett_-_Souvenirs_sur_Makhno.html

Souvenirs sur Nestor Makhno