Domenica 6 marzo incontro su Devastazione e Saccheggio in Panetteria Occupata, Milano

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Devastazione e saccheggio

Sul reato di “devastazione e saccheggio”, cui fanno
sempre più ricorso le procure di tutta Italia per azzittire le manifestazioni di piazza, e a come contrastarne gli effetti, si è sviluppata una discussione da molte parti, soprattutto in relazione ai processi per questo reato costruiti sulle manifestazioni di Roma (15 ottobre 2011), Cremona (24 gennaio 2015) e Milano (1° maggio 2015). Riportiamo di seguito alcuni brani di testi e comunicati circolati.
Per l’incontro-assemblea-discussione prevista per il 20 aprile a Milano l’idea è quella di
una sincera, franca, discussione tra compagni, che parta dagli elementi critici per imma-
ginare insieme delle vie d’uscita. In questo senso non crediamo che ci sia bisogno di
interventi, come dire, “da relatori”, parliamo di situazioni che, bene o male, tutti abbia-
mo conosciuto o già ascoltato. Ci sembra più interessante discutere insieme, ognuno a
partire dalle proprie esperienze, le difficoltà incontrate e i punti di forza individuati.
[…] Di assemblee e prese di posizione intorno al reato di devastazione e saccheggio,
applicato a momenti ed eventi che riguardano l’agire dei compagni, ce n’è state tante.
Così come tante sono state le campagne messe in campo contro il reato di devastazio-
ne e saccheggio. Apparentemente, dunque, dovremmo essere molto ferrati e al tempo
stesso averne tratto degli insegnamenti o degli strumenti. Invece, ogni volta che scen-
de in campo il reato di devastazione e saccheggio sembra sempre di ripartire daccapo.
Ci siamo chiesti il perché e ci piacerebbe darci insieme una risposta.
Al tempo stesso salta all’occhio che spesso i processi dove viene imputato questo reato
sono tristemente noti per condotte processuali scomposte e contraddittorie, incentrate
spesso sul “si salvi chi può” a discapito della coerenza che ci dovrebbe contraddistin-
guere. Come mai? Possiamo liquidare la questione pensando che sia solamente dovuto
ad una debolezza della solidarietà esterna, oppure giudicandola esclusivamente come
una responsabilità individuale dell’imputato?
Ci siamo soffermati poi sui momenti di lotta, colpiti poi dalla repressione con il famige-
rato 419. Ci è parso che, reagendo all’arrivo della repressione, si dimentichi la gioia pro-
vata durante quei momenti, la forza che se ne era sentita, per passare ad un non trop-
po ragionato ridimensionamento: l’argomentazione della sproporzione della pena non
deve essere direttamente collegata al ridimensionamento dell’evento. Dire che è esage-
rato applicare il 419 per i fatti del primo maggio non vuol dire, allo stesso tempo, che il
primo maggio è successo “poco o niente”.
Il 419 nasce per colpire episodi di massa e di piazza, una resistenza ed un danneggia-
mento di massa che mette in pericolo l’ordine pubblico. E’ così folle dire che l’agire di
ogni compagno vive la tensione di arrivare ad episodi di resistenza e di massa che
vogliano mettere in discussione l’ordine delle cose? Se questo è vero, il reato di deva-
stazione e saccheggio, si pone ad ostacolo dei sogni e delle tensioni di ciascuno di noi.
Allora perché quando qualcosa di simile accade, anche se in una dimensione assoluta-
mente minore, di fronte all’intervento repressivo diventa difficile riportare la gioia della
rivolta, la sua forza e si riscontrino tutte le difficoltà individuate?
Di questo, ci piacerebbe parlare con altri compagni e compagne. Da questi nodi, inizia-
li e semplici, ci piacerebbe partire, andando a scovare se, a partire da queste criticità e
difficoltà si possano scovare nuovi e più affilati strumenti per portare avanti la solidarie-
tà, le nostre lotte e il nostro agire quotidiano, senza mai fare un passo indietro, senza
lasciare nessuno indietro.
***
PER UNA GIORNATA DI MUSICA E LOTTA ATTORNO AL CARCERE DI S. VITTORE
La campagna SCATENIAMOLI nasce in seguito agli arresti del 12 novembre per i fatti
della manifestazione NoExpo del primo maggio; il progetto include la creazione di una
cassa di solidarietà, l’organizzazione e il coordinamento di vari benefit in giro per l’Italia
e l’apertura di un blog (all’indirizzo scateniamoli.info). Si vuole inoltre mantenere viva
l’attenzione su tutti i procedimenti ancora in corso in cui il reato di devastazione e sac-
cheggio è stato utilizzato come strumento repressivo di piazza.
La prima udienza del processo è in data ancora da destinarsi, ma urge un incontro fac-
cia a faccia per parlare di proposte concrete su come agire insieme prima e durante il
processo. Sicuramente c’è la necessità di tornare in piazza, soprattutto a Milano dove,
per la seconda volta in 10 anni, le procure tornano a combattere il nostro dissenso uti-
lizzando l’accusa di devastazione e saccheggio.
La proposta di Scateniamoli è un presidio itinerante il 2 aprile attorno alle mura del car-
cere in cui, anche attraverso la musica e l’arte, lotteremo per la liberazione dei nostri
compagni. La data è stata scelta, oltre che in avvicinamento al processo, come tappa
intermedia per iniziare a lavorare su un percorso comune in vista del I maggio 2016 in
cui intendiamo portare in piazza forte e chiara la tematica degli arresti del 2015 e di
devastazione e saccheggio. Sulle modalità di organizzazione dell’evento ne discuteremo
assieme a partire dal primo incontro che si terrà il 25 febbraio in torchiera alle 21.
da autistici.org/mailman/listinfo/scateniamoli
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DALL’ESPERIENZA DI UN COMPAGNO, COLPITO DAL PROCESSO CONTRO LA MANIFE-
STAZIONE DEL 15 OTTOBRE 2011 A ROMA
Carissimx compagnx, mi chiedete un contributo, anzi un consiglio su come comportarsi
in caso si venga accusati del reato fascista di devastazione e saccheggio ed eccomi subito a rispondervi. Inizio questa lettera dicendovi che sono contento che tra diversi collettivi e compagnx vi siate attivati per affrontare il suddetto reato; spero vivamente che
vengano messe in campo azioni efficaci, oltre che strategie comuni, affinché si arrivi
finalmente ad un fronte unitario che si opponga seriamente a questa deriva repressiva.
Ho letto degli ultimi arresti dei compagni che hanno partecipato alla grande giornata del
1° Maggio di Milano e ho rivissuto un po’ quello che accadde a noi: tanta solidarietà ma
poca lucidità politica.
Penso che come prima cosa dovremmo pianificare tutte le mosse da mettere in campo,
evitando quindi di arrivare come nel nostro caso a condanne pesantissime distribuite nel
silenzio più totale. A Roma all’ultimo grado di giudizio in Cassazione c’erano 4 solidali…
Ma non voglio ora concentrarmi o puntare l’indice contro il movimento, a pensarci bene
le maggiori responsabilità di come è andato a finire tutto, le abbiamo avute proprio noi,
che ci siamo fidati ciecamente dei legali.
L’inesperienza, il provenire da un contesto periferico e appunto la nostra ingenuità hanno
creato le condizioni perfette per i nostri accusatori di farci il culo. Cosa che al contrario
non è avvenuta contro i compas “No Tav” i quali, grazie alla grande mobilitazione e scel-
te professionali azzeccate, sono riusciti a limitare i danni. In culo alla procura di Torino!
Ho fatto questa introduzione per rispondere alle vostre domande: come comportarsi se
si viene accusati di devastazione e saccheggio?
Il mio primo consiglio è di non scegliere mai il rito abbreviato – così come abbiamo fatto
noi. Vi dico ciò perché in pratica ci si quasi autoaccusa. Sì, il processo si baserà sulle
prove che hanno in mano i giudici senza la possibilità di poterne acquisire altre, però,
essendo i processi mediatici, la certezza è che distribuiranno ugualmente pene altissi-
me, anche se le suddette prove sono misere.
Inoltre, tale rito fa in modo che la sentenza arrivi nel giro di poco tempo ed è certo che
l’opinione pubblica condizioni i giudici.
Scegliere il rito ordinario, al contrario, dà la possibilità di far sbollentare il clima e quin-
di giocarsela meglio.
Altra cosa fondamentale è che se scegli l’abbreviato, essendo la custodia cautelare pre-
vista dal reato pari ad un anno, è quasi sicuro arrivare a condanna definitiva senza mai
aver messo piede fuori. E’ successo al filone dei teramani, in 3 anni 3 gradi, e sono stati
sempre reclusi. Se fai il rito ordinario passano anni solo per primo grado, dopo un po’ ti
scarcerano. Quindi non fatevi prendere dall’allettante condizione di avere uno sconto
pari ad 1/3 della pena che il rito abbreviato dà, perché è certo che per dare l’esempio
chiederanno condanne superiori ai 10-12 anni (da scontare poi di 1/3), mentre con l’or-
dinario le richieste saranno massimo di 8-9 anni che poi, magari, il giudice dimezza ren-
dendosi conto dell’assurdità. Il rito abbreviato è un’arma a doppio taglio insomma.
Spero di essermi fatto capire.
Inoltre, e questa cosa la dico a chi ha a cuore i compas di Cremona e Milano, è impor-
tante dare a tutti gli indagati lo stesso pool di avvocati altrimenti accade ciò che ho letto
di recente: fraintendimenti controproducenti. La linea di difesa e di attacco legale deve
essere comune! Noi abbiamo fatto tutto il contrario di ciò che vi ho scritto e l’abbiamo
pagata cara…
Oltre a ciò credo che dobbiamo tutti noi presidiare sempre i processi e fare tanta con-
troinformazione. Questo è il mio pensiero sulla scelta del rito.
A livello di lotte propongo di avviare una campagna nazionale contro tale reato in modo
da sbattere in faccia, a chi si ricorda di essere antifascista solo il 25 aprile, che a distan-
za di 70 anni i metodi repressivi attuali sono gli stessi del ventennio.
Pensate ad una cabina di regia coordinata che blocchi tutte le celebrazioni della libera-
zione con uno striscione uguale per tutti e azioni determinate.
Per i compagni “No Tav” si è riusciti a spostare il peso della bilancia dalla nostra parte.
Ho letto molto attentamente l’opuscolo “Sui processi”, è un ottimo scritto che mi ha
aperto la testa su diversi aspetti e che mi ha anche fatto capire come il nostro proces-
so sia stato affrontato nel peggior dei modi possibili.
Vedo che fuori si iniziano a capire determinate cose, cose su cui io mi sono sgolato, e
spero che finalmente ci si inizi a muovere in modo ordinato e strategico.
Sul processo di rottura non ho mai fatto alcuna mia riflessione. Anzi è la prima volta che
tale pratica “difensiva” ha per me una terminologia.
Senza ombra di dubbio è la più coerente fra le scelte processuali per chi ha un ideale
politico, ma sappiamo che spesso tra i compagni arrestati ci sono tanti “civili”. E come
convincere un “civile” a sposare tale linea? La prima cosa che salta in mente a chi viene
arrestato è di uscire e limitare i danni. Pertanto il ragionamento che state avviando va
diffuso il più possibile. Non può restare tra i detenuti o tra chi è del giro. Dopo anni vedo
qualcosa di serio e sono felice che finalmente le realtà metropolitane tornino a prende-
re in mano la situazione.
Il mio consiglio è di lanciare una campagna nazionale in modo che in tutti i territori si
discuta dei contenuti dell’opuscolo, e quindi creare un “apparato legale” che intervenga
immediatamente dove vengono mosse le accuse di devastazione e saccheggio – associazione sovversiva – concorso morale, ma anche – fogli di via- “sorveglianza speciale” ecc.
Un “soccorso legale” per chi viene accusato dà molta fiducia e ci si sente un po’ più al
sicuro. Ecco perché vi dico di non fermarvi e di non limitarvi a parlarne tra quelli del
“nostro giro”. Alzate il livello e puntate in alto. Sulla solidarietà si può ricostruire il movi-
mento e, ricordatevi che siamo noi a considerare il nostro nemico così forte.
Vi mando un saluto a pugno chiuso. 15 ottobre 2011: in ogni caso nessun rimorso!