La riproduzione artificiale dell’umano: capitolo 1
Traduzione della prima parte del libro: ” La reproduction artificielle de l’humain” di Alexis Escudero, da www.piecesetmaindoeuvre.com
Introduzione
Fine 2012, inizio 2013. Il dibattito sul matrimonio omosessuale occupa la scena politica e mediatica francese. Cortei, magniloquenza, dibattiti senza fine all’assemblea nazionale, diatribe nei giornali e nelle trasmissioni televisive proseguono per mesi. Chiasso alimentato dal governo socialista appena eletto per distogliere l’opinione pubblica dalla sua politica economica.
Oltre al matrimonio omosessuale, collettivi e associazioni LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) impongono nel brusio l’ estensione del diritto alla procreazione medicalmente assistita (PMA) alle coppie lesbiche. L’inter-LGBT lo mette al centro della campagna presidenziale. La PMA, finora riservata alle coppie eterosessuali medicalmente infertili, diventa una condizione imperiosa dell’uguaglianza tra omosessuali ed eterosessuali. Il dibattito è volontariamente ridotto a questa falsa simmetria.
Il ricatto paga e la parola d’ordine è ripresa da tutta la sinistra. Vediamo emergere il collettivo “Sì, sì, sì”- Sì al matrimonio, sì alla filiazione, sì alla PMA. Dal partito socialista all’area anarchica, dalla molto istituzionale inter-LGBT alle femministe queer del pink bloc, dagli eco tecnocrati di Europa Ecologia – I Verdi ai “mélenchonistes” del Fronte di sinistra (Mélenchon ne è il fondatore): tutti riprendono l’ultimo grido della nostra epoca:“La PMA per tutti e tutte!”. In poche settimane quest’ultima è istituita a norma. Diventa il marcatore identitario di una sinistra che pensa a distinguersi dalla destra in ambito sociale ed economico. Chi-non-sostiene-la-P-M-A-non-è-di-sinistra-sì-sì! Forti di quest’ unisono, membri del governo, azionisti del giornale “Le Monde”, militanti gay e femministe liberali si uniscono per rivendicare la legalizzazione della gestazione per altri (GPA), cioè delle madri sostitutive.
Nello stesso momento, nelle strade e nelle trasmissioni televisive, la “manif pour tous” (la manifestazione per tutti), un movimento sociale eterogeneo molto partecipato, guidato da Frigide Barjot, si oppone al “mariage pour tous” (matrimonio per tutti). Riunisce cattolici, militanti e cittadini di destra, difensori della famiglia, omosessuali contrari al matrimonio. Ai suoi margini, nazisti, militanti di estrema destra e cattolici integralisti, uniti sotto le bandiere di Civitas e della Primavera francese di Béatrice Bourge. La destra istituzionale li sostiene, non perchè Copé o Fillon (dirigenti della destra) siano ferventi difensori della famiglia. I liberali di destra hanno un unico valore: il denaro. Rivendicano la difesa della famiglia soltanto per adescare il popolo di destra, imbarazzare la sinistra al potere e approfittare delle ricadute elettorali di un movimento che non hanno fondato. Centinaia di migliaia di persone manifestano sotto le bandiere blu-bianche-rosa. Anche se non tutti i manifestanti sono omofobi, molti di quelli che protestano contro il matrimonio, l’adozione omosessuale, la PMA o la GPA sfilano in realtà contro l’omosessualità.
Le autorità del Partito Progressista controllano tanto meglio le loro truppe dato che queste ultime non gli oppongono alcuna volontà di pensare con la propria testa. Chiunque critichi il matrimonio omosessuale o la PMA «fa il gioco della destra». Chiunque critichi il regime sovietico fa il gioco dell’imperialismo USA. Marie-Jo Bonnet, ex militante del MLF (Movimento femminista), del FHAR (Fronte omosessuale d’azione rivoluzionaria) e cofondatrice delle «Gouines Rouges», nel 1971 ha preso il rischio:«Nessuna argomentazione di sinistra può esprimersi contro il matrimonio. Se si è di sinistra, si deve unanimemente essere favorevoli al matrimonio, il che significa la parità dei diritti e il riconoscimento dell’omosessualità. I suoi avversari, invece, sono per forza di destra, reazionari e omofobi. Le posizioni sono talmente sentenziate che abbiamo l’impressione che il dibattito riguardi molto più l’omosessualità, e più esattamente i gay, che il matrimonio, cioè l’aspirazione di una piccola parte della comunità all’assimilazione, integrandosi alla norma piccolo- borghese della rispettabilità coniugale e familiare[1]».
Stessa cosa per la PMA. C’è qualcosa di rivelatore nella rapidità con cui la sinistra riprende questa rivendicazione. Dibattito sull’ argomento: niente. Nulla. Nada. Come se essere di sinistra e sostenere la riproduzione artificiale dell’umano procedessero necessariamente di pari passo.
L’inseminazione esercitata a domicilio con lo sperma di un amico non è la PMA. Per la prima occorrono soltanto un barattolo e una siringa. Solleva essenzialmente la questione dell’accesso alle origini per il bambino, ovvero dirgli chi è suo padre. La PMA invece, esercitata in laboratorio, sottomette le coppie alla perizia medicale, trasforma la procreazione in merce, mette gli embrioni in balia del biologo e porta alla loro selezione: l’eugenismo. Ed è la PMA che rivendicano la sinistra e il movimento LGBT.
Le rare persone considerate «di sinistra» che hanno avuto posizioni discordanti sull’argomento sono state o ignorate o accusate di fare il gioco della destra e dei reazionari. Come Sylviane Agacinski, che denuncia da anni la gestazione per altri e il business della riproduzione artificiale nei termini in cui dovrebbero parlare tutti i militanti di sinistra[2] – se si crede che la sinistra si opponga alla commercializzazione del corpo e di tutti gli aspetti della vita. I tre ecologisti ispirati da Jacques Ellul e Ivan Illich che hanno espresso la loro opposizione hanno avuto la stessa sorte. Possiamo discutere della loro idea di natura, ma dobbiamo discutere anche delle loro critiche alla PMA, completamente ignorate dai progressisti: disumanizzazione, onnipotenza degli esperti, fuga in avanti tecnologica, negazione dell’altro e atomizzazione degli individui nel capitalismo globalizzato[3]. Aggiungiamo che, anche se i loro argomenti sono validi, è troppo facile avere ragione troppo tardi, quando tutti gli argomenti sono stati rimuginati da tutti. Altri, che si sono espressi da anni senza trattare esclusivamente della PMA, ci avrebbero permesso di pensarci bene: denuncia delle manipolazioni genetiche, dell’eugenismo scientifico, dell’artificializzazione del vivente, del transumanesimo, della medicalizzazione di tutti gli aspetti della vita. Invano.
Probabilmente l’unanimità in favore della PMA è soltanto apparente e numerose persone a sinistra non si riconoscono in questa innovazione. Ma in politica contano solo le apparenze. I silenziosi hanno torto.
Forte di questo mutismo, le avanguardie della sinistra cibernetica – filosofi postmoderni, transumanisti, postfemministe, medici e biologi specializzati nella procreazione – se la godono. L’omofobia di destra, che sia reale o gonfiata (esistono anche i Gays Libs (associazione omosessuale di destra), una destra omo, una borghesia gay), permette loro di presentare i propri deliri sotto un aspetto emancipatore. Questa sinistra ciber-liberale trasforma la lotta per la libertà individuale in apologia della libertà mercantile. Confonde uguaglianza politica e uniformizzazione biologica degli individui. Sogna un eugenismo liberale, l’abolizione del corpo e l’utero artificiale. Fantastica una postumanità tramite la ri-creazione tecnologica della specie umana. Sotto la maschera della trasgressione e della ribellione c’è soltanto l’adesione entusiasta al tecnocapitalismo.
Per mesi ho sperato di vedere qualcuno esprimere queste evidenze: che la PMA non ha niente a che vedere con la parità dei diritti; che deve essere criticata per quella che è, e non per la sua estensione agli omosessuali; che non abbiamo niente da guadagnare e tutto da perdere a lasciarci imbarcare sulla via della riproduzione artificiale dell’umano. Constatando che chi fa da sé fa per tre, in queste pagine dirò perché i partigiani della libertà e dell’emancipazione (ma essi sono ancora di sinistra?) devono opporsi allo sviluppo della riproduzione artificiale dell’umano. Né per gli omo, né per gli etero: la PMA per nessuno!
[1] Marie-Josèphe Bonnet, Adieu les rebelles, Flammarion, 2014, p. 82-83.
[2] Vedere tra l’altro Sylviane Agacinski, Corps en miettes, Flammarion, 2009.
[3] Vedere tra l’altro :
– Michel Sourouille : <http://biosphere.blog.lemonde.fr/2012/12/20/maries-ou-pas-non-a-la-procreation-medicaleassistee/>;
-Hervé Le Meur :<http://www.piecesetmaindoeuvre.com/spip.php?page=resume&id_article=427> ;
– José Bové : <http://www.lemonde.fr/politique/article/2014/05/05/oppose-a-la-pma-jose-bove-s-attire-les-foudres-deson- parti_4411675_823448.html>.
Capitolo 1
LA STERILITA’ PER TUTTI E TUTTE!
« Il primo che, avendo cinto un terreno, pensò di affermare: questo è mio, e trovò persone abbastanza semplici per crederlo, fu il vero fondatore della società civile. Quanti delitti, guerre, omicidi, quante miserie ed orrori avrebbe risparmiato al genere umano colui che, strappando i paletti e colmando il fossato, avesse gridato ai suoi simili: «Guardatevi dall’ascoltare questo impostore; siete perduti se dimenticate che i frutti sono di tutti, e che la terra non è di nessuno!»
-Jean-Jacques Rousseau,Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini, 1755.
“La comparsa di questi nuovi diritti sociali, branditi come slogan, marchio democratico della società dell’ abbondanza, è quindi sintomatica, in realtà, del passaggio degli elementi interessati al grado di segni distintivi e di privilegi di classe (o di casta). “Diritto all’aria pura” significa perdita dell’aria pura come bene naturale, il suo passaggio a statuto di merce e la sua ridistribuzione ineguale. Non bisognerebbe prendere per progresso sociale obbiettivo (l’iscrizione come “diritto” nelle tavole della legge) quello che è un progresso del sistema capitalista- cioè la trasformazione progressiva di tutti i valori concreti e naturali in forma produttiva, cioè come fonte di : 1- profitto economico 2- privilegio sociale”
-Jean Baudrillard, La società dei consumi, 1970.
«Il declino è stato spettacolare», spiega al Los Angeles Times il dottor Jacob Roben, che dirige la banca del seme Cryobank Israel. «E triste. Vediamo arrivare bei ragazzi per fare un dono ma poi dobbiamo dirgli che la qualità del loro sperma è talmente bassa che potrebbero molto probabilmente tornare ma come clienti».
Secondo Ronit Haimov-Kochman, del reparto di ostetricia dell’ospedale universitario Hadassah a Gerusalemme, la concentrazione degli spermatozoi nelle provette conservate nelle banche del seme israeliane è crollata del 37% in soltanto dieci o quindici anni. «[…] Paghiamo forse il prezzo delle scelte che abbiamo fatto per svilupparci e diventare un paese moderno[1]».
Nel 1992, una squadra di ricercatori danesi diretta dal professor Shakkebaek (endocrinologo e pediatra) pubblica uno studio che fa scalpore nella comunità scientifica. Dimostra che la concentrazione degli spermatozoi nello sperma umano è diminuita di metà tra il 1938 e il 1990, passando da 113 a 66 milioni per millilitri di sperma[2].
Controverso all’inizio, lo studio è ripreso nel 1997 da una epidemiologa americana che ne confronta i risultati con altri studi internazionali. Conferma: la produzione di spermatozoi è in caduta libera in Europa e in America del Nord[3].
E questo crollo non s’è fermato negli ultimi anni. Nel dicembre 2012, un nuovo studio condotto in Francia su più di 26.000 uomini dimostra:«Un ‘declino significativo’ della concentrazione degli spermatozoi nello sperma e della sua qualità tra il 1989 e il 2005 in Francia. […] In questo periodo di diciasette anni (1989-2005), la diminuzione è significativa e continua (1,9% l’anno portando a una riduzione totale del 32,3% della concentrazione […]. Per un uomo di 35 anni, in 17 anni, il numero di spermatozoi è passato da 73,6 milioni/ml a 49,9 milioni/ml in media. D’altronde, lo studio mostra una riduzione significativa, del 33,4%, della proporzione di spermatozoi di forma standard nello stesso periodo[4]».
Un declino con conseguenze dirette sulla fertilità umana, e che spinge sempre più coppie a sollecitare l’aiuto della medicina e delle biotecnologie per fare un figlio. Sappiamo in effetti che il tempo tra l’interruzione della contraccezione e l’inizio della gravidanza si allunga significativamente quando la concentrazione spermica cade sotto i 40 milioni di spermatozoi/ml[5]. Oggi, tra il 18 e il 24% delle coppie non riesce ad avere un figlio dopo 12 mesi di rapporti sessuali senza contraccezione[6]. Per il professor Shakkebaek, che prosegue i suoi studi, «l’abbassamento della qualità dello sperma sembra così frequente che potrebbe ridurre la fertilità e accrescere ancora le domande di procreazione assistita[7]». Secondo due ricercatori dell’ Istituto Nazionale della Sanità e della Ricerca Medica (INSERM), questa riduzione continua della qualità dello sperma, associata all’età sempre più avanzata in cui le donne decidono di avere un figlio, potrebbe provocare a breve termine «un aumento di quasi l’80% d’idoneità all’ AMP [Assistenza Medicale alla Procreazione]. Così che quest’ultima riguarderebbe più di una coppia su cinque contro poco più di una su dieci (11,6%) oggi[8]». Dati confermati da René Frydman, progettista con Jacques Testart del primo bambino in provetta francese: in Francia, « il numero di PMA […] è in costante aumento e raggiungerà i 70.000 tentativi l’ anno».
Come spiegare questo declino della qualità dello sperma? Lo dobbiamo evidentemente allo stile di vita deleterio propagato in tutto il mondo dal capitalismo industriale: obesità, stress, tabagismo e mancanza di attività fisica. Ma questi mali delle società moderne non spiegano tutto. La causa principale è da ricercare nell’inquinamento del nostro ambiente quotidiano. La differenza è che se potete cambiare stile di vita, potete difficilmente astenervi dal respirare l’aria che vi circonda, di bere l’acqua del rubinetto e di nutrirvi.
Secondo un recente studio condotto da ricercatori dell’ istituto Marques di Barcelona:«Quasi sei giovani spagnoli su dieci avrebbero uno sperma di qualità inferiore alle norme dell’ OMS e quindi eventuali problemi di fecondità. […] Lo studio mostra una grande disparità nella qualità seminale secondo le regioni. In Galizia, nel nord-ovest del paese, soltanto l’ 8,5% dei giovani hanno un livello di concentrazione anormalmente basso, contro il 22,7% nella regione di Valencia o in Catalogna. Le alterazioni della qualità dello sperma sono nettamente più alte nelle regioni industrializzate. Per Marisa Lopez-Teijon, co-autrice dello studio, significherebbe che “la contaminazione dovuta ai prodotti di origine industriale ha sulla fertilità maschile un’ influenza maggiore rispetto all’ età, allo stress o al consumo di tabacco, alcol e droga[10]”.
Più recentemente, uno studio condotto in Francia, che ha messo a confronto la qualità dello sperma secondo le regioni, è giunto alle stesse conclusioni:«L’ Aquitaine e il Midi-Pyrénées presentano un declino più marcato della media. […] Gli abitanti [di queste due regioni] non hanno particolari problemi fisici. Questi territori non fanno parte di quelli in cui i tassi di consumo di tabacco o d’alcol sono tra i più importanti. Gli autori ricercano piuttosto la spiegazione nei fattori ambientali. […]
[Queste due regioni] hanno una parte importante della popolazione suscettibile all’ essere esposta a prodotti come i pesticidi, che possono perturbare il funzionamente ormonale. Le loro attività viticole «sono quelle in cui si usano più pesticidi in proporzione alla superficie agricola», precisa Joëlle le Moal [autrice dello studio][11]». Al primo posto tra questi prodotti industriali, colpevoli di alterare le funzioni riproduttive, dell’uomo ma anche della donna, troviamo i perturbatori endocrini: pesticidi [12], massivamente usati nell’ agricoltura industriale, ftalati (plastificanti che fanno parte della composizione dei PVC[13]), bisfenolo A (biberon, vernice interna bianca delle lattine, scontrini…), diossine e apparentati (PCB, isolanti, rifiuti industriali) o ancora eteri di glicole (solventi industriali solubili nell’acqua e nei grassi). Infine, tra le sostenze incriminate, bisogna nominare gli ormoni di sintesi assunti dall’essere umano (trattamenti medicali, trattamento dell’infertilità), ma soprattuto usati per l’allevamento industriale. Queste sostanze evacuate nelle acque usate si propagano nell’ambiente e integrano la catena alimentare[14]. Questi veleni ci circondano, e anche l’Agenzia francese di Sicurezza Sanitaria dell’ Ambiente e del Lavoro lo riconosce:«Tutta la popolazione è potenzialmente esposta ai perturbatori endocrini e alle sostenze reprotossiche attraverso l’aria, l’acqua e sopratutto gli alimenti (migrazione delle sostanze dall’imballaggio, contaminazione dei suoli di colture, residui ormonali nella carne di manzo) [15]». La maggior parte degli inquinanti reprotossici fa anche parte delle sostanze che gli studiosi dell’ecologia indicano come inquinanti organici persistenti (POP): molto resistenti alla decomposizione biologica naturale, essi si accumulano nello stesso modo nei tessuti viventi (cervello, fegato, tessuto adiposo). La loro quantità cresce nel corso dell’intera catena alimentare ed essi si trasmettono alla discendenza tramite il latte[16] e le uova. Grazie alle loro proprietà, queste molecole si spostano per migliaia di chilometri[17]. E non è finita. Gli specialisti reputano infatti che:«La relazione tra la dose di queste sostanze e l’effetto prodotto non è lineare, potendo quest’ultimo essere più forte a basse dosi che ad alte dosi, […] è il periodo di esposizione che è importante, con una forte sensibilità durante la gestazione e l’infanzia. […] Inoltre, queste sostanze hanno tra loro effetti sinergici e cumulativi, formando un effetto cocktail. Tutti questi elementi conducono a un nuovo paradigma […] rimpiazzando ormai il vecchio paradigma di Paracelso (1493-1541), basato sul postulato secondo il quale:« E’ la dose che fa il veleno».[18]
Inquietante, no? Potrebbe darsi però che la riduzione della qualità dello sperma sia soltanto un problema secondario. La disseminazione degli inquinanti reprotossici-perturbatori endocrini ma anche delle sostanze antiandrogeniche (fongicidi, conservatori alimentari) è ugualmente responsabile di un aumento delle malformazioni genitali, alterando la sessualizzazione degli uomini e delle donne, con conseguenze evidenti sulle nostre capacità di riprodurci. Numerosi studi sugli animali dagli anni Novanta attestano una «femminilizzazione» o «devirilizzazione» delle specie:«Uno dei casi più conosciuti è quello degli alligatori del lago Apopka in Florida. Louis Guillette e altri ricercatori dell’Università di Florida avevano notato una diminuzione importante del loro numero e un aumento del numero dei maschi con un micro pene e diverse anomalie testicolari. L’analisi dei sedimenti del lago hanno rivelato la loro contaminazione con pesticidi organoclorurati tra i quali il DDT (para-diclorodifeniltricloroetano) e il DDE (diclorodifenildicloroetilene). I ricercatori dimostrarono che il DDE che si trovava nel sangue degli alligatori di questo lago ammontava a livelli da 10 a 20 volte più alti che nel sangue degli animali dei laghi vicini e a livelli 100 volte più alti nelle uova. E siccome il DDE ha un azione estrogenica e antiandrogenica, esso perturbava il sistema endocrino degli alligatori e portava alla loro femminilizzazione[19]». Lo stesso rapporto sottolinea che:«Malformazioni sessuali e problemi di riproduzione simili sono stati rilevati in orsi polari, foche, pantere, cervi, procioni e rapaci che, trovandosi al vertice della catena alimentare, concentrano gli inquinanti fino ad arrivare a livelli tossici». E indovinate? Gli umani, anch’essi al vertice della catena alimentare, non vengono risparmiati. Per la donna, studi troppo rari attribuiscono la responsabilità ai perturbatori endocrini nelle anomalie della funzione ovarica, della fertilità, dell’impianto uterino dopo la fecondazione e della gestazione e anche nell’ aumento dell’incidenza del cancro al seno[20]. Per l’uomo, il numero dei cancri ai testicoli, imputabili ai perturbatori endocrini, è raddoppiato nel corso degli ultimi trent’anni nei paesi europei, per poi diventare il primo cancro dell’uomo giovane (20-34 anni) [21]. Gli stessi inquinanti portano a una diminuzione della produzione di testosterone nei feti maschi in utero, che provoca difetti di mascolinizzazione nei bambini e la moltiplicazione delle malformazioni genitali, direttamente legate a problemi d’infertilità[22]. «In particolare il criptorchidismo, la mancata discesa di uno o di entrambi i testicoli nel sacco scrotale, e l’ ipospadia, quando il meato urinario non si trova all’estremità del pene ma alla sua base nei casi più gravi. In media l’incidenza di queste due malformazioni è pressoché raddoppiata nel corso degli ultimi quarant’ anni[23]». Militanti della «Manif pour tous», è qui che si gioca l’abolizione della differenza tra i sessi. Aspettiamo ormai che Frigide Barjot, Béatrice Bourges e i loro amici esigano l’interdizione dei PVC, dei pesticidi e di altri inquinanti, nonché la chiusura delle fabbriche che li producono.
E’ da più di un anno che tutta la sinistra fa campagna per l’estensione della PMA alle coppie di lesbiche. Dalla Federazione anarchica al Partito socialista, i cantori del progresso, convinti di condurre una lotta salutare «contro tutte le discriminazioni», si sono uniti dietro questa nuova parola d’ordine:«La PMA per tutti e tutte!». Non pensano d’aver colto così bene nel segno. Distruggendo l’ambiente e le condizioni di vita da due secoli, il capitalismo sottomette gli esseri umani a un avvelenamento a bassi dosi ma continuo, che compromette la loro capacità di riprodursi. Sterilizzati dall’industria chimica, gli esseri umani non hanno più altra scelta che fare ricorso alla PMA – alla riproduzione artificiale dell’umano – e di sottomettersi alla perizia di medici e inseminatori. «La PMA per tutti e tutte» è più di uno slogan. Quest’ultima è l’artificio che il capitalismo impone ai nostri corpi per compensare i suoi propri danni. Non è un diritto da conquistare ma il futuro al quale ci condanna, sotto gli applausi stupidi della sinistra progressista, la fuga in avanti tecnologica. Di fronte a queste devastazioni ci sono due modi di comportarsi. Possiamo mendicare alle autorità la distribuzione di pasticche di iodio per limitare i danni in caso di incidente nucleare o lottare per la chiusura delle centrali. Possiamo promuovere la ricerca sugli impianti neuronali per ridurre gli effetti della malattia di Parkinson o combattere per l’interdizione dei pesticidi chimici che ne sono la prima causa. Possiamo richiedere la PMA a vantaggio della riproduzione artificiale dell’ essere umano o lottare contro l’industria che sterilizza la popolazioScelgo ogni volta la seconda opzione. Non sono estremista, sono radicale.
E non sapete ancora tutto! Queste sostanze chimiche – sì, sempre loro! – sono anche responsabili, per gli animali come per gli umani, di una modificazione della proporzione tra i sessi alla nascita: il numero di maschi diviso per il numero di femmine. Gli scienziati hanno da molto tempo messo in evidenza la diminuzione del numero dei maschi tra i pesci dei fiumi inquinati. Il deficit riguarda ormai la specie umana, dove si contano normalmente 105 nascite maschili per 100 femminili. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Environment Health Perspectives:«Le prove che attestano che la proporzione maschio/femmina alla nascita può essere alterata da un certo numero di esposizioni ambientali e professionali ai prodotti chimici sono sempre più numerose. Per esempio, constatiamo una proporzione inferiore di maschi per le popolazioni esposte alla diossina, al mercurio, ai pesticidi, ai PCB (policlorobifenili) e al tabagismo dei genitori. E’ stata formulata l’ipotesi che alcuni di questi prodotti chimici ambientali e professionali possano agire come perturbatori endocrini. Possono allora influenzare la proporzione dei sessi modificando l’ambiente ormonale dei genitori o introducendo una mortalità in utero secondo il sesso[24]».
In alcune comunità inuit del Canada, nascono due femmine per un maschio. Infatti, «per alcuni PCB, di oltre 4 microgrammi per litro, si osserva un’ inversione della proporzione in favore delle femmine. Gli ovuli destinati a essere maschi subiscono un aborto spontaneo precoce[25]».
Secondo l’ultimo rapporto dell’OMS sulla questione, «nel corso degli ultimi decenni, una diminuzione della proporzione di maschi alla nascita è stata ravvisata nelle popolazioni di più paesi, e in particolare in Giappone, negli Stati Uniti, in Danimarca e nelle aeree metropolitane d’Italia[26]». In Giappone e negli USA, il deficit accumulato di nascite maschili tra il 1970 e il 2000 sarebbe intorno ai 260.000 [27]. Ciò porterà, se il fenomeno si generalizza, degli sconvolgimenti sociali e demografici di cui è difficile immaginare le conseguenze. Per farsene un’idea, possiamo guardare l’India e la Cina, che conoscono un importante disequilibrio demografico tra i sessi. A differenza dei primi, in questi paesi sono le donne ad essere meno numerose.
«Insieme a questi due giganti, il fatto riguarda anche il Pakistan, il Bangladesh, Taiwan, la Corea del Sud e, con meno intensità, l’Indonesia – paesi che raggruppano tre dei sei miliardi e mezzo di abitanti del pianeta. Eliminazione delle bambine tramite aborti selettivi, trattamento disuguale dei bambini a seconda che sia un maschio o una femmina, status sociale secondario e cattive condizioni sanitarie all’origine di una sovramortalità femminile durante l’infanzia e l’età adulta rappresentano tante particolarità che partecipano a questo deficit. […] Ormai, i progressi tecnologici permettono d’ intervenire sul sesso della propria discendenza: dopo qualche mese di gravidanza, la futura mamma fa un’ecografia o un’amniocentesi. Se è un maschio, può tornare a casa e aspettare la nascita. Ma nel caso di una femmina, è un dilemma. […] Molto spesso, pur di non rinunciare a un figlio, i genitori prendono la decisione di sbarazzarsi della bambina indesiderabile, e la donna abortisce. Così che, in Cina, l’eccedente di maschi alla nascita è del 12% sopra il livello normale; in India, del 6% [28]».
I test recentemente messi in vendita su internet che permettono di conoscere il sesso del bambino dalla settima settimana di gravidanza con un semplice prelievo di sangue possono soltanto aggravare il fenomeno.
In Cina, dove si stima che un uomo su cinque nato negli anni 2000 avrà difficoltà a sposarsi[30]:
«Le autorità hanno ufficialmente avvertito che la mancanza di donne creerà delinquenza, problemi familiari e di società. Quando un uomo, per la politica del figlio unico, non ha né fratello, né sorella, né zio, né zia, né moglie e né figlio, la pressione sociale che si esercita su di lui è terribile, e può portare alla depressione e al suicidio. Per quanto riguarda le donne, esse rischiano ancora di più di essere costrette a matrimoni forzati, o di essere vittime di violenze: donne comprate tramite intermediario, rapite, o costrette a «essere la moglie» di più uomini della stessa famiglia. […] [31]».
La sinistra progressista non è stata ancora così cinica da vedere negli aborti spontanei di feti maschi un giusto mezzo per colmare il deficit di nascite femminili in Asia.Ma non è insorta contro questa inversione chimica della proporzione dei sessi. Invece di preoccuparsi del deficit delle nascite maschili, ha preferito rivendicare il diritto per le donne nubili di ricorrere alla PMA. Un modo comodo di colmare l’assenza di partner disponibili.
La mercificazione dei semi:«Il 24 agosto 2011, la tranquillità della cittadina di Campoalegre, al sud della Colombia, è bruscamente interrotta dall’irruzione delle forze della polizia militare che accompagnavano cinque funzionari dell’Istituto Colombia d’Agricoltura e di Allevamento (ICA). Questi ultimi confiscano e distruggono i sacchi di riso prodotti da una ventina di contadini del posto. Sacchi con settanta tonnellate di riso destinati all’alimentazione umana sono stati così strappati con la pala meccanica, poi buttati nella discarica pubblica. Nel 2011, 1.167 tonnellate di semi, poi nel 2012, 2.793 tonnellate, principalmente di riso, ma anche di patate, di mais, di grano, di piante foraggere e di fagiolo rosso sono così ritirati dalla circolazione in cinque province, quasi la metà distrutta e l’altra confiscata. La motivazione di queste azioni […]: mostrare che la Colombia rispetta le clausole relative ai diritti di proprietà intellettuale applicate ai semi, previste dal Trattato di libero scambio con gli Stati Uniti, ratificato dalla Colombia nel 2008 e dal Congresso di Washington nel 2011. […] Ormai la vendita dei semi, tra cui quelli alimentari, provenienti dalla selezione contadina, è dichiarata illegale, con il pretesto che le loro qualità sanitarie non sarebbero garantite. […] Per i contadini colombiani, il costo dei semi certificati è da due a tre volte il costo dei semi contadini sui mercati locali. Secondo la loro esperienza, i primi non presentano alcun vantaggio significativo rispetto ai secondi, anche quando l’agricoltore compra l’insieme del «pacchetto tecnologico» (fertilizzanti, pesticidi) e segue i consigli previsti dalle industrie di sementi».
– Pierre Johnson, «In Colombia, guerra contro i semi nel nome del libero scambio», articolo pubblicato su www.reporterre.net, 19/10/2013
«Ho due figli, due bimbi nati tramite ICSI (fecondazione in vitro [FIV] con iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi) nel 2008 e nel 2011. Il mio percorso è iniziato nel 2004 e ho avuto il mio primo figlio dopo 11 tentativi: 5 inseminazioni, 1 FIV che non ha prodotto embrioni, 5 ICSI. Nel corso dei mesi, l’AMP costringe ad una vita ridotta, regolata dalle iniezioni quotidiane, i prelievi di sangue, le trasferte e le mestruazioni che, inevitabilmente, arrivano. Le mestruazioni possono arrivare in qualsiasi momento, prima di un appuntamento professionale importante, un 31 dicembre a casa di amici, ed è ogni volta un profondo dolore. Ogni giorno di mestruazioni è una punizione».
– Testimonianza di Marguerite C. al giornale Le Monde, “FIV: per ogni fallimento, un dolore senza nome”, Le Monde, 02/03/2012
Due storie, un stesso fenomeno: la spoliazione da parte del capitalismo di beni comuni di cui gli individui e le comunità godevano liberamente in passato. Ciò che è in gioco, è l’appropriazione (e la distruzione) dei semi, vegetali o umani, da parte del capitalismo e la loro trasformazione in merce. E anche la perdita dei saperi tradizionali. Bisognerà un giorno riappropriarci della tecnica per fare un figlio come oggi reimpariamo a coltivare il proprio orto? E’ probabile; è una tendenza inerente al capitalismo quella di estendere i suoi tentacoli in tutti i territori del globo, della vita sociale e del vivente.
Seguitemi qualche istante sul terreno dell’ economia politica. Dalla rivoluzione industriale, lo sviluppo e l’espansione del capitalismo si basa su due dinamiche complementari e inseparabili. La prima fu il cuore delle analisi di Marx e dei Marxisti. E’ su di loro che si basano le principali rivendicazioni del movimento operaio da 150 anni. Le possiamo schematizzare così: il capitalismo possiede i mezzi di produzione. E’ quindi il proprietario del prodotto fabbricato dall’ operaio nella sua fabbrica e vende questo prodotto più caro rispetto allo stipendio dato all’operaio per la sua fabbricazione. Una parte del lavoro eseguito dall’ operaio non viene quindi pagata, ma è estorta dal capitalista. Marx chiama ciò ‘sfruttamento del lavoro’. E’ lì che risiede la creazione di valori. Con il beneficio avuto dalla vendita dei prodotti, il capitalista compra nuovi macchinari, poi nuove fabbriche (ciò che chiamiamo capitale). Aumenta così la sua produttività (il numero di prodotti fabbricati in un determinato tempo), la sua produzione, e può mettere sul mercato nuovi prodotti. E ciò gli permette di estorcere una quantità di lavoro sempre maggiore ai suoi operai, di avere sempre più benefici, e di perseguire senza tregua l’accumulazzione del capitale. Evidentemente, bisogna attualizzare queste analisi. Le fabbriche sono oggi degli uffici e dei laboratori. Le macchine dei computer. E la classe operaia in declino lascia il posto a una nuova classe di produttori: ingegneri, impiegati e tecnici. Ma il principio rimane lo stesso: produrre, vendere, comprare nuovi mezzi di produzione per produrre di più.
Però questa sola dinamica non basta a spiegare lo sviluppo del capitalismo, e in particolare il modo in cui ha superato le crisi economiche che l’hanno a volte sconvolto. Oltre allo sfruttamento del lavoro, l’ espansione del capitalismo si è sempre basata su una seconda dinamica, quella che il geografo marxista americano David Harvey denomina ‘accumulazione tramite spossessamento’. L’ idea è semplice: per assicurarsi nuovi mercati e nuovi sbocchi, il capitalismo spossessa gli uomini e le comunità di tutti i beni di cui disponevano fino ad ora gratuitamente, e se ne appropria. Li trasforma quindi o in merce o in capitale. Tutto quello che era gratuito diventa a pagamento e fonte di profitto: l’acqua, le foreste, le terre comunali, i fiumi, o ancora le culture popolari. Nel 1913, Rosa Luxembourg aveva avuto questa intuizione. Per lei, l’imperialismo e la politica coloniale degli Stati Europei sono l’ espressione di questa seconda dinamica del capitale: violenza, truffa, oppressione, saccheggio[32], fenomeni che si estendono oggi all’essere vivente, dal profondo degli oceani al profondo del corpo umano.
Questa dinamica non ha niente di aneddotico. Per Marx, è essa che ha reso possibile la nascita del capitalismo, fornendo alla borghesia del XVIII secolo i capitali necessari ai suoi primi investimenti nell’industria. In Inghilterra, culla della rivoluzione industriale, prese soprattutto la forma delle “enclosures”. La parola indica il movimento di privatizzazione delle terre comuni – cioè possedute in comune da quelli che le usavano -, a partire dal XVI secolo. Con il voto dell’ Enclosure Act, nel XVII secolo, le distese di terra di cui godeva il popolo delle campagne furono divise in lotti, recintate e vendute a proprietari privati che ci facevano pascolare le pecore. L’industria tessile in piena espansione aveva bisogno di lana. I paesani persero quindi “il diritto di spigolatura, il diritto di raccogliere la legna per il riscaldamento, il diritto di pascolamento gratuito sui sentieri o nei campi di stoppie, che potevano avere un’ importanza cruciale per la sussistenza dei poveri [33]”.
Privati delle terre che assicuravano la loro sussistenza, i piccoli contadini furono costretti a disertare le campagne. Obbligati ormai a comprare il loro cibo e i mezzi per riscaldarsi, e quindi a trovare un salario, si fecero assumere in massa nelle fabbriche e ingrossarono le file del proletariato urbano nascente. Per lo storico Edward Palmer Thompson:“Il movimento delle enclosures […] non è né più né meno di un furto organizzato da una classe a danno di un’altra, conformemente alle regole di proprietà e di legge che un parlamento di proprietari e di uomini di legge aveva stabilito[34]”.
Ciò che Marx non aveva visto – ma era possibile allora? -, è che questa predazione del Capitale su tutto quello che gli era esterno superava la fase primitiva del capitalismo. Essa continua e si aggrava “durante tutta la sua marcia attraverso il mondo[35]”. Vedete come sottomette gli ultimi continenti e le loro popolazioni agli imperativi della rendibilità economica: dighe nell’ Himalaya, distruzione dell’ Amazzonia, colonizzazione dell Artico, saccheggio dei fondi marini. L’essere vivente stesso è stato accaparrato. Il gene Terminator della Monsanto destinato a sterilizzare i semi per obbligare i contadini a ricomprarli ogni anno è l’esempio più famoso[36]. Avendo preso poco a poco tutti i territori del globo, ogni aspetto della vita sociale, ogni particella di vita, l’espansione del Capitale si scontra ora con i limiti geografici della terra. Aspettando di colonizzare il pianeta Marte, la riproduzione umana è ora il suo nuovo terreno di gioco.
E’ difficile immaginare l’industria della riproduzione inserire negli esseri umani un gene Terminator, sterilizzando le popolazioni e obbligandole a fare ricorso al mercato della procreazione. Non ne ha bisogno. Nell’era tecnologica, la nuova via d’espansione del capitalismo consiste nel distruggere i beni comuni o naturali allo scopo di privarne le popolazioni. Per poi sintetizzarli e rivenderli sotto forma di surrogato. La bellezza della cosa risiede nel fatto che all’industria basta aspettare che le sue proprie devastazioni gli aprano nuovi mercati. Mutilati della loro capacità nel riprodursi, gli esseri umani sono costretti a pagare per avere figli. Si chiama mercato vincolato.
1 « En Israël, la chute de la fertilité masculine est un enjeu de société », Le Monde, 22/08/2012.
2 Le Monde, 14/07/2011 e 06/12/2012.
3 Bernard Jégou, Pierre Jouannet et Alfred Spira, La fertilité est-elle en danger ?, INSERM / La Découverte, 2009, p. 60-61.
4 Studio pubblicato il 05/12/2012 nella rivista Human Reproduction, e ripresa da Le Monde, 05/12/2012.
5 Bernard Jégou, Pierre Jouannet et Alfred Spira, op. cit.
6 Rémy Slama, Béatrice Ducot, Niels Keiding, Béatrice Blondel et Jean Bouyer, « La fertilité des couples en France », Bulletin épidémiologique hebdomadaire, febbraio 2012.
7 Le Monde, 05/12/2012.
8 Le Figaro, 28/04/2008.
9 Le Monde, 12/01/2013.
10 Le Monde, 25/11/2008. Lo studio interessato è stato pubblicato nell’ottobre 2008.
11 Le Monde, 28/02/2014.
12 E il caso per esempio del DDT, il famoso insetticide proibito in Francia negli anni novanta (e di cui i residui continuano a inquinare oggi), ma anche dei pesticidi usati attualmente e autorizzati.
13 Per un dibattito su l’industria del PVC e i suoi difensori: Collettivo, Métro, boulot, chimio. Débats autour du cancer industriel, Le monde à l’envers, 2012.
14 Cf. Amber Wise, Kacie O’Brien, Tracey Woodruff, « Are Oral Contraceptives a Significant Contributor to the Estrogenicity of Drinking Water ? », Environment, Science, Technology, n° 45, 2011, pp. 51-60.
15 Pauline Brosselin, « Perturbateurs du système endocriniens », Afsset, gennaio 2006.
16 Cf. Geneviève Duval et Brigitte Simonot, « Les perturbateur endocriniens: un enjeu sanitaire pour le XXIème siècle », Air pur, n° 79, 2010.
17 Sito internet del Programma delle nazione unite per l’ambiente:
<http://www.chem.unep.ch/pops/fr/default.htm>.
18 Geneviève Duval, Brigitte Simonot, art. cit.
19 Office parlementaire d’évaluation des choix scientifiques et technologiques, Rapport sur les perturbateur endocriniens, le temps de la précaution, juillet 2011, <http://www.senat.fr/rap/r10-765/r10-7651.pdf>.
20 Afsset, « Perturbateurs du système endocrinien », janvier 2006.
21 Alain Houlgatte, Cancer du testicule, Springer, Monographie en urologie, 2006, p. 13.
22 « Le bisphénol A réduit la testostérone chez le foetus humain », Le Monde, 19/01/2013.
23 Ibid.
24 « Declining Sex Ratio in a First Nation Community », Environmental Health Perspectives, n° 113, octobre 2005, pp.1295–1298.
25 Le Monde, 19/09/2007.
26 United Nations Environment Programme / World Health Organization, State of the Science of Endocrin Disrupting Chemicals – 2012, 2013, p. 85. C’est moi qui traduis.
27 Davis et al., Environment Health Perspective, juin 2007, 115-6, pp. 941–946.
28 Isabelle Attané, « Vers le célibat forcé des prochaines générations : L’Asie manque de femmes », Le Monde diplomatique, Juillet 2006.
29 « Un test pour connaître le sexe du bébé », L’Express, 12/08/2011.
30 Le Monde, 16/04/2010.
31 La Croix, 05/03/2010.
32 Rosa Luxembourg, L’accumulation du Capital, [1913], Maspero, 1967
33 Edward P. Thompson, La formation de la classe ouvrière anglaise, [1963], Points, 2012, p.281.
34 Edward P. Thompson, La formation de la classe ouvrière anglaise, [1963], Points, 2012, p.279.
35 Rosa Luxembourg, L’accumulation du Capital, 1913. Maspero, 1967.
36 Cf. Jean-Pierre Berlan, La Guerre au vivant, Agone, 2001.
http://www.resistenzealnanomondo.org/necrotecnologie/la-riproduzione-artificiale-dellumano/
La riproduzione artificiale dell’umano: capitolo 2
Traduzione del secondo capitolo del libro: ” La reproduction artificielle de l’humain” di Alexis Escudero, da www.piecesetmaindoeuvre.com
AL MERCATO DEL BIMBO
“ Saldo
In vendita ciò che gli Ebrei non hanno mai venduto, ciò che né nobiltà né delitto hanno mai goduto, ciò che ignorano l’amore maledetto e la probità infernale delle masse; ciò che né il tempo né la scienza hanno da riconoscere; le Voci ricostituite; il destarsi fraterno di tutte le energie corali e orchestrali e le loro applicazioni istantanee; l’occasione, unica, di svincolare i nostri sensi!
In vendita i Corpi senza prezzo, al di fuori di ogni razza, di ogni mondo, di ogni sesso, di ogni discendenza!
Le ricchezze che zampillano a ogni passo! Saldo di diamanti senza controllo!
In vendita l’anarchia per le masse; la soddisfazione irrefrenabile per dilettanti superiori; la morte atroce per i fedeli e gli amanti!
In vendita le abitazioni e le migrazioni, sport, fantasmagorie e comodità perfette, e il rumore, il movimento e l’avvenire che fanno!
In vendita le applicazioni di calcolo e i salti inauditi di armonia. Le trovate e i termini non sospettati, possesso immediato, slancio insensato e infinito verso invisibili splendori, verso delizie insensibili, – e i suoi segreti pazzeschi per ogni vizio – e la sua letizia spaventosa per la folla.
In vendita i Corpi, le voci, l’immensa opulenza incontestabile, ciò che non si venderà mai. I venditori non hanno esaurito la svendita! I viaggiatori non hanno da rendere così presto la loro provvigione!”
Arthur Rimbaud, Illuminazioni.
“Venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato come inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffico, e poteva essere alienato; il tempo in cui quelle stesse cose che fino allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate – virtú, amore, opinione, scienza, coscienza, ecc. – tutto divenne commercio.”
Karl Marx, Miseria della filosofia, 1847
“Saremo portati ad applicare alla produzione dei bambini il principio moderno di organizzazione del lavoro. E’ passato il tempo in cui si poteva considerare questa funzione fisiologica come derivante unicamente dal sentimento”
Édouard Toulouse, « L’acte sexuel et la grossesse qui en résulte ne sont pas matière à gaudriole », Le Progrès civique, 01/12/1919.
Signore e signori, benvenuti al Centro nazionale per la promozione della riproduzione artificiale dell’ essere umano. Avvicinatevi, avvicinatevi, la visita sta per iniziare! Mentre aspettate la vostra guida, vi darò qualche informazione. Grazie ai progressi della sterilizzazione chimica della popolazione, la riproduzione artificiale è diventata in pochi anni un gigantesco business. Un nuovo settore industriale che pesa più di 650 milioni di euro nel Regno Unito[1] e più di 3 miliardi di dollari negli Stati Uniti[2]. Sì signore, tre miliardi, ha sentito bene. Ed era già sette anni fa! Ormai ci sono migliaia di aziende che in tutto il mondo si posizionano sul mercato del nascituro. Esse sviluppano l’attività di innumerevoli medici, biologi, scienziati esperti in genetica, direttori di banche di ovociti, giuristi e avvocati specializzati nella filiazione, reclutatori e pubblicitari. Fabbricare un bambino richiede in effetti un amplissimo ventaglio di competenze. Assumiamo. Non esitate a presentare la vostra candidatura alla fine della visita. Ambiziosi ed efficienti, il vostro posto è tra noi.
Signore e signori, in un periodo di crisi economica la riproduzione artificiale dell’ essere umano offre la leva di una crescita opportuna. La sua grande forza è di sostenere insieme i tre settori dell’economia! Il settore primario, innanzitutto, quello dell’estrazione delle materie prime – materie prime riproduttive – poiché per fabbricare un bambino, bisogna estrarre e condizionare lo sperma e gli ovuli. Il settore secondario, poi, quello della fabbricazione industriale. Vedrete che le nostre aziende intervengono o direttamente nel processo di produzione del bambino (inseminazione artificiale, fecondazione in vitro, o ancora utero in affitto), o nella customization del prodotto, grazie al design (diagnosi genetica preimpianto, selezione degli embrioni, ameliorazioni genetiche). Il settore terziario infine, poiché l’industria del bambino non potrebbe svilupparsi senza le infinite varietà dei servizi che non cessa di generare, servizi che in cambio la sostengono: sequenziamento genetico, consigli giuridici, settore alberghiero e agenzie di viaggi… La nostra visita seguirà queste tre tappe.
Ecco la vostra guida. Vi auguro un’eccellente visita e vi ricordo che tutto quello che è presentato qui è completamente vero. Per la fantascienza, visitate piuttosto il Futuroscope. E nel caso in cui i tempi d’attesa durante la visita vi sembrassero lunghi, approffitatene per dare un’occhiata ai nostri cataloghi interattivi.
Connettetevi su www.eggdonor.com, il sito della Egg Donation Inc., leader americano nella vendita di ovuli. Digitate un indirizzo mail, una password, un numero di telefono ed eccovi iscritti. Sulla pagina che si apre potrete da ora scegliere, tra le centinaie di donne in competizione per vendere i propri ovuli, quella che corrisponde al vostro progetto di parentalità. Non abbiate paura: Eggdonor garantisce che tutte queste donne siano giovani (tra 21 e 30 anni), in buona salute, ben educate, carine e ben proporzionate.
Al fine di orientarvi nel vostro acquisto, perfezionate la vostra ricerca con l’aiuto dei criteri seguenti: tipo etnico (“race”, come si dice negli Stati Uniti), livello di istruzione, colore degli occhi, altezza, tipo e colore dei capelli, religione… Con un semplice clic accedete al profilo di Rebecca #44710 e alle sue numerose foto. Eccola bambina vestita da principessa, con nonno e nonna; più tardi, mentre beve con le sue amiche, o ancora, il giorno del conferimento del diploma. Rebecca #44710 è una bella californiana di 29 anni, bianca. 1,53 m per 56 kg. Non ha ancora figli, né venduto ovuli a un’altra coppia. Peccato, altrimenti vi potreste informare sullo stato del bambino e vedere se corrisponde veramente al tipo di prodotto che cercate.
Un secondo clic permette di verificare gli antecedenti sanitari e genetici della fornitrice. Impariamo che il suo prozio è morto di cancro e che sua nonna materna soffriva di depressione. Brutto segno. Rebecca #44710 è eterosessuale (ma da ragazza aperta, ha amici gay e amiche lesbiche). Presenta un quoziente intellettivo di 120, non assume droghe, ma beve un pò. Prende una pillola anticoncezionale di marca Loestrin. Precisazione importante, si è fatta rifare il seno nel febbraio 2004. Nessun inganno sulla merce: il decolleté vantaggioso che vedete sulla foto non è iscritto nel suo patrimonio genetico. Ma non importa, interessiamoci alla sua “personalità”: Rebecca #44710 non dorme con un orsacchiotto, pensa che i poliziotti siano piuttosto i suoi amici, è una fan degli sport da combattimento e bacia con gli occhi chiusi. La trovate bankable? Aggiungetela ai vostri «favorite donors» e continuate la vostra spesa.
Una volta effettuata la scelta, vi costerà circa 20.000 $, più le spese per gli avvocati per stabilire il contratto di vendita. E se tutte queste ragazze del sito assicurano di far dono dei loro ovuli, con uno scopo umanitario, per aiutare coppie in difficoltà, la fornitrice riceverà comunque tra i 5 e i 10.000 dollari.
Venite, venite! Entriamo nella sala delle macchine… Come sapete, la produzione del bambino inizia con l’estrazione e il condizionamento delle materie prime riproduttive: gli ovuli e lo sperma. Il settore, in questi ultimi anni, conosce una crescita fenomenale. Infatti, il numero dei clienti che desiderano un figlio, e che sono incapaci di fornirlo essi stessi, non smette di aumentare.
Estrarre questa materia prima e valorizzarla sul mercato è il lavoro della banche dei gameti. Le più importanti aprono franchising in più continenti ed esportano in decine di paesi. La danese Cryos Bank, leader mondiale nello sperm business, consegna lo sperma in 24 ore, che costa tra i 500 e i 2000 euro, a secondo della qualità desiderata. Potrete scegliere il donatore in funzione di un numero sempre più elevato di criteri (includendo fino allo stile vestimentario, come in Gran Bretagna). Approffittatene, la consegna a domicilio è possibile anche se il vostro paese vieta il dono dei gameti! La vita di Ole Schou, 58 anni, capo di Cryos Bank, è una success story all’americana:
Il fondatore di Cryos, dopo aver “sognato una notte di sperma congelato” quando era ancora studente in gestione, colui che si descrive come “interessato da sempre alle cose non convenzionali”, ha fatto prosperare il suo sogno ad Aarhus, la seconda città della Danimarca, di cui i 40.000 studenti rappresentano altrettanti possibili donatori.
Addio pazienti, buongiorno clienti: rodata al “business to business” con le cliniche, la banca ha deciso, da aprile 2010, di aprirsi ai privati. Perchè il mercato si è mondializzato – Cryos International esporta già all’ 80 % – e la concentrazione è all’opera.
Questa scelta è una svolta per questa piccola azienda di 20 dipendenti e 3 milioni di euro di fatturato. La pressione della domanda lo esige, afferma il signor Schou. E l’effettiva diminuzione della fertilità maschile può soltanto farla crescere. La squadra di quarantenni riunita da Ole Schou in un ambiente rilassato assume questa svolta. “Stiamo entrando in una fase industriale mantenendo la prossimità con i clienti”, sostiene il direttore generale, Jesper Koch [3].”
Per “fase industriale” s’intende organizzazione industriale. Lo sfruttamento della materia prima riproduttiva funziona secondo un processo ben rodato: prospezione, estrazione, condizionamento, vendita. I reclutatori e i pubblicitari incaricati di trovare dei fornitori operano in particolare in ambienti universitari: gli studenti sono giovani (quindi più fertili) e hanno bisogno di soldi. E come in ogni settore industriale, quando l’offerta non soddisfa più la domanda, si fa ricorso alla mano d’opera straniera, assunta là dove è più competitiva: in Europa dell’ Est e in Asia. E così sono le giovani donne dell’Est a rifornire di ovuli la maggior parte delle cliniche specializzate spagnole.
Una volta ingaggiati i fornitori, l’estrazione della materia prima si svolge con processi tecnici diversi a seconda del sesso. Per l’uomo il prelievo avviene con una semplice masturbazione. Per la donna, l’operazione è più complessa:
“In molti paesi in cui prospera l’industria del bambino, si nasconde largamente il fatto che il “dono d’ovocita” non è una passeggiata: suppone per prima cosa un blocco delle ovaie grazie a un trattamento speciale (leuroprolide) che può provocare effetti secondari come la tachicardia o l’abbassamento della densità ossea. Si praticano poi iniezioni quotidiane per almeno dieci giorni per stimolare le ovaie e produrre abbastanza ovociti (una donna ne produce normalmente soltanto uno per ciclo). Questo trattamento è pericoloso poiché è capace di provocare una sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS) le cui forme possono essere leggere, ma anche severe, addiritura mortali. Le donne che subiscono questo trattamento per fini personali, per aumentare una fertilità insufficiente o per una fecondazione in vitro, non cercano di ottenere più di 7 o 8 ovociti, ma quelle che vendono le loro cellule a Kiev o a Cipro sanno che avranno diritto ad un incentivo se ne producono di più”[4].
A questo si aggiungono i prelievi di sangue e le ecografie che deve subire la fornitrice, prima del prelievo, realizzate sotto anestesia locale o totale.
Arriva allora la fase di condizionamento. I prodotti sono analizzati, classificati, condizionati e poi immagazzinati, generalmente nel reparto surgelati. Al servizio commerciale dell’azienda non resta che smerciare i surgelati sul mercato dei gameti. Le aziende come Cryos Bank trattano sempre più direttamente con i privati con l’aiuto di internet. I loro cataloghi informatici allineano centinaia di nomi, foto, profili. C’è ne per tutti i gusti.
Queste banche dei gameti sono soltanto intermediari. Il loro lavoro consiste nel comprare a basso prezzo le materie prime riproduttive che rivenderanno poi a peso d’oro. Negli Stati Uniti, il costo di un ovulo varia oggi tra i 2.500 e i 50.000 $, in funzione dei seguenti criteri: età della fornitrice, numero di gravidanze a buon fine con i suoi ovuli, numero di ovuli prodotti a ogni stimulazione ovarica, colore della pelle, profilo genetico, antecedenti medicali, origine sociale, caratteristiche fisiche, risultati ai test di QI e livello d’istruzione. Secondo il Giornale Internazionale di Bioetica:“Non ci sorprende di vedere che gli ovuli più cari sono quelli delle donne bianche con un alto livello d’istruzione (almeno un livello master) e laureate in università prestigiose.[5]”
È sicuramente illusorio pensare che il figlio biologico di una dottoressa in fisica nucleare possa essere necessariamente un piccolo genio, benché la ricerca dei determinanti genetici dell’intelligenza ossessioni già i ricercatori e gli Stati [6], ma quello che è monetizzabile sul mercato dei gameti, a torto o a ragione, è l’insieme di possibilità di riuscita dei futuri bambini nella società: intelligenza, bellezza, salute, altezza, fisico… Più siete ricchi, più potete sperare che i geni del vostro figlio gli permettano di brillare in società e di fare una bella carriera. Per la sua più grande felicità. E la vostra.
“Fase industriale” vuole soprattutto dire divisione tecnica del lavoro: separazione dei compiti e gerarchizzazione delle funzioni all’interno della fabbrica. Negli uffici lì su, i medici e i biologi mascherati da businessmen, a meno che sia il contrario, occupano i posti di direzione. Più in basso, il personale di servizio, hostess, segretarie, infermiere e tecnici di laboratorio assicurano la presa in carico dei clienti. Ancora più in basso, emerge un proletariato costretto a vendere non più la sua forza-lavoro ma i prodotti del suo corpo. Nella Roma antica chiamavano proletario colui che aveva soltanto i suoi figli, la prole, come unica ricchezza.
“Ovunque negli Stati Uniti, la recessione ha indotto un numero crescente di uomini e donne a vendere i loro gameti in cambio di un redditto supplementare di cui hanno bisogno per pagare le rette scolastiche di un semestre, per comprare la macchina che permetterà di accettare un impiego lontano di casa, o anche per pagare l’affitto. I documenti che attestano quest’ aumento sono numerosi. In media, le banche del seme hanno avuto un aumento del 15-20 % di donatori potenziali. Quanto alle donne che vendono i loro ovuli, un aumento del 30% è stato registrato in tutto il paese [7]”.
Ovviamente sono i paesi del terzo mondo, l’India in testa, che forniscono i più importanti contingenti di questo nuovo proletariato. Ma le donne povere dei paesi ricchi non sono risparmiate:“Non esistono registri nazionali delle donatrici – si preoccupa il professore François Olivennes – Nessuno sa se queste donne moltiplichino i doni in diversi centri rischiando così di avere delle complicazioni ulteriori”. Durante il mese che precede il prelievo, esse devono subire un programma di iniezione di ormoni pesanti al fine di produrre al momento giusto il più ovociti possibile. “Sappiamo – confida Dominique Lenfant – dalla presidente dell’ associazione “Pauline et Adrien”, che delle giovani francesi attraversano il confine per andare a vendere i loro ovociti in Spagna”[8].
Avanti, accelerate il passo, dietro! Alla vostra destra la mappa indica l’ubicazione delle cliniche specializzate, o Centers for Human Reproduction, nel mondo. È all’ interno di questi centri di (ri)produzione che la materia prima, una volta estratta, viene distribuita. Ne troviamo più di cento in Spagna, più di mille in India. E come tutte le industrie del settore secondario, con la globalizzazione e la concorrenza internazionale, l’industria del bambino delocalizza nei paesi poveri.
In questi centri, il processo messo in opera varia a secondo dei bisogni del cliente (e dei mezzi finanziari di cui dispone). La messa in contatto dei gameti, la sintesi dell’embrione, si effettua tramite inseminazione artificiale, tramite fecondazione in vitro, o ancora tramite iniezione diretta dello spermatozoo nel citoplasma (ICSI).
Sì Signora, una domanda? La tariffa? Negli Stati Uniti contate sugli 865 $ per un’inseminazione (senza contare il costo dello sperma), sui 12.000 $ ogni ciclo per la fecondazione in vitro (ci vogliono in media 4 cicli per una gravidenza, ossia 48.000 $). Ogni ciclo vi costerà 14.000 $ in caso di FIV con iniezione diretta del spermatozoo[9].
La Spagna ha colto molto presto il potenziale di una tale attività: “Da soli, i Francesi (che rappresentano il 10% della clientela del paese), portano all’insieme delle cliniche specializzate spagnole un giro d’affari di 350 milioni di euro. Senza contare le medicine non rimborsate, la congelazione eventuale degli embrioni, gli impianti supplementari, ecc… A seconda dei centri, il tasso di riuscita della prima FIV sarebbe vicino al 40 %, contro il 30 % in Francia. Ma le coppie hanno comunque il 60 % di possibilità di tornare e di pagare di nuovo per un secondo tentativo. Siccome la FIV con dono d’ovocita costa 7.000 euro (contro 3.000 euro in Francia), l’avventura si paga a un caro prezzo[10].”
Intorno al loro mestiere, la produzione di bambini, più aziende hanno intuito che un business poteva essere molto lucrativo. Ponendo l’embrione alla portata diretta del biologo, la fecondazione in vitro apre la strada al design industriale del bambino. Se di solito il designer interviene a monte della messa in produzione, il baby-designer o antropodesigner invece interviene nel cuore della produzione: tra la fecondazione dell’embrione e l’inseminazione. Dopo avere ottenuto più embrioni con la fecondazione in vitro, il biologo li sottomette a una diagnosi preimpianto, un test genetico che permette di scegliere quello o quelli che sarano impiantati. Le prospettive di crescita per le società specializzate nella decodificazione del genoma e nella selezione degli embrioni sono enormi; e il design del bambino perfetto è indubbiamente il settore con più opportunità nell’ industria del bambino.
Il signore sembra avere difficoltà a credermi? Non ne ha mai sentito parlare? Nella periferia chic di Los Angeles, il Fertility Institute, diretto dal dottore Steinberg, fabbrica ogni anno 800 bimbi con fecondazione in vitro. Tra di loro 700 hanno genitori perfettamente fertili. Questi ricchi americani hanno preferito fare ricorso alla FIV e alla diagnosi preimpianto al fine di garantire le migliori caratteristiche genetiche alla loro progenitura. E accessoriamente di scegliere il sesso del bambino.
Tre giorni dopo la fecondazione degli ovuli in provetta, si preleva una cellula di ogni embrione per scrutare il suo codice genetico. Più di 400 malattie e affezioni sono rivelate, e gli embrioni giudicati difettosi sono scartati. I medici del Fertility Institute procedono allora a un secondo test:“Se per esempio la paziente vuole una figlia, soltanto gli embrioni femminili gli saranno impiantati. L’insieme dell’intervento costa 18.400 dollari. Se si aggiungono le visite mediche, le analisi e il trattamento ormonale, il prezzo totale supera i 25.000 dollari[11]”.
Fra poco: la scelta del colore degli occhi, dei capelli, dell’altezza e di tante altre caratteristiche genetiche. Il bambino su catalogo. L’eugenismo liberale. Ne riparleremo.
Il vostro budget ovulo è limitato? Scegliete il mercato dell’Est. Da Biotexcom, il Center for Human Reproduction di Kiev, il bambino è in saldo questa primavera. La versione francese del sito propone tra l’altro:“Il pacchetto “Successo Garantito” (ovulo + inseminazione artificiale): promozione 9.900 euro invece di 12.000. Quantità illimitata di tentativi. Soldi rimborsati in caso di risultato negativo”.
E se la Signora (o il Signore) non può, o non vuole, portare il bambino in grembo, il ricorso a una madre surrogata è compreso nel pacchetto “All inclusive”. “ Il prezzo del programma è di 27.900 euro, compresi tutti i costi dei servizi sanitari e le medicine necessarie[12]“. La procedura si svolge principalmente su internet. Due viaggi a Kiev in aereo bastano per tornare con un bambino nei vostri bagagli. Albergo, formalità, accoglienza, traduzione, tutto è previsto, fino all’invio di pance finte in silicone affinché la signora possa dare il cambio nell’ambito delle sue conoscenze[13].
Sempre alla ricerca dell’occasione, dovete sapere infine che in materia di hard discount riproduttivo il ricorso a una mano d’opera proveniente del Terzo Mondo sfida qualsiasi concorrenza. In India, da ArtBaby («Your baby,… our art») la fecondazione in vitro con una donatrice indiana costa 7.500 dollari americani contro i 18.500 se scegliete una donatrice bianca[14]. È sempre in India che troverete le tariffe più competitive sulle madri surrogate. “ Le Indiane affittano il loro corpo tra i 1.300 e i 7.000 euro, e la fattura totale pagata dagli stranieri si situa tra i 10.000 e i 25.000 euro [15]”. Se desiderano tornare successivamente, i genitori hanno soltanto che da congelare gli embrioni che non sono stati impiantati “a un costo annuale tra i 600 e i 700 euro, per farli impiantare in una madre surrogata nel momento in cui decideranno di avere un figlio tramite GPA [16]”.
Una domanda alla mia destra, sì? Come fare se la cliente non è in grado, o se non desidera produrre il bambino lei stessa? Nessun problema: avete pensato alla GPA o gestazione per altri? Un settore della riproduzione artificiale dell’ essere umano in piena espansione. L’affitto di materiale riproduttivo umano seduce particolarmente le coppie agiate dei paesi occidentali. Beneficiando della liberalizzazione di questa pratica in più paesi, il mercato delle madri surrogate è esploso nel corso degli ultimi dieci anni. Il suo giro d’affari raggiungerebbe un miliardo di euro all’anno soltanto in India [17]:“La crescita del mercato procreativo si è inserita in un’ economia in cui l’India incoraggia il turismo sanitario, con specialità come gli interventi dentari, la sostituzione dell’ anca o la chirurgia estetica. In questo contesto, sempre più stranieri hanno utilizzato madri surrogate indiane. Alcune regioni, tra cui quella di Ahmedabad-Anand nel Gujarat, si sono specializzate in questi servizi. Gli esperti e i medici stimano che dai 25.000 ai 30.000 stranieri ricorrono ogni anno a madri surrogate[18]”.
In questa stessa provincia, una gigantesca “fabbrica di bambini” è appena nata. Sotto la direzione di Nayna Patel, “una donna medico, specialista nella fecondazione in vitro, formata a Singapour, in Inghilterra e in Corea del Sud [19], riunisce in uno stesso centro centinaia di madri surrogate. Sottomesse a controlli ed esami regolari, queste ultime sono alloggiate a dieci per camera nella clinica durante tutta la gravidanza.
“Molte aspettano dei gemelli, perchè per aumentare le possibilità di successo si impiantano spesso due e anche tre embrioni, per poi procedere ad una “riduzione embrionaria” a seconda del desiderio dei genitori. Siccome i futuri genitori desiderano spesso essere presenti il giorno del parto, si effettua spesso un parto cesareo. […]
Con 250 milioni di poveri, l’India offre una riserva illimitata. Soltanto la Tailandia, che si è appena inserita sul mercato con la promessa di essere il 20 % meno cara dell’India, può fare concorrenza. Ma la dottoressa Patel ha un vantaggio iniziale decisivo. Alcune agenzie americane hanno già proposto di lavorare con lei. Ma lei non si fida e preferisce per il momento conservare il controllo sulla “produzione”, realizzando la maggior parte degli impianti e dei parti [20]”.
In quel paese, alcune persone protestano contro la mercantilizzazione del corpo delle donne e contro il loro sfruttamento a vantaggio di ricchi occidentali. Studi indipendenti rivelano le condizioni sociali ed economiche della maggior parte delle madri surrogate: sono povere, molte di loro analfabete e in grande difficoltà nel difendere i loro diritti in caso di problemi (cambiamento di idea dei clienti, bambino handicappato, aborto spontaneo, complicazioni della gravidanza) [21]. Per regolare il mercato delle madri surrogate, le autorità indiane non hanno trovato niente di meglio che vietare la GPA ai single e alle coppie omosessuali. Sul posto e all’estero, associazioni di difesa degli omosessuali si offendono. Si associano alle proteste dei dirigenti di cliniche, preoccupati di conservare tutta la loro clientela. Stop alla discriminazione! Anche gli omosessuali ricchi hanno il diritto di sfruttare le donne del Terzo Mondo.
Mi seguite sempre? Ecco adesso l’ultima sezione del centro. Intorno alla produzione di bambini, si è sviluppata un’intera industria di servizi, a cominciare dalle attività legate al turismo procreativo: affitto di camere d’albergo, biglietti d’aereo o di treno, pacchetti all inclusive che permettono di visitare le città in cui vi recate per farvi inseminare.
Niente è più importante però dell’attività giuridica. La fabbricazione di un bambino fa intervenire sempre più persone. Ne risultano costruzioni contrattuali ed economiche complesse che fanno il profitto dei giuristi e di avvocati specializzati nella medicina riproduttiva. Questi ultimi si dedicano esclusivamente alla redazione dei contratti tra i futuri genitori e le cliniche, o all’elusione delle leggi nazionali quando il paese di origine vieta il ricorso alle madri surrogate. La competenza giuridica è diventata una condizione per fare fortuna nell’ambiente, quasi allo stesso titolo delle competenze medicali. Andrew Vorzimer ad esempio, il presidente della Egg Donation Inc. (il capo di Rebecca#44710) è prima di tutto un avvocato specializzato nelle questioni riproduttive. Il suo studio Vorzimer-Masserman impiega a tempo pieno dieci avvocati sulle questioni procreative. Si vanta di avere rappresentato “più di duemila coppie, in più di trentacinque paesi del mondo, che sono ricorsi alla maternità surrogata e/o al dono di ovuli al fine di scoprire le gioie della parentalità”. Egli ha anche ricevuto l’«Illumination Award» dell’American Fertility Association (AFA) [22].
Ovviamente, il settore della pubblicità trae benefici dal baby business. E viceversa. Che il loro lavoro consista nel reclutare le fornitrici di ovuli o le madri surrogate, nel fare la promozione delle fabbriche di bambini, o nel lobbying per la liberalizzazione del mercato del bambino, pubblicitari, sondaggisti, operatori della comunicazione e markettari sono dappertutto e intascano ogni volta. La filiera si espone ormai al Fertility Show, la fiera della procreazione medicalmente assistita. La prima edizione a Londra nel 2009 aveva attirato 80 espositori, dalle cliniche specializzate alle banche del seme, e 3.000 visitatori [23]. Nell’ aprile 2013, una società americana, specializzata nella GPA e nella fecondazione in vitro, doveva promuovere il suo nuovo programma «Creating your Family» in un albergo di lusso parigino [24]. Scandalo: gli antimatrimonio gay l’hanno costretta ad annullare il suo show, mentre la sinistra, ancora una volta, faceva finta di non vedere nulla.
Signore e signori, la visita sta per finire. Spero che vi sia piaciuta, e vi ringrazio della vostra attenzione. Come sapete, un tale centro di promozione della riproduzione artificiale dell’ essere umano non esisterebbe senza il sostegno dei nostri partner e benefattori. Troverete all’uscita sulla vostra destra una piccola scatola destinata a raccogliere i vostri doni. Saranno integralmente versati a organizzazioni progressiste, di ogni tendenza, come ringraziamento per la loro lotta per la mercantilizzazione del vivente. Una lotta che ha reso possibile, anno dopo anno, la realizzazione di un vero e proprio mercato del bambino. Grazie del vostro sostegno.
Ma vedo alcune persone che esitano, un turbamento forse? Ah, capisco, credete che la sinistra sia ancora di sinistra? Che combatta la mercantilizzazione del mondo? Rassicuratevi, non siete i primi. Lasciate che vi spieghi.
Quasi 25 anni fa, André Gorz, giornalista, filosofo ed ecologista, osava ancora chiedere:
“Se, come è la tendenza oggi, la creazione di posti di lavoro è posta come scopo principale dalla classe dirigente, dove si fermerà la trasformazione di tutte le attività in attività retribuite, che hanno la loro remunerazione come ragione e il rendimento massimo come scopo? Quanto tempo potranno resistere le fragili barriere che impediscono ancora la professionalizzazione della maternità e della paternità, la procreazione commerciale di embrioni, la vendita di bambini, il commercio di organi? […] Non stiamo già trasformando noi stessi in merce e non stiamo trattando la vita come un mezzo tra gli altri, e non come il fine supremo che tutti i mezzi devono servire?[25]”.
Oggi le “fragili barriere” saltano una dopo l’altra, sotto gli applausi di una sinistra che identifica il suo trionfo con quello del mercato. La mercantilizzazione del vivente? La tendenza del capitalismo a vampirizzare ogni territorio del globo, a sottomettere ogni particella della vita umana alla legge del mercato? Tutto ciò non interessa più alla sinistra, signore. La sinistra, nel recente dibattito sulla PMA, ha assunto tre posizioni:
1.L’ adesione entusiasta al mercato dell’umano.
Ad esempio Pierre Bergé, uomo d’affare multimilionario, militante LGBT, fondatore del giornale Têtu, sostegno finanziario di Act Up, di Vacarme, di SOS Racisme e del Partito Socialista, e coproprietario del gruppo Le Monde (Le Monde, Le Nouvel Observateur, Télérama):
“Non possiamo fare distinzioni nei diritti, che sia la PMA, la GPA o l’adozione. Io sono per tutte le libertà. Affittare la propria pancia per fare un bambino o affittare le proprie braccia per lavorare in fabbrica, dove è la differenza? È fare un distinguo che è scioccante [26].”
Non sappiamo se Pierre Bergé ha mai affittato la sua pancia o lavorato in fabbrica. Ma la legitimità importa poco quando si è azionista di un giornale di riferimento in Francia. E non ci stupiamo più di vedere pubblicati da due anni articoli e tribune in favore della fabbricazione artificiale dell’ essere umano nelle pagine di Le Monde.
Per Marcella Lacub anche la libertà delle donne si misura alla luce della loro sottomissione alle leggi dell’economia. La giurista liberale – libertariana sarebbe più corretto -, che moltiplica le dichiarazioni nelle trasmissioni televisive, alla radio e alla stampa, è partigiana di una generalizzazione massiva della GPA. Liberate di questo orrore che è la maternità, le donne potrebbero dedicarsi appieno alla loro carriera – in realtà alla crescita economica – incaricando della loro gravidanza donne il cui mestiere sarebbe di partorire per altre. E precisa:“Si creerebbe così un numero considerevole di impieghi femminili e sarebbe un’occasione formidabile di ridistribuzione dei soldi tra i ricchi e i poveri[27]”. Argomenti che lo farebbero diventare duro all’ex capo del Fondo Monetario Internazionale, con cui ha avuto una relazione vantaggiosa di alcuni mesi[28].
Sulla stessa linea, Ruwen Ogien, direttore di ricerca al Centro nazionale della ricerca scientifica (CNRS), fa parte di quei filosofi mondani, volontariamente provocatori, che hanno di ribelle soltanto il loro taglio di capelli. Sempre a favore del vento, anticipa e produce il pensiero di cui il sistema ha bisogno. Pubblica quasi un libro all’anno, moltiplica anche lui gli interventi alla stampa, alla radio[29] e durante le riunioni mondane[30]. Ispira le riflessioni del Partito Socialista sul “care” e sulle teorie della giustizia[31], e quelle di ministri al governo come Najat Vallaud-Belkacem[32]. Con il preteso di lottare contro un paternalismo soffocante, quest’utilitarista inneggia alla distruzione di quello che ancora protegge a malapena individui e comunità dalle devastazioni della mercantilizzazione, tra le altre cose, la famiglia, le barriere morali, l’ idea di dignità. La libertà è di poter vendere i propri organi!
“Perchè dovrebbe essere vietato pensare che, grazie ai progressi della medicina, possiamo considerare le parti e i prodotti del nostro corpo non più come cose quasi sacre, costitutive della nostra identità, ma come oggetti sostituibili così come un tavolo di cucina o una lavatrice? Questo punto di vista deflazionistico, che dissacra il corpo umano, i suoi prodotti, le sue parti, le sue funzioni, non è facile da difendere nel dibattito pubblico presente, perchè sembra escluso a causa della denuncia massiva del fenomeno di “mercantilizzazione del corpo umano”. Esso è pero il più coerente e il più promettente dal punto di vista delle sfide politiche e morali della bioetica[33].”
Questa sottomissione volontaria alla mercantilizzazione dell’ essere umano ha almeno il merito della sincerità. Proclama il vero progetto di questa sinistra culturale che si è costituita sulle macerie del dopo ‘68; una sinistra chiaramente moderna e liberale, che maschera da quarant’anni la lotta per la giustizia sociale con una semplice apologia della libertà individuale e mercantile. È ovviamente formulata in modo troppo crudo perché i dignitari della sinistra se ne riapproprino in maniera fedele. Nel loro elettorato ci sono ancora persone che hanno una cultura politica e concezioni morali (sì Signore, sono terribilmente retrograde) che contraddicono il progetto della mercificazione totale della sinistra borghese.
In realtà, il ruolo dei Bergé, Iacub e Ogien, è di andare sempre oltre a ciò che la popolazione è pronta ad accettare. I dirigenti della sinistra, loro, possono fingere una saggia moderazione. “Ovviamente non si tratta di andare così lontano nella mercantilizzazione dell’ essere umano, ma queste persone pongono buone domande”. Preparano così le menti alla prossima tappa. Ascoltate Najat Vallaud-Belkacem, ministro dei diritti delle donne, a proposito di Ruwen Ogien:
“Un contributo originale, radicale, provocante, ma stimolante al dibattito sulla bioetica e sul nostro rapporto con il corpo (e con i soldi) nella società contemporanea. Non condivido tutte le sue conclusioni, ma penso da molto tempo che il suo approccio sia utile a individuare un certo numero di false certezze e di posizioni morali alla fine poco progressiste. È il ruolo di un intellettuale quello di impegnarsi così, e credo sia il ruolo di un responsabile politico quello di dargli spazio nel dibattito pubblico, senza schivare le domande che disturbano[34]”.
2 – Denunciare la mercantilizzazione per farla avvenire.
Nel 2009, in un saggio intitolato “Corps en miette”, Sylviane Agacinski denunciava le manipolazioni di linguaggio che giustificano la mercantilizzazione dei corpi:
“Si evita di usare il linguaggio della produzione economica o quello del mercato. Ci si guarda ovviamente dal parlare di merce, di clienti o di prodotti. Le remunerazioni non esistono, naturalmente, si parla soltanto di “compensi”. Ci sono in tutto ciò soltanto persone che hanno bisogno di aiuto (genitori che soffrono) e persone che sono pronte ad aiutare (gli intermediari e i donatori): help! è la formula magica che è dappertutto. La pubblicità che incentiva alcuni a consumare e altri a fornire materiali e strumenti, funziona altrettanto bene assicurando di avere come scopo non il profitto ma la generosità e l’altruismo. Non sappiamo se questa facciata sentimentale debba rassicurare perchè testimone di un residuo di inibizione di fronte all’entrata della “riproduzione umana” in una razionalità tecno-economica oppure se, con la sue mire manipolatrici (perchè bisogna convincere le donne a dare il loro corpo), questi ritornelli commoventi e sentimentali non siano altro che l’aspetto più ripugnante dell’affare[35].”
Con queste righe, Sylviane Agacinski denuncia il discorso delle aziende americane coinvolte nel mercato della riproduzione artificiale. Quattro anni dopo, queste stesse righe valgono anche per il discorso degli ufficiali della sinistra – dirigenti, filosofi, eletti, di governo o di opposizione – sulla PMA e la GPA. Non contenti di nascondere la merce sotto il velo dell’altruismo, dell’ugualianza o della libertà, questi ultimi arrivano a spacciarsi per resistenti alla mercantilizzazione. In un contributo a Terra Nova, il think tank del Partito Socialista, Najat Vallaud-Belkacem, ancora lei, spiega:
“Riflesso di una società consumista dove ogni relazione è per natura mercantile, specchio anche di una società individualista, [gli oppositori alla GPA] ignorano soprattutto la parte di umanità e di libertà eminente che risiede indubbiamente in questo atto di generosità. […] Tra i difensori di una GPA gratuita e strettamente controllata, cioè più del 60% dei Francesi intervistati, si trovano persone responsabili che non scherzano con la mercantilizzazione del corpo umano e ancora meno con la dignità umana[…]. È perchè credono a una certa etica del dono che la nostra società ha perso di vista.[36]”
Nel romanzo “1984”, George Orwell chiamava ciò il ‘doppio pensiero’:
“Avere la coscienza di essere completamente veridico mentre si dicono menzogne accuratamente congegnate; avere contemporaneamente due opinioni che si cancellano l’un l’altra essendo consapevoli che sono contraddittorie, e nonostante questo credere in entrambe, usare logica contro logica, ripudiare la moralità e invocarla al tempo stesso”.
I detentori della mercantilizzazione fanno finta di ignorare che nel nostro mondo lo sviluppo delle biotecnologie sarà prima di tutto il proseguimento della mercantilizzazione dell’essere vivente. Nel mondo della competizione economica globalizzata, dove l’avanguardia della classe dominante è la tecnocrazia, in questo mondo dove il rapporto di forze tra il potere e i senza potere non è mai stato così disuguale, sostenere lo sviluppo della PMA e della GPA è sostenere il commercio degli ovuli e dello sperma, lo sfruttamento delle donne del terzo mondo, e in definitiva, il principio maestro del capitalismo secondo il quale tutto si vende e tutto si compra.
Legittimando la vendita e l’affitto del corpo umano e dei suoi prodotti, i militanti dell’economia costruiscono la base ideologica, filosofica, e (a)morale di cui le lobbies scientifiche ed economiche della riproduzione artificiale dell’ essere umano hanno bisogno per mandare avanti la loro impresa. Queste ultime perseguitano i governi allo scopo di togliere gli ultimi ostacoli alla riproduzione artificiale dell’ essere umano, fino a vincere, prima o poi. Nel 2008, quando il fisco danese aveva voluto obbligare le banche del seme a rivelare l’identità dei donatori con lo scopo di tassare la loro remunerazione, Ole Schou, il direttore di Cryos Bank, aveva protestato. Azioni di lobbying e minacce di delocalizzazione avevano costretto Kristian Jansen, ministro delle imposte, a tornare indietro. Ancora oggi, Ole Schou fustiga “questi uomini politici ciechi che non vogliono vedere la realtà dei meccanismi del mercato[37].”
In Francia, la lobby della riproduzione artificiale dell’ essere umano ha capito bene “la realtà dei meccanismi del mercato”. Mentre organizza una campagna mediatica continua sulla bioetica e l’inquadramento della ricerca, si assicura che queste leggi non ostacolino mai la libertà dei ricercatori e quella del mercato. René Frydman, per esempio, ne ha fatto il suo secondo lavoro. Ex membro del Comitato consultivo nazionale di etica, membro della Commissione nazionale consultiva dei diritti dell’uomo, denuncia senza tregua “la proibizione della ricerca sull’embrione eretta a dogma nel nostro paese [e che] è un freno all’innovazione[38]”. E quindi alla crescita. Preoccupato di assicurare la perennità del suo business, e a confronto con una penuria di donatrici, egli milita per la remunerazione del dono d’ovocita[39]: “Senza cadere nella posizione ultraliberale che cresce a Cipro o in alcuni paesi dell’Est, dove possiamo vedere svilupparsi una forma di commercio del corpo umano su catalogo, dobbiamo uscire dal sacrosanto principio della gratuità del dono d’ovocita”.
3- Il silenzio e la vigliaccheria
È l’attitudine che ha predominato nella “sinistra della sinistra”, quella che si rivendica “antiliberale”, storicamente influenzata dal marxismo e meno portata alle questioni di società. Terrorizzata dall’idea di fare “il gioco dei reazionari”, la maggior parte ha rinnegato i suoi ideali anticapitalisti – o quello che ne rimane – per allearsi con la sinistra liberale. È una colpa che non ha finito di pagare. La politica, come la natura, ha orrore del vuoto. La destra cattolica ha ormai il campo libero per invadere questi territori della critica abbandonati. Nel dibattito in corso sulla PMA, è purtroppo Monsignor André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e fervente oppositore al matrimonio omosessuale, che denuncia:
“Una società mercantile dove tutto si compra e tutto si vende, ma dove niente ha valore. Potremo fabbricare dei bambini, potremo comprare dei bambini su internet, potremo metterli a disposizione di chi li vuole, ma cosa vorrà dire?[40]”.
Siccome la sinistra l’ha abbandonata, è ormai facile affermare che ogni critica della mercantilizzazione è necessariamente di destra e reazionaria. Ruwen Ogien ha iniziato:
“Ciò che orienta queste prese di posizione selettive e repressive, in realtà, sono spesso impegni conservatori o religiosi, la volontà di proteggere ad ogni costo la famiglia “normale”, cioè giovane, feconda ed eterosessuale. Ciò che significa “timore di una deriva mercantile” non è nient’altro, in questo caso, che “protezione di una certa forma di normalità”.[41]”
1 Nel 2009. La Tribune de Genève, 11/11/2009.
2 Courrier international, 21/12/2006.
3 Le Monde, 16/07/09.
4 Sylviane Agacinski, Corps en miettes, Flammarion, 2009, p. 48.
5 Jennifer Merchant « Assisted Reproductive Technology (ART) in the United States : Towards a National Regulatory Framework ? », Journal International de Bioéthique, 4/2009 (Vol. 20), p. 55-71.
6 Cf. infra.
7 Jennifer Merchant, articolocitato.
8 Le Figaro, 13/10/2008.
9 Jennifer Merchant, articolo citato.
10 L’Express, 16/09/2010.
11 Le Monde, 31/07/2010.
12 Il sito precisa : «Nel caso di una nascita di gemelli, un’indennità supplementare di un importo forfettario di 5000 euro dovrà essere erogato dai genitori genetici dopo il parto. Quest’indennità non fa parte del costo forfettario del programma.”
13 « Ces enfants apatrides nés d’une mère porteuse à l’étranger », lexpress.fr, 06/04/2011.
14 <http://www.artbaby.in/fr/forfaits-pour-fiv/>.
15 Lepoint.fr, 01/02/2013.
16 Courrier International, 04-10/07/2013.
17 Lucy Wallis, « Living inside the house of surrogates », BBC News, 30/09/2013.
18 Lepoint.fr, 01/02/2013.
19<http://www.sudouest.fr/2013/10/05/une-usine-a-bebes-va-voir-le-jour-en-inde-1190389-4803.php>.
20 Le nouvelObservateur, 27/10/2013.
21 Delhi Centre for Social Research, Surrogate Motherhood : Ethical or Commercial, 2012.
22 Vedereilsito internet dello studio: <http://vmfirm.com/our-team/>.
23 La Tribune de Genève, 11/11/2009.
24 Bérénice Rocfort-Giovanni, « Mères porteuses : les américains débarquent à Paris », Le Nouvel Observateur, 12/04/2013.
25 Le Monde Diplomatique, juin 1990.
26 Le Figaro, 16/12/2012.
27 Marcella Iacub, « La reconnaissance des ventres », Libération, le Mag, 12-13/01/2013.
28 Éric Aeschimann, « DSK par MarcelaIacub : une stupéfiante puissance littéraire », Le Nouvel Observateur, 21/02/2013.
29 <http://www.franceculture.fr/personne-ruwen-ogien.html?page=28>.
30 Era tra l’altro l’invitato del Forum Libé a Grenoble nel 2010 per sostenere, da militante dell’economia, la liberalizzazione della prostituzione.
31 <http://www.parti-socialiste.fr/articles/le-care-et-luniversalisme>.
32 <http://www.najat-vallaud-belkacem.com/2010/04/30/ethique-minimale/>.
33 RuwenOgien, <http://www.raison-publique.fr/article534.html>.
34 <http://www.najat-vallaud-belkacem.com/2010/04/30/ethique-minimale/>.
35 Sylviane Agacinski, Corps en miettes, op. cit.
36 Najat Vallaud-Belkacem, « Gestation pour autrui, l’éthique du don », 16/01/2010, sulsito di Terra Nova :<http://www.tnova.fr/note/gestation-pour-autrui-l-thique-du-don>.
37 Le Monde, 16/07/2009.
38 Le Monde, 12/01/2013.
39 Le Monde, 02/11/2006.
40 L’Express, 20/11/2012.
41 <http://www.raison-publique.fr/spip.php?page=ispip-article&id_article=534>.
http://www.resistenzealnanomondo.org/necrotecnologie/la-riproduzione-artificiale-dellumano-capitolo-2/
La riproduzione artificiale dell’umano: capitolo 3
LA RIPRODUZIONE DEL BESTIAME UMANO
“Poichè siamo riusciti a perfezionare la razza dei cavalli, dei cani, dei gatti, delle galline, dei piccioni, dei canarini [sic], perchè non dovremmo fare alcun tentativo sulla specie umana ? ”
Alexandre-Théophile Vandermonde, Essai sur la manière de perfectionner l’espèce humaine, 1756.
“In Francia, le ricerche sulla “riproduzione animale” sono state condotte soprattutto all’interno dell’Istituto di ricerca agronomica (INRA) e il pioniere fu il biologo Charles Thibault a cui […] riuscì la prima FIV [Fecondazione in vitro] sull’animale negli anni ’50. Tutti i pionieri della FIV umana, in Gran Bretagna, in Australia, negli Stati Uniti, in Francia, ecc.., furono universitari, agronomi o veterinari, con esperienza di ricerca sugli animali perché i medici, non avevano allora né la curiosità né la competenza per queste ricerche. Certo, il mondo medico recupererà subito queste innovazioni che aveva a volte incorraggiato.”
Jacques Testart, Faire des enfants demain, Seuil, 2014.
Per i bovini non c’è stato bisogno di aspettare che l’inquinamento chimico sterilizzasse l’insieme dei bestiami per fare della riproduzione artificiale l’unico modo per riprodursi. A partire dagli anni quaranta, la razionalità tecnicista, che si estende fino all’agricoltura, spinge i contadini, ormai “imprenditori agricoli”, ad addottare l’inseminazione artificiale. In pochi anni, la maggioranza avrebbe optato per il processo.
“Con 5.258.136 mucche inseminate artificialmente nel 1961 (4.622.147 nel 1960, 3.964.687 nel 1959) la Francia si classifica al terzo posto nel mondo per il numero, mentre è soltanto al quinto posto per la percentuale del bestiame sottomesso a questa tecnica. […] Ottantaquattro centri di inseminazione funzionavano in Francia nel 1961 [1]”.
Con l’inseminazione artificiale, tutto è talmente più semplice! Una telefonata e lo sperma è consegnato a domicilio. L’abolizione del coito tra maschio e femmina toglie i rischi di malattie trasmissibili sessualmente. E soprattutto non c’è più bisogno di mantenere un maschio l’anno, cosa vincolante e che costa troppo per le poche volte che serve (e immaginate se in più non lava i piatti). Ma il vero scopo di questa tecnica è quello di migliorare il rendimento dei bestiami offrendo agli agricoltori il miglior materiale genetico. Il lavoro secolare di selezione e d’incrocio dei riproduttori, abbandonato dai contadini, è delegato ai professionisti: tecnici e biologi formati e finanziati dal nuovo Istituto Nazionale di Ricerca Agronomica (INRA). I migliori tori sono scelti in base alla remuneratività che ci si attende dai loro discendenti (produzione di latte, velocità di crescita…), e i loro semi sono venduti su catalogo. E mentre i riproduttori si perfezionano, il loro numero diminuisce.
Già nel 1964:
“Il vantaggio dell’inseminazione è di permettere a tutti l’impiego di riproduttori di qualità elevata e di favorire così un rapido miglioramento della mandria. Lo stesso toro assicurerà, annualmente, dai 50 ai 60 accoppiamenti se messo in libertà con una mandria di mucche, 200 nella stalla, ma dai 3.500 ai 5.000 grazie all’inseminazione artificiale; è stato raggiunto anche un massimo di 10.000 [2]”.
La congelazione dello sperma, che inizia negli anni ’60 [3], abolisce le ultime costrizioni geografiche e temporali legate al trasporto e alla conservazione della materia prima riproduttiva, e rende completamente possibile la gestione del bestiame bovino a un livello nazionale. Il progresso genetico delle popolazioni bovine, vera sfida nella competizione economica e tecnologica mondiale, diventa “naturalmente” una prerogativa dello Stato. È esso ormai che, tramite l’INRA, orienta e organizza la riproduzione del bestiame nazionale:
“[All’inizio degli anni ‘60,] il ministero dell’Agricoltura omologa i centri d’inseminazione, omologa i programmi di test e di selezione, omologa i tori messi alla prova e poi i tori usati sulla base di un valore genetico provato e sufficientemente preciso […], e infine fornisce le licenze di direttore di centro o d’inseminatore. La legge del 1966 completa questo dispositivo con la sistemazione dei controlli di prestazione e di registrazione dello stato civile (dei bovini). Essa prevede soprattutto una centralizzazione della gestione e dell’analisi dei dati corrispondenti. I calcoli degli standard di selezione sono stati affidati all’ INRA, incaricato di assicurare una modernizzazione costante dei metodi di valutazione e garante presso gli utilizzatori dell’obbiettività dei risultati. Essa comporta infine un insieme di disposizione finanziarie di accompagnamento che sono ugualmente all’origine della sua efficacia [4].”
Cinquant’anni dopo, gli agricoltori francesi sono diventati dei dipendenti pubblici. Vivono soltanto di incentivi e sovvenzioni statali. In cambio adempiono alla loro missione: gestire e ottimizzare il bestiame nazionale, ormai considerato implicitamente come proprietà dello Stato. Col susseguirsi delle innovazioni nel sessaggio dei semi, nella superovulazione, nel trasferimento di embrioni nelle madri surrogate, lo Stato sostiene e organizza una selezione sempre più spinta e razionale dei riproduttori. Prodotto degli ultimi progressi della genomica e delle biotecnologie, ecco il sequenziamento genetico dei bovini. All’ INRA si entusiasmano:
“Nel 2012, il 60% delle mucche delle tre principali razze lattaie francesi è nato da tori valutati grazie alla genomica! Allora la scelta di un riproduttore si basava sulle prestazioni della sua discendenza, mentre oggi si è capaci di predire il valore genetico di un animale con l’aiuto di un test realizzato su un chip a ADN che contiene decine di migliaia di marcatori. La selezione genomica permette quindi di selezionare i riproduttori in base al loro valore genetico predetto a partire dai marcatori genetici distribuiti su tutto il genoma. […] Questa selezione genomica accelera il progresso genetico informandosi sulla qualità di un riproduttore riguardo a nuovi caratteri complessi quali la fertiltà, la resistenza alle malattie o la qualità dei prodotti di latte e di carne [5].”
Risultato: la standardizzazione dei greggi in base a criteri di produttività idroponica, a scapito della diversità delle razze, addattate ai climi e ai territori.
Ogni progresso tecnologico che permette di controllare la discendenza dei bestiami si accompagna alla promulgazione di nuove norme, con le quali lo Stato estende la sua influenza al lavoro degli agricoltori e alla vita stessa. Semplice possibilità offerta agli agricoltori, ma non senza controparte, subito dopo la seconda guerra mondiale, il ricorso alle biotecnologie, e in particolare alla selezione genetica, diventa obbligatorio. A partire dal 2015, la legge costringe gli allevatori francesi di capre, di pecore e di mucche a fare ricorso a riproduttori maschi certificati dallo Stato, per produrre le generazioni future. Soltanto gli individui selezionati in base al loro genoma e certificati dall’amministrazione competente potranno ancora perpetuare la specie. Secondo il ministro dell’agricoltura, Stéphane le Foll:
“L’obbiettivo di questo provvedimento [è] di favorire la diffusione del progresso genetico creato dagli allevatori, dai selezionatori e dagli attori della selezione animale. […] L’effetto atteso del provvedimento è quindi di migliorare il livello del bestiame e di garantire agli allevatori la qualità zootecnica dei maschi bovini, ovini e caprini, come l’assenza di tare genetiche, appoggiandosi sul processo collettivo della selezione dei ruminanti [6].”
Ciò che fanno agli animali, lo fanno agli umani.
Vi ricordate di Cryos Bank [7]? La più grande banca del seme nel mondo, impiantata nei Paesi Bassi, esporta in più di 70 paesi. Secondo il suo sito internet, l’azienda ha permesso circa 22.000 gravidanze dal 1991. Il suo direttore si congratula:
“Un tasso di riuscite di più del 30%. Questi risultati sono ottenuti grazie a una severa selezione dei donatori: soltanto uno su quattro merita, dopo analisi e selezioni, di figurare su questo catalogo, di un genere ancora inedito in Europa, ma banale dall’altro lato dell’Atlantico [8].”
Come e su quali criteri si effettua questa selezione? Ogni banca del seme ha la sua ricetta. Il sito del ministero della sanità israeliano, per esempio, spiega in dettaglio il processo di selezione in vigore nelle banche del seme riconosciute dallo Stato d’Israele:
“Gli uomini che possono essere ritenuti come donatori di sperma:
Il donatore è responsabile dei suoi atti e li comprende.Deve essere celibe, non sposato, divorziato o vedovo. Età preferita: 18-30 anni. In possesso del diploma di maturità – raccomandato -, e ovviamente in possesso di una laurea. Non ci sono limiti riguardo la religione o l’origine.
Il donatore accetta che il suo DNA sia conservato per ulteriori test, in caso di bisogno.
Processo di selezione dei donatori:
Prima preselezione, al telefono.
Primo incontro, per una valutazione e un esame dello sperma.
Dopo più esami dello sperma, compresi il congelamento e lo scongelamento, l’équipe del laboratorio decide se lo sperma del donatore è di qualità soddisfacente.
Intervista personale con il direttore della banca del seme: storia sanitaria, personale e familiare, compresi l’esame di malattie genetiche, del contesto sociale, dell’educazione, l’esame fisico, gli esami del sangue e il test della sifilide.
Dopo aver ricevuto i risultati degli esami di laboratorio, durante una riunione dell’équipe del laboratorio, dei segretari e dell’équipe medicale, si svolge la valutazione del donatore, che comprende: credibilità e affidabilità, condizioni di salute, caratteristiche e apparenza, disponibilità e qualità del suo sperma… il tutto per capire se si tratti di un donatore appropriato.
Il donatore è informato del fatto che non ha diritto di fornire il suo sperma ad altre banche del seme […].
Il donatore firma un attestato secondo il quale le informazioni sanitarie che ha fornito sono vere.
Il donatore firma un attestato secondo il quale non può ricevere informazioni su eventuali gravidanze o su una nascita, e la banca del seme si impegna a rispettare per sempre la confidenzialità del donatore.
Il donatore riceve la sua controparte in denaro direttamente della banca del seme.”
Avete capito: selezionare un buon riproduttore, o una buona riproduttrice, è abbastanza semplice. Si valuta la sua prestazione in termine di fertilità. Lo sperma del maschio deve avere una concentrazione ottimale di spermatozoi. Si verificano i precedenti sanitari del candidato, come quelli dei suoi ascendenti per più generazioni. Malattie, problemi psicologici, cancri, ma anche asma, allergie, depressione… bastano a definire un individuo improprio alla riproduzione. Infine e soprattutto, si selezionano i riproduttori in base a criteri che mirano ad assicurare la loro competitività sul mercato della riproduzione: livello di istruzione, QI, professione e caratteristiche fisiche (altezza, rapporto altezza-peso, colore dei capelli, colore degli occhi). Sono selezionati soltanto i candidati che corrispondono ai canoni sociali ed estetici del capitalismo e dell’industria del divertimento.
Gli altri: non abbastanza istruiti, e quindi non abbastanza produttivi, grassottelli, magrolini, calvi, o non abbastanza sexy, sono esclusi del catalogo. I criteri di selezione non si ingombrano di romanzesche considerazioni sulle circostanze di un incontro o sul misterioso gioco delle affinità tra persone. Con la riproduzione artificiale, la scelta è razionale. Dal settembre 2011 Cryos non accetta più lo sperma degli uomini con i capelli rossi [9], non abbastanza redditizio sul mercato del gamete.
Questa selezione dei riproduttori è ancora troppo rudimentale per gli ingegneri della riproduzione umana. I questionari multipli, i colloqui psicologici e le visite medicali che subiscono i riproduttori allo scopo di essere certificati non bastano a stroncare i rischi della natura, in particolare le malformazioni alla nascita. Un rompicapo per i fabbricanti di bambini. Come lo spiega Ole Schou, direttore di Cryos Bank:
“E’ importante per noi identificare il più velocemente possibile il donatore il cui sperma ha provocato malformazioni alla nascita per limitare i danni e determinare se si tratta di malattie genetiche o postnatali”, dice. L’ideale sarebbe di fare “un esame di tutta la massa genetica” dei donatori per prevenire la nascita di bambini malformati [10].”
Ciò che vuole Ole Schou, è il test genetico dei riproduttori umani. Sì, come per gli animali! “E’ una missione possibile oggi”, aggiungeva nel 2009. Quattro anni più tardi, il sequenziamento del genoma è alla portata di chiunque. Siti Internet, come 23andme.com, finanziato da Google, propongono ai privati di sequenziare il loro DNA per qualche centinaio di dollari [11]. Grazie ad aziende come DNAvision, leader europeo del sequenziamento DNA a destinazione della medicina e delle biotecnologie, (e diretta da Laurent Alexandre, di cui avremo l’occasione di riparlare), il sogno di Ole Schou diventerà presto realtà.
Triste condizione degli animali umani. Al fine di rimediare alla sterilità che il flagello chimico infligge loro, sempre più uomini e donne devono sottomettersi alla riproduzione artificiale. Per rispondere alla loro domanda, aziende private si incaricano di selezionare all’interno del bestiame umano i migliori riproduttori: i fortunati che hanno ancora il privilegio di possedere sperma e ovuli funzionali, e che per di più corrispondono al meglio alle norme sociali, culturali ed estetiche della tecnocrazia globale. Lo faranno con strumenti tecnologici sempre più potenti. Giustificata primariamente con la necessità di evitare le malformazioni infantili e le malattie ereditarie, la selezione genetica dei riproduttori sarà presto sistemizzata. Determinerà un numero sempre più crescente di caratteristiche legate non soltanto alla salute, ma anche al fisico, addirittura all’intelligenza e al carattere (i quali non dipendono esclusivamente dai nostri geni).
Soltanto i riproduttori eletti in base a questi criteri saranno autorizzati de facto a trasmettere il loro patrimonio genetico al gregge futuro. E nello stesso modo in cui un toro può generare centinaia di migliaia di vitelli, negli Stati Uniti lo stesso uomo può oggi generare più di 150 figli [12]. Starbuck, nel quale David Wosniak, simpatico looser che ha fatto molti doni di sperma per guadagnare soldi facili, si scopre padre di più di 500 figli, è soltanto un film di anticipazione. In Danimarca, siccome al momento la legge limita a 15 il numero di bambini per venditore di sperma, Cryos Bank aggira questa legge esportando all’ estero. Molti dei suoi fornitori sono già padri di più di un centinaio di bambini [13].
Le pecore umane si sono ridotte a scegliere su catalogo, tra qualche centinaio di Barbie e di Ken preselezionati, standardizzati e certificati, i genitori biologici dei loro futuri figli.
Però, in base all’opinione stessa degli specialisti in riproduzione artificiale, la selezione dei riproduttori non è abbastanza efficace. Per Jacques Testart, biologo che ha dedicato la sua carriera allo sviluppo della riproduzione artificiale umana:“Non è selezionando i “genitori” che si potrà ottenere alla generazione seguente, e neanche dopo, individui di migliore qualità, e questo per ragioni che riguardano le lotterie successive che precedono la concezione di un bambino[14].”
Cioè: i migliori riproduttori possono dare brutti risultati. Selezionare i fornitori di materia prima riproduttiva non basta più. La selezione deve ormai operarsi sugli embrioni.
Esistono due metodi. La prima, la diagnosi prenatale (DPN), consiste nello scoprire in utero, con ecografia, anniocentesi o più recentemente tramite test genetici, alcune caratteristiche dell’embrione o del feto. In caso di caratteristiche indesiderabili, la selezione si effettua con l’aborto. In Francia, i medici sono tenuti, nel corso della gravidanza, a proporre lo screening della trisomia 21 ai futuri genitori. L’aborto è scelto nel 97% dei casi in cui viene rivelata.
La DPN non serve unicamente a selezionare i bambini immuni a malattie genetiche. Permettendo che la selezione degli individui nasca in base a criteri sociali e culturali, la DPN, associata all’aborto, costituisce un primo passo verso l’eugenismo. Ricordate: in Asia, la possibilità di conoscere il sesso dei bambini molto prima della loro nascita ha permesso da decine di anni l’aborto massivo dei feti femminili, quando le bambine non sono semplicemente uccise alla nascita. “In totale, da una trentina d’anni, circa 150 milioni di donne non sono riuscite a nascere [15].” Questo ci fa capire ciò che permette la DPN . Avete detto eugenismo? Non avete ancora visto niente. Esso è ormai rimpiazzato con un metodo molto più efficace nella selezione delle future generazioni: la diagnosi preimpianto (DPI).
Ricordate. Durante una fecondazione in vitro, la donna subisce una stimolazione ovarica al fine di raccogliere più ovuli (una decina circa). Questi ultimi vengono poi messi in una provetta in cui sono fecondati al contatto con lo sperma, per produrre embrioni. La DPI consiste nel testare in provetta il genoma di ognuno degli embrioni così creati, allo scopo di scegliere quale impiantare nell’utero della futura madre, o della madre surrogata. Tecnicamente, i criteri di selezione sono gli stessi usati per i riproduttori: assenza di malattie ereditarie o d’infermità, ma anche sesso del bambino, caratteristiche fisiche e intellettuali.
Notate che qui non è questione di manipolazioni genetiche o di qualche altro processo spettacolare. Gli embrioni testati contengono soltanto il materiale genetico dei due genitori. I promotori della riproduzione artificiale dell’essere umano si affrettano a brandire questo argomento per rassicurarci. Tuttavia la DPI demoltiplica la potenza eugenistica della diagnosi prenatale. La selezione non si opera più in modo negativo, facendo ricorso ad un aborto. Si effettua prima della gravidanza, di cui migliora le possibilità di riuscita selezionando gli embrioni in condizioni migliori. Non si testa più un unico embrione, ma una decina, al fine di selezionare “il migliore”.
La sfida per i mercanti di bambini è ora di allargare il numero di embrioni da proporre alla scelta dei genitori. Infatti, ricerche condotte attualmente sulle cellule staminali permetterebbero in un vicino futuro la produzione di ovuli in quantità illimitata [16]. È quindi su migliaia di embrioni che la DPI del futuro porterà, accrescendo così altrettanto le esigenze dei clienti.
Ci rendiamo conto che un tale privilegio non sarà riservato alle sole coppie sterili. Non appena il ricatto medicale e la lamentela per il diritto al bambino ebbero reso accettabile la FIV per le coppie sterili, quest’ultima perse il suo aspetto strettamente medicale. Negli Stati Uniti e nei paesi in cui è autorizzata, sempre più coppie perfettamente fertili, e ricche, scelgono ormai la fecondazione in vitro con l’unico scopo di fare ricorso al DPI, e di garantire così alla loro discendenza il migliore potenziale genetico.
Rendendo possibile la selezione degli embrioni in base a criteri genetici, la DPI ha aperto la strada a una medicina di compiacimento che mira a soddisfare un fantasma vecchio come il mondo: quello del bambino perfetto. Il 42% delle cliniche americane, che riconoscono di praticare delle DPI per motivi non medicali, ci ricorda che siamo già ben lontani dall’onorevole vocazione primaria di questa innovazione tecnica, che consisteva nel far nascere un bambino esente da una malattia genetica grave, ereditata dai suoi genitori.
Coppie benestanti spendono cifre astronomiche per poter scegliere il sesso del loro futuro bambino grazie alla DPI! D’altronde, alcuni paesi, come la Gran Bretagna, hanno già esteso la DPI alla ricerca di predisposizioni ad alcuni tipi di cancri (seno, colon…), nonostante le forme più frequenti di queste malattie non siano ereditarie! Lo stesso per lo strabismo, la malattia dell’Alzheimer, l’artrosi, che fanno già parte delle “affezioni” ricercate dalla DPI in Gran Bretagna…
Non è impossibile, in un futuro molto più vicino di quello che sembra, che le cliniche di procreazione si lancino in una pericolosa spirale proponendo ai genitori di scegliere un bambino “à la carte” in base a criteri genetici sempre più lontani dalle prerogative sanitarie della DPI: quoziente intellettuale, colore degli occhi, attitudine allo sport, predisposizione all’obesità e, perchè no, resistenza all’ HIV… Albert Cohen, eminente specialista nell’assistenza medicale alla procreazione, lancia l’allarme dicendo:“Nei prossimi dieci o vent’anni, saremo capaci di passare al vaglio ogni embrione umano per tutte le anomalie cromosomiche numeriche ma anche per numerose affezioni genetiche […]. In un futuro differito, dovremmo potere identificare diversi tratti genetici come l’altezza, la calvizia, l’obesità, il colore dei capelli e della pelle e anche il QI…” [17].
Con la DPI, le maledizioni, che sono, su scala individuale, la ricerca del bambino perfetto, e su scala collettiva, il miglioramento della specie umana, diventano realtà. Mai nella storia le élite avevano disposto di un tale potere. Ecco i semenzai capaci di decidere dei nostri destini genetici, di diventare “protagonisti dell’evoluzione”, di “giocare a dio”, secondo il filosofo tedesco Jürgen Habermas [18]. In un vicino futuro, la fecondazione in vitro diventerà, almeno per i ricchi, la maniera abituale di fare figli. Non soltanto perché papà e mamma non potranno più procreare in modo autonomo, ma perché potranno così scegliere la migliore soluzione genetica per il loro ereditiero.
Kevin Warwick, apostolo del transumanesimo e professore di cibernetica all’università di Reading in Inghilterra, ve l’aveva detto dieci anni fa:“Coloro che decideranno di restare umani e che rifiuteranno di migliorarsi avranno un serio handicap, saranno una sottospecie e diventeranno gli scimpanzé del futuro [19]”. Coloro che rifiuteranno di selezionare il genoma dei loro figli sceglieranno volontariamente di far nascere degli scimpanzé. Ciò che era presentato come una libertà diventerà presto un obbligo, una costrizione sociale alla quale nessuno potrà sottrarsi. I refrattari saranno trattati da reazionari – tanto vale usare le candele! – prima di diventare dei criminali. Perché malgrado i mezzi tecnici per evitarlo, avranno fatto correre il rischio ai propri figli di essere handicappati, di soffrire di una malattia ereditaria, o di non essere belli come le star sulle riviste. “Presto sarà un peccato per i genitori avere un figlio che porta il fardello di un disordine genetico”, spiegava Robert Edwards, pioniere della riproduzione artificiale dell’essere umano e premio Nobel della medicina [20]. L’associazione transumanista francese minaccia già: “Quando la scelta è possibile, non scegliere/agire è anche una scelta con la responsabilità che ne deriva. I genitori ora non “nuocciono” ai loro figli mettendoli al mondo con un handicap. Se un bambino ha la possibilità di avere una vita ricca e bella è una buona cosa averlo messo al mondo. Ma se qualcuno avesse potuto rendere la sua vita più facile, migliore, e non l’ha deliberatamente fatto, come definirlo? [21]
Jacques Testart è conosciuto per aver fabbricato con René Frydman il primo bambino in provetta in Francia. Come tutti i ricercatori specializzati nella riproduzione artificiale umana, si è prima fatto le ossa sugli animali, le mucche in questo caso. Negli anni ‘60, egli entra all’INRA:“La missione che mi fu affidata dall’istituto Nazionale della Ricerca Agronomica era di accelerare l’efficienza di selezione delle mucche lattaie, aumentando la discendenza delle migliori produttrici di latte. Grazie a metodi di “superovulazione” con stimolazione delle ovaie con ormoni, facevo produrre più ovuli per ciclo (la mucca produce normalmente soltanto un ovulo ogni tre settimane). Dopo l’inseminazione artificiale con lo sperma di tori selezionati, dieci, venti, o trenta embrioni, supposti di alta qualità genetica, erano presenti nell’utero, troppo numerosi per soppraviverci tutti. Perfezionai quindi tecniche per estrarre gli embrioni, tramite lavaggio dell’utero, e per trapiantarli nella matrice di mucche comuni (“madri surrogate”), dove si sarebbero sviluppati fino alla nascita [22]”.
Ma Testart è un scienziato con-cattiva- coscienza:“E’ soltanto nel momento in cui ho ottenuto il primo successo, nel 1972, che ho realizzato l’assurdità di ciò che avevo compiuto: l’Europa soffriva di eccedenze di latte ben prima della mia implicazione in questa ricerca… […] Si trattava già di mettere in avanti la competitività senza preoccuparsi della disoccupazione, del malessere, della desertificazione delle campagne. Si trattava di mettere la ricerca al servizio di fantasmi economici (e di interessi particolari reali) piuttosto che di servire l’uomo. Forte di questa lezione inaugurale sul ruolo della scienza, optai per la ricerca medica, la quale sarebbe dovuta essere al di sopra di tale viltà [23].”
Occorsero quindi cinque anni a Testart per abbandonare questo compito che giudicava così assurdo. E non lo fece per andare ad allevare capre in Ardèche. Una cosa è avere convinzioni- o scrupoli?- un’altra è rinunciare a una carriera promettente. Sfruttando la sua esperienza sugli animali, Testart raggiunge quindi l’INSERM, dove diventa direttore di ricerca.
Per trent’anni egli contribuisce al perfezionamento delle tecniche della riproduzione artificiale dell’essere umano: fecondazione in vitro, congelazione dell’embrione, FIV con iniezione diretta dello spermatozoo. Tante trovate che gli valgono gli onori: Ordine del merito nel 1983, Premio scientifico della città di Parigi nel 1990. Molto presto però egli capisce che per risollevare la sua coscienza e proseguire i suoi lavori in tutta tranquillità deve esprimere pubblicamente delle reticenze. Da qui le sue numerose opere in cui condanna per anni, e come se egli non c’entrasse niente, le applicazini dei propri lavori. Testart bada a non nominare mai i suoi colleghi francesi. Sicuramente perché teme che, stanchi di essere denunciati da colui che fa il loro medesimo lavoro, lo rimandino alle sue contraddizioni.
Dopo aver dedicato la sua carriera a creare e perfezionare la fecondazione in vitro, il biologo si commuove oggi per le possibilità terrificanti che permette la DPI. Nel suo ultimo libro intitolato «Faire des enfants demain» (“Fare figli domani”), denuncia “l’eugenismo molle e democratico” reso possibile con la DPI:“Oso affermare che l’eugenismo sia alla sua nascita e ipotizzo che non sia arrivato per caso”. [24]
E per l’evidente ragione che è stato lui a permetterlo. Abbiamo capito, la DPI è inseparabile dalla fecondazione in vitro. È la FIV che permette la DPI, mettendo l’embrione a portata di mano del biologo e dei suoi test genetici. La DPI in cambio migliora le possibiltà di riuscita della FIV permettendo di impiantare nell’utero soltanto gli embrioni più sani. Come rifiutare questa scelta a una donna che ha avuto tre o quattro gravidanze abortite?
Colmo di falsa coscienza, Testart lo ammette a fior di labbra:“Il trasferimento in utero del “migliore embrione” aumenterebbe il tasso di parto anche dopo il trasferimento di uno solo di essi, evitando le gravidanze multiple […]”. Un argomento supplementare per la generalizzazione della DPI!
Una volta ammesso il principio della fecondazione in vitro, è illusorio ma anche disonesto pretendere di opporsi alla DPI. Testart persiste comunque:“Capitemi bene, non sono ostile ai tentativi di far evolvere la FIVET iniziale se è per aumentarne l’efficienza e/o diminuirne i rischi e le schiavitù [25].”
Riferendosi continuamente a Ivan Illich, Testart dovrebbe capire che la FIV esige un armamentario tecnologico e non ha niente di una tecnica “conviviale”, cioè controllabile da una piccola comunità umana, limitando la sua dipendenza al sistema tecnico, ed emancipatrice.
Durante tutta la sua carriera, Testart non ha smesso di denunciare ciò che faceva, e di fare ciò che denunciava. Negando le sue contraddizioni e i suoi errori, persistendo nel difendere la FIV mentre denunciava la DPI, pretende oggi di opporsi all’eugenismo rivendicando che il numero dei criteri genetici esaminati nel quadro di una DPI sia limitato a uno solo. Uno solo? Perchè non due? Tre? La «controperizia cittadina» è una resa permanente.
Pesci d’acquario fosforescenti, e di diversi colori. Maiali a crescita ultra veloce, ma che muoiono dopo un anno. Conigli e capre di cui il latte serve come medicine. Mosche portatrici della febbre gialla e della dengue, e dalla discendenza non vitale. Pecore che hanno qualità nutrizionali migliorate [26]. Topi super resistenti capaci di correre chilometri senza fermarsi [27]… Ecco i risultati di ricerche che brillanti scienziati conducono oggi in tutto il mondo. Questi caratteri non sono stati ottenuti con un lavoro di selezione genetica. Procedono invece con la manipolazione del genoma, con l’aggiunta, la modificazione o la soppressione di alcune sequenze di DNA, alterazioni trasmesse alla generazione seguente.
Meno mediatizzate degli OGM, le ricerche sulla manipolazione genetica degli animali iniziava una trentina di anni fa. Dagli anni 2000, i primi AGM, animali geneticamente modificati, aspettano dietro le porte dei laboratori, pronti a invadere le fattorie, i campi, le foreste e i nostri piatti.
“Il salmone AquAdvantage®, dell’azienda americana Aquabounty Technologies situata nel Massachusetts, è dal 2010 in corso di valutazione da parte della Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia per la salute americana. Questo pesce transgenico ha la capacità di crescere più velocemente di un salmone d’Atlantico classico. Può arrivare sul mercato in 16 o 18 mesi, invece dei 30 abituali. La ricetta? Prelevare sul salmone chinook del Pacifico il gene che produce un ormone di crescita e modificarne l’espressione con l’aiuto di un gene antigelo presente nell’anguilla di roccia americana. Integrare il tutto nelle uova di salmone d’Atlantico che, normalmente, produce l’ormone di crescita soltanto quando si trova nelle acque calde . La versione transgenica lo secreta tutto l’anno, e quindi accelera la sua crescita. […] L’autorizzazione di questo salmone sarebbe soltanto questione di qualche mese. E questo aprirebbe una breccia, perchè altri animali geneticamente modificati aspettano di essere messi sul mercato, come il maiale Enviropigs, di cui gli escrementi meno ricchi in fosfati sono più rispettosi dell’ambiente, o le galline che non trasmettono l’influenza aviaria [28]”.
Secondo uno studio dell’ INRA:“E’ possibile agire con la transgenesi sulla qualità del latte di mucca, per esempio, per rendere la sua composizione più compatibile con l’alimentazione del neonato, per “maternizzarlo” ancora meglio rispetto a ciò che è stato realizzato attualmente, o per renderlo più digeribile agli adulti. È sicuramente uno dei settori nei quali l’ottenimento di animali di fattoria transgenici si realizzerà con priorità [29]. […]”
Selezionare in base al loro genoma l’insieme dei riproduttori del bestiame nazionale non bastava quindi ad assicurare la redditività del gregge né a dare sbocchi ai biologi e genetisti. La tappa seguente, nella corsa in avanti economica e tecnologica, è la modificazione genetica degli animali. E indovinate? Quello che si fa agli animali, si fa agli esseri umani. Questa volta non sono io che lo dico, ma Miroslav Radman. Questo biologo di origine croata, membro dell’accademia francese delle scienze, direttore di ricerca all’INSERM, e professore all’università Paris-Descartes, ha ricevuto la Légion d’honneur nel 2012 “in riconoscimento per la sua opera scientifica eccezionale nell’ambito della biologia molecolare [30]”. Un curriculum di cui non va poco fiero, a vedere le proprie numerose foto che pubblica sul suo sito internet. Nel 2004 spiegava:
“[Nel 2002] ricercatori spagnoli hanno ottenuto un topo transgenico resistente al cancro. Hanno inserito in cellule staminali riproduttrici una o due copie supplementari di un gene conosciuto nei mammiferi per essere implicato nella resistenza al cancro, il gene P53. […] I topi transgenici spagnoli resistono ai cancerogeni chimici e alle radiazioni. […] Fra vent’anni, cent’anni, la questione dell’uomo transgenico sarà posta. E non soltanto per il cancro. Per l’AIDS, la malaria, la tubercolosi. Perchè esistono, nell’immensa diversità genetica umana, individui che resistono a queste malattie perché possiedono una variante di gene rara e particolare. Potremmo immaginare di costituire un pool di queste preziose varianti e metterlo a disposizione di tutti. Vieteranno di farlo? Abbiamo visto un bambino chiedere il conto al corpo medico per il pregiudizio dell’ essere nato handicappato. Quando avremo i mezzi per prevenire le malattie, con quale diritto potremo rifiutare questa prevenzione [31]?”.
Il megalo-biologo ha visto giusto. Tranne per il fatto che la questione dell’essere umano geneticamente modificato si sia posta prima del previsto. Tre anni dopo le sue previsioni, un’ équipe di ricercatori del Center for Reproductive Medicine and Infertility di New York creava il primo embrione geneticamente modificato. Secondo la rivista americana alla moda Wired:“Diretti da Nikica Zaninovic, ricercatori della Cornell University hanno aggiunto una proteina verde fosforescente a un embrione proveniente da una fecondazione in vitro. Hanno distrutto l’embrione cinque giorni più tardi. Si tratta del primo caso documentato di modificazione genetica di un embrione umano. Se tali embrioni fossero autorizzati a svilupparsi, le modificazioni genetiche, che sarebbero permanenti e trasmesse alle future generazioni, potrebbero prevenire alcune malattie [32]”. E, lucido, il giornalista precisava:“Tali modificazioni potrebbero anche essere usate per altri motivi, come l’apparenza fisica, la capacità intellettuale, la personalità [33]”. Il meccanismo sarà lo stesso utilizzato per la FIV e la selezione genetica degli embrioni. Non appena il ricatto medicale avrà reso accettabile la modificazione genetica degli embrioni, e quindi la creazione di esseri umani geneticamente modificati “a fine terapeutico”, la tecnologia smetterà di essere esclusivamente medicale. Sotto la pressione delle aziende che ci avranno visto una possibilità di profitto straordinario, i miglioramenti genetici avranno come scopo non più di evitare tare, malattie e malformazioni ai neonati, ma di renderli migliori: più belli, più alti, più sportivi, più intelligenti… Migliori degli esseri umani, imperfetti per natura, cioè sovraumani. Superando gli umani, questi esseri sorpassati, cioè postumani.
Se non avete passato gli ultimi dieci anni nel fondo di una grotta in Ardèche, avete già sentito parlare del transumanesimo. Quest’ultimo dedica un odio senza nome all’essere umano, alla sua corporalità, alla sua finitudine, a tutto quello che lo contiene nel mondo fisico, biologico, a tutto ciò che lo rende umano, alla fine. Il transumanesimo è prima di tutto un antropofobia. L’umanità, per esso, deve essere superata, trasformata, migliorata. Le tecnologie convergenti (NBIC: nanotecnologie, biotecnologie, informatica e scienze cognitive) forniscono i mezzi per questo “miglioramento”: impianti bionici, biotecnologici, intelligenza artificiale, e certo, miglioramento genetico degli embrioni. Nato negli anni ‘50 negli Stati Uniti, il transumanesimo non è più la setta degli anni ‘90 che ragruppa un pugno di illuminati. Questi ultimi dieci anni si è imposto nel dibattito pubblico come una forza maggiore.
Nato negli anni ‘50 negli Stati Uniti, il transumanesimo non è più la setta degli anni ‘90 che raggruppava un pugno di illuminati. In questi ultimi dieci anni esso si è imposto nel dibattito pubblico come una forza maggiore. I suoi rappresentanti occupano oggi posti all’interno delle più grandi ditte tecnologiche mondiali e dei più grandi campus americani. Molto di più di una corrente di pensiero, il transumanesimo è la religione tacita della tecnocrazia, più precisamente delle sue avanguardie. Orienta già i programmi di ricerche che avranno conseguenze funeste sulle nostre vite. Lobby organizzata, gode ormai del sostegno di Google. Laurent Alexandre, chirurgo-urologo, fondatore del sito Doctissimo, milionario dopo la rivendita di quest’ultimo, fondatore di DNA Vision, cronista al giornale “Le Monde”, habitué dei media, è in Francia uno dei principali porta-voce del transumanesimo (anche se non lo confessa mai):“Oggi Google è diventato uno dei principali architetti della rivoluzione NBIC e sostiene attivamente il transumanesimo, tra l’altro patrocinando la Singularity University che forma gli specialisti dei NBIC. Il termine “Singularity” indica il momento in cui la mente umana sarà superata dall’intelligenza artificiale, che dovrebbe crescere esponanzialmente a partire dall’anno 2045. Ray Kurzweil, il “padre” del transumanesimo, dirige di persona questa università. Questo specialista dell’intelligenza artificiale è convinto che le NBIC permetteranno di ritardare la morte in modo spettacolare a partire del XXI secolo. È stato assunto da Google come ingegnere capo per fare del motore di ricerca la prima intelligenza artificiale della storia [34]”.
In Francia un’ associazione francese transumanista, Technoprog, ha iniziato a farsi notare, partecipando agli Stati generali della bioetica nel 2009. Presidiata da Marc Roux, ex professore di storia e militante della sinistra di sinistra, sostiene ovviamente la selezione e il miglioramento genetico degli embrioni, allo scopo di migliorare la specie umana. La sua influenza è però molto minore di quella di scienzati famosi. Se pochi tra di loro lo rivendicano, molti ricercatori francesi importano in Francia le idee dei transumanisti americani. È il caso di Laurent Alexandre o di Miroslav Radman. Nella sua ultima opera, quest’ultimo giustifica così il ricorso al miglioramento genetico dell’essere umano:“Alla fine, come esempio di esercizi utili per i comitati di etica, ecco una domanda che mi pongo. Soltanto due secoli fa, la metà dei bambini non sopravviveva al proprio decimo compleanno. L’altra metà sopravviveva, nella stessa famiglia. Quindi, ora che questa mortalità infantile è stata quasi eliminata nei paesi relativamente ricchi, la selezione naturale, e crudele, non “purifica” più il patrimonio genetico delle sue debolezze genetiche”.
E conclude: “Soltanto un miglioramento umano del proprio genoma (si, con la modificazione genetica) potrà rimediare, a lungo termine, la degradazione probabile o ineluttabile del suo patrimonio [35]”.
Miroslav Radman fa parte di quegli scienzati che rompono i tabù oscurantisti e retrogradi. Per giustificare le loro ricerche, succhiare i finanziamenti pubblici, e imporre i loro fantasmi di onnipotenza, riabilitano, sotto il progressismo tecnologico, la mostruosità eugenista: odio per la decadenza della specie, purezza genetica, miglioramento e avvento di una specie superiore. Proseguono così l’opera dei loro predecessori.
Alexandre Théophile Vandermonde, filosofo, matematico e chimico, nel 1756: “I vegetali, fiduciosi nella loro specie, si sono moltiplicati senza imbastardirsi; gli animali, asserviti a una meccanica semplice, a leggi sempre uguali, si sono riprodotti senza degenerare; l’uomo è l’unico che si è allontanato del suo primo stato indebolendo la sua conformazione naturale, e alterando tutti i tratti della sua impronta originaria. […] Il nostro corpo languisce, si indebolisce, e perde le belle proporzioni che ha ricevuto dalla natura. La nostra ragione si oscura, il nostro spirito si irrita, e non ritroviamo più nell’uomo il capolavoro del creatore [36]”.
Charles Richet, premio Nobel della medicina nel 1914:“Creeremo tra le razze che popolano la terra una vera aristocrazia, quella dei bianchi, di razza pura, non mischiata con i detestabili elementi etnici che l’Africa e l’Asia introdurrebbero tra di noi [37]”.
James D. Watson, premio Nobel della medicina nel 1962:“Bisognerà che alcuni abbiano il coraggio di intervenire sulla stirpe germinale senza essere sicuri del risultato. In più, e nessuno osa dirlo, se potessimo creare degli esseri umani migliori grazie all’aggiunta di geni (provenienti da piante o animali), perchè farne a meno? Dove è il problema? [38]”.
L’eugenismo è per prima cosa un’ideologia scientifica, sistematizzata nel XIX secolo da Sir Francis Galton, cugino di Charles Darwin, che la definiva così:“Scienza del miglioramento della razza, che non si limita assolutamente alle questioni di unioni giudiziose, ma che, particolarmente nel caso dell’uomo, si occupa di tutte le influenze suscettibili di dare alle razze meglio dotate un più gran numero di possibilità di prevalere sulle razze meno buone”. [39]
Etimologicamente, l’eugenismo è “l’arte di generare bene” [40]. Si è sviluppato all’inizio del XX secolo, all’interno delle democrazie liberali. Negli Stati Uniti per esempio, numerosi furono gli Stati che imposero la sterilizzazione forzata dei malati mentali, degli alcolici e dei criminali.[41] Misure simili furono applicate nel Regno Unito e in Svezia.
Ma è in Germania negli anni Trenta che l’ideologia eugenista si attualizza nel modo più terribile. Il terzo Reich impone la sterilizzazione o lo sterminio degli handicapati, degli alcolisti, degli omosessuali, delle personne affette da alcune malattie, degli ebrei e degli zingari. Questo eugenismo “negativo”, che procede con l’eliminazione degli indesiderabili, si accoppia con un eugenismo “positivo”, che mira alla creazione di una razza superiore all’interno di haras umani:“Fu un progetto terrificante, inverosimile, inedito nella storia dell’umanità. Nome in codice: Lebensborn. Tra il 1935 e il 1945, i nazisti hanno tentato di creare una “razza superiore di germani nordici”. Per questo, le SS avevano creato delle maternità molto particolari in cui, dopo aver subito una “selezione razziale”, incinte di SS o di soldati tedeschi, le donne partorivano bambini “perfetti”, biondi, dagli occhi blu. I bambini erano abbandonati nel Lebensborn per essere poi adottati da famiglie modello. Circa 20.000 bambini sono nati nell’ambito di queste maternità SS [42].”
Dopo la guerra, gli orrori perpetrati dal regime nazista discreditano l’eugenismo. Diventa tabù e le misure eugeniste sono abolite ovunque nel mondo, ad eccezione di alcuni paesi come la Svezia, dove sono mentenute fino al 1976. Il primato della dignità umana è iscritto nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948:
“Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo […]:
Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.”[43]
Le più belle dichiarazioni non pesano mai molto di fronte al potere del mercato e all’irrefrenabilità tecnologica. Secondo Marx, la filosofia, la morale e la cultura di un’ epoca la sovrastruttura sono il prodotto più o meno determinato dell’economia, della tecnologia e dei rapporti di produzione l’infrastruttura. Ossia, mentre lo sviluppo delle biotecnologie rende possibile la selezione e la manipolazione genetica delle future generazioni, (e che apre nuove prospettive di crescita e di espansione al Capitale) l’unanimità filosofica che condannava l’eugenismo dopo guerra si spacca. Man mano che guadagna in potenza, la tecnocrazia, avanguardia della borghesia all’epoca del capitalismo tecnologico, impone le sue idee alla società – integralismo scientista e tecnologico, confusione tra progresso tecnologico e benessere sociale e umano, odio della natura e antropofobia, disprezzo dei limiti biologici e naturali – e riabilita l’eugenismo sotto una forma cosiddetta “liberale”.
I più ferventi partigiani della riproduzione artificiale dell’essere umano si trovano tra gli scienziati e gli universitari. Medici, biologi, genetisti da un lato, “accettologhi” (filosofi, etici, giuristi, sociologi) dall’altro. Si chiamano Laurent Ségalat, Miroslav Radman, René Frydman, Jacques Testart, Henri Atlan, Ruwen Ogien o Laurent Alexandre. Moltiplicando gli interventi mediatici conducono da anni un’ offensiva ideologica di grande ampiezza. I loro disaccordi di facciata servono soltanto a mascherare il loro accordo di fondo sull’ ineluttabilità del fenomeno e abituano così le menti alla riproduzione eugenista del bestiame umano. Sentendo di essere dalla parte giusta, avanzano con una fredda certezza. Ascoltate Laurent Alexandre:“Stiamo entrando nell’universo dell’eugenismo 2.0, una bomba etica che passa inosservata. Sarà un eugenismo liberale, non statalista. Ma ugualmente un eugenismo… […]. Potete esserne sicuri: la manipolazione dell’essere vivente è soltanto iniziata. […] Niente fermerà questo movimento. La generazione del baby-boom sta per diventare la generazione Alzheimer. Credetemi, nei prossimi quindici anni essa dirà di sì agli impianti elettronici, sì alle cellule staminali, sì alle terapie geniche. Accetterà tutte le trasgressioni biologiche. Con la diagnosi prenatale, faremo domani lo stesso con le altre patologie… [44]”.
In questa lotta per l’asservimento tecnologico, ogni argomento è buono. Tra i più fallaci, quello secondo cui praticheremmo già alcune forme di eugenismo e che avendole accettate, dovremmo accettare anche le successive. Lo stesso Laurent Alexandre:“E dopo, come impedire ai genitori di preferire figli con gli occhi blu o più dotati della media? Lo studio del cablaggio neuronale del feto permetterà di conoscere le varianti genetiche che favoriscono l’intelligenza. I genitori potranno essere tentati di sopprimere i feti con potenziale intellettuale limitato. Ma non è già ciò che facciamo in Francia? In trent’ anni abbiamo quasi “sradicato” la trisomia 21. È più immorale che abortire per convenienza personale? [45]”.
Laurent Ségalat non dice cose diverse quando spiega, nel suo ultimo libro, che l’educazione, ma anche la trasmissione del nome, del cognome, o del mestiere di padre in figlio costituisce già una forma di clonazione sociale. Poiché accettiamo già questa clonazione sociale, perché non dovremmo accettare anche la clonazione riproduttiva? [46].
Altri sottolineano lo straordinario accrescimento delle libertà individuali che porterebbe questo nuovo eugenismo. Così il bioetico Nicholas Agar, autore di “Liberal Eugenics: In Defence of Human Enhancement[47]:“Mentre gli eugenisti autoritari vecchia maniera cercavano di produrre cittadini a partire da un unico stampo rispondendo al progetto del potere politico, la marca distintiva del nuovo eugenismo liberale è la neutralità dello Stato. L’accesso all’informazione, portando sul ventaglio completo delle terapie geniche, permetterà ai genitori di ricercare i propri valori nella scelta dei miglioramenti voluti per i loro futuri figli. Gli eugenisti autoritari sopprimevano le libertà ordinarie di procreazione. I liberali al contrario propongono di estendere radicalmente queste stesse libertà [48]”.
Ciò che non vede questa mente illuminata, è che la libertà di scegliere il proprio figlio sarà soltanto quella di sceglierlo su catalogo. Una libertà da consumatore, ridotto alla scelta tra modelli preselezionati, standardizzati e migliorati da grandi gruppi industriali, pubblici, semipubblici o privati, poco importa.
La selezione si opererà secondo due tipi di criteri. Il primo sarà l’adeguamento alle normi sociali, economiche ed estetiche del capitalismo e dell’industria del divertimento. Saranno scelti soltanto gli embrioni che garantiscono prodotti sani, standard, funzionali, e sfruttabili sul mercato del lavoro. In seguito i futuri genitori eserciteranno tutta la loro libertà di consumatori. La “distinzione” consisterà nel colore degli occhi, dei capelli, la forma del viso. Seguirà le mode e tendenze del momento. Quest’inverno, scegliete il moro tenebroso.
Per James J. Hughes, sociologo e bioetico americano, ex direttore esecutivo della World Transhumanist Association, la libertà eugenista è prima di tutto quella delle donne:“E’ lo stesso dibattito che per l’aborto. Se pensate che le donne abbiano il diritto di controllare i propri corpi, allora dovrebbero avere il diritto di fare questa scelta. Non dovrebbe esserci nessuna legge che applichi restrizioni riguardo il tipo di bambino che le persone fanno nascere, tranne se è provato che ciò possa ferire questo bambino o causare torto alla società [49]”.
Libertà dei consumatori liberi su un mercato libero e concorrenziale. Totale servitù dell’oggetto di consumo selezionato, manipolato, prodotto su misura e comprato. Quest’oggetto, è un bambino. Il diritto di proprietà comprende l’abuso, la possibilità di disporre di un oggetto, vendendolo, modificandolo, e anche distruggendolo. Se l’oggetto è consegnato a sproposito, la libertà del consumatore è quindi di poterlo sopprimere. Così, pretese femministe – in realtà consumatrici estremiste – scrivono a proposito dell’infanticidio:“Un bambino esiste soltanto quando c’è un progetto di figlio, soltanto quando la donna che lo porta lo fa esistere come tale, quindi dai primi minuti, se lo desidera. […] Quando non vuole un figlio, quando non lo aspetta, è un problema, una catastrofe, ma non un bambino. La donna non è quindi madre, non uccide un bambino, risolve un problema [50]”.
Ultimo argomento della retorica eugenista: ogni opposizione testimonia al meglio uno scatto passatista e religioso, al peggio un’ ideologia reazionaria. Laurent Ségalat è un genetista pericoloso. Non soltanto perchè fu condannato nel novembre 2012 a 16 anni di carcere in Svizzera per l’assassinio della suocera, e che, in contumacia, continua le sue ricerche in Francia. Ma soprattutto perché, godendo della sua posizione di direttore di ricerca al CNRS, e con il pretesto della divulgazione, legittima le ricerche sulla clonazione, l’avvento dell’uomo macchina e la selezione genetica degli embrioni:“E’ probabile che da qui a qualche decennio, avremo la possibilità di scegliere in anticipo il fisico dei nostri figli su un catalogo, come scegliamo oggi i nostri rosai. “Maschio, tipo svedese, atletico, buona salute”; “Femmina, tipo italiano, bruna, occhi a mandorla, bocca larga, 1 m e 65 circa, magra, leggera miopia, perfetta salute e fecondità”. Questo può scioccare perchè abbiamo alle spalle duemila anni di cultura giudeo-cristiana [51]”.
Pronunciate le parole “cultura giudeo-cristiana” e vi assicurate il sostegno automatico della massa, la più stupida della sinistra e dell’estrema sinistra, senza dovere argomentare.
“Ma in un mondo dove la filiazione biologica all’interno delle famiglie continuerà a indietreggiare, questo quadro, oggi provocatorio, non è irrealizzabile. Perchè una coppia di portoghesi non potrebbe avere una figlia che assomiglia a Claudia Schiffer, se lo desidera? Perchè una coppia di olandesi biondi non potrebbe avere un figlio che assomiglia a Johnny Depp? Non c’è niente di intrinsecamente scioccante in questo, è il peso delle abitudini che rende quest’idea perturbante [52]”.
E perchè una coppia di artisti non potrebbe avere un figlio fosforescente? E perchè una coppia di sordi non potrebbe avere un figlio muto? Questa brillante dimostrazione prova che non bisogna a nessun costo offrire a Laurent Ségalat o a uno dei suoi simili la minima facoltà di realizzare i loro desideri.
Man mano, la propaganda degli eugenisti e il loro lobbying presso lo Stato finiscono per pagare. Ecco la definizione che il Consiglio di Stato francese dà oggi dell’eugenismo: “L’eugenismo può essere designato come l’insieme dei metodi e delle pratiche che mirano a migliorare il patrimonio genetico della specie umana. Può essere il frutto di una politica deliberamente condotta da uno Stato e contrario alla dignità umana. Può anche essere il risultato collettivo di una somma di decisioni individuali convergenti prese dai futuri genitori, in una società in cui prevarrebbe la ricerca del “bambino perfetto”, o almeno indenne da numerose affezioni gravi [53]”.
L’eugenismo non è quindi più necessariamente “contrario alla dignità umana”. Lo rimane sotto la sua forma “autoritaria”, ma non più come “risultato collettivo di una somma di azioni individuali”, cioè sotto la sua forma mercantile.
Ma i profeti di felicità si sbagliano quando annunciano l’arrivo di un “eugenismo liberale”. Perché quest’ultimo non ha niente a che vedere con una qualsiasi libertà: è la prigione genetica dove rinchiudiamo le generazioni future.
Nel 2001, il filosofo tedesco Jürgen Habermas ha protestato contro i promotori di questo “eugenismo liberale”. “Il futuro della natura umana”[54] denuncia l’alienazione subita dall’essere geneticamente programmato: “Dall’istante in cui, un giorno, degli adulti considereranno il bagaglio genetico che desiderano per il loro futuro figlio come un prodotto cui basta dare una forma e dove, conformemente alla loro fantasia, immagineranno a questo fine, un “design” appropriato, essi eserciteranno, in rapporto a questo “prodotto” geneticamente manipolato una forma d’intervento cogente che diverrà un’usurpazione nei fondamenti somatici della relazione elementare di ciascuno con se stessi e della libertà etica di un’altra persona.
Succede però che, in mezzo alle tenebre della filosofia tedesca, ci si veda la luce. Capiamo che Habermas formula due idee principali: la prima, secondo cui la determinazione deliberata del genoma del futuro bambino va contro la sua libertà: “Se una persona assume una decisione irreversibile per un’altra persona, decisione che tocca profondamente l’apparato organico di quest’ultima, allora la simmetria di responsabilità che esiste, per principio, tra delle persone libere e uguali si trova necessariamente limitata. In una maniera generale, di fronte alla sorte che ci riserva la nostra socializzazione, disponiamo, per principio, di una libertà altra che noi avremmo di fronte alla fabbricazione prenatale del nostro genoma. Crescendo, l’adolescente potrà, un giorno, assumere la responsabilità della sua biografia e di ciò che è. Può, in effetti, stabilire una relazione ponderata al processo della sua formazione, forgiare via via una nuova comprensione di sé e, approfondendo i fatti compensare, retrospettivamente, la responsabilità asimmetrica che i genitori recano nell’educazione dei propri figli. Questa possibilità di appropriazione autocritica di ciascuno verso la storia della sua formazione non è più data nello stesso modo in presenza di una manipolazione genetica data. [55]”
Poi, la dissimmetria tra coloro che determinano il genoma e quelli che subiscono questa determinazione introduce un’ineguaglianza di fatto all’interno della comunità degli uomini.
Non so voi, ma io proverei come un’usurpazione alla mia libertà di essere e di agire, di fronte all’idea che qualcuno abbia potuto manipolare coscientemente il mio genoma, e decidere anche solo una frazione delle mie caratteristiche fisiche o intellettuali. Le attese dei genitori pesano già sui figli concepiti ed educati in modo ordinario. Immaginate come peseranno sui figli geneticamente programmati e che saranno stati oggetto di un investimento finanziario e narcisistico straordinario!
La mia vita vale quel che vale. Molto probabilmente non sono immunizzato contro il cancro. Non correrò mai la maratona, e comunque ho l’asma quando corro al freddo. Non ho né il fisico di Brad Pitt, né l’intelligenza di Laurent Ségalat. Sono più di 15 anni che pratico il judo, ma non sarò mai Teddy Rinner (l’avete già visto su un tatami? Sposta i suoi 135 chili con la grazia di una pattinatrice artistica!). No, non sono stato selezionato o migliorato geneticamente al momento della mia concezione. Ma almeno questa vita è la mia; ho una responsabilità in ciò che riesco come nei miei fallimenti (certo, la mia educazione ha determinato gran parte di quello che sono. Ma una reazione è sempre stata possibile: ho potuto appropriarmi consciamente di ciò che m’interessava, rigettare una parte del resto e continuare a subire ciò di cui non avevo conscienza). Questa responsabilità è a volte un fardello ed è molto probabile che sia per voler mettere le proprie bassezze sul conto di qualcun’altro che gli eugenisti rimpiangono di non essere stati programmati. Ma non c’è libertà senza responsabilità. Dando ad altri, anche in parte, la determinazione di quello che sono, l’eugenismo mi priva dell’una e dell’altra.
Questa riflessione, che vale su scala individuale, vale a maggior ragione sulla scala di intere generazioni. Cosa significa per una generazione il potere di determinare geneticamente la successiva? Si chiede il filosofo Hans Jonas: “Ma di chi è dunque il potere? E su chi o cosa si esercita? Manifestamente, si tratta del potere di coloro di oggi su quelli di domani i quali saranno gli oggetti senza difesa della decisioni pregresse assunte da dei pianificatori di oggi. Il rovescio del potere di oggi diventa l’ulteriore servitù dei viventi nei confronti dei morti.[56]”
Le nostre centrali nucleari condannano già le generazioni future alla gestione dei nostri rifiuti radioattivi per i prossimi millenni. Le nostre fabbriche le condannano a vivere in una discarica mondializzata; i prodotti chimici che riversiamo nell’aria, nell’acqua e nei cibi a un’endemia di cancri sempre più precoci. Dovremmo arrivare a determinare persino le loro caratteristiche genetiche? Sappiamo che la selezione di caratteristiche particolari negli animali porta alla fragilità e alla maggiore sensibilità ad alcune malattie. Applicate tutto ciò agli esseri umani. Nessuno può, in buona fede, pretendere di assumersi questa responsabilità.
In realtà, “l’eugenismo liberale” è una finzione. Quando gli Stati e i gestori del bestiame umano avranno i mezzi a loro disposizione, niente gli impedirà di migliorare la qualità del loro bestiame. Quelli che si riposano sulla legge per impedire le “derive” danno fiducia a tigri di carta. L’eugenismo può essere soltanto un eugenismo di costrizione.
Ce lo conferma Laurent Alexandre, che prova un piacere perverso nel dettagliare ogni settimana sul giornale “Le monde” le conseguenze della lotta transumanista, che conduce d’altronde su tutti i fronti:“La Cina ha appena avviato un grande programma di sequenziamento del DNA dei superdotati. 2200 individui portatori di un quoziente intellettuale pari almeno a 160 […] saranno sequenziati. Questo programma sarà realizzato dal Beijing Genomics Institute (BGI), che è il più importante centro di sequenziamento del DNA nel mondo. L’obbiettivo dei Cinesi è di determinare le varianti genetiche che favoriscono l’intelligenza, paragonando il genoma dei superdotati a quello di individui a QI medio. […] La ricerca dei determinanti genetici dell’intelligenza potrebbe sembrare aneddotica se la tecnologia che permette di sequenziare il DNA dei feti con semplice prelievo di sangue alla madre non fosse operazionale. Alcuni genitori vorranno selezionare i bambini portatori del migliore patrimonio neurogenetico [57]”.
Geoffrey Miller, psicologo e professore all’università di New York, è uno dei 2.200 geni che hanno dato il loro DNA per lo studio:“ – Ogni coppia potrebbe potenzialmente avere ovuli fecondati in laboratorio con lo sperma del padre e gli ovuli della madre. In seguito, potrebbero far analizzare più embrioni per sapere quale sarà il più intelligente. Il bambino apparterrebbe alla coppia come se l’avesse avuto naturalmente, ma sarebbe il più intelligente che i genitori potessero avere, anche se avessero 100 figli. Non si tratta di ingegneria o di modificazione genetica, sono dei geni che la coppia possedeva già.
– [Domanda del giornalista]: E dopo qualche generazione, essi sarebbero capaci di moltiplicare in modo esponenziale l’intelligenza della popolazione.
– Esatto. Anche se stimolasse il QI del bambino soltanto di 5 punti in media, questo farebbe un’ enorme differenza in termini di produttività economica, di competitività del paese, del numero di brevetti ottenuti, di gestione delle loro aziende e di innovazione della loro economia [58]”
Sappiamo che la Cina è uno dei rari paesi con una legislazione per le misure esplicitamente eugeniste. Ma se si impiegano tali metodi per migliorare la competitività della propria mano d’opera, e se le sue ricerche vanno a buon fine, quanto tempo occorrerà agli esperti degli altri paesi per spiegare alle popolazioni che devono anch’esse entrare nella corsa? Seguendo il teorema di Fioraso [59]: se non lo facciamo noi, i Cinesi lo faranno; è meglio che questo si faccia in un paese democratico e con un inquadramento legislativo ed etico.
Vedo che alcuni battono i piedi e protestano. “La selezione degli embrioni è soltanto una tecnica! Non è né buona né cattiva di per sé! Tutto dipende dell’uso che se ne fa!”. Che ecologisti e cittadini si rassicurino, poiché la selezione degli embrioni può servire altre cause che non siano la competizione economica. Dei maiali sono stati modificati geneticamente affinchè le loro deiezioni siano meno inquinanti. Perché non fare altrettanto agli esseri umani? E’ ciò che propone S. Mathew Lio, professore di filosofia all’Università di New York. Come la maggior parte delle persone già citate, non si tratta di un istrione, ma di un membro eminente dell’ambiente scientifico. In un articolo pubblicato recentemente con i suoi colleghi, egli presenta un programma innovativo ai gestori del bestiame umano.
La loro tesi è semplice: la principale minaccia per l’umanità è il riscaldamento climatico. Per contenerlo numerosi scienziati hanno intenzione di fare ricorso alla geoingegneria: la manipolazione deliberata del clima terrestre. Ma S.Mathew Lio rifiuta questa soluzione, che giudica troppo pericolosa e complicata. Secondo lui, è all’ingegneria umana che bisogna ricorrere. La trasformazione genetica degli esseri umani (con la selezione o la modificazione), sia per far diminuire il loro impatto sul riscaldamento globale, sia per renderli più adatti a sopportarlo.
Tra le piste evocate: indurre un’intolleranza alla carne (il consumo di carne è produttore di CO2), migliorare le facoltà cognitive degli esseri umani (più intelligenti, e quindi più educabili, le popolazioni faranno meno figli – sic) e migliorare l’empatia e l’altruismo delle popolazioni con sostanze chimiche. L’ultima pista consiste nel produrre uomini di piccola altezza. Meno pesanti, consumeranno meno CO2, in modo diretto [60] o indiretto (un veicolo consuma meno se è meno carico).
Per fare questo, gli autori dello studio indicano:“Una soluzione consiste nel fare ricorso alla diagnosi genetica pre impianto (DPI). Mentre le modificazioni genetiche sono suscettibili di essere abbastanza complesse e aldilà delle nostre capacità attuali, sembra però possibile ora usare la DPI per selezionare bambini di piccola misura. Non si tratterebbe di intervenire per modificare il materiale genetico degli embrioni, o impiegando metodi clinici non usati attualmente. Consisterebbe semplicemente nel ripensare i criteri di selezione degli embrioni da impiantare [61]”.
Ecco delle prospettive per i gestori del bestiame e per i partigiani della pianificazione ecologica. L’inferno verde [62] è anche l’eugenismo verde.
Man mano che il capitalismo distrugge l’acqua, l’aria, i legami sociali e le condizioni di vita, con il sottofondo della competizione economica, la selezione della popolazione ci adatterà geneticamente a un mondo invivibile. Nell’ allevamento bovino, si selezionano già gli individui in funzione della loro “docilità”, allo scopo di acclimatarli alle condizioni dell’allevamento industriale:“La docilità, definita come “la facilità di accettazione delle manipolazioni imposte dall’uomo” (Boivin et al., 2003) è un carattere che acquisisce un’ importanza crescente negli allevamenti di bovini da latte in Europa a causa dell’ingrandimento continuo dei bestiami e della riduzione dei contatti tra l’uomo e l’animale. Una selezione basata sulla docilità degli animali può essere un modo di migliorare il benessere dell’allevatore e dell’animale diminuendo lo stress della manipolazione [63].”
Prendete dei neurolettici. Non avete niente contro gli impianti neuroelettronici di Clinatec [64]. Chiederete l’adattamento genetico dei vostri figli al mondo che gli preparate. Gli uomini-macchina nel mondo-macchina sono degli schiavi felici.
“Ieri castrato, campione per sempre, domani il padre dei vostri puledri. Il suo clone porterà ai vostri puledri la sua stessa genetica vincente! […] Qui nella Drôme delle colline, tra i nove stalloni della stalla, c’è una star. Pieraz Cryozootech Stallion (Pieraz Z), puro sangue arabo, non deve tutte le attenzioni al suo percorso personale in gara. Ma a quello del suo “originale”: Pieraz, di cui è il clone. Un crack di resistenza dal palmarès prestigioso. Perchè, quattro anni fa, per la prima volta nel mondo, una società basata nelle Yvelines, Cryozootech, ha puntato sulla ‘genetica vincente’ […].
“Pieraz l’originale”, come lo soprannomina Claire Martin, era un crack di resistenza. Il migliore al mondo! Essendo stato, tra l’altro, due volte campione del mondo in individuale, nel 1994 e nel 1996. Ma castrato giovane, a tre anni, lo stallone non poteva avere una discendenza. Una copia conforme, tramite clonazione, è stata quindi realizzata per i suoi 23 anni. […] “Ciò che fa il prestigio di Pieraz Z, non è il fatto che sia clonato. Ma è il suo “originale” che gli dà il suo valore particolare. Ha lo stesso materiale genetico del cavallo che ha vinto tutto! E in questo box, tranne il fatto che non ha né padre né madre, è un cavallo come gli altri”, dice divertita Claire Martin [65].”
Ottenere un cavallo come “Pieraz l’originale” richiede anni di selezione, il seguire le gare e il palmarès dei campioni, incroci incerti, e ovviamente un investimento finanziario. E vorreste che tutto ciò svanisca nel nulla, con il pretesto che gli siano stati tagliati i coglioni? Un animale con caratteristiche genetiche così perfette, è impensabile non renderlo redditizio al massimo. La clonazione è l’esito necessario della selezione e del miglioramento genetico. All’ INRA, l’hanno compreso:“Nell’unità Biologia dello Sviluppo e Riproduzione all’INRA di Jouy-en-Josas, numerosi bovini sono stati clonati: “All’inizio, le ricerche erano soprattutto motivate dalla comprensione delle prime fasi dello sviluppo dell’individuo. E in un quadro agronomico come il nostro, l’interesse nel riprodurre in modo identico un individuo che abbia prestazioni agronomiche notevoli era anche una scommessa”, raconta Hélène Jammes, ricercatrice dell’unità. […] “La produzione di animali con la clonazione a scopo commerciale deve essere sopratutto riservata a un’ élite di animali ad alto potenziale genetico e/o a caratteristiche particolari” [66]”.
Non occore essere economista per capire che più producete cloni, più l’investimento iniziale per clone – il costo della selezione e del miglioramento genetico del vostro modello originale – diminuisce. La standardizzazione dei prodotti ha come esito la riduzione del loro costo di fabbricazione. Gli industriali dell’ essere umano hanno gli occhi che brillano. Si possono già clonare i cavalli, le mucche, i maiali, le capre, i muli, i conigli, i daini, i topi, i gatti, i cani e qualche altra specie. Per le scimmie, è troppo presto, ci si lavora. Quello che si fa agli animali, si fa agli esseri umani.
1 Già nel 1964, il 50 % delle mucche sono inseminate artificialmente. Cf. Wolkowitsch Maurice, « Le cheptel bovin et l’insémination artificielle en France », Annales de Géographie, 1964, T. 73, n° 399, p. 585-589.
2 Ibid.
3 12 516 inseminazioni nel 1961. Ibid.
4 J. Mallard, J.-C. Mocquot, « Insémination artificielle et production laitière bovine : répercussions d’une biotechnologie sur une filière de production », INRA Productions animales, n° 11, 1998, p.33-39.
5 Cécile Poulain, « La génomique haut débit : un domaine en mutation accélérée », pubblicato il 19/08/2012 sul sito dell’ INRA. <http://www.INRA.fr/Chercheurs-etudiants/Biologie-animale/Tous-les-dossiers/genomiqueanimale>.
6 Risposta del ministro dell’agricoltura pubblicata nel Journal Officiel il 15/01/2013, in risposta a una domanda di Joëlle Huillier, deputato dell’Isère.
7 Cf. capitolo 2.
8 Le Monde, 16/07/2009.
9 Le Monde, 28/09/2011.
10<http://www.7sur7.be/7s7/fr/1523/Famille/article/detail/847127/2009/05/08/Celibataires-en-mald-enfants-a-l-assaut-des-banques-de-sperme.dhtml >.
11 Vedere tra l’altro Sciences et Avenir, n° 771, maggio 2011.
12 Le Monde, 28/09/2011. In Francia per il momento, la legge limita il numero di bambini per donatori a 10.
13 « Voulez-vous un bébé viking ? », le Temps, 06/02/2007.
14 Jacques Testart, « De la procréation assistée à un nouvel eugénisme », sul suo sito internet : <http://jacques.testart.free.fr/index.php?post/texte716>.
15 Marianne Gomez e Nathalie Lacub, « Un déséquilibre démographique qui inquiète l’Asie », La Croix, 05/03/2010.
16 <http://www.lemonde.fr/sciences/article/2012/10/05/des-chercheurs-japonais-ont-cree-des-ovocytes-viables-chezune-souris_1770617_1650684.html>.
17 Saïd Amzazi et Nouzha Bouamoud, « Sélection génétique de l’humain : de l’intérêt de former et d’informer sur une dérive annoncée », Women Health Education Programme, Groupe Inter-académique pour le Développement, 24 mars 2010.
18 Jürgen Habermas, L’Avenir de la nature humaine, Vers un eugénisme libéral ?, Gallimard, NRF essais, 2001, p.38.
19 Libération 11-12/05/02.
20 Citato da Jacques Testard, Faire des enfants demain, Seuil, 2014, p 86.
21 <http://www.transhumanistes.com/archives/853>.
22 Jacques Testart, « De la procréation assistée à un nouvel eugénisme », sul suo sito internet: <http://jacques.testart.free.fr/index.php?post/texte716>.
23 Ibid.
24 Jacques Testart, Faire des enfants demain, Seuil, 2014, p. 92.
25 Jacques Testart, Faire des enfants demain, Seuil, 2014, p. 67.
26 Per un’idea generale, vedere <http://future.arte.tv/fr/animaux-transgeniques>.
27<http://www.liberation.fr/sciences/2004/08/28/des-souris-en-forme-olympique_490626>.
28 <http://www.terraeco.net/Les-animaux-OGM-nourriront-ils-la,44522.html>.
29 L.M. Houdebine, J.C. Mercier, L. Vilotte, « Médicaments, aliments-santé, xénogreffes : que peut apporter la transgénèse animale ? », INRA, Organismes génétiquement modifiés à l’INRA. Environnement, agriculture et alimentation, maggio 1998.
30 Sito internet dell’ambasciata di Francia a Zagreb : <http://www.ambafrance-hr.org/M-Radman-chevalier-de-la-Legion-d>.
31 Libération, 12-13/06/2004.
32 <http://www.wired.com/2008/05/the-first-genet/>.
33 <http://www.wired.com/2008/05/the-first-genet/>.
34 « Google et les transhumanistes », leMonde.fr, 18/4/2013.
35 Miroslav Radman et Daniel Carton, Au-delà de nos limites biologiques ; les secrets de la longévité, Plon, 2011, p. 160-161.
36 Alexandre-Théophile Vandermonde, Essai sur la manière de perfectionner l’espèce humaine, 1756, préface.
37 Charles Richet, La Sélection humaine, Paris, F. Alcan, 1912.
38 Dichiarazione durante una conferenza all’università di California nel 1998. Riportata da Frank Tinland, « Du mode d’existence de l’être vivant », Kairos, n° 23, 2004.
39 Citata da Dominique Aubert-Marson, « Les politiques eugénistes aux Etats-Unis dans la première moitié du XXème siècle », Médecine sciences, vol. 21, n° 3, 2005.
40 Ibid.
41 Ibid.
42 Boris Thiolay, « Lebensborn, l’incroyable histoire des enfants SS », L’Express, 05/12/2012.
43 Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, 1948.
44 <http://www.lopinion.fr//1-juillet-2013/laurent-alexandre-bio-revolution-ne-fait-que-commencer-1572>.
45 Ibid.
46 Laurent Ségalat, La fabrique de l’homme, pourquoi le clonage humain est inévitable, Bourin éditeur, 2008, chapitre 5 : « Le clonage social existe déjà ».
47 Littéralement : « Eugénisme libéral : pour l’amélioration de l’humain », Blackwell, 2004.
48 Nicholas Agar, « Liberal Eugenics », in H. Kuhse, P. Singer (dir), Bioethics, Londres, Blackwell, 2000, citato da Jürgen Habermas, L’Avenir de la nature humaine, Vers un eugénisme libéral ?, Op. cit., p. 76-77.
49 <http://www.wired.com/wiredscience/2009/03/designerdebate/>.
50 Collettivo,Riflessioni intorno a un tabù : l’infanticidio, 2009
51 Laurent Ségalat, La fabrique de l’homme. Pourquoi le clonage humain est inévitable, Bourin Éditeur, 2008.
52 Laurent Ségalat, La fabrique de l’homme, pourquoi le clonage humain est inévitable, Bourin Éditeur, 2008.
53 Consiglio di Stato francese, Studio sulla revisione delle leggi di bioetica, 2009, p. 30.
54 Jürgen Habermas, L’Avenir de la nature humaine, vers un eugénisme libéral ?, op. cit.
55 Jürgen Habermas, L’Avenir de la nature humaine, vers un eugénisme libéral ?, op. cit.
56 Hans Jonas, citato da Jürgen Habermas, L’Avenir de la nature humaine, Vers un eugénisme libéral ?, op. cit.
57 Le Monde, 09/03/2013.
58 <http://www.vice.com/fr/read/des-bebes-genies-chinois>.
59 Efemero ministro dell’ università e della ricerca dell’inizio del XXI secolo.
60 « Reducing the average US height by 15 cm would mean a mass reduction of 23 % for men and 25 % for women, with a corresponding reduction of metabolic rate (15 % /18 %), since less tissue means lower nutrients and energy needs. »
61 S. Matthew Liao, Anders Sandberg et Rebecca Roache, « Human Engineering and Climate Change Forthcoming as a Target Article » in Ethics, Policy and the Environment, 02/02/2012.
62 Tomjo, L’Enfer Vert, un projet pavé de bonnes intentions, L’Échappée, 2013.
63 Philippe Boulesteix (Institut de l’Élevage), Philippe Lajudie (Institut de l’Élevage), Florence Phocas (INRA GABI), Xavier Boivin (INRA Paris), Haïfa Benhajali (Institut de l’Élevage), Jean Sapa (INRA GABI), Patricia Pellegrini (INRA GABI), Étienne Neuts (France Limousin Sélection), « Quel critère de sélection en ferme pour améliorer la docilité des veaux Limousins ? », Renc. Rech. Ruminants, 2009, 16.
64 Centro di ricerche in Neuroscienze di Grenoble. Vedere Pièces et Main d’oeuvre, « Clinatec, le laboratoire de la contrainte », 01/09/2011, su <www.pieceetmaindoeuvre.com>.
65 Le Dauphiné Libéré, 02/04/09.
66 <http://www.inra.fr/Grand-public/Genetique/Toutes-les-actualites/clonage-bovins-et-potentiel-genetique>.
http://www.resistenzealnanomondo.org/necrotecnologie/la-riproduzione-artificiale-dellumano-capitolo-3/