La guerre arrive maintenant jusque devant les portes de vos maisons. Les militaires postés dans la rue vous en donnent la preuve. Les contrôles renforcés dans la rue font disparaître des centaines de sans-papiers dans les camps de déportation. Les flics sont sur les nerfs, appliquant une tolérance zéro pour écraser tous ceux qui ne restent pas dans les rangs. Les journalistes font pénétrer le message du pouvoir dans nos têtes. Et l’argent pleut pour financer la lutte contre « la menace ».
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L’illusione legalitaria
All’inizio di ottobre, un primo verdetto c’è stato. Alcuni cittadini avevano presentato una domanda di classificazione del terreno ad Haren su cui contano di costruire la maxi-prigione, credendo in tal modo di impedire, o comunque ritardare, il più grande progetto carcerario della storia belga. La risposta delle autorità competenti è stata laconica: «Ma andiamo, siamo noi che vogliamo costruire questo nuovo carcere!». La domanda è stata quindi rigettata, proprio come gli altri ricorsi giudiziari presentati prima.
Il castello dei fantasmi
S-a-b-o-t-a-g-g-i-o
1. (sost. m.) Azione clandestina di danneggiamento, distruzione, in genere violenta, mirante a rendere inutilizzabile un materiale, una installazione civile o militare.
2. (sost. m.) Manovra, atto avente come scopo la disorganizzazione, il fallimento di una impresa, di un progetto.
3. (sost. m.) Atto materiale tendente ad impedire il normale funzionamento di un servizio.
La merda ama stare vicino alla merda
Contro la maxi-prigione, i suoi difensori ed i suoi falsi critici
A metà maggio abbiamo avuto diritto ad una piccola valanga di merda nella stampa. I giornalisti si sono precipitati a puntare i riflettori sulla lotta contro la maxi-prigione. Scandalizzati dal fatto che tale lotta non percorra le vie legali e preconizzi l’azione diretta e l’auto-organizzazione per impedire la costruzione di questo nuovo inferno carcerario, che si rivolga non alle istituzioni e ai politici ma si faccia largo nei quartieri popolari di Bruxelles (e non solo), che non abbia nulla da condividere con i giornalisti e tutto da dialogare con altri ribelli; non hanno esitato a definirla «guerriglia urbana» e al solito «terrorismo».