PIANTO

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(Da «Il Libertario», La Spezia, a. XV, n. 686, 15 febbraio 1917) A seguito della censura in periodo bellico, in questo scritto, alcune parti sono mancanti [N. d. C.].

Pianto!

………………………..censura…………………….… Ed i “pochi” erano nostri… Erano nostri e caddero…Quanti sono i nostri caduti? Quanti coloro che cadranno ancora?
Ecco i due interrogativi terribili che ci chiudono in un singhiozzo la gola e che ci gonfiano il cuore di pianto!
Oh, non è vero, no! che il pianto sia sempre “cristiano”. Vi sono dei momenti nella vita – dei momenti angosciosi e strazianti – nei quali il pianto è solo dei forti, degli audaci, di coloro che nuotano disperatamente contro il torrente…
Oh, essi caddero i “pochi”! Caddero nel fango insanguinato delle trincee, con il cuore orribilmente squarciato dalla polvere e dal ferro omicida… Eppure entro quei cuori generosi e buoni vi stava chiuso tutto un superbo e grandioso sogno d’amore…
Ma questo è un “sentimentalismo da folli e da visionari”, non è vero o ex compagni di ieri?
Oh, se vi considerassi ancora degni del nostro disprezzo!
Se potessimo ancora onorarvi della nostra sferza!
Ma la mota con la quale avete sostituito il vostro cervello e il vostro cuore, l’avete raccolta in paludi troppo pestifere per potervi ancora degnare di tutto ciò!
………………………..censura…………………….
… Ma questa è ancora e sempre “moralina da pretonzoli e da filosofastri”, non è vero o egregi rinnegati?
Ah, tre volte vili!
Però non illudetevi almeno di essere discepoli del Nietzsche o dello Stirner, o Rabagas da strapazzo, o vari anarcoidi alla Tancredi o alla Nerucci; risparmiate questo supremo insulto a queste due austere ombre di pensatori che seppero portare un soffio possente d’innovazione nel campo sconfinato della filosofia; mentre voi non siete mai stati che i loro scimmiottatori e ciò che avete detto o scritto non è stato che una ripugnante caricatura e che una turpe parodia.
Ma noi, ripetiamo, non possiamo più avere parole per voi!
In questa notte tenebrosa, satura di collettiva pazzia, noi pensiamo ai nostri “pochi” caduti, e per essi versiamo a torrenti tutto il nostro amarissimo pianto!
DE PROFUNDIS!
Sì, noi versiamo a torrenti tutto il nostro amarissimo pianto!
Ma le nostre lacrime cadono – come rugiada benefica sopra le messi biondeggianti – entro i tersi calici dell’Avvenire, attraverso i quali già brilla la fulgida luce di un nuovo giorno!
Noi siamo coloro che nati nel presente viviamo nell’avvenire: voi siete la rimanenza di un medioevale passato che le ondate tumultuose della storia hanno fatto sobbalzare fino ai giorni nostri per farci assistere al funerale grandioso che accompagna alla tomba tutta la vostra semibarbara civiltà borghese – cristiana e… democratica.
Oh, quanto è fatale la Storia… Ella ha voluto – con un tragico ma magnifico giuoco – porvi in mano la vanga con la quale dovete voi stessi spalancarvi la fossa…
Ella grida a gran voce il DE PROFUNDIS di tutti i vostri tradizionali ideali e la vostra decrepita società sta dibattendosi nei crudeli spasimi della più atroce agonia, ed intorno al suo letto di turpitudini e di degenerazioni a migliaia e a milioni si ergono i teschi sghignazzanti!
Ma quei teschi, mentre sghignazzano, parlano uno strano linguaggio che voi non volete e non potete comprendere, ma che noi vi spiegheremo domani… Domani…
Ma oggi? Oggi non ci resta che il pianto… il pianto per i nostri “pochi” caduti!
GERMINAL! Il sole ritornerà sulla terra! Egli il protettore e l’amico degli sviscerati amanti della Luce!
L’Alba ucciderà i tenebrosi figli della Notte!
Non è per essi che sorgono le vergini Aurore!
Oh, l’Alba! L’Aurora! Il Sole! Il Meriggio!
GERMINAL! Ecco il fatidico grido nel quale la voce del Genio e quella dell’Eroe si fondono e si confondono per unitamente dissolversi in un canto fremente che, ripetendosi di “eco” in “eco”, attraverso la notte dei Secoli, corre in uno sterminato galoppo verso l’Infinito, verso l’Universale, verso l’Eternità!
GERMINAL! Ecco l’Altare su cui si sono sacrificati i veri Eroi!
Ecco il grandioso e incontaminato giardino dove dal “sublime Lucrezio” – come il Leopardi lo definiva – a tutti i vari geni dell’Ellenismo antico, hanno gettato i primi germi dei fiori dell’Avvenire e dove il “grande ribelle tedesco” gettò i germi che fecondarono gli “Unici”, i “Liberi”, gli “Iconoclasti”.
Ed ecco il Nietzsche, il barbaro che impazzisce per insegnare agli uomini di superare se stessi, per spingerli verso le altissime vette, in faccia ai venti gagliardi dove solo possono sopravvivere i PURI, coloro che sanno comprendere le feste superbe, celebrate in mezzo alla grandiosa e naturale bellezza!
E Tolstoi? Ecco colui che sparse, a piene mani, l’Amore!
Ecco colui che volle insegnare agli uomini a liberarsi da un mondo pieno di abbiette cattiverie e di obbrobriose viltà!
E Proudhon? E Schoupenhauer? Rousseau, Rèclus, Gori, Ferrer? E molti altri?
Oh, quanti, quanti gridarono: GERMINAL!
E i Poeti? E gli Artisti? Ecco Oscar Wilde!
Ecco colui che visse avvolto in un sogno grandioso di bellezza e che attraverso la polifonica sinfonia dell’Arte sua traspare tutto un mondo nuovo, purtroppo ancora sconosciuto ed ignorato da quasi tutti coloro che vivono l’opera nostra?
E Ibsen? E l’autore dei Fiori del Male?
E Shelley? E Zola?
Oh, quanti! Quanti per vie opposte e diverse hanno corso e corrono verso la sintesi suprema, verso il grande Meriggio, mentre, accompagnati dalle note strazianti di Riccardo Wagner, essi gridano: GERMINAL! E Germinal!
La condanna di tutto un turpe passato che si sgretola miseramente e che la Storia travolge nell’ombra spaventosa del tempo!
E noi Germinal! Lo abbiamo inciso nel cuore!

R. Novatore