FRATELLI SIAMESI

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Lo sciopero generale proclamato dai lavoratori italiani nel settembre 1904, all’indomani delle stragi proletarie di Buggerru e di Castelluzzo, doveva – maniJestazione imponente di protesta e di ribellione – frenare la libidine omicida dei governi liberali che deliziano da un trentennio il bel paese.

Ognuno sa che, ripudiata da prima con un voto esplicito della Direzione del Partito Socialista, quell ‘agitazione fu poi dal Partito Socialista stesso, e più specialmente dalla cosidetta frazione rivoluzionaria, sagacemente imbrigliata e con ogni sforzo contenuta nei limiti di una protesta rispettosa dell’ordine, della legge, dei poteri costituiti, e, dopo quarantott’ore, disciolta sotto un diluvio di raccomandazioni paterne, di sagge resipiscenze e di frettolose contrizioni.

Era facile prevedere fin d’allora che quell ‘innocua raffica di comizievoli concioni, che quel frettoloso ammainare di collere e di sdegni non avrebbe convertito i nostri governanti al rispetto verso la legge, al culto della libertà, alla religione delle squallide esistenze proletarie: Santa Susanna, Foggia, Grammichele sono venute del resto sollecitamente a spegnere nel rapido giro ‘ di una stagione le ultime speranze ottimiste degli illusi.

Ma se il governo non v’imparò nulla, a quell’episodio attinse il Partito Socialista più che un lume ed un ammonimento. Il partito socialista imparò a proprie spese, poche settimane di poi nelle elezioni generali del novembre, che se gli è consentito di confondersi colla folla in una remota ideale ed evangelica aspirazione di benessere lontano, a frenare gli impeti, a placare gli appetiti selvaggi della plebaglia, non gli è – sotto pena delle più amare penitenze e di sbaragli immediati – perdonato di fiancheggiare delle agitazioni popolari quelle che dalla piazza, dove le responsabilità diventano un’incognita indecifrabile e paurosa, attentino alla vigna dei traffici e dei dividendi, alla sicurezza delle digestioni e della cassa-forte.

Trascinato dal subìto impeto della folla a giustificare lo sciopero generale come mezzo estremo di contendere ai governanti la libertà e l’immunità dell’eccidio, il Partito Socialista – che è essenzialmente un partito politico – comprese e misurò tutta la gravità dell’impegno, l’impossibilità di poterlo assolvere senza minare la compagine delle sue organizzazioni elettorali, senza compromettere la propria ascensione politica, senza diminuire, incoraggiando una forma di recisa azione diretta, la propria funzione tutoria.

Cosi dopo gli uragani minacciosi del settembre noi assistiamo, tra la generale indifferenza e l’universale sfiducia, ai rinnovati eccidi di Torre Santa Susanna, di Foggia, di Grammichele che non solo non trovano più il bel gesto indignato dello sciopero generale ma non trovano neanche gli sdegni convenzionali dei necrologi di prammatica.

Siccome non può tuttavia un partito – un partito soprattutto che attinge le ragioni della propria esistenza nella pretesa di esercitare la sua tutela esclusivista e diretta sul proletariato del paese – acconciarsi a certe eclissi e rifare, senza larghe giustificazioni, la strada di Damasco, cosi noi vediamo germogliàre dai sinedrii del Partito Socialista tutta una serie di provvedimenti intesi a proteggere i lavoratori d’Italia dalle stragi periodiche in cui i nostri governanti liberali affogano le loro discrete aspirazioni; provvedimenti di cui non beneficieranno certo neanche i nostri pronipoti dell’anno duemiJa, ma ‘che per intanto mettono in luce meridiana come, ad illudere la buona fede proletaria, riformisti e rivoluzionarii s’accordino malgrado le tendenze, le diatribe e le scomuniche, come pane e cacio: e che le primitive aspirazioni ribelli del partito socialista hanno ceduto il posto alla menzogna ed alla frode degli abusati programmi radicali contro cui il partito ed il verbo socialista erano insorti, un quarto di secolo addietro, araldi benedetti di verità e di redenzione. Senza soffermarci al programma che Enrico Ferri, prescrive all’azione socialista contro le stragi sistematiche dei proletarii della patria: proteste, conferenze d’educazione socialista, controllo delle agitazioni popolari; programma che pare abbia l’unico scopo di suscitare il sacro orrore dei fedeli CONTRO LO SCIOPERO GENERALE RIVOLUZIONARIO e contro le esagerazioni sindacaliste dell’azione diretta PER CUI IL PROLETARIATO VERREBBE A PERDERE L’AUSILIO DELL’AZIONE INDIRETTA O RAPPRESENTATIVA (COMUNALE E PARLAMENTARE (1)); Programma che da ultimo Ferri, l’antipapa rivoluzionario ha nell’insieme e nei dettagli comune con Filippo Turati, pontefice consacrato dei riformisti, noi assumeremo ad esame i deliberati con cui la direzione del Partito Socialista ed il Gruppo Parlamentare ne cercano l’attuazione pratica.

L’esame circoscritto agli atti del partito avrà sempre questo di buono, che sarà oggettivo e chiuderà il varco all’obbiezione che la nostra critica si eserciti sterilmente a combattere, non un criterio generale e collettivo del partito, ma le vedute personali e l’atteggiamento individuale, trascurabili, di questo o di quell’altro dei suoi rappresentanti ed interpreti.

I due atti ufficiali con cui fino ad ora gli organi centrali del Partito Socialista cercano di realizzare il loro piano di difesa contro gli eccidii proletarii sono: l’ordine del giorno Ferri sulla propaganda antimilitarista approvato dalla Direzione del Partito in sua seduta plenaria la sera del 18 ottobre u.s.; e l’ordine del giorno Berenini approvato dal Gruppo Parlamentare socialista il 23 ottobre ultimo a Bologna sulla riforma tributaria.

L’ordine del giorno Ferri approvato dalla maggioranza rivoluzionaria della Direzione del Partito sulla propaganda antimilitarista è così concepito: ” La Direzione, mentre a proposito dei processi di Torino ed altrove, protesta per le reazionarie persecuzioni poliziesche contro i socialisti e i loro giornali, constatando con soddisfazione l’entusiasmo mesSo dai Circoli giovanili nel continuare la propaganda antimilitarista già iniziata dal Partito socialista italiano, delibera che a questa propaganda debba partecipare tutto il Parlamento col concorso della Direzione, indirizzandola non solo ad illuminare la pubblica opinione sugli enormi sperperi del pubblico danaro nei bilanci militari ma soprattutto a formare la coscienza dei coscritti e dei soldati non nel senso di violare i proprii doveri in caso di difesa nazionale, ma bensì di non compiere quegli eccidii proletarii, che si ripetono con obbrobriosa frequenza ed imptmità nel nostro paese.

Quest’ordine del giorno ebbe contrario il solo voto dell’Onoro Bissolati che aveva così riassunte le tendenze ed i criterii della frazione riformista:

“La direzione del Partito socialista italiano considerando

che l’accusa formulata contrq i giovani socialisti di Torino si deve presumere artificiosa in quanto il Partito socialista, per dichiarazioni fatte più .volte nei Comizi, nella stampa e in Parlamento, se è per sua natura internazionalista in quanto tende, con l’accordo del proletariato di tutti i paesi, a preparare la soppressione degli eserciti e della guerra, non ha mai disconosciuta la necessità contingente dell’attuale periodo storico di provvedere alla difesa armata del territorio e della indipendenza nazionale

che il Partito ha tuttavia lottato e lotterà senza tregua affinché le istituzioni militari, avvicinandosi ognora più al tipo della nazione armata, riescano meno gravose alla Nazione, più aperte allo spirito democratico, sempre meno atte a servire da strumento alle violenze delle classi dominanti ai danni del proletariato,

protesta

contro le persecuzioni alla stampa socialista e contro le violazioni del diritto di riunione che si vengono consumando in questi giorni sotto la ispirazione della casta militarista, e delibera

di avocare a sé la direzione e la responsabilità della propaganda e della azione socialista intorno al problema militare”.

Diamo i due documenti nella loro integrità perché i lettori – compagni od avversari – possano da sé constatare l’identità assoluta, fondamentalmente, delle preoccupazioni, degli scrupoli, delle riserve, dei criterii che informano i due ordini del giorno su cui diremo aperto, al prossimo numero, il nostro modesto modo di vedere, insieme colle nostre conclusioni.

G. Pimpino

1) Vedi Avanti! n. 3145. Roma 3 setto 1905.

Da CRONACA SOVVERSIVA, a. III, Il. 47, 25 novembre 1905, p. 2.