Corrispondenze galeotte (audio) + lettere Mauizio Alfieri

mauriiiiiii

Corrispondenze galeotte: VVB, Maurizio Alfieri

Un nome,  fino a poco tempo fa ignoto ai più. Un uomo, con la sua storia, le sue certezze, il suo divenire. Una vita, che parla, o potrebbe parlare, a tutti e ciascuno.Decine di lettere, migliaia di parole, incroci che si moltiplicano.

Maurizio Alfieri, rapinatore e ribelle, amico e compagno/corrispondente.

A lui diamo volentieri le nostre voci, anche in vista del processo del 4 luglio,  a Tolmezzo, che potrebbe rivelarsi ulteriore momento d’incontro.

 

http://www.radiocane.info/corrispondenze-galeotte-vvb-maurizio-alfieri/

 

Carcere – Comunicato di Maurizio Alfieri sul fango di Tolmezzo e sciopero della fame

da  informa-azione

Riceviamo e diffondiamo questo comunicato di Maurizio Alfieri sulle montature nei suoi confronti ad opera di repressione e pennivendoli di regime, ed una  in cui annuncia l’inizio di uno sciopero della fame contro la noncuranza del dirigente sanitario e l’impossibilità di avere accesso alle giuste cure.
Ricordiamo che il 16 febbraio si terrà a Saluzzo un presidio anticarcerario in solidarietà con Maurizio e tutti i prigionieri di Saluzzo.

Comunicato di Maurizio Alfieri

Carissimi/e compagni/e,
desidero scrivervi questo comunicato per poter esprimere innanzitutto il mio eterno bene per tutti/e voi, che lottate con ideali e principi contro le ingiustizie di fascisti pronti a reprimere con violenze e abusi tutti coloro che portano la solidarietà nelle piazze, nelle fabbriche, nelle carceri e in tutti i luoghi comuni.
Oggi da una missiva di un mio caro fratello oltre che compagno ho appreso una notizia che mi ha fatto andare su tutte le furie…
Desidero esprimere al giornalista che ha scritto l’infame e indegno articolo pubblicato sul “Gazzettino” quello che penso di lui. Premetto che per la mia buona educazione voglio riservarmi dall’esprimere epiteti verso costui, servo del sistema di cattiva informazione per fuorviare da ciò che accade nel carcere di Tolmezzo.
Questo signore si è permesso di dire che io e Valerio abbiamo sfruttato (i miei cari/e compagni/e e fratelli anarchici) per i nostri scopi!!!
Lei signor giornalista è un codardo, un vile, le povere persone come Enzo Tortora sono morte per gentaglia come lei, che per scopi di lucro scrivevano articoli falsi, così come è abituato a fare lei, non sapendo il significato di dignità e onestà.
Lei sicuramente sarà amico della direttrice e del comandante del carcere di Tolmezzo, forse la retribuiranno! Magari il direttore della sua testata le ha promesso una promozione!!!
A parer mio lei è un vero sfruttatore, non noi. Gli sfruttatori sono la feccia dell’umanità, sono i magnaccia, coloro che delle donne vorrebbero fare merce di scambio, ed io per costoro (giornalisti e magnaccia) provo disgusto, schifo e ribrezzo.
Lei signor giornalista cerchi di preoccuparsi dei pestaggi e di tutto ciò che è accaduto dentro il carcere di Tolmezzo, ma sicuramente lei sarà lo stesso giornalista che alcuni mesi fa sul “Gazzettino” parlava di Tolmezzo come di un albergo a cinque stelle!!!
Si vada a leggere le tante denunce di molti detenuti che sono stati massacrati, lei è un colluso della direttrice, si vergogni per come svolge il suo lavoro e non dimentichi tutti/e i fratelli e sorelle che sono morti nelle vostre patrie galere, dove non sono mai emerse responsabilità di terzi, ma solo omissioni e archiviazioni frettolose. Oggi io voglio dedicare un pensiero a tutti/e i fratelli e sorelle che per colpa di qualche aguzzino sono stati strappati all’affetto dei loro cari (io non vi dimenticherò mai e vi porto tutti/e nel mio cuore). Signor giornalista, non si permetta mai più di insinuare infamie, perché questo fa parte solo del suo palmares.
Un abbraccio a tutti/e i compagni/e e grazie per la tanta corrispondenza che ricevo da tutti/e voi, perché allieta le mie giornate, mi scalda il cuore e mi rende libero senza mura e senza sbarre.
Un forte abbraccio, vi voglio bene.

Saluzzo, sezione di isolamento, 30/01/13

 

Maurizio (“a” cerchiata)   

P.S. Ricordatevi che rispondo a tutti/e.

Nota aggiunta da Maurizio

Esimo da ogni responsabilità qualsiasi compagno/a per i fatti di Tolmezzo. Come risulta da tutti gli atti non c’è stato nessun coinvolgimento di qualsiasi persona e compagni/e, per cui nessuno si può permettere come il giornalista di insinuare anche il minimo coinvolgimento dei presidi del 10/09/12 e del 24/11/12.
Desidero inoltre dire a costui o costoro che non devono insinuare nulla verso i presidi di solidarietà contro i pestaggi e gli abusi che avvenivano e avvengono a Tolmezzo.

Doverosi saluti,
Maurizio Alfieri

Lettera di Maurizio sullo sciopero della fame

Saluzzo 4 febbraio 2013

Carissimi/e compagni/e,
mi preme scrivervi quanto mi accade per rendere partecipi tutti/e coloro che vorranno sapere come siamo costretti a vivere e quanto dobbiamo sopportare a Saluzzo. Vi premetto che ho problemi alle ginocchia, dovute a usura delle cartilagini, con segni di meniscopatia, frammenti di cartilagini e una ciste di Baker che mi bloccano l’articolazione. Tutte queste patologie le ho combattute con la forza di buona volontà, correndo “piano” ogni mattina per 1 ora, nonostante mi trattengano in isolamento; qui a Saluzzo è impossibile correre. Aspettavo da giorni dopo aver sollevato il problema, l’ortopedico mi ha prescritto la “cyclette” il 13/01/2013 e di camminare spesso; così stamattina, dopo aver visto che a nessuno interessava del mio stato di salute, ho iniziato lo sciopero della fame. Mentre il dottore di turno misurava tutti i parametri e mi faceva pesare entrò un dottore,   e ho saputo solo in un secondo momento che si trattava del dirigente sanitario. Dopo che il dottore di turno gli ha illustrato la mia situazione, questo fantomatico dirigente sanitario mi guarda e mi dice: “guardi per me lei può correre in cella”!!!
In un primo momento pensavo ad una battuta infelice, solo che appena mi  sono reso conto che dopo aver detto questo è uscito e stava per andarsene, sono corso fuori e gli ho chiesto se stava scherzando; appena mi ha risposto di no gli ho detto che lui aveva sbagliato lavoro… avrei voluto apostrofarlo, solo che erano presenti alcune donne, così mi sono trattenuto, non sapendo chi era costui. Però adesso avendo saputo che è il responsabile dell’Area Sanitaria, mi chiedo come possa svolgere una mansione così delicata!!! Neanche un veterinario avrebbe risposto in questa maniera, ma evidentemente è la sua indole strafottente. A me, come a tutti/e i detenuti e le detenute deve essere garantito il diritto alla salute.
Costui non può arrogarsi il diritto di contraddire una patologia accertata, addirittura senza neanche visionare la mia cartella clinica! Contravvenendo ad un luminare come l’ortopedico!
Qui a Saluzzo  siamo capitati in cattive mani, escludendo gli altri dottori e dottoresse che svolgono il loro lavoro con la massima attenzione, nonostante tutti loro abbiano dato disponibilità a farmi iniziare una fisioterapia, questo fantomatico dirigente sanitario ha stabilito che io posso correre in cella!!!
Questo signore avrebbe bisogno di una visita psichiatrica ed andrebbe esonerato dal suo impiego perché non è idoneo a svolgere la mansione di  responsabile sanitario, dato che nessun dottore si sognerebbe di dare una simile risposta.
Adesso resto in attesa che la direzione mi risponda se qui viene garantito il diritto alla salute… e nel contempo auguro un buon appetito a tutti e tutte e inizio il digiuno forzato grazie a persone come questo signor dirigente…

Un abbraccio a tutti e tutte i compagni e le compagne
Con ogni bene

Maurizio

P.S. Vi aggiornerò di tutti gli sviluppi di questa faccenda

Per scrivergli:
MAURIZIO ALFIERI
VIA REGIONE BRONTA N. 19/BIS
12037 SALUZZO (CUNEO)

 

Resoconti del presidio anticarcerario a Saluzzo

diffondiamo da infoma-azione

Nella prima settimana di febbraio 2013, i prigionieri del carcere di Saluzzo hanno deciso di fare uscire dalle mura e dalle sbarre che li tengono sequestrati un documento in cui segnalano gli abusi e le pene accessorie alla privazione della libertà a cui sono sottoposti. Il vitto da fame, il gelo delle celle, la mancanza di beni di prima necessità come quelli per l’igiene personale e della cella, la mancata concessione di benefici e misure alternative, lo sfruttamento lavorativo e in generale una condizione di abbandono e di miseria, sono caratteristiche che accomunano ogni struttura dell’apparato detentivo italiano, ma in quella di Saluzzo i prigionieri hanno deciso di farsi sentire. Lo hanno fatto scrivendo, rivolgendosi direttamente a compagne e compagni, che hanno risposto con un presidio volto a dare forza e ad amplificare la rabbia delle persone rinchiuse dentro quelle mura. La mattina del 16 febbraio, giorno per cui era prevista l’iniziativa, abbiamo appreso che uno degli uomini sequestrati a Saluzzo, nonché uno dei promotori del documento firmato da 245 prigionieri, Maurizio Alfieri, era stato trasferito presso il carcere di Terni. Sballato da una galera all’altra, Maurizio non ha mai smesso di lottare per contrastare gli abusi e le violenze che ha incontrato durante la sua carcerazione, promuovendo l’auto-organizzazione dei prigionieri e la rottura del silenzio assassino che circonda l’apparato detentivo. Possiamo interpretare il suo trasferimento come l’ennesima rappresaglia nei suoi confronti o come un tentativo di ostacolare la solidarietà nei confronti di tutti i prigionieri di quel carcere; ma una prima ovvia risposta è stata quella di ribadire, con ancora più risolutezza, la nostra presenza sotto le mura di Saluzzo.

Una settantina di nemiche e nemici di ogni galera, venuti da diverse parti del nord Italia, si sono ritrovati in un campo fangoso a lato della prigione, lasciando così le truppe cammellate della repressione sul lato dell’ingresso. Per oltre due ore si sono susseguiti interventi dall’impianto, musica e colloqui selvaggi con i prigionieri da sotto le mura. La risposta da dentro è stata forte e rumorosa: battiture, cori insieme ai presidianti, risate e grida di rabbia, luci accese e spente a tempo di musica e pezzi di carta infuocati. Prima che il buio calasse, un gruppo di solidali ha deciso di lasciare il segno creando una falla nella recinzione che circonda quella galera. Diversi fuochi d’artificio hanno illuminato il cielo e bersagliato la torretta degli aguzzini a guardia di quelle mura, fino a provocare qualche lancio di lacrimogeni da parte dei poliziotti antisommossa schierati all’esterno.

Infine, prima di abbandonare il presidio, una scritta alta circa tre metri e lunga una decina, realizzata con tondini di metallo saldati e stoffa intrisa di benzina, è stata data alle fiamme in modo che i prigionieri potessero leggere un semplice messaggio: LIBERTA’. Quindi ce ne siamo andati, salutando le persone sequestrate in quelle celle, invitandoli a restare uniti e a continuare a farsi sentire… anche insieme a noi. Sperando che in ogni galera ci siano prigionieri e prigioniere pronti ad organizzarsi, senza delegare a nessuno la propria dignità e la propria sete di libertà.



Un saluto caloroso

Nel pomeriggio di sabato 16 febbraio qualche decina di solidali si raduna nel campo alle spalle del carcere di Saluzzo. Da un impianto audio sparano musica rock’n’roll anni ’70, dentro molto apprezzata.
Tra un pezzo e l’altro si alternano saluti, battiture, vengono urlati i contatti per scrivere a realtà solidali e di controinformazione, interventi a volte rabbiosi a volte informativi, come il testo “Resistere dentro, resistere fuori” o il nuovo indirizzo di Maurizio Alfieri, trasferito nei giorni precedenti.

Alcuni solidali riescono ad avvicinarsi alle sbarre del perimetro per fare dei “colloqui selvaggi” con i detenuti. Questi portano ad un’attenta relazione tra dentro e fuori, a non parlare tutti insieme, a fermare la musica, le urla e gli slogan, facendo si che un presidio diventi realmente un momento di vicinanza. Quando qualcuno svita i bulloni di una delle grate, una decina di manifestanti cerca di entrare nello spiazzo tra le sbarre e il muro di cinta. La polizia si allarma e si avvicina al buco, allora gli “intrusi” si ricompattano senza però allontanarsi delle grate.


All tramonto c’è una sorpresa: sette lettere di fuoco si accendono per formare una parola sola: “Libertà!” E sia dentro sia fuori si grida assieme “Li-ber-tà! Li-ber-tà!” Alcuni fuochi artificiali esplodono nel cielo, altri sulla torretta in cui sono rintanati i secondini. La celere di guardia fuori si avvicina sparando tre o quattro lacrimogeni, i manifestanti rispondono con qualche bomba carta.

Dopo un ultimo saluto, il presidio termina e i manifestanti si allontanano in tutta tranquillità.

Ascolta il resoconto in diretta con una redattrice di Radio Blackout 105.250FM

Carcere – Lettera di Maurizio Alfieri

riceviamo e diffondiamo:

Lettera di Maurizio Alfieri

Carissimi/e compagni/e, famigliari, amici e solidali di nostro fratello Stefano,
inizio questa mia abbracciandovi tutti/e al mio cuore con eterno bene, sperando che tutti/e stiate bene di salute, lo stesso posso dirvi di me, sempre a testa alta, contro le prevaricazioni e le ritorsioni di qualche “benpensante aguzzino”, che mi danno la possibilità di vivere con molti agi e tutti i comfort, che mi danno l’opportunità di rigenerare l’anima e lo spirito, quello spirito ribelle che le mura non potranno mai rinchiudere, quelle “catene” che si sciolgono come neve al sole, “grazie di cuore”, gliene sono grato.

Voglio spiegarvi qualcosa sul mio povero papà, che io ho sempre amato e amo, anche se adesso non c’è più.
Mio papà lavorava 20 ore al giorno per permettere a tutti i suoi figli (sei, tre maschi e tre femmine) di poter mangiare, di trovare sempre un piatto caldo a tavola, di poterci comprare un cappotto o un paio di scarpe una volta all’anno, soprattutto per me, che ero il più piccolo e desiderava che io studiassi, solo che l’ho fatto fino alla 5° elementare, perché avevo capito la “schiavitù del lavoro”, che gli oppressi e i poveri rimanevano sempre tali, che la casta appartiene a pochi (e sono felice di non farne parte, sono apolitico).
Mio padre è stato un partigiano, ha combattuto per la libertà di tutti/e, per il suo popolo, la sua terra, contro il fascismo e nazismo. È stato prigioniero in un campo di concentramento, mi raccontava che mangiavano i topi, le bucce delle patate, e che a volte erano fortunati a trovare la barbabietola che nasceva sotto lo sterco…
Finita la guerra, mio papà ha dovuto rimboccarsi le maniche, lavorava come ferroviere, la notte faceva il garagista. Così nel 1969, quando io avevo sei anni, è immigrato con la valigia di cartone a Milano. Dormivamo tre fratelli in un letto, io ero il più coccolato, la bistecca la davano sempre a me, perché dovevo crescere, mia madre era sempre premurosa e amorevole, al pomeriggio pane e nutella con la banana (“ha potassio e ne hai bisogno per crescere”, diceva così). Mia mamma doveva accudire i figli, e lavorava in casa cucendo oppure facendo quei lavoretti che una volta ti spedivano a casa per assemblare tutti i pezzi.
Ho avuto due genitori onesti, lavoratori, e sempre pronti ad aiutare anche il vicino di casa. Infatti al funerale di mia mamma l’anno scorso c’era una signora che a Milano è arrivata con sei figli, senza marito (dalla Calabria), Franca, e mia mamma cucinava anche per i suoi figli e mandava me la sera a prenderli per portarli a casa mia e farli mangiare. Franca abita al piano terra nel palazzo dove abito io, noi all’ottavo piano (case popolari).
A vedere Franca che piangeva, dicendo di aver perso una mamma, per me è stata una tristezza, invece quei bastardi del D.A.P. non mi permettevano di vederla, capito!!! Vorrei averli nelle mie mani, guardarli negli occhi, potergli dire cosa penso di loro, che sono essere infami, indegni di avere figli, indegni di essere e definirsi essere umani.
Un giorno mio padre ebbe un ictus ed ischemia, restò paralizzato; era il 1993, io ero uscito dopo 7 anni di prigione avendone fatti 2 e mezzo poco prima, perché ero uscito per decorrenza termini (sempre per banche).
Dopo due mesi di ospedale, decidemmo che mio papà dovevamo portalo a casa, perché mia mamma dall’ospedale non voleva muoversi, così lo portammo a casa, con tutto l’amore del mondo. Subito però mi accorsi che mia mamma era anziana e che non poteva accudire da sola mio papà, che aveva bisogno di essere pulito, lavato e tutte le cure che gli servivano (abbandonato dal governo come fanno con tutti/e).
Mia madre pensionata, mio padre in quello stato, così, con tutti i problemi, ho ripreso la strada degli espropri verso le banche per permettere una vita normale ai miei genitori. Sono felice di aver fatto quello che ho fatto, lo rifarei, gli metterei due badanti a mia mamma e mio papà.
Lo Stato abbandona tutti, erano solo bravi a venire a casa a cercare il voto quando c’erano le elezioni, e una volta al sindaco per poco non andavo in comune a buttarlo giù dalla finestra, se si permetteva ancora a chiedere il voto a mia madre, invece di interessarsi dei problemi sociali che affliggevano gli anziani e non solo.
Tornando alla scuola, dato che ho scritto di avere solo la 5° elementare, la terza media l’ho conseguita al Beccaria (carcere minorile). Dal Beccaria sono evaso. Ero dentro per una rapina in gioielleria da 800 milioni di lire: era il 1977, erano tanti soldi all’epoca, ma in carcere aiutavo tutti. Sono evaso per aiutare mio fratello che avevano arrestato in Grecia, ad Atene; era a “Comotint”, rischiava la pena di morte, fu arrestato per hascisch, c’erano i colonnelli, solo pagando 200 milioni siamo riusciti a tirarlo fuori. Ero scappato per rapinare e salvare la vita a mio fratello.
In carcere poi ho fatto due anni di ragioneria e due anni di geometri, però ho letto molti libri: L’interpretazione dei sogni di Freud, Carl Gustav Jung, Avere o essere e L’arte di amare di Erich Fromm, Siddhartha di Hermann Hesse, poi libri sul fascismo, sui medici del Terzo Reich e tanti altri. Soprattutto ho fatto tanta ginnastica e la faccio ogni mattina, ogni giorno, escluso la domenica, per quello sono in forma. … Io i bulli non posso vederli, mi sono sfidato tante volte con le mani, e qualche volta anche con altro, parlo sempre di carcere. Posso dire che quando in carcere c’erano gli omicidi e gli accoltellamenti ero sempre rispettato e benvoluto dai più pericolosi, perché non mi facevo mettere i piedi in testa da nessuno, mi facevo, e mi faccio, voler bene da tutti. Anche durante le rapine mi definivano il rapinatore galantuomo; infatti mi hanno arrestato in una banca per aver soccorso una donna che era svenuta vedendo il mio coimputato che maltrattava il direttore. Così per far rinvenire la signora con un bicchier d’acqua sono arrivati i carabinieri perché era scattato l’allarme. All’inizio ero riuscito a ingannarli perché avevo una tuta da elettricista, parrucca e baffi finti: gli avevo detto che sicuramente era scattato l’allarme perché eravamo intenti ad aggiustarlo, si erano allontanati, ma per chiamare il mio coimputato e non lasciarlo solo, perché era sceso nel caveau, ho perso tempo. Così dalla centrale gli hanno detto: “Deficienti, guardate che c’è l’allarme e quello che vi ha parlato sicuramente è il rapinatore!!!”. Appena li ho visti ritornare ho preso la scopa in mano e facevo finta di pulire nella banca, solo che mentre controllavano le targhe e i blocchetti delle macchine sono arrivati alla nostra moto (quel “deficiente” del mio coimputato, per impennare la moto al mattino, aveva fatto cadere il blocchetto dell’accensione, per cui si accendeva solo con il cacciavite). Così hanno spianato le armi, ed io ho bloccato tutte le porte della banca, ci siamo arresi con l’intervento di un capitano dei carabinieri, perché se uscivamo ci facevano come un “colapasta”, così abbiamo optato per una resa condizionata (6 giugno 1994). La mia è una storia lunga e… molto, molto movimentata…

Avete visto ieri a Ferrara il sit-in contro Federico Aldrovandi!!! Fatto ripugnante e infame. Oggi ho scritto ai compagni di Torino e detto che tutti/e noi dobbiamo organizzare una manifestazione a sostegno della povera madre di Federico, che infami poliziotti hanno oltraggiato, con quel presidio sotto l’ufficio dove lavorava. E dite su Internet che alla mamma del caro fratello Federico va tutto il mio affetto e la mia vicinanza al suo dolore, e che auguro a quei poliziotti che in carcere qualcuno li ripaghi con calci in faccia e un pestaggio come hanno fatto con il povero Federico, perché solo dei vigliacchi oltraggiano il dolore di una mamma (schifosi-luridi-infami-vermi)…
Vi chiedo di mettere su inform-azione il mio dolore alla sua cara mamma, oppure tutta la mia lettera, come volete.

Con questa mia rabbia per l’ennesimo omicidio di Stato, concludo questa mia abbracciandovi tutti/e al mio cuore, famigliari, amici, compagni e solidali di nostro fratello Stefano Frapporti, che aguzzini infami hanno strappato all’amore e all’affetto dei suoi cari e di tutti/e noi.

Terni, 28 marzo 2013

Con la rabbia nel cuore, un abbraccio ribelle
V.V.B. Maurizio (a-cerchiata)

Telegramma scritto dopo il presidio del 30 marzo

Oggi le mie emozioni sono indescrivibili
Ringrazio tutti/e fratelli, sorelle, compagni/e e solidali per il presidio, da Rovereto, a Roma, Trento, Milano, Torino, etc. Per ringraziare tutti/e ho scritto ad Ampi Orizzonti e al circolo Siete la mia energia, la mia forza spirituale, la mia voglia di rivalsa Il mio cuore vi accompagnerà nel vostro ritorno a casa
Ovunque sarò con voi ribelle e fiero di esserci
V.V.B. Eternamente e fraternamente
Maurizio       

Per scrivere a Maurizio Alfieri l’indirizzo è:
Maurizio Alfieri
Casa Circondariale Di Terni
Strada Delle Campore, 32 – 05100 Terni (TR)

http://informa-azione.info/carcere_lettera_di_maurizio_alfieri