Che crepi il vecchio mondo! (it/fr)

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Albert Libertad
Ah! Ah! È Capodanno!
La voce chiara del ragazzo e la voce spezzata del vecchio intonano la stessa ballata: la ballata dei voti e degli auguri.
L’operaio al suo padrone, il debitore al suo creditore, l’inquilino al suo proprietario, ripetono lo stesso ritornello del buono e felice anno.
Il povero e la povertà se ne vanno per le strade a cantare la cantilena della lunga vita.
Ah! Ah! È Capodanno!
Bisogna che si rida! Bisogna che ci si diverta. Che tutti i volti assumano un atteggiamento di festa. Che tutte le labbra lascino sfuggire i migliori auguri. Che su tutte le facce si disegni il ghigno della gioia.
È il giorno della menzogna ufficiale, dell’ipocrisia sociale, della carità farisaica. È il giorno dell’imbroglio e del falso, è il giorno dell’apparenza e del convenuto.

I volti si illuminano e le case si rischiarano! E lo stomaco è nero e la casa è vuota. Tutto è apparato, tutto è apparenza, tutto è artificiale, tutto è inganno! La mano che stringe la vostra è un artiglio o una zampa. Il sorriso che vi accoglie è un ghigno o una smorfia. L’augurio che vi riceve è una bestemmia o una beffa.
Nella voracità degli appetiti, è l’armistizio, è la tregua. Nell’avido scempio delle battaglie, è Capodanno.
Si sente l’eco che rimanda la voce del cannone e che ripete il fischio della fabbrica. La mitraglia fuma ancora e ancora la caldaia lascia sfuggire il vapore. L’ambulanza trabocca di feriti e l’ospedale rifiuta dei malati. La granata ha aperto questo ventre e la macchina ha tagliato questo braccio. I crimini delle madri, i pianti dei bambini fanno risuonare alle nostre orecchie la spaventosa melodia del dolore, sempre lo stesso.
La bandiera bianca sventola: è l’armistizio, la tregua, per un’ora e per un giorno, le mani si tendono, i visi si sorridono, le labbra balbettano parole d’amicizia: sogghigni d’ipocrisia e di menzogne.
Lunga vita a te, proprietario, che mi getterai sul selciato della città senza preoccuparti del freddo e della pioggia?
Lunga vita a te, padrone, che mi hai sottratto questi ultimi giorni, perchè il mio corpo era indebolito dopo la dura malattia che ho contratto al tuo servizio?
Lunga vita, lunga vita a voi tutti, panettieri, droghieri, bottegai, che tenevate in pugno la mia povertà con i vostri vergognosi balzelli e che facevate commercio di ogni mio bisogno, di ogni mio desiderio?
E lunga vita e buona salute a tutti, maschi e femmine fiaccati dalla civiltà: buon anno a te, operaio onesto; a te, ruffiano regolare; a te, catalogata dal matrimonio; a te, registrato nei libri della questura; a voi tutti di cui ogni atto, ogni passo, è un atto e un passo contro la mia libertà, contro la mia individualità?
AH! AH! Lunga vita e buona salute?
Volete dei voti, eccoveli.
Che crepi il proprietario che possiede il posto dove distendo le mie membra e che mi vende l’aria che respiro!
Che crepi il padrone che, per lunghe ore, fa passare l’aratro delle sue esigenze sul campo del mio corpo!
Che crepino questi lupi famelici che riscuotono la decima sul mio sonno, sul mio riposo, sui miei bisogni, ingannando il mio spirito e avvelenando il mio corpo!
Che crepino i catalogati di tutti i sessi con i desideri umani che si soddisfano solo con promesse, fedeltà, denaro e insulsaggini!
Che crepi l’ufficiale che ordina l’assassinio e il soldato che gli ubbidisce; che crepino il deputato che fa la legge e l’elettore che fa il deputato!
Che crepi il ricco che si accaparra una così larga fetta del bottino sociale, ma crepi soprattutto l’imbecille che gli prepara il pastone.
Ah! Ah! È Capodanno!
Guardatevi dunque attorno. Sentite più viva che mai la menzogna sociale. Il più ingenuo di voi riconosce ovunque l’ipocrisia vischiosa dei rapporti sociali. La falsità appare ad ogni passo. Questo giorno, è la ripetizione di ogni altro giorno dell’anno. La vita odierna non è fatta che di menzogne e di artifici. Gli uomini sono in perenne battaglia. I poveri ciondolano dal sorriso della custode al ghigno della bettola e i ricchi dall’ossequità del lacchè alle lusinghe della cortigiana. Facce glabre e maschere di gioia.
La carezza della puttana equivale al sorriso della moglie. E la protezione del magnaccia somiglia a quella del marito. Espedienti e interessi.
Perchè noi si possa un giorno cantare la vita in piena naturalezza, bisogna — diciamolo a voce alta — abbandonare il convenuto e fare un cinico augurio; che crepi il vecchio mondo con la sua ipocrisia, la sua morale, i suoi pregiudizi che avvelenano l’aria e impediscono di respirare. Che gli uomini decidano d’un tratto di dire ciò che pensano.
Facciamo un Capodanno in cui non si faranno voti e auguri bugiardi, ma in cui, al contrario, si getterà il proprio pensiero in faccia a tutti. In questo giorno, gli uomini comprenderanno che non è possibile vivere in una simile atmosfera di conflitto e di rivalità. Cercheranno di vivere in un altro modo. Vorranno conoscere le idee, le cose e gli uomini che impediscono loro di essere più felici.
La Proprietà, la Patria, gli Dei, l’Onore rischieranno di essere scaraventati nella fogna assieme a coloro che vivono di questi fetori.
E sarà universale questo augurio che sembra così minaccioso e che eppure è traboccante di dolcezza:

che crepi il vecchio mondo!

(l’anarchie, n. 90, dicembre 1906)

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Que crève le vieux monde !
Albert Libertad
Ah ! Ah ! C’est le jour de l’an !
La voix claire de l’enfant et la voix cassé du vieillard entonnent la même ballade : la ballade des vœux et souhaits.
L’ouvrier à son patron, le débiteur à son créancier, le locataire à son propriétaire disent la ritournelle de la bonne et heureuse année. Le pauvre et la pauvresse s’en vont par les rues chanter la complainte de la longue vie.
Ah ! Ah ! C’est le jour de l’an !
Il faut que l’on rie ! Il faut que l’on se réjouisse. Que toutes les figures prennent un air de fête. Que toutes les lèvres laissent échapper les meilleurs souhaits. Que sur toutes les faces se dessine le rictus de la joie.
C’est le jour du mensonge officiel, de l’hypocrisie sociale, de la charité pharisienne. C’est le jour du vernis et du convenu.
Les faces s’illuminent et les maisons s’éclairent ! Et l’estomac est noir et la maison est vide. Tout est apparent, tout est façade, tout est leurre, tout est tromperie ! La main qui vous accueille est un rictus ou une grimace. Le souhait qui vous reçoit est un blasphème ou une moquerie.
Dans la curée âpre des appétits, c’est l’armistice, c’est la trêve. Dans l’âpre curée des batailles, c’est le jour de l’an.
On entend l’écho qui répète la voix du canon et qui redit le sifflet de l’usine. La mitrailleuse fume encore et encore ; la chaudière laisse échapper la vapeur. L’ambulance regorge de blessés et l’hôpital refuse des malades. L’obus a ouvert ce ventre et la machine à couper ce bras. Les crimes des mères, les pleurs des enfants font retentir à nos oreilles l’affreuse mélodie de la douleur, toujours la même.
Le drapeau blanc flotte : c’est l’armistice, c’est la trêve, pour une heure et pour un jour, les mains se tendent, les faces se sourient, les lèvres bégaient des mot d’amitié : ricanements d’hypocrisie et de mensonges.
Bonne vie à toi, propriétaire ? qui me jettera sur le pavé de la ville sans t’occuper du froid ou de l’averse…
Bonne vie à toi patron ? qui me diminua ces jours derniers, parce que faiblissait mon corps après la dure maladie que je contractai à ton service…
Bonne vie, bonne vie à tous ! boulangers, épiciers, débitants qui enserriez ma misère de vos péages honteux et qui teniez commerce de chacun de mes besoins, de chacun de mes désirs.
Et bonne vie et bonne santé à tous, mâles et femelles, lâchés à travers la civilisation : bonne année à toi, l’ouvrier honnête ? à toi, maquereau régulier ? à toi, catalogué du mariage ? à toi, inscrit aux livres de police ? à vous tous dont chacun des gestes, chacun des pas est un geste et un pas contre ma liberté, contre mon individualité ?
Ah ! Ah ! bonne vie et bonne santé ?
Vous voulez des vœux, en voilà : que crève le propriétaire qui détient la place où j’étend mes membres et qui me vend l’air que je respire !
Que crève le patron qui, de longues heures, fait passer la charrue de ses exigences sur le champ de mon corps.
Que crèvent ces loups âpres à la curée qui prélèvent la dîme sur mon coucher, mon repos, mes besoins, trompant mon esprit et empoisonnant mon corps !
Que crèvent les catalogués de tous sexes avec qui les désirs humains ne se satisfont que contre promesses, fidélités, argent ou platitudes !
Que crève l’officier qui commande le meurtre et le soldat qui lui obéit ; que crève le député qui fait la loi et l’électeur qui fait le député !
Que crève le riche qui s’accapare une si large part du butin social ! mais que crève surtout l’imbécile qui prépare sa pâtée.
Ah ! Ah ! C’est le jour de l’an !
Regardez autour de vous. Vous sentez plus vivant que jamais le mensonge social. Le plus simple d’entre vous devine partout l’hypocrisie gluante des rapports sociaux. Le faux apparaît à tout pas. Ce jour-là, c’est la répétition d tous les autres jours de l’an. La vie actuelle n’est faite que de mensonge et de leurre. Les hommes sont en perpétuelle bataille. Les pauvres se baladent du sourire de la concierge au rictus du bistrot et les riches de l’obséquiosité du laquais aux flatteries de la courtisane. Face glabres et masques de joie.
La caresse de la putain a comme équivalent le sourire de la femme mariée. Et la défense du maquereau est pareille à la protection de l’époux. Truquages et intérêts.
Pour que nous puissions chanter la vie, un jour, en toute vérité, il faut, disons-le bien hautement, laisser le convenu et faire un âpre souhait : que crève le vieux monde avec son hypocrisie, sa morale, ses préjugés qui empoisonnent l’air et empêchent de respirer. Que les hommes décident tout à coup de dire ce qu’ils pensent.
Faisons un jour de l’an où l’on ne se fera pas de vœux et de souhaits mensongers, mais où, au contraire, on videra sa pensée à la face de tous.
Ce jour-là, les hommes comprendront qu’il n’est véritablement pas possible de vivre dans une pareille atmosphère de lute et d’antagonismes.
Ils chercheront à vivre d’autre façon. Ils voudront connaître les idées, les choses et les hommes qui les empêchent de venir à plus de bonheur.
La propriété, la patrie, les dieux, l »honneur courront risque d’être jetés à l’égout avec ceux qui vivent de ces puanteurs. Et sera universel ce souhait qui semble si méchant et qui est pourtant rempli de douceur : que crève le vieux monde !
Les faces s’illuminent et les maisons s’éclairent ! Et l’estomac est noir et la maison est vide. Tout est apparent, tout est façade, tout est leurre, tout est tromperie ! La main qui vous accueille est un rictus ou une grimace. Le souhait qui vous reçoit est un blasphème ou une moquerie
Dans la curée âpre des appétits, c’est l’armistice, c’est la trêve. Dans l’âpre curée des batailles, c’est le jour de l’an.
On entend l’écho qui répète la voix du canon et qui redit le sifflet de l’usine. La mitrailleuse fume encore et encore ; la chaudière laisse échapper la vapeur. L’ambulance regorge de blessés et l’hôpital refuse des malades. L’obus a ouvert ce ventre et la machine à couper ce bras. Les crimes des mères, les pleurs des enfants font retentir à nos oreilles l’affreuse mélodie de la douleur, toujours la même.
Le drapeau blanc flotte : c’est l’armistice, c’est la trêve, pour une heure et pour un jour, les mains se tendent, les faces se sourient, les lèvres bégaient des mot d’amitié : ricanements d’hypocrisie et de mensonges.
Bonne vie à toi, propriétaire ? qui me jettera sur le pavé de la ville sans t’occuper du froid ou de l’averse…
Bonne vie à toi patron ? qui me diminua ces jours derniers, parce que faiblissait mon corps après la dure maladie que je contractai à ton service…
Bonne vie, bonne vie à tous ! boulangers, épiciers, débitants qui enserriez ma misère de vos péages honteux et qui teniez commerce de chacun de mes besoins, de chacun de mes désirs.
Et bonne vie et bonne santé à tous, mâles et femelles, lâchés à travers la civilisation : bonne année à toi, l’ouvrier honnête ? à toi, maquereau régulier ? à toi, catalogué du mariage ? à toi, inscrit aux livres de police ? à vous tous dont chacun des gestes, chacun des pas est un geste et un pas contre ma liberté, contre mon individualité ?
Ah ! Ah ! bonne vie et bonne santé ?
Vous voulez des vœux, en voilà : que crève le propriétaire qui détient la place où j’étend mes membres et qui me vend l’air que je respire !
Que crève le patron qui, de longues heures, fait passer la charrue de ses exigences sur le champ de mon corps.
Que crèvent ces loups âpres à la curée qui prélèvent la dîme sur mon coucher, mon repos, mes besoins, trompant mon esprit et empoisonnant mon corps !
Que crèvent les catalogués de tous sexes avec qui les désirs humains ne se satisfont que contre promesses, fidélités, argent ou platitudes !
Que crève l’officier qui commande le meurtre et le soldat qui lui obéit ; que crève le député qui fait la loi et l’électeur qui fait le député !
Que crève le riche qui s’accapare une si large part du butin social ! mais que crève surtout l’imbécile qui prépare sa pâtée.
Ah ! Ah ! C’est le jour de l’an !
Regardez autour de vous. Vous sentez plus vivant que jamais le mensonge social. Le plus simple d’entre vous devine partout l’hypocrisie gluante des rapports sociaux. Le faux apparaît à tout pas. Ce jour-là, c’est la répétition d tous les autres jours de l’an. La vie actuelle n’est faite que de mensonge et de leurre. Les hommes sont en perpétuelle bataille. Les pauvres se baladent du sourire de la concierge au rictus du bistrot et les riches de l’obséquiosité du laquais aux flatteries de la courtisane. Face glabres et masques de joie.
La caresse de la putain a comme équivalent le sourire de la femme mariée. Et la défense du maquereau est pareille à la protection de l’époux. Truquages et intérêts.
Pour que nous puissions chanter la vie, un jour, en toute vérité, il faut, disons-le bien hautement, laisser le convenu et faire un âpre souhait : que crève le vieux monde avec son hypocrisie, sa morale, ses préjugés qui empoisonnent l’air et empêchent de respirer. Que les hommes décident tout à coup de dire ce qu’ils pensent.
Faisons un jour de l’an où l’on ne se fera pas de vœux et de souhaits mensongers, mais où, au contraire, on videra sa pensée à la face de tous.
Ce jour-là, les hommes comprendront qu’il n’est véritablement pas possible de vivre dans une pareille atmosphère de lutte et d’antagonismes.
Ils chercheront à vivre d’autre façon. Ils voudront connaître les idées, les choses et les hommes qui les empêchent de venir à plus de bonheur.
La propriété, la patrie, les dieux, l’honneur courront risque d’être jetés à l’égout avec ceux qui vivent de ces puanteurs. Et sera universel ce souhait qui semble si méchant et qui est pourtant rempli de douceur :
que crève le vieux monde !

[l’anarchie, n. 90, décembre 1906]