dall’attacco contro l’Alta velocità in Val Susa alla difesa degli spazi occupati a Torino
edizioni NN, giugno 1998, pag.96
Questo che pubblichiamo è un dossier a tesi sugli avvenimenti che negli scorsi mesi di marzo e aprile hanno turbato Torino, in seguito all’arresto di tre anarchici e alla morte in carcere di uno di loro. Quanto è accaduto viene qui riletto in chiave critica nel tentativo di coglierne i limiti al fine di individuare le possibili prospettive di una rivolta.
NOTA INTRODUTTIVA Sono passati pochi mesi dagli avvenimenti che hanno turbato una delle più grandi città italiane, Torino. L’arresto di tre anarchici accusati di essere coinvolti in una lunga serie di sabotaggi contro i cantieri dell’Alta velocità in Val Susa e la successiva morte di uno degli arrestati, trovato impiccato nella sua cella in carcere, avevano provocato la rabbiosa dei loro amici e compagni, le cui azioni hanno alimentato per giorni le prime pagine dei grandi mezzi di informazione, guardate con una certa preoccupazione dalle forze istituzionali e sociali. Passata la tempesta, ora tutto sembra essere rientrato nella normalità. Le pagine che seguono, pur riportando gli episodi avvenuti e mettendo a disposizione di tutti una parte consistente dei documenti circolati in quel periodo, non pretendono – né intendono – di rappresentare quanto è accaduto a Torino nei mesi di marzo e aprile appena trascorsi. Lungi dall’accontentarsi di riprodurre una mera documentazione, gli autori di queste pagine hanno voluto esprimere un preciso punto di vista, presentando la propria interpretazione dei fatti. Questo che pubblichiamo è quindi un dossier a tesi, fazioso come tutti i dossier ma in questo caso, se è possibile, in maniera ancora più marcata. Documenti, articoli di giornali, volantini, foto, cronologia… A grandi linee, la tesi che qui viene sostenuta è che l’obbiettivo principale della magistratura da un paio di anni a questa parte è stato di circoscrivere la rivolta diffusa – che incuteva timore per le sue notevoli potenzialità di sviluppo – in atto contro il progetto dell’Alta velocità in Val Susa rinchiudendola poi all’interno della fantomatica organizzazione “Lupi grigi”. Inaspettatamente, gli arresti scattati a Torino hanno segnato per i padroni dell’Alta velocità un altro successo, giacché sono riusciti nell’impresa di spostare ulteriormente l’attenzione generale, non solo geograficamente ma anche sostanzialmente: dalla Val Susa a Torino, dalla questione Alta velocità a quella degli spazi occupati. E la magistratura non avrebbe potuto condurre a termine con tanta disinvoltura questa doppia mistificazione, se non si fosse avvalsa dell’aiuto dei mass media e di quello – naturalmente involontario – di alcuni suoi nemici. Dalla lettura di questo dossier trapela anche l’occasione perduta, quella di ripercorrere al contrario il tragitto imposto dai guardiani dell’Ordine, aprendo però nuove strade percorribili da tutti gli sfruttati. Va da sé che molti non condivideranno simili conclusioni, e ci sarà chi vedrà in questo testo una offesa alla propria identità. Fin troppo facile poi è prevedere, fra le accuse che pioveranno sulla testa degli autori, quella di “voler salire in cattedra per dare lezione agli altri”. Accusa per altro infondata se si considera che gli autori di questo dossier hanno preso parte direttamente agli avvenimenti torinesi, e sono quindi anch’essi responsabili degli esiti finali. In effetti le analisi qui sviluppate non ci sembrano minimamente dettate da malanimo personale o da presunzione, quanto alla convinzione che in prospettiva la rivolta non ha bisogno dell’ammirazione cieca e scevra da ogni critica, ma semmai di una continua ricerca degli errori commessi e dei limiti che emergono nel proprio agire.
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