Il principio dell’organizzazione alla luce dell’Anarchismo di L. GALLEANI

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Saverio Merlino vede, secondo noi, la decomposizione, l’agonia del movimento anarchico nel conflitto tra individualisti ed organizzatori sul terreno dell’azione immediata,e nell’intima contraddizione rispettiva delle due correnti : « quelli, gli organizzatori non possono trovare organizzazione compatibile coi principii anarchici » ; questi, gli individualisti « mancato il concetto di rappresaglia che era l’anima dell’azione anarchica (?) non trovano più modo d’agire e non possono sussistere senza l’organizzazione che si sforzano di negare ».

Che gli organizzatori non trovino alcuna forma di organizzazione compatibile coi principii anarchici è perfettamente naturale e logico : e su questo argomento noi siamo pienamente d’accordo col Merlino, pure non comprendendo più perchè gli individualisti non possano sussistere senza l’organizzazione, se, nell’opinione stessa del Merlino, un’organizzazione compatibile coi principii anarchici non si può scovare.

Ci pare tuttavia che intorno a questa denominazione di anarchici organizzatori una distinziooone sia necessaria ove si tenga conto delle dichiarazioni ripetute e degli atteggiamenti constanti che essi esprimono ed assumono.

Sono anarchici organizzatori, se noi non facciamo equivoco, coloro i quali credono alla utilità, alla necessità ed alla possibilitaà che gli anarchici si organizzino metodicamente, secondo un programma concordemente stabilito, in un partito politico che abbia come tale a distinguersi dagli altri partiti di indole proletaria, e possa ll’uopo — ferme le distinzioni caratteristiche — farsi valere nei compromessi, nelle alleanze, nelle coalizioni che le esigenze del momento, le fortune della lotta contro la classe dominante, contro qualche suo arbitrio intollerabile, potrebbero consigliare.

Altri anarchici si dicono invece organizzatori non solo perchè vogliono la specifica costituzione degli anarchici in partito politico, ma anche perchè ritengono che base del movimento anarchico debbano essere le organizzazioni operaie esistenti e più quelle che sotto i loro auspicii edil loro stimolo, e con aperto carattere rivoluzionario, dovrebbero sorgere.

A queste due correnti, che si differenziano soltanto per gradi, e la cui azione dovrebbe avere sempre carattere collettivo, il Merlino oppone — se male non interpretiamo il suo pensiero — gli anarchici che preferiscono la propaganda individuale, l’atto individuale di affermazione e di ribellione.

Noi ciprofessiamo modestamente ma recisamente avversi agli anarchici che si dicono organizzatori, sia che essi vogliano organizzare il partito anarchico, sia che ad avvalorarlo vogliano assiderlo sulle organizzazioni economiche attuali o su altre che essi potrebbero creare meglio rispondenti ai propri caratteri e fini.

Il partito, qualunque partito, ha il suo programma che è la sua carta costituzionale ; ha nelle assemblee dei delgati dei gruppi o delle sezioni il suo parlamento ; negli organi direttivi, nelle giunte o comitati esecutivi, ha il suo governo ; è insomma una graduale sovrapposizione di organi che per quanto larvata riesce una propria e vera gerarchia tra i varii stadii della quale non è che un vincolo : la disciplina, le cui infrazioni o contravvenzioni si scontano con pene congrue che vanno dalla deplorazione alla sscomunica, alla espulsione.

Il partito anarchico non può essere che un partito come un altro ; peggio, un governo come qualsiasi altro ; schiavo come ogni altro della sua costituzione la quale, come tutte le costituzioni, le leggi e i codici, sarebbe all’indomani della sua promulgazione, superata dagli avvenimenti, dalle esigenze, dalle incalzanti e mutabili necessità della lotta ; governo assurdo ed illegittimo come ogni altro che si bas sulla delegazione sulla rappresentanza, mentre è ben chiaro e presente, nella esperienza degli anarchici sovratutto, che ogni delgato o deputato non rappresenta e non potrà mai rappresentare che le proprie idee e sentimenti, non quelli infinitamente varii e diversi intorno a qualsiasi argomento dei proprii mandanti e rappresentati ; governo come ogni altro invadente ed arbitrario perchè dalla preoccupazione delle responsabilità direttive sarà, ad ogni svolto, in ogni stadio della sua gerarchia, trascinato ad adottare — sempre inteso col più generoso e più nobile dei fini — provvedimenti, decisioni, misure che i tesserati dovranno, ubbidendo in ossequio alla disciplina, subire anche se contrari alle proprie vedute ed interessi ; governo assorbente come ogni altro perchè vuole ed ha per ogni funzione il suo organo, che farà forse poco e male, ma attraverso al quale tutti dovranno passare, contro al quale tutte le iniziative andranno ad urlarsi, dinanzi al quale le iniziative originali o eterodosse avranno carattere sospetto se non apertamente sovversivo.

Bisogna far questo o quest’altro per la propaganda? C’è un comitato apposito e ci penserà lui. Bisogna far questo o quell’altro per la solidarietà? E che ci starebbe a fare il comitato analogo se non vi dovesse pensare e provvedere? C’è un’iniziativa di affermaziione o d’azione? E’non c’è una giunta appositamente incaricata di questo e per la quale bisogna passare sotto pena di indisciplina, di sconfessione e di riprovazione?

Quanti sono vissuti, o sono passati accanto ad una qualsiasi organizzazione ed hanno dovuto amaramente constatarne l’ignavia e l’anchilosi, fino a dover dubitare se l’organizzazione sorta per difendere i diritti e sorreggere le aspirazioni del proletariato non ne sia al momento critico l’ostacolo e la remora, possono dire se noi esageriamo.

Nè varrebbe opporci che qui si tratta di anarchici, di individui selezionati che sanno quello che vogliono ed hanno criterio a scegliere la prpria via, e reni e garretti per ascenderla. Gli anarchici sono, come i gregarii di tutti i partiti antesignani, figli della società borghese e ne portano lo stigma, e la folla che li accompagna non è migliore, ed è del resto perfettamente naturale, e cerca nella sua gran maggioranza le vie ed i mezzi che esigono il minimodello sforzo pur pretendendo il massimo dei risultati. Ora di transazioni coatte, di compromessi inevitabili, noi abbiamo troppi perchè dobbiamo eleggerne di volontarii. Accetando un salario, pagando la pigione di casa, noi contutte le nostre pretese rivoluzionarie, con tutte le nostre aspirazioni anarchiche, riconosciamo e legittimiamo nel modo più tangibile e doloroso il capitale, l’interesse, la rendita, il profitto, la taglia che dagli sfruttatori si leva sulla nostra fatica, sul nostro sudore dispregiato.

Compromesso, transazione, tradimento ; ma di lì bisogna passare colla corda al collo e le mani legate.

Ma, dove sia possible, il compromesso, la transazione noi dobbiamo evitare, eludere, escludere ; noi dobbiamo essere « noi » nel rigido carattere delineato dalle nostre convinziooni, dalla nostra fede, e queste non traggono certo auspicii augurali per un avvenire libertario se non sappiamo incedere senza dande, senza procuratori, senza tutori che sono inseparabili dal concetto di organizzazione, sia essa la organizzazione politica del partito anarchco, sia essa l’organizzazione delle varie arti e mestieri dei lavoratori.

— Contro l’organizzazione operaia, anche?

— Non è questione di pro’ o contro : il movimento anarchico ed il movimento operaio battono vie parallele ed e geometricamente constatato che le linee parallele non sono fatte per incontrarsi, per coincidere mai.

L’anarchico, si presume almeno, è pervenuto, o sotto la sferza dell’esperienza, o traverso l’indagine, lo studio, la meditazione, al convincimento che il malessere sociale in genere, ed in ispecie la miseria, la servitu, la involontaria ed obbligata ignoranza di chi lavora e produce — e produce tutto che della vita fa la pienezza e lo splendore di cui non godrà mai, di cui godono e godranno soltanto coloro che non curveranno mai la groppa sul solco, nè incalliranno mai sulla vagna od all’incudine le mani, nè mai affaticheranno su un problema o su un libro il cervello — discendono da un monopolio primevo, fondamentale : dall’accaparramento, ad opera di una minoranza esosa e scaltrita, della terra, campi e miniere, i cui prodotti della terra sono trasformati in elementi di vita, di sicurezza, di gioia ; delle ferrovie e del naviglio che questi prodotti diffondono per tutte le latitudini in scambio di altro prodotti, o contro l’oro sonante che è strumento della ricchezza, della potenza, della tirannide che i privilegiati esercitano con fortunata impunità sul resto del genere umano ; che la chiesa consacra questa usurpazione comebenedizione particolare di dio, che lo stat la legittima nei parlamenti, nei codici, ne tribunali, la difende, con le sue leggi, con i suoi birri, con i suoi eserciti ; che la morale, l’ipocrita e rugiadosa morale corrente, questo accaparramento ladro circonfonde di religosa devozione.

E l’anarchico impugna questo monopolio, e poichè la nuda negazione non serve, affonda il piccone alle radici della mala pianta e si sforza di reciderle, condannando insieme con l’albero maledetto rami e frutti che ne procedono : tutto di tutti; non più proprietà individuale dei mezzi di produzione e di scambio, nè alcun degli altri istituti che custodiscono l’iniquità e l’ineguaglianza originate fatalmente da questo privilegio iniziale.

E poichè i nostri buoni borghesi — anche quelli che l’usura pretendono riscattare colla filantropia — a dare le loro dimissioni da sfruttatori, a restituire il mal tolto non sognano, nè si decideranno mai, gli anarchici, pure quelli che dalla violenza e dal sangue aborrono, sono costretti a conchiudere che la espropriazione della classe dominante non ptrà avvenire che violentemente ad opera della rivoluzione sociale, ed a questa si dispongono e cercano disporre con ogni mezzo di educazione, di propoganda, d’azione, il proletariato.

Il quale fino ad ora, non dimenticatelo e non illudetevi ! è massa non classe. Se fosse classe, se avesse cloè lucida e piena coscienza del suo diritto, della sua funzione, della sua forza, la rivoluzione livellatrice sarebbe da gran tempo compiuta, esimendoci da queste melanconiche od acerbe elucubrazioni.

La grande massa è borghese non natione, sed moribus; non di origine, chè nella propria culla non ha trovato nè un lenzuolo, nè una camicia ; ma di costumi, di superstizioni, di pregiudizii, di interessi anche, poichè i suoi proprii giudica legati, dipendenti dallo sviluppo e dalle fortune degli interessi dei proprii padroni, iquali diventano per tal modo la provvidenza che dà il lavoro, il salario, il pane, la vita per sè e per i figli ; e del lavoro, della vita e della sicurezza è riconoscente al padrone che v’è e benedette le istituzioni, le leggi, i gendarmi che lo difendono e lo proteggono.

In altre parole mentre l’anarchico con una diagnosi acuta, rigorasa, positiva, affonda il bisturì a recidere la causa prima del malessere sociale — pur non nascondendosi le difficoltà, la lunga e pnosa durata della cura — la grande massa rimane empirica, non discute la proprietà, meno ancora la nega ; vorrebbe solanto che fosse mento esosa; non disconosce il padrone, esige solanto che sia più buono ; non ripudia lo stato, la legge, i tribunali, i gendarmi, i birri vuole soltanto lo stato paterno, le leggi eque, i tribunali giusti, i gendarmi ed i birri più umani.

Noi non facciamo questione di proprietà esosa o meno, di padroni buoni od usurai, di stato paterno od iniquo, di leggi eque od ingiuste, di tribunali imparziali od addomesticati, di gendarmi o di birri caritatevoli o bestiali ; noi facciamo questione di proprietà, di stato, di padrone, di governo, di leggi e di tribunali, di gendarmi e di birri e non ne vogliamo di alcuna specie; ed inseguiamo con fervore, con tenacia, con fede una società che sia con tali mostri incompatibile ; e, nell’attesa, ne contestiamo e contrastiamo, con tutti i mezzi a nostra disposizione — e la protesta scontiamo spesse volte col sacrificio della libertà, della quiete, degli affetti più cari per lunghi anni o per smpre — la funzione arbitraria ed atroce.

Voi vedete che si battono vie diverse, e che il potersi incontrare è difficile.

* * *

    Ma le organizzazioni operaie intanto sono un fatto, esistonon; e pel fatto stesso che col loro conservatorismo podagroso e cieco costiltuiscono un ostacolo, molte volte un pericolo, esse sono degne della nostra considerazione e premura.

Se noi ci troviamo difronte ad un bambino che ignora, di fronte ad una donna che crede, ad un ottuso che non vede, che non vuole vedere, noi non rispondiamo all’immaturità dell’uno, all’ingenuità dell’altro, alla cecità del più grande numero coll’irrisione e col disprezzo.

Noi ci chiniamo su tutti coneguale affetto, noi li assistiamo colla cura più vigile e coll’interesse più vivo, perchè noi siamo orgogliosi di scovrire, sotta la ganga ruvida ed aspra, il lucido metallo che essa avvolge e nasconde, e fare del troglodita un utile valore individuale e sociale ; perchè noi sappiamo sovratutto quanto grave sia il compito che ci siamo assunti per trascurare qualsiasi forza che al trionfo del nostro ideale si possa coscrivere e convergere ; e perchè sappiamo infine che la nostra libertà, la nostra sicurezza, il nostro benessere individuale sarebbero, anche nella società egualitaria, problematici ed effimeri, ove non trovassero fondamento e guarantigia nella libertà e nel benessere di quanti ci sono intorno ; e se libertà è conoscenza, se benessere è solidarietaà, l’opera di educazione da assolversi fra il proletariato, che esso sia organizzato o meno, appare non soltanto un bisogno imperioso, ma di urgenza improrogabile.

— Ed allora entrerete nelle organizzazioni? Perchè lo stare di fuori vi precluderebbe ogni possibilità d’influenza e d’azione.

— Sicuro ! entreremo nelle organizzazioni operaie ove l’utilità della battaglia ce ne persuada, sempre che sia possibile, con impegni e riserve ben definite.

Primo impegno: anarchici fuori dell’organizzazione, noi rimarremo anarchici allora quando entreremo a farne parte ; prima riserva : non saremo mai parte degli organismi direttivi. All’opposizione constantemente, non assumeremo mai alcuna responsabilità nel governo di essa.

In ossequio ad un criterio di elemetare coerenza.

Fermo e pacifico restando che le organizzazioni opraie, siano quelle del conservatorismo papaverico quelle rosse dei sindacati così detti rivoluzionarii — riconosciuto e conentito l’attuale stato economico in tutte le sue manifestazioni, in tutti i suoi rapporti, si limitano ad esigere migioramenti immediati : aumenti di salario, diminuzioni di orario, pensioni per la vecchiaia, indennità per la disoccupazione, assicurazione contro gli infortuni, leggi protettive del lavoro delle donne o dei fanciulli, ispettorati delle fabbriche ecc. ecc… è chiaro che nessun anarchico può assumersi di tali aspirazioni e provvedimenti il patrocinio ; e poichè essi sono la base fondamentale, il fine per cui la organizzazione si è costituita ; e poichè egli sa che ogni conquista di tali migioramenti è fallace ed inconsistente, poichè nella sua qualitaà di consumatore l’operaio sconterà ad usura, coll’aumento del prezzo del pane, delle pigioni, degli abiti, di tutto il costo della vita, le migliorie che nella sua qualità di produttore avrà riscosse, così nessun compagno nostro potrà, senza rinnegare tutte le sue convinzioni anarchiche e rivoluzionarie, senza mettersi alla coda delle folle riformiste di cui egli pretende essere l’avamposto, assumere il governo dell’associazione, nè altra carica che implichi una solidarietà qualsiasi col programma che essa affaccia, coll’azione ch’essa svogle.

All’opposizione colla vigilanza fervida e colla critica inesorabile costantemente, mostrando la vanità della mèta, l’inatità degli sforzi, il disinganno dei risultati, senza concedere una tregua ed accennando, in confronto, all’emancipazione sostanziale ed integrale che per altre vie, con altro animo, coan altri mezzi si potrebbe attingere senza more ne sforzi soverchi.

L’esito di tutte le agitazioni, di tutte le lotte dell’organizzazione verrebbe a confermare l’acume e l’equità della critica nostra ; e se non è speranza agevole e prossima che l’organizzazione segua la via da noi tracciata, è tuttavia da credere che i più vigili, i più intelligenti, i più spreguidicati dei suoi adepti s’avvicinerebbero a noi ; e sarebbero il nucleo che domani, in una agitazione qualsiasi, alle prime avvisaglie si butterebbe nella lotta a corpo perduto, trascinando seco con ogni probabilità anche gli altri, superata la tutela, infranto il dominio dei mali pastori.

— Se entrate nelle organizzazioni con tali propositi e ad essi contate di rimanere fedeli, sarete imbavagliati alla prima eresia, e cacciati al primo scandalo come…agenti provacatori. E’ cosa che anche recentemente avete avuto campo di constatare (1).

Per questo i compagni che si assumono tale arduo impegno, devono avere ad assolverlo tali attitudini che ad essi consentano di accaparrarsi colla serietà, colla coerenza, con parecchia abnegazione e con molta pazienza, simpatia prima, in seguito la stima, da ultimo la fiducia della migliore parte degli organizzati : in prima linea, dovunque sia un rischio, ultimi sempre dove una ambizione od un beneficio lusinghino ; dissidenti acerbi ove s’affaciano transazioni e compressi incompatibili colla nostra fede e colla nostra dignità di lavoratori e di rivoluzionarii.

E se non vi arrivino, se avranno dovuto fare il sacco prima, non avranno poi troppo a dolersi: avranno butato il buon seme dell’indipendenza, della coscienza e del coraggio; la loro opera sarà ricordata, rievocata ogni volta che la delusione chiuderà di squallori e di dolori rinovati la lotta dura e vana ; ogni qualvolta le sorti della battaglia volgeranno a disastro perchè sarà mancata l’audacia o l’abnegazione di cui essi avranno dato sempre esempio costante.

La simpatia e la fiducia che vanno, oltre la persona, all’azione ed all’idea che la ispira e la sorregge; la simpatia e la fiducia nell’azione rivoluzionaria e nell’ideale anarchico, simpatia e fiducia che finiranno per mutarsi in cooperazione ardente e continua, non è tutto quello che noi possiamo chiedere alla nostra modesta ed ardua opera di apostolato, di educazione, e di rinnovazione?

Non abbiamo alcuna pretesa dogmatica; esprimiamo intorno ad una questione controversa il nostro modestissimo pensiero, colla coscinza tuttavia che essa riscuote l’assenso di un considerevole numero dicompagni; e l’abbiamo espresso colla consueta schiettezza « per ver dire, non per odio altrui, nè per disprezzo ».

LUIGI GALLEANI.

(1) Si allude ad unuo scipero di lavoranti in granito a Barre, (nello stato del Vermont) in cui gli operai italiani — nella grande maggioranza sovversivi — avevano assunto una preponderanza così energica, che prima ancora d’impensierire i padroni avevan spauriti i fratacchioni dell’American Federation of Labor. E siccome questa era in assise per la riforma della costituzione, un emendamento fu introdotto ed adottato, in forza, del quale nelle assemblee delle sezioni non si poteva parlare che in inglese.

L’emendamento è rimasto lettera morta dove gli stranieri si sono saputi imporre, impedendo ai capoccioni di lingua inglese di parlare se agli organizzati delle altre nazioni non fosse concesso di usare rispettivamente della loro propria lingua.

(Organizzazione e Anarchia di E.Malatesta, M. Nettlau e L. Galleani,

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