alcuni Comunicati NO EXPO

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Milano – Perquisizioni, denunce e un arresto nelle operazioni preventive contro il 1° maggio No Expo

In attesa di eventuali contributi dalle realtà coinvolte, riportiamo quanto diffuso dai media di regime rispetto alle azioni repressive e preventive messe in campo per contrastare la manifestazione del 1° maggio No Expo a Milano.

Martedì 28 aprile, un compagno tedesco è stato fermato e tratto in arresto con l’accusa di stare trasportando materiale atto alla fabbricazione di bottiglie molotov; domani pomeriggio dovrebbe tenersi l’udienza di convalida.

Mercoledì 29 aprile, la Digos ha fatto irruzione in alcuni spazi e appartamenti occupati in zona Giambellino-Lorenteggio, sequestrando maschere antigas, petardi e altro materiale da corteo; nel corso dell’operazione 12 occupanti sono stati denunciati per invasione di edificio.

Come sempre brillanti e calzanti i commenti di Alfano: “nessun paese è a rischio zero (aveva ancora inserito il dischetto sull’ISIL), ma queste operazioni fanno chiaramente capire che lo Stato è più forte di chi lo vuole contrastare”, riportando la questione sul mero piano muscolare… l’unico che riescono a esibire senza troppo imbarazzo.

Seguiranno aggiornamenti e invitiamo a inviarci contributi in merito.

http://informa-azione.info/milano_perquisizioni_denunce_e_un_arresto_nelle_operazioni_preventive_contro_il_1%C2%B0_maggio_no_expo

 

NoExpo | 1° maggio – Nessuna convivenza pacifica con gli sfruttatori [risposta “Antispecismo in evoluzione” | AGGIORNAMENTI]

NESSUNA CONVIVENZA PACIFICA CON GLI SFRUTTATORI!

A proposito del comunicato “Antispecismo in evoluzione” di Earth Riot e altre realtà antispeciste sul corteo NoExpo del primo maggio a Milano

Il 22 aprile 2015 il gruppo antispecista Earth Riot ha pubblicato sul proprio blog un comunicato intitolato “Antispecismo in evoluzione” a proposito del corteo NoExpo che si svolgerà il primo maggio a Milano.

Come individualità che lottano per la liberazione animale, umana e della terra da una prospettiva anarchica non possiamo lasciare che posizioni come quelle espresse nel comunicato in questione passino inosservate e senza nessuna critica.

Nel testo diffuso da Earth Riot, e sottoscritto da altre realtà animaliste/⁠antispeciste, ci sono parecchi punti con i quali ci troviamo in totale disaccordo e ai quali vorremmo controbattere brevemente.

Come spesso accade nella retorica pacifista, nel comunicato vengono equiparati due piani di violenza in realtà opposti, ossia viene fatto un parallelo tra la violenza strutturale del sistema e la violenza rivoluzionaria usata per resistere e attaccare il sistema stesso ed i suoi complici. In questo modo le distinzioni tra oppressore e oppressx e sfruttatore e sfruttatx vengono confuse, e la violenza assume un significato pericolosamente equivocabile che non tiene in considerazione le condizioni e le forme nelle quali essa si manifesta.

Vi è una differenza abissale tra la violenza sulla quale la civilizzazione, il capitalismo e l’eteropatriarcato si reggono e si fondano, e la violenza perpetrata da chi queste strutture le vuole vedere ridotte in macerie, che è quindi una violenza perfettamente legittima. Esperienze di lotte rivoluzionarie passate e presenti ci insegnano che la nonviolenza é il privilegio di pochx, e che quando il sistema oltrepassa un certo limite l’unica risposta per sopravvivere e per ottenere dei risultati è l’azione violenta, che a seconda dei casi può esprimersi in forme diverse.

Accusare quindi chi usa violenza di fare il gioco del sistema ci sembra un insulto a tutte quelle persone che, dentro e fuori le mura di ogni tipo di prigione, lottano contro il dominio con qualsiasi mezzo necessario mettendo a rischio la loro stessa libertà.

Questa logica del pacifismo ad ogni costo porta chi ha scritto il comunicato ad affermare che qualsiasi tipo di azione violenta, fisica e verbale, ridurrebbe chi la compie “alla pari dei mostri che tentiamo di combattere”. Tralasciando il fatto che di norma é proprio il potere ad usare questo tipo di terminologia per descrivere sia i/⁠le suoi/⁠e nemici/⁠che che tutte le categorie di oppressx come “mostrx”,”incivili”,
“terroristx”, “animali”, “sub-⁠umani”, e per screditare ogni lotta di resistenza, non possiamo accettare questa posizione elitaria ed autoritaria che considera la non-⁠violenza come unica forma di lotta legittima, sminuendo e squalificando tutti gli altri modi di agire.
L’attacco alle strutture del dominio e alle sue innumerevoli manifestazioni non é solamente “uno sfogo dell’ego” ma anche una tattica legittima al pari di altre che non delegano alle istituzioni eventuali “soluzioni” di riforma del sistema.

Dal comunicato in questione emerge inoltre che la scelta dell’attivismo nonviolento deriva anche da una preoccupazione rispetto a quanto possono scrivere i media, o a cosa può pensare l’opinione pubblica. Chiunque sia almeno in parte critico nei confronti di questo sistema non può che rendersi conto di come sia a dir poco ingenuo usare come metro di
valutazione delle proprie azioni ed efficacia ciò che dicono i media, asserviti agli stessi poteri che contemporaneamente si intende attaccare.

A creare divisioni tra manifestanti (o attivistx, antispecistx, ecc.) “buoni/⁠e” e “cattivi/⁠e” e a parlare di “infiltrati” nei cortei ci pensano infatti già i giornalisti e le questure, ed é proprio su questi discorsi che lo stato poi fa leva quando deve colpire dei movimenti, dei collettivi o delle individualità in lotta. Avallare questo tipo di discorsi e dissociarsi preventivamente da eventuali azioni che possano essere messe in atto durante un corteo significa quindi fare il gioco del potere e generare i presupposti per pratiche come la delazione.

Nella pratica: come dovrebbe comportarsi -⁠ secondo i gruppi antispecisti che hanno sottoscritto questo comunicato -⁠ “l’attivista antispecista
responsabile” durante un corteo? Munirsi di smartphone e riprendere chi fa scritte o danneggiamenti? Interporsi fisicamente tra chi sta spaccando delle vetrine? Agevolare la polizia per permettergli di effettuare degli arresti? O comunque, pur non arrivando alla delazione, delegittimare in un successivo momento chi compie questi atti?

E infine: cosa ne pensano i firmatari di questo comunicato di azioni ritenute “violente” come il sabotaggio e le liberazioni di animali, da sempre parte della storia e delle pratiche dei movimenti di liberazione animale e della terra? Tagliare le reti e distruggere le gabbie di animali imprigionati, dare fuoco a un macello o a un centro di ricerca
sono quindi atti da condannare e da cui dissociarsi?

Distruggere la vetrina di una macelleria o di una banca è un modo diretto di ribellarsi ad un’oppressione attaccando gli strumenti del suo dominio. Non deleghiamo né elemosiniamo niente a chi è interessato solo a proteggere i propri profitti, non ci può essere nessuna “convivenza pacifica” con chi mantiene la struttura gerarchica e capitalista che aliena le nostre vite e che sfrutta, devasta e uccide.

_Individualità per la liberazione animale, umana e della terra_

Milano, 29 aprile 2015


Segue la replica di Earth Riot:

Giudicare, sentenziare, condannare: ultimamente è una prassi comune, purtroppo, nell’ambiente antispecista.

Il dialogo viene spesso ridotto allo zero e chi non si trova d’accordo su riflessioni, idee o posizioni di altre realtà preferisce partire all’attacco con diffamazioni e calunnie, senza prendersi la briga di interpellare prima i diretti interessati, o almeno prendersi la responsabilità e avere il buon gusto di firmare i comunicati elargiti.

In questo caso ci stiamo riferendo a una vile mail ricevuta da ignot* in merito al comunicato “Antispecismo in evoluzione” da noi redatto qualche tempo fa, e sottoscritto da altre realtà antispeciste: Antispecisti Pratesi, AANIMO, Agripunk, Antispecis* Libertar* Ferrara, Basta Delfinari.

Intanto, per chi si diverte a puntare il dito in continuazione, vogliamo fare una precisazione che a nostro avviso è totalmente inutile, ma evidentemente c’è qualcun* nell’ambiente che parte prevenuto e ha bisogno di varie sottolineature per mettersi l’anima in pace: antispecismo=antifascismo, chi non dà per scontato questo semplice concetto forse non ha ben chiaro cosa sia l’antispecismo.

Ma, tornando alla mail ricevuta da parte di ignot*, è chiaro che c’è molta confusione, almeno in chi ha scritto, sulla differenza piuttosto marcata tra pacifismo e concetto di nonviolenza.

Tra l’altro noi non ci siamo mai definiti pacifisti, se le polemiche ricevute sono inerenti al nostro, chiamiamolo, secondo nome (Convivenza Pacifica), avrebbero potuto interpellarci prima di sparare a zero e gli avremmo così potuto spiegare che cosa intendiamo con quella sigla, estensione del nostro nome che è anche un gioco di parole.

Convivenza Pacifica non è altro che l’obiettivo da raggiungere, quello che ci prefiggiamo attraverso le lotte che conduciamo, ovvero l’idea che un giorno ogni specie possa convivere in libertà, cancellando ogni tipo di diversità dettata dall’ignoranza, dal profitto o da assurde gerarchie.

Il concetto di nonviolenza non ha nulla a che vedere con il pacifismo, è una modalità d’azione, di espressione, di comunicazione che non vuole escludere le altre modalità di lotta, ma semmai integrarle, fornendo una nuova visione di attivismo, ma che non si è mai permesso di condannare le altre.

E anche su questo aspetto siamo nuovamente costretti a dare spiegazioni in riferimento ai giudizi ricevuti, ma senza che nessun* abbia interpellato personalmente e direttamente le realtà interessate.

Earth Riot, ma ci sentiamo di parlare anche a nome delle altre realtà firmatarie del comunicato, non si è mai dichiarata contraria a liberazioni, sabotaggi, danneggiamenti, non abbiamo mai condannato queste azioni e mai lo faremo, sempre che tali azioni non ledano la vita di terzi.

Infatti le liberazioni, i sabotaggi, i danneggiamenti non sono classificabili come atti di violenza, ma semmai come nonviolenza attiva atta a minare le fondamenta di chi lucra sfruttando animali umani, non umani, o il Pianeta stesso.

Queste azioni diventano violente solo nel caso di ferimento o decesso di terzi, perché non è seminando morte che si otterrà il cambiamento auspicato.

Per quanto riguarda poi l’ignobile accusa che ci è stata fatta di essere delatori delle istituzioni e delle autorità, ci pare veramente inutile dare una risposta ad una calunnia talmente squallida, elargita senza alcuna ragione da chi, ripetiamo, non si è neanche preso la briga di conoscere meglio le realtà che hanno sottoscritto il comunicato, sputandogli addosso le proprie vili sentenze.

A detta di chi ci ha scritto tale mail, ogni persona che al corteo #noexpo dovesse mai permettersi di fare una fotografia potrebbe essere etichettata come “delatore di istituzioni e autorità”.

Ieri sera, quando abbiamo ricevuto la mail in questione, avevamo deciso di non fornire una nostra replica fino a dopo il corteo del 1° maggio, non ci sembrava giusto alimentare polemiche alla vigilia di un evento così importante, come ci pare poco intelligente disperdere energie, tempo e attenzione su quello che conta davvero: contribuire ad una manifestazione comunicativa, che possa fornire alle persone le informazioni necessarie allo scopo di aprire gli occhi e compiere nuove riflessioni.

Al cospetto però di tali calunnie che diffamano l’impegno, il sacrificio e il lavoro svolto ogni giorno da persone che dedicano la propria vita a perseguire la liberazione umana, animale e della Terra, non potevamo aspettare passivamente senza rispedire al mittente ogni malignità espressa non solo nei nostri confronti, ma verso realtà a noi affini e di riflesso a tutte quelle persone che sostengono e diffondono il lavoro e il pensiero che portiamo avanti.

A chi ci ha scritto questa mail vogliamo solo dire che se ancora non vi fosse chiaro il concetto di nonviolenza, il fatto appena accaduto dovrebbe aiutarvi a capire che cosa intendiamo, perché la vostra mail non è altro che un atto di violenza morale e comunicativa.

Detto questo, ora vogliamo concentrarci unicamente sul corteo #noexpo di domani, rilanciando la nostra partecipazione, lasciando le polemiche e le diffamazioni a chi ha il privilegio di poter perdere tempo in questo modo.

Domani non c’è spazio per le discussioni e le chiacchiere, domani si lotta, per qualcosa che è più grande di chiunque di noi: quegli ideali di uguaglianza e libertà che tanto ci stanno a cuore.


Segue risposta alla replica di Earth Riot:

Ciao,
sono uno dei firmatari del comunicato di risposta al vostro “Antispecismo in evoluzione”.
Ho letto le vostre risposte e noto con dispiacere che non avete fatto la benchè minima autocritica e continuate a difendere un comunicato indifendibile. Con boria e arroganza sostenete che sarebbero stati tutti quelli che vi hanno risposto (circa 10 persone) ad avere “frainteso” il testo anziché voi ad avere espresso decisamente male quello che volevate dire. Le vostre risposte poi sono in totale contraddizione rispetto a quanto dite nel comunicato, per cui mi sembrate un po’ confusi, ma non voglio ripetermi quindi vi attacco sotto la risposta che avevo già inviato ad Antispecisti Pratesi in cui evidenzio tutte le contraddizioni e incoerenze nel vostro discorso*.
Per gran parte delle vostre risposte vi attaccate a questioni secondarie (tipo la firma, ecc.) a cui comunque voglio rispondere più avanti, ma non prima di avere ribadito il punto fondamentale, che per me è questo: anche se avete chiarito il vostro concetto di violenza e nonviolenza (decisamente soggettivo, direi, e in contraddizione con quanto scrivete nel comunicato – in cui parlate di vetrine spaccate), il vostro rimane – a mio avviso – un comunicato di merda, ovvero una DISSOCIAZIONE da eventuali AZIONI VIOLENTE compiute da INFILTRATI durante questo o altri cortei. Tipico linguaggio giornalistico o sbirresco, che crea differenziazioni tra “buoni” e “cattivi” e non fa altro che comodo al potere… di certo non alla lotta. Questo è a mio parere il punto fondamentale della critica, su cui avete allegramente sorvolato.
Due parole poi sulla vostra concezione della violenza. C’è chi di voi si dissocia da azioni “violente” contro oggetti inanimati che non siano obiettivi mirati (quindi la violenza non è solo riferibile a esseri viventi?): faccio fatica a capire questo rispetto per oggetti inanimati, proprietà privata e arredo urbano vario – cassonetti della spazzatura, pensiline dell’autobus, auto private – che mi sembra frutto di una mentalità da bravo cittadino di classe media. Per quanto riguarda la violenza contro esseri senzienti, mi sembra dogmatico e idealista escluderla a priori in ogni situazione, è un atteggiamento distante dalla realtà. Faccio due esempi di attualità: il pacifico popolo curdo avrebbe dovuto resistere all’avanzata dell’Isis con la nonviolenza, oppure hanno fatto bene ad imbracciare le armi e combattere/resistere anche uccidendoli? Non sarebbero forse statx tuttx stupratx, rapitx, schiavizzatx, torturatx, sterminatx se non avessero reagito anche loro con la violenza? E poi, chi ha gambizzato con un colpo di pistola un noto ingegnere del nucleare, ha fatto qualcosa di anche solo paragonabile alle migliaia di morti provocati da quest’uomo con le centrali nucleari che ha costruito?

Queste per me sono le questioni fondamentali, la dissociazione e la concezione dogmatica della violenza, il resto mi sembrano questioni secondarie che però occupano gran parte delle vostre risposte:
-la firma. Come abbiamo già spiegato ai pratesi, non volevamo restare anonimi, semplicemente non siamo un gruppo e quindi ci siamo firmati come individualità, alcuni di noi sono parte del gruppo La Lepre, altri no. Non vedo cosa cambi, in ogni caso, visto che tanto non ci conosciamo.
-dibattiti via internet e comunicati. C’è poco da lamentarsi che vi si venga risposto via comunicato pubblico e che i dibattiti si svolgano su internet, anche noi deploriamo queste cose e preferiremmo un confronto faccia a faccia, ma visto che voi per primi avete pubblicato un comunicato del genere su internet è troppo facile poi lamentarsi se ricevete una risposta (anch’essa pubblica).
-scadete nel vittimismo e cercate di ribaltare la frittata (di ceci) accusando noi di avervi diffamato, calunniato, di avervi dato dei delatori ecc. Rileggete bene il nostro testo. Non vi accusiamo di nulla, vi poniamo delle domande (provocatorie, certo) che chiedono conto di come, nella pratica, intendete declinare questa vostra opposizione ad azioni violente durante i cortei, a parte scrivere un comunicato. Visto che si presume una coerenza tra teoria e prassi, immagino che se avete di questi principi siate disposti a difenderli anche nella pratica, quindi vi chiedevamo come questo si declinasse: facendo foto, impedendo le azioni, ecc.? Tra le possibilità vi è anche la delazione, non vedo perchè escluderla visto che non vi conosciamo e altri gruppi politici (disobbedienti, autonomi ecc.) la mettono in pratica spesso in cortei e altre occasioni. Ripeto, non si trattava di accuse, ma di domande, a cui tra l’altro avete evitato di rispondere. Come si traduce nella pratica questa vostra dissociazione da azioni da voi ritenute violente? Allo stesso modo, erano domande anche quelle che chiedevano cosa ne pensate di azioni dirette per la liberazione animale, sabotaggi, ecc.
-non vedo cosa c’entri ribadire il fatto che siete antifascisti, antisessisti, antirazzisti, anti-omofobia. quante cose importanti fate per l’attivismo ecc. Anche noi portiamo avanti queste cose ma non c’entra niente con le questioni di cui stiamo parlando.

Immagino che il corteo di ieri non vi sia piaciuto, personalmente penso che dopo anni di “informazione pulita” su Expo era anche ora di incazzarsi un po’ – sicuramente è passata in maniera chiara l’informazione che c’è gente che si oppone fermamente ad Expo… Poi i giornali scrivono come al solito le loro merdate e questo non stupisce.

Spero di non avere dimenticato nulla, per me possiamo anche chiudere qui e ognunx riflettere per conto suo, ma ovviamente sono anche aperto a ulteriori confronti.

Ciao

A.

http://informa-azione.info/noexpo_1%C2%B0_maggio_nessuna_convivenza_pacifica_con_gli_sfruttatori_in_risposta_a_quotantispecismo_in_evoluzionequot

 

Milano – Ancora sgomberi, arresti e fermi in vista del 1° maggio No Expo

da Radio Onda d’Urto

Ancora operazioni repressive a Milano in vista delle grande manifestazione NO EXPO di domani. Nel primo pomeriggio le forze dell’ordine si sono presentate in forze con diversi blindate nella zona Prealpi a Nord del capoluogo lombardo, per sgomberare case occupate e alcuni spazi sociali: la sede di Radiocane e Mandragola. Ai tentativi di resistenza messi in atto dagli occupanti ci sono state cariche della polizia con diversi fermi. Alcuni attivisti sono stati fermati anche all’interno della sede di Radiocane, tra loro Giuliano che siamo riusciti a contattare mentre la polizia scientifica stava effettuando la perquisizione

Ascolta il contributo

Secondo il legal Team al momento c’è una persona in stato di arresto, 2 denunciati a piede libero e 9 persone fermate per accertamenti. Abbiamo raggiunto all’esterno della sede di Radiocane nel quartiere Prealpi un solidale che ci racconta cosa è successo a partire dalla tarda mattinata.

Ascolta il contributo

 

Milano – Comunicato su operazioni poliziesche in Giambellino-Lorenteggio in vista del 1° maggio No Expo

Riceviamo e diffondiamo un resoconto delle operazioni poliziesche avvenute in zona Giambellino-Lorenteggio nei giorni scorsi:

28 Aprile
Alle 6 di mattina la digos si presenta alle porte di tre compagni nel quartiere Giambellino-Lorenteggio. Le case vengono perquisite e solo al termine delle operazioni viene annunciato agli abitanti che le case verranno anche sgomberate.
15 compagni francesi e 4 tedeschi (3 dei quali sono stati rilasciati in serata), ospiti nelle case sotto sgombero, vengono portati in questura. Uno dei tedeschi, nella cui macchina (secondo la polizia) era stato rinvenuto un “kit per fabbricare molotov”, viene arrestato.
Nel frattempo anche la Base di Solidarietà Popolare, luogo di ritrovo del Comitato Abitanti Giambellino-Lorenteggio, viene perquisita e poi sgomberata; buona parte dei mobili e degli oggetti trovati all’interno viene distrutta, senza lasciare il tempo di recuperare le cose.
Gli abitanti del quartiere e i compagni riescono, nonostante i blocchi della polizia e la presenza massiccia di blindati, a muoversi in corteo per il quartiere e a bloccare via Lorenteggio per 6 ore. Alle 19 da Piazza Tirana parte un corteo di circa 200 persone che termina con l’occupazione di un nuovo spazio.

29 Aprile
Ancora sveglia alle 6 di mattina: altre 5 case vengono perquisite e 4 di queste anche sgomberate. 2 compagni italiani e 3 tedeschi vengono portati in questura. In serata i due italiani vengono rilasciati con foglio di via; anche i francesi fermati il giorno precedente escono dalla questura.



Segue comunicato diffuso in seguito a fermi, arresti e sgomberi:

Il Giambellino paura non ne ha!

Martedì e mercoledì mattina sono stati sgomberati sette appartamenti e la Base di Solidarietà Popolare, punto di riferimento per la comunità di questo quartiere. In essa si svolgevano varie attività, tra cui le riunioni del Comitato Abitanti, il doposcuola per i bambini, la ridistribuzione di cibo, cene, pranzi, feste e numerosi altri momenti di organizzazione e di condivisione fra abitanti del quartiere.

Il pretesto è un’operazione di “monitoraggio e azione preventiva in vista del corteo del Primo Maggio”. Ufficialmente le case e la Base sono state perquisite alla ricerca di “armi, munizioni o materiali esplodenti”. Ovviamente niente di tutto ciò è stato trovato e la polizia ha dovuto inventarsi delle armi immaginarie. Così una tanica per trasportare benzina trovata all’interno di una macchina – oggetto ordinariamente presente in un qualsiasi veicolo – abbinata a delle bottiglie di succhi di frutta – ancora piene e sigillate – diventa “un kit per fabbricare molotov”! Caschi, attrezzi da giardinaggio, guanti, giubbotti sono cose che si trovano in ogni casa. Solo la fantasia di una polizia impegnata a costruire dei mostri ci può vedere delle “armi atte ad offendere”. Per quanto riguarda le maschere antigas, chiunque abbia partecipato ad una manifestazione in Italia in questi ultimi anni sa benissimo che le forze dell’ordine fanno un uso indiscriminato e sistematico di gas lacrimogeni pericolosi per la salute. Cosa c’è di così strano nel voler partecipare a un corteo senza venire intossicato?

Diverse persone che stavano dormendo in quelle case sono state portate in questura, la polizia ha provato ad allontanare dall’Italia quelli che venivano da altri paesi e un ragazzo – il proprietario della macchina in questione – è stato addirittura arrestato. Ovviamente i giudici non hanno accettato la richiesta di espulsione, per il semplice motivo che nessuno dei fermati aveva compiuto un reato o portava con se alcuna di queste cosiddette “armi”. Tutto ciò che si è potuto leggere sui giornali è pura manipolazione dei fatti funzionale alla costruzione, ancora una volta, di un clima di tensione e di paura alla vigilia del grande corteo del Primo Maggio.

Quelle persone venute da altri paesi erano arrivati in questi giorni in Giambellino per conoscere la realtà del quartiere, raccontare le proprie esperienze di lotta, rafforzare i legami internazionali fra territori resistenti. Presentarli come dei pericolosissimi eversivi serve solo a nascondere la bellissima realtà della solidarietà internazionale che si manifesterà durante le Cinque Giornate attorno al corteo contro l’inaugurazione di Expo 2015, con la presenza di delegazioni di vari paesi europei.

Oltre alle perquisizioni e ai fermi, sono anche stati effettuati degli sgomberi. Una delle attività del Comitato Abitanti è la difesa delle case occupate e di quelle sotto sfratto. Gli appartamenti sgomberati facevano parte delle 9000 case popolari riscaldate e lasciate vuote da anni da ALER e MM. È palese che la funzione di queste due aziende non è la risoluzione dell’emergenza abitativa ma la svendita del patrimonio immobiliare in chiave speculativa e di risanamento del debito accumulato in anni di gestione mafiosa.

L’occupazione delle case sfitte è non solo un gesto legittimo per rispondere ad un bisogno immediato ma anche un atto di resistenza e di costruzione di un altro approccio alla questione dell’abitare. Ogni casa occupata è una risorsa in più, un pezzo di quartiere strappato al privato e restituito all’uso comune. Questa pratica, insieme a tutte le altre attività del Comitato Abitanti, si colloca all’interno di una lotta contro la cosiddetta “riqualificazione” del quartiere, che consiste nell’abbattere le case, mandare via gli abitanti – occupanti come assegnatari – e svendere i terreni ai colossi dell’immobiliare.

Lo scopo di tutta questa operazione è di spaventare il quartiere. Più numerosi e gioiosi saremo al corteo del Primo Maggio, più dimostreremo che tutti uniti non abbiamo paura.
È stata aperta una nuova Base in via Manzano, dove nei prossimi giorni si svolgeranno le riunioni del Comitato. Passate a trovarci lì o nelle strade del quartiere.

30/4 In seguito alla campagna mediatica degli ultimi due giorni, volta alla criminalizzazione del comitato e della base di solidarietà popolare, vogliamo dire la nostra.
Chiamiamo allora una conferenza stampa giovedì 30 aprile alle ore 15 in via odazio. Chiunque sappia distinguere una bottiglia di succo di frutta da una molotov è invitato a partecipare.
Il 1° Maggio appuntamento alle 12 al parchetto di via Odazio per andare tutti insieme al corteo che partirà da piazza 24 maggio.

Comitato Abitanti Giambellino-Lorenteggio

http://informa-azione.info/milano_comunicato

 

Radiocane – Milano aspetta Expo: pulizie di primavera

da Radiocane

30 aprile 2015. Nella febbrile attesa dell’expo, torme di poliziotti si aggirano per i quartieri di Milano già designati come luoghi di concentrazione di elementi pericolosi. Il clima è quello di una caccia al tesoro combattuta tra squadriglie di boyscout senza controllo alla festa di San Giorgio, ma si portano via in ostaggio una giovane compagna, Arianna (per scriverle: Arianna Natale, Casa Circondariale di Milano San Vittore, piazza Filangeri 2, 20123 Milano).

Lieti di annunciare che nessuno sgombero ha avuto luogo in piazza Prealpi e dintorni e che, come potete sentire, la voce di Radiocane non è stata zittita.

Ciapa su e porta a ca’.

Ascolta il Contributo

 

Milano | 1° maggio – Contro l’Expo e il capitalismo che lo produce!

CONTRO L’EXPO E IL CAPITALISMO CHE LO PRODUCE!

La manifestazione del 1 maggio a Milano contro l’evento Expo ha dato concretezza al portato storico di questa data e lascia come risultato un’importante giornata di lotta e dei fattori oggettivi su cui è utile riflettere per coglierne gli aspetti positivi, così come i limiti. Rifletterci per essere più forti nella pratica, al passo con la velocità con cui gli eventi si susseguono attorno a noi e preparati all’intensificarsi dello scontro di classe che si prospetta all’orizzonte. Scontro che rimane sempre tra una classe di sfruttatori e una di sfruttati.
Molto è già stato scritto da vari compagni e condividiamo altrettante molte riflessioni. Ci teniamo, però, a porre l’accento su quanto segue.

1. La partecipazione al corteo è stata ampia, variegata e soprattutto caratterizzata dalla presenza di giovani e giovanissimi compagni, spesso tra i promotori o i sostenitori di lotte proletarie e popolari. La partecipazione, inoltre, dimostra che la repressione preventiva dei giorni precedenti non ha funzionato come padroni e questura si auguravano. La repressione non ha scoraggiato la partecipazione di piazza.

2. Forte è stata la radicalità e il conflitto messo in campo dal movimento, tenendo testa, nel possibile, alla celere e al loro copioso uso di gas, difendendosi, contrattaccando e cercando di tutelare il resto del corteo. Si è materializzata una conflittualità in cui ha trovato spazio di espressione anche quel sottoproletariato sfruttato dalla crisi, soprattutto giovanile, che ha esternato la propria rabbia attraverso varie e diverse forme di lotta e azione. Un insieme di pratiche conflittuali che disegnano un malessere popolare e sociale contro le politiche da lacrime e sangue del governo, rappresentante dell’ennesimo e abnorme sperpero di denaro pubblico qual è l’Expo a favore dei profitti della borghesia. Man mano che la crisi capitalistica avanza, la pentola della collera sociale diventa sempre più colma e il 1 maggio milanese è stata un’occasione per farla sfiatare, consci che l’Expo non è solo una fiera ma una delle più grandi  espressioni del sistema dominante contro cui gli oppressi si sono scagliati.

3. La barricata ha sempre e solo due lati e bisogna scegliere dove stare:
o ci si schiera dalla parte di chi lotta, sostenendo tutte le forme che la classe decide di darsi e praticare, o si finisce per allinearsi dalla parte dei padroni e della polizia. Chi oggi, dopo la giornata del 1 maggio, parla delle tute nere infiltrate, dei provocatori che hanno offuscato il corteo pacifico o di criminali devastatori fa il gioco della repressione e lascia spazio alla logica dei buoni e cattivi che divide i movimenti e il conflitto di classe. Un virus che si fa strada nel movimento da trent’anni a questa parte, fin da quando l’uso dilagante della dissociazione iniziò a contribuire al disarmo ideologico e pratico della lotta di classe. Lo stato agli inizi degli anni ’80 usò quest’arma politica per disgregare dall’interno il movimento di classe e rivoluzionario esigendo di prenderne le distanze. Tale logica politicamente dannosa, è stata riassorbita del tutto dal sistema che la usa costantemente per dividere l’unità di classe degli sfruttati. Fino ad arrivare ai giorni nostri in cui tutti si affannano a prendere le distanze anche da un semplice lancio di pietre contro una vetrina simbolo del grande capitale e difendendo implicitamente il lancio dei lacrimogeni al cs, vietati dalle convenzioni di guerra, contro centinaia di persone.

Piaccia o no, la radicalità della piazza si è evidenziata in questo corteo e tenderà a inasprirsi all’aumentare della crisi e dell’immiserimento delle persone. In questo momento, soprattutto con 10 compagne e compagni in galera, è più che mai principale rilanciare l’unità di classe!

4. Importante è stata la presenza di molti lavoratori italiani e immigrati negli spezzoni dei sindacati di base e conflittuali a dimostrazione di come la contraddizione capitale-lavoro sia il nodo principale da cui si diramano tutte le altre contraddizioni di classe del potere dominante. Altrettanto significativo è stato lo spezzone delle lotte sociali che ha raccolto una buona parte dei giovani assieme ai gruppi e alle famiglie che manifestavano per il diritto alla casa, e una consistente presenza dei comitati  No Tav.

5. Dopo il 14 dicembre e il 15 ottobre del 2011 “il ventre della bestia capitalista” è stato colpito ancora una volta e ora i padroni si strappano i capelli invocando il pugno di ferro contro i “violenti”. L’Italia, nonostante Renzi le provi tutte, non è un paese pacificato e la borghesia trema per la protesta della classe sfruttata che non rientra nella propria compatibilità. Non lo dice solo il corteo di Milano ma anche tutte quelle lotte popolari e di classe che da tempo si susseguono per difendere il posto di lavoro, la casa, l’istruzione pubblica o il territorio oppure per cacciare dei fascisti. Pensiamo che i proletari non si siano lamentati troppo delle vetrine in frantumi, sicuramente più preoccupati dal frantumarsi del proprio futuro. Crea più effetti negativi alle masse popolari lo sperpero di denaro pubblico per l’expo che le scritte o le banche distrutte.

6. Lo sfruttamento è europeo, così è stata anche la protesta, i compagni provenienti da altri paesi erano legittimati a esserci. Non solo per la scadenza del 1 maggio ma perché crediamo nella lotta internazionalista e in quel filo rosso che unisce le resistenze dei popoli, da Atene a Francoforte, da Baltimora alle strade di Milano, dalle foreste del Testet ai boschi della Val di Susa.

7. La repressione colpisce da sempre chi lotta fuori dal controllo istituzionale. Probabilmente l’inchiesta per il corteo avrà dei lunghi strascichi e dovranno essere affrontati con la coscienza che la repressione è un aspetto della lotta che andrà rilanciata per farle fronte, preparandosi uniti alla difesa dei compagni arrestati e denunciati, così come al sostegno degli spazi di agibilità politica.

8. Quello che di violento avviene dagli oppressi e dai subalterni non sarà mai paragonabile alla violenza e a allo sfruttamento quotidiano del sistema dominante: guerra imperialista, licenziamenti, precarietà, morti bianche, il Mediterraneo trasformato in un cimitero marino. Cosa sono le vetrine dei simboli del capitalismo rotte a confronto della barbarie che ogni giorno vediamo in giro per il globo? Siamo talmente assuefatti dalla distruzione, sia sociale che umana, che i suoi responsabili ci fanno inorridire solo quando sono colpiti i loro beni materiali e i loro simboli. D’altronde anche questa è coerenza (la loro) visto che coloro che hanno aumentato i profitti escludendo i popoli dall’accesso alla terra,  all’acqua, alle materie prime, alle fonti energetiche e minerali, quelli che si arricchiscono nel controllare l’approvvigionamento del cibo, saranno proclamati eroi che salveranno il mondo dalla fame e dalla carestia nella novella veggente rassicuratrice dell’Expo. All’ipocrisia non c’è mai fine.

Libertà per le compagne e i compagni arrestati!

Solidarietà ai denunciati e agli inquisiti!

Alla violenza degli oppressori rispondere con la violenza degli oppressi!

Possiamo trovarci a Milano così come in Val di Susa ma si parte e si torna sempre insieme!

Assemblea della mensa Marzolo Occupata
Padova 5 maggio 2015

Milano | 1° maggio No Expo – “Un po’ di possibile, altrimenti soffochiamo…”

“Un po’ di possibile, altrimenti soffochiamo…”

Milano, corteo no-⁠expo del 1 maggio.
Benvenuti nel deserto del reale… o meglio, benvenuti nella desertica realtà che viviamo ogni giorno. Qualche tempo fa in giro per l’Europa, e ieri a Milano vi abbiamo fatto assaggiare un po’ di quella devastazione con cui la maggior parte di noi è costretta a convivere ogni giorno. Vi abbiamo fatto vedere un po’ di quella rabbia che molto probabilmente anche molti e molte di voi covano sotto la coltre di una vita da miseria. Vi abbiamo sbattuto in faccia quella guerra in cui siamo ingaggiati ogni giorno nei nostri quartieri e nelle città in cui viviamo. Quella guerra che vi ostinate a non voler vedere, quella guerra nascosta sotto i veli mediatici della pace occidentale, minacciata, a quanto ci dicono, solo dai cataclismi e dai cosiddetti terrorismi…

E ora di nuovo riascolteremo il coro dell’indignazione civica: la violenza degli antagonisti, la cieca follia dei devastatori. Ma siete davvero così rincoglioniti? Fermatevi un secondo e provate a guardare con più attenzione tutto quello che la stampa e la tv hanno prodotto in questi giorni… poi scendete in strada e confrontatelo con quello che vedono i vostri occhi, con quello che sentono le vostre orecchie e la vostra pancia, con la paura che avete di perdere tutto, con quella voglia di farvi gli affari vostri che vi assale perché vi sentite ridotti all’impotenza e pensate che qualsiasi cosa facciate tanto tutto resta uguale. Provate a mettervi in gioco e all’ascolto e forse riuscirete a capire…

Riuscirete a capire che vivete davvero una vita di merda. E che molto spesso dite che non c’è niente da fare. Ma così parlano solo i cadaveri. E forse visto che intorno a voi c’è solo morte parlate proprio come dei vecchi che stanno per morire. E questo è il paese di merda in cui vivete, un paese di vecchi. Vecchio nella mente, vecchio nelle ossa. Qui da noi i “giovani politicizzati” sono più vecchi dei vecchi e la politica è l’abitudine più vecchia di sempre. Ecco perché non ci stupiremo nell’ascoltare, ancora una volta, le litanie di “movimento”: si dirà che giornate come queste possono dividerlo, il “movimento”, che i riot fini a se stessi non sono valorizzabili su un piano politico, e che gli obiettivi colpiti erano casuali e “capisco la banca ma le macchine non bisognava toccarle”… Chi utilizza questi argomenti come critica forse dovrebbe cominciare a chiedersi veramente cosa vogliono dire giornate come queste.

Cominciamo dal “movimento”…quella strana cosa che collega l’impolitico del popolo con il politico dello stato. Quella malattia tutta italiana che spesso affossa e ha affossato la spinta rivoluzionaria. E forse risentiremo anche i suoi teorici avventurarsi in complesse analisi politiche, parlare del ’77, dell’autonomia, diffusa, operaia e stronzate varie. Vi siete mai chiesti perché la figlia di uno dei peggiori partiti comunisti d’Europa abbia fallito così miseramente? Perché la grande spinta rivoluzionaria degli anni ‘70 si sia frammentata in cosi tante sigle e siglette, lasciandoci in eredità tante teorie e troppa rassegnazione? Ecco, questa “internazionale” di compagni e compagne che lottano quotidianamente sui territori, che si incontrano in giro per l’Europa e sulle barricate, vuole sbarazzarsi proprio di tutta questa melma politica. E speriamo dunque che la giornata di Milano metta a tacere anche tutti quegli scazzi che finché restano su questioni di principio e non si misurano con la lotta nelle strade, con il respiro del compagno e della compagna che ti è accanto e rischia con te, fa il gioco di tutti quei politicanti che si nascondono più o meno dietro le loro pre-confezionate identità.

E così, tutti quelli che erano in piazza a Milano, determinati ad abbellire un degradato arredo urbano e pronti a scontrarsi con la polizia (autonomi o anarchici che siano) dovrebbero aver capito di essere in questo momento l’unica forza reale, radicale e dirompente in questo paese di fascisti, infami, delatori e democristiani. E non parliamo delle aree, quelle resteranno sempre separate, ma dei compagni e delle compagne che per l’ennesima volta si sono ritrovati insieme per le strade. E le relazioni, che in questa “internazionale” sono tutto, condensano anni e anni di lotte comuni. Lotte in cui la posta in gioco è la vita, lotte che combattano quel capitalismo che ha devastato e saccheggiato il pianeta e i suoi abitanti umani e non umani.

E così quello che è successo ieri a Milano era davvero l’unica opzione possibile. Di fronte ai salamelecchi dei soliti noti, di fronte alla paura dei soliti gruppetti e di fronte alla clamorosa ed evidente presa per il culo che rappresenta l’expo non si poteva fare diversamente. Anzi non si poteva non fare. Sarebbe disonesto dire che non ci piace infierire su un mondo di vetro e acciaio ma questa volta l’occasione richiedeva proprio una bella spallata distruttiva. E a chi cercherà di dare un significato politico al corteo no expo risponderemo con un ghigno. La verità è che giornate così non possono essere capitalizzate politicamente, non esprimono la rabbia dei precari o della plebe (o come la si voglia chiamare), non esibiscono nessuna potenza, non producono e non vengono da un preciso soggetto politico. Per noi, giornate come queste esprimono solo un possibile, sono, per chi combatte tutti i giorni e in diverse forme una guerra sotterranea al capitalismo, una boccata d’aria fresca.

E chi ci verrà a parlare dei motivi della protesta contro expo diciamo solo una cosa: a noi di expo ce ne frega poco o niente. Dovremmo davvero interessarci ad una pagliacciata di tali dimensioni? Una esposizione universale del nulla, che parla di fame nel mondo, di capitalismo verde dal volto umano? Il corteo no expo era un’occasione, domani sarà un’altra. Ma solo se sapremo o proveremo a ritentare la magia. Perché è vero, anche con tutta l’organizzazione del mondo ci sono troppe varianti impossibili da prevedere e solo insieme, tutti e tutte insieme si può tentare, ogni volta, l’impossibile. Quella magica alchimia di coraggio, determinazione e, perché no, di incoscienza che ci fa sentire vivi. Proprio così, come si leggeva sui muri di Roma il 15 Ottobre 2011, a Milano “abbiamo vissuto”.

E cosi Milano è uguale a Francoforte, alla valle di Susa o alla Zad, le sue strade sono quelle di Barcellona come quelle di Atene o di Istanbul. E i riot inglesi, di Baltimora, di Stoccolma, del mediterraneo risuonano come melodie di una stessa musica. Una musica che dice senza mezzi termini che ci avete stufato. Che non smetteremo di disturbare i vostri sonni pieni di incubi, di sabotare le vostre misere vite piene di fragilissime sicurezze, di rovesciare le vostre paure da cittadino attivo. Siamo tanti e tante, e forse è il caso di iniziare a capire da che parte stare.

E poche cose in questo mondo ci fanno ridere così tanto come la scena di tutti quei cittadini milanesi che scendono in strada per ripulire, o come una ragazza che si fa un selfie con una macchina bruciata… ma ogni epoca ha il suo ridicolo, questo il nostro…
Insomma avete voluto la vostra festa? La vostra bella inaugurazione? Beh…anche noi.
Alla faccia di tutti quelli che si riempiono la bocca di democrazia, infiltrati e violenza. E qui non serve entrare nello specifico. Ancora credete che ci siano gli infiltrati? Ancora credete che questo mondo vada solo sistemato? La democrazia è questa, e prima o poi ci soffocherete dentro.
E chi crede che ce ne sia una migliore è ancora più sognatore di chi invece vuole l’insurrezione.

Ci vediamo sulle prossime barricate…

http://informa-azione.info/milano_1%C2%B0_maggio_no_expo_%E2%80%9Cun_po%E2%80%99_di_possibile_altrimenti_soffochiamo%E2%80%A6%E2%80%9D

 

Milano | 1° maggio No Expo – Informazioni su Lello Valitutti

da crocenera e diffondiamo:

Note a margine del corteo no Expo del 1° maggio a Milano

Uno dei redattori del progetto editoriale di Crocenera, Lello Valitutti, sul finire del corteo No Expo del 1°maggio si è trovato isolato dal resto dei compagni in coda alla manifestazione. Lello ritiene importante far sapere che in quest’occasione due poliziotti in borghese lo hanno avvicinato, colpendolo alla testa e proferendo minacce di morte (… “lo sappiamo chi sei”,  “verremo a trovarti a casa”, “ti  facciamo saltare le cervella”, ecc, ecc) … ed invitando i poliziotti in divisa presenti a fermarlo.. .fatto non avvenuto visto che Lello circola su di un’ingombrante carrozzella  elettrica, cosa che, possiamo immaginare, oltre alle difficoltà logistiche ad effettuare un simile fermo… provocherebbe qualche danno di immagine ai solerti tutori dell’ordine.

Lello, negli innumerevoli anni di lotta anarchica non si è mai fatto intimidire da provocazioni e prevaricazioni sbirresche (a partire dal lontano 1969 a Milano, negli scioperi della fame e nelle carcerazioni subite in Italia per la partecipazione ad Azione Rivoluzionaria, nonché  innumerevoli fermi ed arresti in esperienze di lotta in America Latina) non saranno due guardie in borghese a fermarlo ora.

Lontani da qualsivoglia vittimismo, riteniamo comunque importante far circolare queste notizie ed invitiamo chi abbia notizia di queste, o similari sgradite avances, di inviarcele o comunque farle circolare… foto comprese… che le facce delle merde è meglio memorizzarle subito.

Croce Nera Anarchica, 3 maggio 2015

crocenera.org
croceneranarchica@autistici.orgù

 

Milano | 1° maggio No Expo – “Darei la (tua) vita perche tu possa esprimere la mia idea”

da resistenza animale

Milano, 1 maggio: “Darei la (tua) vita perche tu possa esprimere la mia idea”

Dopo il corteo del 1 maggio a milano i media hanno raccontato i più svariati episodi, quasi tutti finiti sotto il grande cappello delle “violenze”. A noi preme parlare di un “piccolo” squallido episodio che non è finito sotto questo cappello ma che di certo ne era ben più degno. A margine del corteo un giornalista insegue un ragazzo, lo ferma, lo circuisce e, approfittando della sua ingenuità, lo getta in pasto ai mangiacadaveri dei social network e alla gogna mediatica. Il giorno dopo, sotto il pretesto di un’offerta di riparazione, un secondo giornalista finisce di spolparlo senza pietà. Il ragazzo in questione è Mattia, i due rapaci sono Enrico Fedocci di TgCom24 e il terzetto Antonio Nasso – Alberto Marzocchi – Elena Peracchi di Repubblica, la storia è arcinota.

Atto Primo: il Banchetto.

Mattia rivendica a volto scoperto davanti alle telecamere la propria presenza nel blocco nero del corteo. A Fedocci viene già l’acquolina in bocca. Ma non solo: mattia racconta le proprie emozioni nei disordini senza i filtri né le astuzie di chi è uso frequentare gli ambienti politicizzati. Improvvisazione, adrenalina, coinvolgimento diretto, linguaggio schietto e poco filtrato: ecco costruito il mostro. Da adesso in poi sarà più facile irretire il blocco nero in una narrazione a base di ragazzini esaltati, pronti a spaccare tutto senza neanche sapere perchè. Eppure, questi stessi elementi tradiscono l’esistenza di un’altra faccia della medaglia, mediaticamente meno succulenta.

Improvvisazione. Virtualmente, chiunque passi di là per caso può sentirsi coinvolt* e lanciarsi nella mischia: il black bloc forse non è quell’organizzazione paramilitare che prepara le azioni nei propri covi…

Adrenalina. Le vetrine che saltano sono un’irruzione di realtà nello spettacolare quotidiano, l’emozione che provocano è vera, anche se questa realtà dura il tempo necessario ad essere ingurgitata e rivomitata dalle immagini pornografiche dei telegiornali della sera.

Coinvolgimento diretto. Dei corpi, con poco più che stessi, osano “dire la verità al potere”, senza mediazioni, senza infingimenti.

Linguaggio schietto e poco filtrato. È giusto bruciare le banche? Una domanda faziosa che però diventa quasi retorica quando incappa nello stupore di Mattia che dapprima esita, poi svela semplicemente il segreto di pulcinella: tutt* odiano le banche. Il cervello c’entra poco, ma non perchè sia difettoso. È che non ce n’è bisogno, la questione è talmente semplice che basta la pancia per parlare. E perchè no? Perchè il capro espiatorio non può parlare di emozioni, di tutto ciò che ha sentito in quegli attimi di vita? E in effetti il capro espiatorio non è un perfetto capro espiatorio, perchè le sue emozioni, benchè banalizzate e ridicolizzate dall’intervistatore, non sono mai del tutto rappresentabili. Non si possono ricondurre alle categorie rassicuranti dello spettacolo, categorie letteralmente xenofobe: i mostri vengono da fuori, magari dalla Grecia, i mostri vengono dall’alta borghesia viziata, così distante dagli onesti lavoratori contenti di farsi schiavizzare pur di non sembrare dei debosciati; i mostri sono apolitici, perchè altrimenti ragionerebbero in termini di un futuro sufficientemente lontano da fare sbadigliare, di una ragionevolezza paralizzante; i mostri sono professionisti del danneggiamento, a differenza di voi che subite una schiavitù quotidiana con irresponsabile improvvisazione; i mostri sono maschi ed eterosessuali, perchè se fossero femmine o gay vacillerebbero le nostre certezze sulle donne e sui gay. Mattia risponde a questo profilo già tracciato per alcune caratteristiche e per altre no, ma non è questo il punto. Il punto sono le emozioni, e le emozioni arrivano dirette, non di profilo. E chi ha detto che la piazza dev’essere fatta di profili? Di assennati leader, lungimiranti intellettuali, di gente che misura la legittimità di quello che sente sul livello di analisi che sa esprimere. Volete un po’ di analisi? Eccola, se ci tenete. Darvela, in fondo, ci libera un po’ del suo peso. Noi ci teniamo le emozioni di Mattia. Che sono un po’ le nostre.

Eravamo in corteo, e ci siamo emozionat*. Abbiamo visto migliaia di persone insieme, un corteo determinato, un’ondata di odori e colori, di corpi vicini nel riprendersi la città. Abbiamo visto le bandiere no tav e compagn* da tutta europa, abbiamo attraversato lo spezzone antispecista e ci siamo fatt* attraversare dallo spezzone frocio itinerante. Poi è arrivata la pioggia, e un corteo sotto la pioggia non è come sotto il sole. Abbiamo pensato che tutto ciò, insieme alle colonne di fumo che si levavano su milano, stesse rovinando la festa al nostro bravo premier. Come vittoria politica forse è piccola, ma come emozione è grande. E le vetrine delle banche che saltano non sono un’idea, sono un rumore, sono vetri rotti che volano. Sono il corpo del re che è nudo. Ci sono tanti modi di essere espropriati della città, e altrettanti per riprendersela. Ma in qualsiasi modo lo si faccia, riprendersi la città non è un’idea. È riprendersela col corpo, con i sensi. Sentirla ruvida fra le dita. Riprendersi la città o è emozione o non è. Non si vedranno pagine sui social network che incitano a sputarci addosso o a insegnarci l’italiano: noi ce l’abbiamo duro abbastanza per i vostri gusti… Ed è questo che vi diamo in pasto, un po’ di belle parole, il prezzo da pagare per poter dire le stesse semplici cose che ha detto Mattia senza essere oggetti dello stesso linciaggio che è toccato a lui.

Atto Secondo: la Legge del Padre.

Sottoposto alla gogna, a pressioni violentissime, lasciato solo da tutti, Mattia ritratta. A mangiare ciò che resta intorno alle sue ossa c’è già pronto un altro rapace, Nasso-Marzocchi-Peracchi. Un po’ sbirro, un po’ professore, un po’ assistente sociale (e sì, certo, anche un po’ giornalista), invoca subito l’autorità paterna con lo strumento patriarcale per eccellenza: lo schiaffo. Ricordiamoci che Mattia non ha fatto niente, o meglio, ha fatto tutto: ha espresso l’opinione sbagliata al momento sbagliato. E che cosa invocano questi solerti difensori della libertà di opinione quando sentono un’opinione a loro sgradita? Gli schiaffoni. Ricordiamo che sono gli stessi che gridano alle gravi violenze quando vedono una vetrina incrinata. Come si suol dire, “darei la (tua) vita perché tu possa esprimere la mia opinione”. Ancor più che nel primo, nel secondo atto la figura dominante è quella dell’umiliazione. Mattia viene messo contro ai genitori, trattato come un idiota e spinto a mettere in piazza i cazzi suoi (eh già,  qualche parolaccia la diciamo anche noi. Voi mai? Per redimerci domani potremmo lavarci i denti…). L’ultima gentile offerta consiste nel suggerirgli di mettersi in ginocchio sui ceci e ripulire la città per espiare la grave colpa di essersi emozionato. Mentre expo devasta e saccheggia le nostre vite c’è chi si indigna per qualche vetrina infranta e qualche auto in fiamme. Se questa indignazione vi sembra un po’ ipocrita, il banchetto dei social network sul corpo di Mattia vi sembrerà letteralmente osceno. C’è di buono per lui che verrà digerito in fretta e a breve nessuno se ne ricorderà.  La necrofagia da social ha la memoria corta e, se non da domani, al più tardi da dopodomani si ricomincerà ad indignarsi per le ovaie di Angelina Jolie.

Atto Terzo: il Colpo di Spugna.

E che dire di quelle migliaia di persone che ieri hanno sfilato per milano armati di cif e spugne? Loro sapevano perché fossero lì a pulire, da cosa fossero mossi e le implicazioni del loro atto? Quanto ci hanno riflettuto? Più di Mattia? Pare di no (molti dichiarano di non sapere nemmeno dell’esistenza di un movimentro contro expo), ma a chi importa. Erano emozionati? Boh, non ne hanno parlato. Eppure cosa facevano? Un atto estremamente violento. Ci portavano di nuovo via quella città che per un attimo era stata anche nostra, ma non con i sassi, con la violenza di un colpo di spugna. Lavavano via col cif le nostre lacrime e le nostre risa sudice, fino a non farne restare più nulla. Rivestivano il re, cancellavano noi. Ricostruivano la vetrina chiamata milano per riporci ancora tutti dentro, di nuovo esposti e patinati, di nuovo a farci guardare come vestiti senza corpo e senza sudore. E le nostre vite? E le nostre emozioni? Ma sì, che importa, è la nostra immagine che conta.

Resistenza Animale – resistenzanimale.noblogs.org

 

Milano | 1° maggio No Expo – La Federazione Anarchica Milanese prende le distanze dagli scontri [aggiornato]

LA FAI SI DISSOCIA DAGLI SCONTRI DEL 1° MAGGIO

La FAItaliana (in particolare la Federazione Anarchica Milanese) chiaramente si dissocia dagli scontri del 1° maggio a Milano. Ora che la metropoli è di nuovo tranquilla può aiutare gli infami a ripulire le strade e può tornare a sfogliare devotamente il codice penale.

«Volontà politiche, SICURAMENTE AUTORITARIE E PREVARICATRICI, ed in/sofferenze sociali si sono mischiate dando origine ad uno spezzone che ha cercato un suo protagonismo attivistico prima nella contrapposizione con le forze di polizia, poi con quelli che sono stati identificati con i simboli del potere capitalistico. […].
Così, alcune centinaia di manifestanti si sono misurati prima con la polizia che, con un numero spropositato di lacrimogeni urticanti (si dice più di 400) e con l’uso degli idranti, li ha respinti, per rivolgere poi la loro attenzione alle vetrine di banche, negozi di vario tipo, auto, pensiline dei mezzi pubblici, semafori, ecc., mischiando le banche, simboli classici del sistema di sfruttamento capitalistico con attività generiche (un barbiere, un ottico, un ortofrutta…). Insomma TANTO LAVORO PER ASSICURAZIONI […].
Trovandosi al centro del corteo il rischio del coinvolgimento dell’intera manifestazione è stato ovviamente molto alto […] ma se così non è stato è GRAZIE alla determinazione delle componenti iniziali organizzatrici della manifestazione che hanno tenuto fede agli impegni presi assemblearmente […]. Le compagne e i compagni della Federazione Anarchica Milanese»

(http://www.umanitanova.org/2015/05/05/per-uno-sbocco-rivoluzionario-e-libertario-alla-crisi-imposta-da-stato-e-capitale-expo-la-lotta-continua-2/).

Di fronte all’indignazione della società civile (FAItaliana, partiti, ecc.) di fronte alla violenza insurrezionale del 1° maggio, si evidenzia come sia sempre più ridicolo “ragionare”, al ribasso, in termini di accettazione popolare di una pratica piuttosto che di un’altra. È estremamente chiaro da che parte sta ognuno e non si vede perché dovremmo sforzarci di piacere al nostro nemico.

Anarchici


Segue il testo integrale del comunicato della Federazione Anarchica Milanese:

“Devastazione e saccheggio”, parole forti, parole da quindici anni di galera per chi viene beccato con la mazzetta in mano, per chi è stato preso nel mucchio del riot cittadino, nei pressi di una vetrina infranta o di un auto in fiamme o, a posteriori, ne verrà riconosciuta la presenza attraverso analisi fotografiche e video. Chi ci sta lo sa.

A chi devasta territori e ambiente, a chi saccheggia le risorse comuni, a chi ci fa morire di amianto, d’inquinamento, di discariche abusive, a chi ha un altro tipo di “mazzette” in mano, sappiamo bene che lo Stato e i suoi apparati repressivi (polizieschi, giudiziari e carcerari) non riserva altrettanto trattamento. E non potrebbe essere altrimenti: Stato e Capitale, nella loro complice e collusa alleanza, non possono certo “accusarsi e arrestarsi” a vicenda. E anche questo noi lo sappiamo.

A Milano, il Primo maggio, una grande manifestazione di oltre trentamila persone, in maggioranza di giovani, donne e uomini, sia del luogo che provenienti da varie parti del paese e d’Europa, ha animato le vie della città percorrendo, in vario modo, i pochi chilometri di strade ‘concessi’ dalle Autorità locali sotto stretto controllo dei vertici nazionali. L’obiettivo era quello di disvelare il reale significato di quel baraccone fieristico rappresentato da Expo 2015; di denunciare che quanti hanno contribuito al disastro alimentare ed agricolo di paesi e di parti consistenti di interi continenti non possono ora presentarsi come paladini della lotta della fame nel mondo, del rispetto delle biodiversità e della vita e del lavoro di che la terra la lavora; di accusare il sistema di malaffare, di corruzione, di speculazione selvaggia che ha regnato su Expo e che regnerà sulle aree del sito alla conclusione dell’evento; di opporsi ad un modello di sviluppo basato sul lavoro precario, gratuito e sulla pauperizzazione del paese.

Un corteo di meno di quattro chilometri ottenuti a fatica, dopo il divieto, giunto a pochi giorni dalla manifestazione, di passare per il centro città, trasformata in una sorta di zona rossa, una sorta di provocazione in una giornata che è sempre stata simbolo della lotta per la liberazione dalla schiavitù del lavoro salariato, in una città che ha visto negli anni lo svolgimento di grandi e partecipate May Day.

Un corteo composito ed eterogeneo, che raccoglieva il lavoro svolto nel tempo dai comitati No Expo e lo sforzo organizzativo di rappresentare sul campo le diverse anime e sensibilità che sul terreno della lotta a quel modello di società e di sviluppo si muovono. Un corteo costruito assemblearmente dopo diversi mesi di riunioni, di confronti, di decisioni costruite sul consenso e sull’accordo. In testa più di duecento musicisti, appartenenti a bande di vari paesi d’Europa, reduci dalla cena serale d’accoglienza presso la sede della FAI di Milano curata dalla Banda degli Ottoni, a dare un segnale di festa e di calore, a seguire i comitati No Tav, No Muos, No Expo, la rete ‘Genuino clandestino’, quelli di lotta sul territorio e per la casa, il sindacalismo di base della CUB e dell’USB, lo spezzone rosso nero con lo striscione ‘Expropriamo Expo’, dietro cui sfilavano circa duecento compagni e compagne tra FAI, il Circolo anarchico di Via Torricelli 19, l’USI striscione e Iniziativa Libertaria di Pordenone con i loro striscioni, oltre a diverse individualità. A seguire, e a chiudere il corteo, il SI.COBAS, il ‘Sindacato è un’altra cosa’, e infine vari partiti, da Rifondazione al PCL.

Imponente lo schieramento di polizia, con mezzi blindati e reticolazioni semoventi, a chiusura delle varie possibilità d’accesso al centro città; anche se rimane ‘curioso’ il fatto di aver lasciato parcheggiare le auto lungo il percorso del corteo, così come il fatto che siano rimasti al loro posto i cestini per i rifiuti ed altre suppellettili cittadine che generalmente vengono rimosse in previsione di cortei ‘caldi e vivaci’ come ci si aspettava che fosse, soprattutto dopo la campagna mediatica preventivamente criminalizzatrice e le conseguenti perquisizioni e sgomberi delle giornate immediatamente precedenti.

La formazione del corteo è stata lentissima anche perchè si partiva dalla grande piazza di Porta Ticinese per imboccare lo stretto omonimo Corso, ma senza grossi problemi perchè il posizionamento dei vari spezzoni era stata concordato da tempo. Quello che non poteva essere concordato era il posizionamento di quanti, provenienti da fuori Milano e da fuori Italia, non avevano partecipato al percorso organizzativo e che si presumeva si potessero posizionare alla coda del corteo. Nei fatti quello che è successo è che queste realtà si sono posizionate all’interno degli spezzoni a loro più affini, soprattutto nella parte centrale del corteo dove si è evidenziato un comportamento assolutamente refrattario al rispetto degli accordi presi precedentemente. Volontà politiche, sicuramente autoritarie e prevaricatrici, ed in/sofferenze sociali si sono mischiate dando origine ad uno spezzone che ha cercato un suo protagonismo attivistico prima nella contrapposizione con le forze di polizia, poi con quelli che sono stati identificati con i simboli del potere capitalistico. Ma chi cerca di trovare un nesso unico, una regia unica, in quello che è successo sbaglierebbe.

Lasciando alla destra tradizionale e a quella renziana le urla di sdegno e gli editti accusatori, la minaccia di rappresaglie ed i progetti di leggi liberticide, quello che ci interessa mettere a fuoco è come il Primo maggio a Milano si sia messo in scena non tanto una replica di quanto già visto a partire da Seattle in poi, quanto una prima concretizzazione di quello che le politiche di austerità, di impoverimento sociale, di rafforzamento autoritario, di restringimento degli spazi di espressione e di organizzazione, stanno producendo: una espressione, fluida, anche contraddittoria, di un malessere sociale ed esistenziale, che nel conflitto, nelle sue varie forme possibili, cerca uno sbocco.

Così, alcune centinaia di manifestanti si sono misurati prima con la polizia che, con un numero spropositato di lacrimogeni urticanti (si dice più di 400) e con l’uso degli idranti, li ha respinti, per rivolgere poi la loro attenzione alle vetrine di banche, negozi di vario tipo, auto, pensiline dei mezzi pubblici, semafori, ecc., mischiando le banche, simboli classici del sistema di sfruttamento capitalistico con attività generiche (un barbiere, un ottico, un ortofrutta…). Insomma tanto lavoro per assicurazioni ed artigiani mentre Maroni e Pisapia hanno già offerto rimborsi e organizzato manifestazioni: il 2016 con le elezioni della nuova giunta non è poi così lontano.

Trovandosi al centro del corteo il rischio del coinvolgimento dell’intera manifestazione è stato ovviamente molto alto – è stato avanzato anche il sospetto che alcuni all’interno di quello spezzone lavorassero per trasformare tutto il corteo in un terreno di scontro complessivo – ma se così non è stato è grazie alla determinazione delle componenti iniziali organizzatrici della manifestazione che hanno tenuto fede agli impegni presi assemblearmente sia mantenendo le posizioni, sia concludendo il percorso tra i fumi dei lacrimogeni e delle auto incendiate. In questo contesto non si può tacere delle tattiche poliziesche tese da una parte a contenere i danni tra i ‘suoi’ e dall’altra ad evitare che ci fossero delle vittime tra i manifestanti, tali da ‘sporcare’ l’inaugurazione di Expo. Del ‘buon cuore’ ipocrita del Ministro degli Interni non sappiamo che farcene.

Detto questo rimangono sul tappeto alcune considerazioni da fare.

La crisi sta scavando sempre di più nel corpo sociale del paese, le politiche riformistiche non hanno più gambe né fiato né sirene da suonare, la disoccupazione cresce e soprattutto quella giovanile, non c’è uno straccio di politica industriale all’orizzonte, le rappresentanze politiche più o meno tradizionali si sono dissolte, le divaricazioni sociali crescono così come cresce il controllo sociale fino a prefigurare scenari di militarizzazione sociale complessiva, leggi sempre più autoritarie e restrittive sono all’orizzonte sia sul campo degli scioperi dove si vuole imporre un criterio maggioritario alla tedesca, sia nel campo delle manifestazioni di piazza. Non ci vuole molto a capire che, in mancanza di una capacità politica rivoluzionaria in grado di costruire uno sbocco praticabile e condiviso alla situazione che stiamo vivendo e che andrà sempre più aggravandosi, la violenza acefala diventerà l’unica forma di espressione possibile. Esorcizzare quanto è successo non ci aiuta, il moralismo perbenista nemmeno, il settarismo autoreferenziale men che meno. C’è da rimboccarsi le maniche, sempre più e sempre meglio, sulla strada della lotta quotidiana, dell’autorganizzazione, del duro lavoro di costruzione di un movimento libertario che sappia essere agente reale e concreto della trasformazione sociale.

Le compagne e i compagni della Federazione Anarchica Milanese

http://informa-azione.info/milano_1%C2%B0_maggio_no_expo_la_federazione_anarchica_milanese_prende_le_distanze_dagli_scontri

 

Milano | 1° maggio No Expo – Niente è vero, tutto è vero simile

Niente è vero, tutto è verosimile
Ovvero: come non permetteremo a quattro “teppistelli figli di papà” di rovinarci la festa

Il giorno d’apertura di Expo Milano 2015 ci ha insegnato molte cose : la prima è che la narrazione del potere ha raggiunto un livello di penetrazione tale da rimanere, a nostro parere, l’unico linguaggio possibile nelle menti degli uomini in schiavitù. Così, all’indomani di un primo maggio di lotta internazionale, l’unica voce che risuona è quella dei media indignati. La seconda è che quando si supera la linea di demarcazione fra chi il conflitto lo vuole pacificato o al limite simulato (ah, la magia del teatro!) e chi è disposto a giocarsi il tutto per tutto, si rimane isolati dal silenzio. Il silenzio di coloro che, rispetto alla “barbarica violenza” di certi “teppisti”, se ne sono subito tirati fuori, dissociandosi da tutte quelle azioni che non corrispondevano alla loro idea di protesta sempre più simile a un pranzo di gala, o il silenzio di chi, dall’alto della sua coerenza, ritiene ancora una volta che questa violenza fosse “mal indirizzata”, e la conseguente solitudine in cui sono precipitati tutti coloro che venerdì hanno portato avanti un’idea di conflitto preciso, diretto e, se così si può dire in questo mondo di atti ignobili mascherati da belle parole, spietato.
Ciononostante, venerdì scorso a Milano è stata una giornata importante: abbiamo lottato con tutte le forze di cui disponevamo, accolto solidali che non facevano parte necessariamente delle solite avanguardie politiche, espresso il nostro odio dirompente verso lo Stato, i suoi burattini e i suoi burattinai, proprietà e finanza.
La subitanea risposta del potere e dei suoi lacchè, come al solito prevedibile e piuttosto banale, con le sue invocazioni di rappresaglia e repressione (come se questa non ci colpisse ogni singolo giorno) non ci stupisce più di tanto. I giornali, le televisioni, l’informazione in generale non fa altro che amplificare le stronzate cui siamo sottoposti quotidianamente. “Non ci faremo rovinare la festa”, ha sentenziato il bonapartista Renzy da dietro la sua scrivania in legno massello, “da quattro teppistelli figli di papà”. Rispediamo al mittente. Ciò che invece fa più tristezza è la reazione dei figli di questa società, completamente subordinati a una mentalità gregaria e incapaci di comprendere che l’amore per una libertà continuamente repressa si trasforma velocemente nell’odio esplicatosi in tutte le vetrine rotte e le automobili bruciate (da Atene a Baltimora vi sta andando molto peggio, forse a Milano non si ama ancora abbastanza).
Quando non si riesce a capire qualcosa ovviamente se ne ha timore, quindi si comincia a irriderlo, dicendo che quello di venerdì è stato uno “spettacolo desolante” : tenetevi le opinioni che vi si confanno per voi, nessuno qui voleva dar spettacolo, è anzi la vetrina dell’urbe ripulita a nuovo per EXPO, il regno dell’apparenza, a essere solo e unicamente spettacolo, e NOI ne costituiamo i titoli di coda.
Si possono fare molte critiche rispetto alla giornata di venerdì, non pretendiamo sia stata addirittura un successo, ma non spetta ai figli della società spettacolare farcele; coloro che godono della felicità dei propri padroni sono nostri nemici come lo sono i padroni stessi e non abbiamo alcuna intenzione di aprire nessuno scambio dialettico con questi ambigui personaggi. Non ci siamo fatti arrestare dagli sbirri, non ci faremo arrestare dal loro immobilismo.
E mentre gli organi di partito si preoccupano soltanto di operare la solita distinzione tra “buoni” e “cattivi”, mentre il giustizialismo si scatena contro il fantomatico “black bloc con il rolex”, mentre cinque sfortunati vengono ingiustamente detenuti a San Vittore nell’indifferenza generale, il giorno dopo la Milano bene sfila in una nuova marcia per ripulire la città dal passaggio dell’orda demolitrice. Piccolo particolare: per la maggior parte sono giovani, e tutti volontari. Se niente è vero, tutto è verosimile.

NOI – Nuclei di Offensiva Internazionale

 

Radiocane – La denuncia di Lello Valitutti

da Radiocane

Fatto oggetto di un’infame campagna mediatica dopo il primo maggio milanese, abbiamo sentito Lello Valitutti riguardo alle minacce mafiose a lui rivolte da alcuni sgherri in borghese. Una denuncia, una precisazione e un paio di considerazioni.

Ascolta il contributo

 

Milano | 1° maggio No Expo – Sempre complici e solidali: comunicato della Rete Evasioni

da rete-evasioni

Come Rete Evasioni esprimiamo la nostra solidarietà a chi è stat@ colpit@ dalla repressione prima, durante e dopo il corteo del 1° maggio a Milano e siamo pronti/e ad affiancarci a chi intraprenderà un percorso in sostegno delle persone arrestate.

Ciò che ci ha spinto a dare vita alla Rete Evasioni, poco dopo il corteo del 15 ottobre 2011 a Roma, è stata la voglia che questo percorso di solidarietà concreta con chi era colpito dalla repressione, potesse essere da stimolo per i compagni e le compagne di altre città. Nessuna velleità da specialisti quindi, bensì voler essere una parte di tante Reti di solidarietà diffuse nei territori.

In questi ultimi giorni guardiamo con distanza il susseguirsi di comunicati riferiti alla giornata di lotta del 1° maggio a Milano, poiché pensiamo che il confronto assembleare sia sempre preferibile a quello mediatico, pur consapevoli delle difficoltà a cui si va incontro dovute al vivere in posti lontani tra loro.

Ciò nonostante abbiamo deciso di esprimerci in quanto, proprio in questi giorni, stiamo per affrontare l’ennesima e ultima fase del processo di primo grado contro chi era nelle strade di Roma il 15 ottobre 2011.

A nostro avviso le risposte più adeguate agli attacchi repressivi sono date da momenti di lotta.
Tra le proposte quella del 12 maggio a Roma.

Dalle aule di tribunale, invece, ci arriva la certezza (nel caso ne avessimo ancora bisogno) di come la dissociazione agevoli l’isolamento e la punizione contro chi partecipa a manifestazioni conflittuali. Insomma veri e propri “oli lubrificanti” per gli ingranaggi dei sistemi repressivi.
Per noi non si tratta solo di note tecnico-giuridiche quanto piuttosto di scelte politiche.

Concludiamo ricordando che i dispositivi quali il prelievo forzato del DNA, il Daspo e la “flagranza differita” sono da tempo pronti, confezionati e in alcuni casi già applicati, in completa omologazione con i progetti di controllo sociale europeo.
Per cui, considerazioni del tipo “grazie a quello che è successo a Milano, ci sarà un peggioramento dell’accanimento repressivo” sono, a dir poco, pretestuose.

Libertà per tutte e tutti
Il/la “manifestante buono/a” è chi conosce la solidarietà e la pratica nel quotidiano.

Roma, 7 maggio 2015
Le compagne e i compagni della Rete Evasioni