Agli incontrollabili (it/fr)

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Nessun passo indietro:
attacchiamo la maxi-prigione,
i suoi costruttori e i suoi difensori!
Coraggio e determinazione a chi lotta contro il potere e per la libertà!

L’ordine deve regnare: è il motto di ogni potere. Il suo ordine lo conosciamo: i suoi massacri alle frontiere, il suo sfruttamento sul lavoro, il suo terrore nelle carceri, il suo genocidio delle guerre, il suo avvelenamento dei nostri polmoni, la sua devastazione di tutto ciò che è bello e libero, la sua ideologia nelle nostre menti e il suo svilimento dei nostri cuori. E a Bruxelles il potere ha fatto un salto di qualità. Si tratti dei negozi per gli eurocrati o dei nuovi loft per i ricchi, degli sbirri che si moltiplicano come conigli o delle telecamere che spuntano come funghi, dei nuovi centri commerciali o del piano urbanistico per rafforzare il controllo, il messaggio è chiaro; l’ordine deve regnare e i poveri, gli esclusi, i clandestini, i criminali, i ribelli, noi, siamo indesiderabili in questa città, buoni solo ad obbedire e a curvare la schiena o a crepare.
Oggi, uno dei progetti-simbolo del potere a Bruxelles è la costruzione della maxi-prigione, la più grande della storia belga. L’ombra delle sue mura e la disperazione delle sue celle minacceranno tutti coloro che faticano per sopravvivere in questo mondo, che non restano nei ranghi imposti da questo mondo, che si ribellano all’oppressione. Un luogo lugubre per segregare gli indesiderabili, coloro che nuocciono alla marcia radiosa dell’economia e del potere; un luogo che rispecchia tutte le strutture in cui si concretizza la violenza del potere, come i Cie, gli ospedali psichiatrici, i commissariati,… — e perché no, i centri commerciali, le istituzioni, le strade delle città diventate vasti annessi di un’enorme prigione a cielo aperto.
Battersi contro questa maxi-prigione è quindi riprendere gusto alla libertà. Impedirne la costruzione significa colpire il cammino del potere verso più controllo e più sottomissione. Sabotarne la realizzazione è aprire orizzonti di lotta che rompono con la rassegnazione che è la migliore alleata dei potenti. Ma noi non siamo né sciocchi né ingenui. Lottare contro la maxi-prigione equivale a dare battaglia a tutto ciò che rappresenta, una battaglia che non si fa relegare nella legalità, ma che si dota di tutte le armi che considera idonee. È una battaglia che conduciamo noi stessi, in modo autorganizzato e autonomo, senza partiti politici o organizzazioni ufficiali, senza politici eletti o in divenire.
Gli ultimi anni di lotta contro la maxi-prigione hanno visto un percorso disseminato di iniziative di lotta nei quartieri di Bruxelles (lontani dai riflettori dei media e dalla puzza delle istituzioni), di azioni dirette contro i responsabili di questo progetto (imprese di costruzione, architetti, ingegneri, politici, poliziotti, burocrati) e di sabotaggi ad ogni angolo della città e del Belgio. Incontrollabili, perché non conformi ai limiti imposti dal potere democratico, ingestibili, scaturendo dalla libera iniziativa che non obbedisce ad alcuna gerarchia, ingovernabili, nel rifiuto di qualsiasi dialogo col potere al fine di ricreare spazi di vero dialogo libero tra individui in lotta. Tre caratteristiche che non possono essere compatibili con alcun potere, e che per questo hanno il dolce sapore e l’orgoglioso incanto della libertà. Tre caratteristiche capaci di irrompere in tutti i conflitti sociali in corso, ovunque si delinei una linea di demarcazione tra il potere e i suoi oppositori, nella vita di ciascuno e ciascuna.
Tutto ciò va di traverso al potere. Non gli piace che lo si dica, che se ne parli, che si proponga, che si agisca in tal senso. Se solo qualche settimana fa i giornalisti versavano tonnellate di merda sulla lotta contro la maxi-prigione (quindi contro chiunque lotta in modo autorganizzato e autonomo contro il potere), mercoledì 10 giugno 2015 all’alba gli agenti federali sfondavano le porte di quattro abitazioni di compagni e del Passage, il locale di lotta contro la maxi-prigione ad Anderlecht, per perquisire e sequestrare le parole di rivolta che il potere non riesce a tollerare. Una repressione il cui obiettivo è chiaramente cercare di frenare questa lotta che riesce, con la parola e con gli atti, col volantino e col fuoco, con l’azione diretta e con l’attacco, di giorno e di notte, in tanti o in pochi, ad aprirsi un varco. Queste manovre della sbirraglia rispecchiano la repressione che costituisce il quotidiano di tutti gli indesiderabili a Bruxelles e nel mondo intero: dalle torture nei commissariati agli omicidi nelle prigioni, dai rifugiati annegati nel Mediterraneo alle persone esauste e morte di lavoro e asfissiate dalla merce.
Se il potere semina la paura per meglio controllare e regnare, «c’est reculer que d’être stationnaire (*)»: affermiamo allora la gioia di lottare liberamente, la fierezza delle idee che si oppongono alle loro opere morbose e la solidarietà tra coloro che bramano sempre il sogno di un mondo sbarazzato del potere. Continuiamo le ostilità contro tutto ciò che ci soffoca.
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Alcuni contatti:
Le Passage
locale di lotta contro la maxi-prigione
rue Rossini 11 – Anderlecht Bruxelles
(aperto Martedì e Sabato dalle 17 alle 20)
Ricochets
bollettino mensile contro la maxi-prigione
notizie sulla lotta contro le carceri
* un verso della canzone “Le triomphe de l’anarchie” di Charles d’Avray (1878-1960): «stare immobili significa fare un passo indietro».
http://www.finimondo.org/node/1651
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L’ordre doit régner  : c’est la devise de tout pouvoir. Et son ordre, on le connaît : ses massacres aux frontières, son exploitation au travail, sa terreur dans les prisons, son génocide dans les guerres, son empoissonnement dans nos poumons, sa dévastation de tout ce qui est beau et libre, son idéologie dans nos cerveaux et son avilissement dans nos cœurs. Et à Bruxelles, le pouvoir est passé à la vitesse supérieure. Que ce soient les magasins pour les eurocrates ou les nouveaux lofts pour riches, les flics qui se multiplient comme des lapins ou les caméras qui sortent du sol comme des champignons, les nouveaux centres commerciaux ou l’aménagement urbain pour renforcer le contrôle, le message est clair : l’ordre doit régner et les pauvres, les exclus, les sans-papiers, les criminels, les révoltés, nous sommes indésirables dans cette ville, nous ne sommes bons qu’à obéir, qu’à courber le dos ou crever.

Aujourd’hui, un des projets phares du pouvoir à Bruxelles, c’est la construction de la maxi-prison, la plus grande prison de l’histoire belge. L’ombre de ses murs et le désespoir de ses cachots menaceront tous ceux qui galèrent pour survivre dans ce monde, qui ne reste pas dans les rangs qu’impose ce monde, qui se révoltent contre l’oppression. Un endroit lugubre pour mettre à l’écart les indésirables, ceux qui nuisent à la marche rayonnante de l’économie et du pouvoir ; un endroit qui reflète toutes ces bâtisses où se concrétise la violence du pouvoir, comme les centres fermés pour clandestins, les hôpitaux psychiatriques, les commissariats… – et, pourquoi pas, les centres commerciaux, les institutions, les rues des villes devenues des vastes annexes d’une énorme prison à ciel ouvert.

Se battre contre cette maxi-prison, c’est donc reprendre goût à la liberté. Empêcher sa construction, c’est frapper la marche du pouvoir vers toujours plus de contrôle et de soumission. Saboter sa réalisation, c’est ouvrir des horizons de lutte qui rompent avec la résignation qui est la meilleure allié des puissants. Mais nous ne sommes pas dupes ni naïfs. Lutter contre cette maxi-prison, c’est donner bataille à tout ce qu’elle représente, une bataille qui ne se laisse pas cantonner à la légalité, mais se munit de toutes les armes qu’elle juge adéquates. C’est une bataille à mener par nous-mêmes, de façon auto-organisée et autonome, sans partis politiques ou organisations officielles, sans politiciens élus ou en devenir.

Les dernières années de lutte contre cette maxi-prison a été un parcours parsemé d’initiatives de lutte dans les quartiers de Bruxelles (loin de projecteurs des médias et de la puanteur des institutions), d’actions directes contre les responsables de ce projet (entreprises de construction, architectes, ingénieurs, politiciens, policiers, bureaucrates) et de sabotages aux quatre coins de la ville et de la Belgique. Incontrôlables, car ne se tenant pas aux limites imposées par ce pouvoir démocratique, ingérables, car émergeant de l’initiative libre n’obéissant à aucune hiérarchie, ingouvernables, car refusant tout dialogue avec le pouvoir afin de recréer les espaces du vrai dialogue libre entre personnes en lutte. Trois caractéristiques qui ne sauraient être compatibles avec aucun pouvoir, et qui en cela ont la douce saveur et l’orgueilleux charme de la liberté. Trois caractéristiques qui peuvent faire irruption dans tous les conflits sociaux en cours, partout où se dessine la ligne de démarcation entre le pouvoir et ceux qui s’y opposent, dans la vie de chacun et de chacune.

Et tout cela ne plaît pas au pouvoir. Cela ne lui plaît pas qu’on le dise, qu’on en parle, qu’on le propose, qu’on agisse dans ce sens. S’il y a à peine quelques semaines les journalistes déversaient des tonnes de merde sur cette lutte contre la maxi-prison (et donc contre toute personne qui lutte de façon auto-organisée et autonome contre le pouvoir), le mercredi 10 juin 2015, c’étaient les policiers fédéraux qui défonçaient tôt le matin les portes de quatre maisons de compagnons en lutte et du Passage, local de lutte contre la maxi-prison à Anderlecht, pour perquisitionner et séquestrer les paroles de révolte que le pouvoir ne saurait tolérer. Une répression dont l’objectif est clairement de chercher à freiner cette lutte qui réussit, par la parole et par le geste, par le tract et par le feu, par l’action directe et par l’attaque, de jour comme de nuit, à beaucoup ou à quelques uns, à se frayer un chemin. Cet manœuvre de la flicaille reflète la répression qui est le quotidien de tous les indésirables à Bruxelles et dans le monde entier : des tortures dans les commissariats aux assassinats dans les prisons, des réfugies noyés dans la Méditerranée aux gens épuisés et crevés par le travail et l’asphyxie marchande.

Si le pouvoir sème la peur pour mieux contrôler et régner, « c ’est reculer que d’être stationnaire » : affirmons donc la joie de lutter librement, la fierté des idées qui s’opposent à leurs œuvres morbides et la solidarité entre ceux et celles qui chérissent toujours le rêve d’un monde débarrassé du pouvoir. Continuons les hostilités contre tout ce qui nous étouffe.

ON NE RECULE PAS – ATTAQUONS LA MAXI-PRISON, SES CONSTRUCTEURS ET SES DÉFENSEURS

COURAGE ET DÉTERMINATION A CEUX ET CELLES QUI LUTTENT CONTRE LE POUVOIR ET POUR LA LIBERTÉ

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