Lo Stato belga vuole costruire una maxi-prigione ad Haren, a nord di Bruxelles. Questo immenso campo di reclusione ospiterà 1200 celle, con sezioni per uomini, minori e donne con bambini. Si tratta della più grande prigione mai costruita sul territorio belga, un progetto che riempie le tasche di parecchie imprese.
La costruzione di questa atrocità, e di altre nove carceri nel paese, è emblematica della società che ci viene imposta. Dobbiamo essere più che mai consapevoli che il valore della nostra vita è un valore economico. Si aspettano da noi che alimentiamo anima e corpo la crescita economica; che sgobbiamo per arricchire i ricchi accontentandoci di una mera «sopravvivenza». Lo Stato, che vuole mantenere e rafforzare il tran-tran quotidiano, si dota di un ampio ventaglio di mezzi per ottenere ciò: la costruzione di nuovi centri commerciali, la ristrutturazione urbana, l’allestimento di loft nei quartieri più poveri, la creazione di vie pedonali per attirare i turisti e altri consumatori, la costruzione di enormi parcheggi,… non sono che una parte. Ma anche le misure di austerità, l’intensificazione della caccia ai disoccupati, l’estensione di ogni genere di sanzioni e multe, la costruzione di nuovi commissariati di polizia, l’aumento del numero di telecamere di sorveglianza e… la costruzione di nuove galere come quella prevista ad Haren. In un momento in cui le contraddizioni dell’ordine attuale si fanno sentire sempre più brutalmente, lo Stato intende isolare e spezzare coloro che non possono o non vogliono coscientemente rientrare nei ranghi. Sa bene che da ciò dipende l’esistenza del suo potere e non risparmierà né soldi né sforzi per fortificarsi.
Ma i progetti dello Stato non sono invulnerabili. Non potranno mai resistere contro la scelta determinata di ciascuno e ciascuna di insorgere e passare ai fatti. Smettiamo di chiedere concessioni al potere, e cominciamo ad attaccarlo ovunque sia possibile. Lottiamo contro questa nuova maxi-prigione e la società che la produce. Staniamo i responsabili per far loro conoscere l’arte del sabotaggio e dell’azione diretta. Organizziamoci in modo autonomo, soli o in piccoli gruppi agili, e lanciamoci in una battaglia per la distruzione di questo progetto dello Stato, e nel contempo per la distruzione dell’idea che rischia di segnare le nostre vite…
[manifesto affisso a Bruxelles]
Intanto…
Martedì 13 gennaio 2015, verso le 9,30 del mattino, un impiegato dell’ufficio di architetti Jaspers & Eyers, situato sul Tervuursevest a Louvain, avverte la polizia della presenza di due involucri sospetti davanti all’edificio, oltre che del fatto che una delle loro telecamere di sorveglianza era oscurata con della pittura. Giunta sul posto, la polizia fa evacuare l’immobile degli architetti. Le strade vengono chiuse alla circolazione, proprio come una tangenziale o le uscite dell’autostrada. Verso mezzogiorno, arrivano gli artificieri dell’esercito, oltre alla polizia scientifica e ai servizi di ricerca della polizia federale. I primi analizzano gli involucri sospetti, quindi il robot vi spara sopra una cartuccia d’acqua. Alla fine, i due ordigni vengono neutralizzati.
Più tardi, la procura comunica che almeno un pacchetto era così composto: una bottiglia contenente del liquido (probabilmente benzina), diavolina, fiammiferi e una bomboletta di gas. L’inchiesta sarà condotta dalla Polizia Federale di Louvain.
Questo amabile ufficio di architetti, il più grande del Belgio, ha offerto i suoi servigi ai seguenti progetti: il nuovo carcere di Beveren, il nuovo quartier generale della Polizia Federale a Bruxelles, diverse sedi di grandi imprese come GDF Suez, Mercedes, Dexia, Proximus, KBC Banque (a Bruxelles), KBC sede regionale (a Gand), Barco (a Courtrai), di importanti progetti commerciali come la costruzione ancora in corso del centro commerciale al Toison d’Or (a Bruxelles), la costruzione prevista del U-Place Shopping Center (a Machelen)… Questo elenco, non esaustivo per quanto riguarda gli orrori realizzati da questi architetti in Belgio, potrebbe essere ulteriormente completato con le loro opere all’estero. Inoltre, non potevano ovviamente mancare all’appello nel candidarsi alla costruzione della più grande prigione della storia belga a Bruxelles, per quanto ad aver ottenuto quel contratto sia stato un altro ufficio di architetti.
… succede qualcosa
Mercoledì 14 gennaio non faceva freddo dappertutto… Una manifestazione selvaggia ha un po’ riscaldato le vie di Anderlecht tra Delacroix e Clémenceau. Verso le 18, viene acceso un fumogeno, sono velocemente tracciate delle scritte, e una trentina di persone si incammina per la via dietro a striscioni contro la maxi-prigione, i controlli e le retate. C’è una bella energia, si urla «Né sbirri, né guardiani, né maxi-prigioni», «Aria, aria, apriamo le frontiere», «È tempo di sabotare la macchina di reclusione», «Fuoco, fuoco, fuoco, a tutte le prigioni», «Mattone su mattone, distruggeremo tutte le prigioni»… Alcuni volantini vengono lanciati lungo il percorso. All’altezza della metro Clémenceau, il bancomat di una banca viene spaccato, mentre il distributore di biglietti della STIB [ndt: trasporto pubblico] resiste ai colpi. Attorno, ci sono giovani troppo contenti. Pur essendoci ovviamente i soliti tradizionali curiosi che guardano passare indifferenti il gioioso corteo, ci sono anche gesti e parole di solidarietà con la manifestazione: colpi di clacson, grida di «fuoco alle prigioni», ecc. All’incrocio fra via Clémenceau e via de la Clinique vengono prese di mira le decine di finestre dell’ufficio di ingegneri VK Engineering che fa soldi costruendo nuove carceri*. Diversi gruppi di persone applaudono. Alcuni vorrebbero raggiungere la manifestazione, sfortunatamente troppo tardi, è il momento di disperdersi. Ma là o altrove, ogni posto è buono!
* L’impresa VK Engineering ha partecipato alla costruzione del nuovo carcere di Beveren e collabora alla costruzione prevista della maxi-prigione ad Haren e del nuovo carcere a Termonde.
Schermata del sito di architetti che hanno disegnato
il progetto per la maxi-prigione di Haren
Calata di gendarmi al Passage
Il 14 gennaio, alle 19,30, un furgone di sbirri staziona ad Anderlecht davanti al Passage, spazio di lotta contro la maxi-prigione. Sulla piazza adiacente, due auto in borghese aspettano. Che ci sia un legame con la manifestazione selvaggia che c’è stata nelle strade del quartiere poco prima? O è loro intenzione disturbare la discussione pubblica prevista quella sera e intitolata «Azione diretta contro la maxi-prigione»? Poco importa, il furgone si muove nel giro di mezz’ora, la discussione inizia con un po’ di ritardo.
Dopo un’ora di dibattito, tre furgoni e due auto di sbirraglia col loro commissario arrivano fulminei. Ci si precipita quindi verso la porta per impedirne l’ingresso. Ma riescono a sfondarla con un piede di porco, quindi prendono i documenti e frugano parte dei presenti, non senza svariate resistenze. Nove persone che hanno rifiutato di farsi identificare vengono portate via, e il locale viene perquisito. Dopo un controllo di identità al posto di polizia di Demostene, tutti i fermati vengono più o meno rapidamente rilasciati, e si conoscerà il pretesto degli sbirri: la ricerca di elementi legati agli «attacchi» avvenuti quello esso giorno contro «un ufficio di architetti».
Benché l’improvvisa intrusione di una quindicina di divise sia comunque spiacevole, piuttosto che lamentarci, ciò non farà che rafforzare la nostra volontà di lottare contro la maxi-prigione e chi vuole costruirla.
Alcuni individui presenti al Passage
[17 gennaio 2015]
http://finimondo.org/node/1556